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la mediazione civile e commerciale alla luce del Decreto Interministeriale 18 ottobre 2010 n. 180. Una ipotesi interpretativa e di sistemazione.

La proposta del mediatore come strumento di pressione per il raggiungimento dell’accordo conciliativo, aspetti sanzionatori e distorsivi del sistema normativo.

1.Introduzione

Sono note a tutti le finalita’ che il Legislatore ha voluto perseguire introducendo nel sistema giuridico italiano l’istituto della mediazione  civile commerciale.

Motivi di politica interna , politica economica e obblighi comunitari , al fine di esportare l’Italia in Europa  ed internazionalizzare l’organizzazione e l’amministrazione della giustizia , renderla piu’ accessibile e forse piu’ comprensibile , abbattere il numero dei procedimenti civili che ingolfano i Tribunali , rendere piu’ agevole la risoluzione delle controversie , rassicurare investitori stranieri, attraverso l’introduzione di una vera e propria rivoluzione mentale e di prospettiva, che nel mondo anglosassone e’ ben piu’ radicata e diffusa.

La mediazione e’ lo strumento piu’ utilizzato all’estero, nelle controversie commerciali, non solo per la rapidita’ dei tempi di svolgimento, l’abbattimento dei costi , l’assenza di eccessivi formalismi , ma anche e sopratutto per la riservatezza che tale procedimento garantisce ai contendenti.

Era comunque inevitabile che l’introduzione di un sistema libero da pesi e formalismi in un sistema rigido e tipizzato come quello italiano , e il suo innesto con le regole del processo, sollevasse dubbi , provocasse reazioni , ma che inevitabilmente imponesse un processo di analisi e sistemazione delle nuove figure introdotte nelle categorie conosciute , affinche’ lo stesso procedimento di mediazione potesse integrarsi con il nostro ordinamento ed in particolare con quello processuale.

I problemi maggiori riguardano la c.d. " mediazione obbligatoria", introdotta con l’articolo 5 del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 . La norma  prevede , in sostanza , che lo svolgimento del procedimento mediativo  preceda l’attivazione della tutela giurisdizionale , quale condizione di procedibilita’ di quest’ultima, o nei casi in cui il procedimento giurisdizionale fosse gia’ stato incardinato , la sospensione dello stesso al fine di un tentativo di raggiungimento di un accordo in sede di mediazione , solo e comunque in cui si controverta di diritti disponibili.

L’intersecazione tra il  procedimento mediativo , per lo piu’ libero nelle forme e lasciato nella disponibilita’ delle parti  o della regolamentazione dei singoli Organismi di mediazione , e le forme essenziali e tipiche del processo civile , rende inevitabili riflessioni e dubbi che sarebbe opportuno risolvere in attesa di vederla in piena attuazione e applicazione pratica.

Uno degli elementi della nuova normativa che ha sollevato piu’ perplessita’ e discussioni , all’interno della c.d. mediazione obbligatoria, e’ la proposta di conciliazione che il mediatore puo’ o deve presentare alle parti intervenute al procedimento di mediazione, a  causa delle strette connessioni e inevitabili conseguenze che essa esplichera’ sulla eventuale e futura sentenza.

2. La proposta del mediatore . Fattispecie di proposta , differenze e loro conseguenze.

Nel tentativo di trovare una  indispensabile  ed auspicabile armonizzazione tra i due procedimenti , quello mediativo e quello processuale, , occorre preliminarmente ricordare ,in breve, quanto e’ previsto dagli articoli 5 , 11 e 13 del decreto legislativo n.28 / 2010 , che letti nel loro insieme presentano due diverse ipotesi in cui il mediatore  presentera’ alle parti una proposta di conciliazione, nel tentativo di raggiungere l’accordo conciliativo, naturalmente con conseguenze del tutto differenti in caso di accordo o meno.

La proposta , come vedremo e’ un atto unilaterale con il quale il mediatore offre alle parti di una controversia, una soluzione per il superamento del contrasto, irrevocabile per il mediatore , ma aperta all’adesione o meno delle parti. Solo quando tutte le parti coinvolte nella procedura di mediazione , titolari di diritti disponibili , in contrasto tra loro , aderiranno alla proposta conciliativa . la proposta verra’ trasfusa in un accordo , o meglio in un contratto , stipulato dalle parti stesse e  sottoscritto anche dal mediatore. Tale accordo avra’ valore di legge tra le parti , potendo prevedere anche penali , e valore di titolo esecutivo ai fini dell’ esecuzione in forma specifica, esecuzione forzata  ed iscrizione di ipoteca giudiziale, dopo l’omologazione. ( art. 12 del decreto legislativo n. 28 / 2010 )

a. La proposta concordata

A seguito dello svolgimento della procedura di mediazione , il mediatore riceve da tutte le parti intervenute nel processo di mediazione , la richiesta di presentare una proposta  per raggiungere un accordo e risolvere la controversia. Tale richiesta , che nel silenzio della legge , sara’ buona cura del mediatore far sottoscrivere alle parti , verra’ stesa per iscritto e inviata alle parti. La forma scritta , richiesta ad substantiam dalla norma , sembra essere necessaria anche perche’ le parti possono comunque presentare modifiche o integrazioni , che renderanno piu’ chiara la loro posizione nei confronti della proposta , e agevoleranno il compito del mediatore.

b. la proposta autonoma

Anche in mancanza della richiesta delle parti intervenute  il mediatore potra’ proporre un accordo conciliativo , formalizzandolo in una proposta, frutto della sua esperienza e della capacita’ di rilevare i punti concordati gia’raggiunti dalle parti.

Sia nel caso di proposta concordata che in caso di proposta autonoma , qualora una delle parti intervenute al procedimento mediativo , non  la accolga e pertanto si segni il fallimento della procedura mediativa , la normativa prevede l’abbattimento della scure sanzionatoria a carico di quella. Infattti , qualora  il provvedimento del giudice  che definisce il giudizio corrisponda interamente alla proposta presentata dal mediatore , la parte che non vi ha aderito , seppure vincitrice , sara’ condannata al rimborso delle spese sostenute  dalla parte soccombente , relative sia al procedimento di mediazione , che a quello giurisdizionale , le sara’ negata la ripetizione  di quelle sostenute nelle due procedure , oltre alla condanna al versamento in favore del bilancio dello  Stato pari al contributo unificato dovuto per la causa.  Cosi’ anche , seppure in modo attenuato , nel caso il provvedimento del giudice sia solo parzialmente corrispondente alla proposta presentata dal mediatore.

La natura tipicamente sanzionatoria della norma , lascia comunque perplessi , in quanto , come da altri gia’ sottolineato , manca assolutamente uno dei caratteri tipici della sanzione : la certezza della  stessa, la sua determinazione nel minimo e nel massimo. Date le nefaste conseguenze previste dall’articolo 13 del d. lgs. n. 28 / 2010 , a carico della parte non concorde, e’ auspicabile  che il mediatore ponderi con estrema severita’ l’opportunita’ o meno della formalizzazione della proposta , cosi’ come e’ auspicabile che nella prassi i regolamenti dei singoli Organi di mediazione introducano correttivi o limitazione a tali ipotesi

c. Il decreto interministeriale n. 180 / 2010 e una nuova fattispecie di proposta. La proposta ex se’

Dopo l’emanazione del Decreto Interministeriale del 18 ottobre 2010 n. 180 , che avrebbe dovuto regolare le modalita’ e i criteri di iscrizione degli Organismi di mediazione al Registro degli organismi abilitati alla mediazione , il quadro delle fattispecie di proposta del mediatore ,come sopra descritto, sembra essere modificato . Le previsioni del decreto legislativo n. 28 / 2010 appaiono  riempite di nuovo contenuto proveniente proprio dal regolamento.Il Legislatore introduce infatti , con un escamotage , la possibilita’ che il mediatore possa formulare un tipo nuovo e diverso di proposta , la proposta  "inaudita altera parte", una proposta che potremmo definire ex se’, che nasce dalla sola presentazione della istanza di mediazione effettuata da una delle parti , e che pertanto si nutre di se stessa.

Una forzatura che introduce una contraddizione interna all’istituto della mediazione , che lo snatura e che sembra introdotto con l’intento sanzionatorio per chiunque  possa ostacolare il buon fine della procedura mediativa , rafforzato dalla necessita’ di deflazionare l’instaurazione di un procedimento civile : un vero mostro , strumento di ricatto e foriero di cattivi presagi, sopratutto se inserito nel quadro della condanna alle spese processuali , previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 28 / 2010, di cui abbiamo riferito teste’ al punto b.

L’articolo 7 p.2 lettera b) del Decreto Interministeriale n. 180 / 2010 introduce infatti la possibilita’ che l’Organismo di mediazione , nel redigere il proprio regolamento possa prevedere che il mediatore presenti una proposta di accordo anche nel caso " di mancata partecipazione di una o piu’ parti al procedimento di mediazione ".

Al di la’ degli aspetti strettamente legati alla disciplina sulla gerarchia delle norme , che piu’ esperti e ferrati costituzionalisti e giuspubblicisti sapranno valutare , ammettendo che l’ipotesi di cui all’articolo 7 p. 2 lett. b) del Decreto Interministeriale possa trovare attuazione , occorre inserire tale ipotesi normativa nel quadro piu’ generale gia’ delineato con il decreto legislativo piu’ volte citato.

Una rigida interpretazione letterale dell’articolo 7 p. 2 lett b) manterrebbe la norma all’interno dei caratteri tipici dell’istituto della mediazione  : specificando solo una delle varie circostanze in cui il mediatore potrebbe presentare la proposta conciliativa , e in particolare, in caso di mancata partecipazione di una o piu’ parti , (ad una sessione  gia’ concordata,); precisando che con il termine "partecipazione" si intende, qui, la fase successiva all’adesione alla procedura mediativa. Ma se fosse veramente questa l’ipotesi che il legislatore vuole introdurre,  l’articolo  7 p. 2. lett b. ) perderebbe quasi di significato e di valenza.

Da un lato perche,’ essendo la procedura di mediazione libera nel suo svolgimento, il silenzio della legge sulla singola circostanza non avrebbe impedito al mediatore di presentare comunque una proposta , anche nel caso in cui una parte fosse risultata assente ad una sessione ,e d’ altro canto l’ipotesi di mancata partecipazione risulta gia’ disciplinata  dal decreto legislativo n. 28 / 2010 , all’articolo 8  , il cui comma 5 minaccia riflessi sanzionatori a chi non partecipi , senza giustificato motivo , alla procedura di mediazione e ne provochi la chiusura senza raggiungimento di un accordo conciliativo, e bene il legislatore avrebbe potuto inserire in tale sede tale ipotesi.

Pertanto altra e diversa deve intendersi la ratio della norma in discussione, per assegnarle una effettivo motivo d’esistere  nell’ottica legislativa.

Adottando una diversa e piu’ ampia interpretazione dell’articolo 7 p. 2 lett. b)  ed allargando il concetto di partecipazione a quello di adesione , l’articolo assumerebbe una funzione specifica : quella di riempire il vuoto normativo del d. legislativo in merito alle controversie con piu’ parti , ma sopratutto di riempire il vuoto normativo nelle ipotesi in cui la mancata partecipazione , ( rectius :  l’adesione ) imponesse l’aborto della procedura mediativa , e di inserire una  nuova  fattispecie di proposta, ( quella ex se’ ) ,portatrice anch’essa delle stesse  gravi conseguenze economiche a danno  della parte che non la accolga . L’intento di rendere piu’ stringente l’obbligo della parte a partecipare alla procedura di mediazione e di punire coloro che ne ostacolano lo svolgimento e’ evidente.

Del resto  il legislatore , nel d. legislativo n. 28 / 2010  sembra usare il termine partecipazione in senso lato ,  e come detto aveva gia’ previsto l’ipotesi di mancata partecipazione della parte , senza giustificato motivo , alla procedura di mediazione ,  come causa di estinzione della stessa, sanzionandola  comunque, come comportamento valutabile  dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. , Forse la scarsa forza della previsione punitiva e l’alea del giudizio di  valutazione ex post , hanno convinto  il legislatore a rendere piu’ stringente la valenza del nuovo istituto . L’art. 7 p. 2. lett. b) acquista pertanto sotto questa diversa ottica una importanza centrale nel procedimento di mediazione , con notevoli ed molteplici effetti .Nel caso di pluralita’ delle parti coinvolte in una controversia , la mancata adesione / partecipazione anche di una sola parte , non impedira’ lo svolgimento della procedura mediativa e consentira’ alle parti intervenute di non essere danneggiate dall’assenza di una di loro,  al fine di ottenere o una proposta conciliativa o comunque la possibilita’ di addivenire ad un accordo , in minor tempo , con minori costi .

Poiche’  l’ art. 7 di cui e’ parola non limita la sua sfera di applicazione  ai casi in cui vi sia solo una pluralita’ delle parti , anche nel caso in cui vi sia una unica controparte , il mediatore potra’ presentare la sua proposta di mediazione , con tutte le conseguenze gia’ descritte. E non essendo essenziale l’adesione della parte alla procedura , il mediatore potra’ comunicare la sua proposta anche unitamente alla comunicazione di deposito dell’istanza di mediazione, spiazzando in tal modo ogni difesa di controparte . Non si ravviene infatti nel d. lgs. n. 28 /2010 ne’ nel decreto interministeriale n.180 / 2010 alcun termine temporale che imponga al mediatore il rispetto , ed entro il quale non possa essere formulata alcuna proposta. 

Alla luce di tutto cio’ la proposta del mediatore sembra perdere la sua funzione principale , quale sintesi di interessi coincidenti, per giungere ad un accordo conciliativo e  satisfattivo, per assumere quello di strumento di pressione psicologica dei partecipanti,  o meno, al procedimento mediativo, con connotazioni  piu’ sanzionatorie che facilitative, traformando, cosi’ il procedimento di mediazione da un incontro di volonta’ conciliative a quello di puro bilanciamento di costi e benefici.

Un effetto distorsivo che trasfigura la mediazione in anticipo di giudizio vero e proprio, sia che la proposta si trasfonda in un accordo ( ob torto collo ), sia che rimanga tal quale.Il suo potere vincolante si manterra’ integro nel tempo : la proposta accolta dalle parti leghera’ quest’ultime nel contratto stipulato di conseguenza, o se non accolta le leghera’ alla futura sentenza del giudice, in merito alle statuizioni sulle spese legali e processuali , nonche’ di valutazione del comportamento ex art. 116 c.p.c.

 

 



La mediazione obbligatoria e la proposta di conciliazione del mediatore nel decreto legislativo n. 28 / 2010. Fattispecie e caratteristiche della proposta del mediatore. Le modifiche al decreto legislativo introdotte con il decreto interministeriale n. 180 / 2010 : la proposta ex se’ , anche in caso di mancata adesione della parte alla procedura.L’ Intento sanzionatorio e l’intento deflattivo dei procedimenti giudiziari della normativa italiana .

ADR and the compulsory mediation in Italian laws. The mediator pourpouse : types and features. Forced mediation as a solution to the civil courts ’ caos. The binding effects of mediator’s pourpouse on judge decision

1.Introduzione

Sono note a tutti le finalita’ che il Legislatore ha voluto perseguire introducendo nel sistema giuridico italiano l’istituto della mediazione  civile commerciale.

Motivi di politica interna , politica economica e obblighi comunitari , al fine di esportare l’Italia in Europa  ed internazionalizzare l’organizzazione e l’amministrazione della giustizia , renderla piu’ accessibile e forse piu’ comprensibile , abbattere il numero dei procedimenti civili che ingolfano i Tribunali , rendere piu’ agevole la risoluzione delle controversie , rassicurare investitori stranieri, attraverso l’introduzione di una vera e propria rivoluzione mentale e di prospettiva, che nel mondo anglosassone e’ ben piu’ radicata e diffusa.

La mediazione e’ lo strumento piu’ utilizzato all’estero, nelle controversie commerciali, non solo per la rapidita’ dei tempi di svolgimento, l’abbattimento dei costi , l’assenza di eccessivi formalismi , ma anche e sopratutto per la riservatezza che tale procedimento garantisce ai contendenti.

Era comunque inevitabile che l’introduzione di un sistema libero da pesi e formalismi in un sistema rigido e tipizzato come quello italiano , e il suo innesto con le regole del processo, sollevasse dubbi , provocasse reazioni , ma che inevitabilmente imponesse un processo di analisi e sistemazione delle nuove figure introdotte nelle categorie conosciute , affinche’ lo stesso procedimento di mediazione potesse integrarsi con il nostro ordinamento ed in particolare con quello processuale.

I problemi maggiori riguardano la c.d. " mediazione obbligatoria", introdotta con l’articolo 5 del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 . La norma  prevede , in sostanza , che lo svolgimento del procedimento mediativo  preceda l’attivazione della tutela giurisdizionale , quale condizione di procedibilita’ di quest’ultima, o nei casi in cui il procedimento giurisdizionale fosse gia’ stato incardinato , la sospensione dello stesso al fine di un tentativo di raggiungimento di un accordo in sede di mediazione , solo e comunque in cui si controverta di diritti disponibili.

L’intersecazione tra il  procedimento mediativo , per lo piu’ libero nelle forme e lasciato nella disponibilita’ delle parti  o della regolamentazione dei singoli Organismi di mediazione , e le forme essenziali e tipiche del processo civile , rende inevitabili riflessioni e dubbi che sarebbe opportuno risolvere in attesa di vederla in piena attuazione e applicazione pratica.

Uno degli elementi della nuova normativa che ha sollevato piu’ perplessita’ e discussioni , all’interno della c.d. mediazione obbligatoria, e’ la proposta di conciliazione che il mediatore puo’ o deve presentare alle parti intervenute al procedimento di mediazione, a  causa delle strette connessioni e inevitabili conseguenze che essa esplichera’ sulla eventuale e futura sentenza.

2. La proposta del mediatore . Fattispecie di proposta , differenze e loro conseguenze.

Nel tentativo di trovare una  indispensabile  ed auspicabile armonizzazione tra i due procedimenti , quello mediativo e quello processuale, , occorre preliminarmente ricordare ,in breve, quanto e’ previsto dagli articoli 5 , 11 e 13 del decreto legislativo n.28 / 2010 , che letti nel loro insieme presentano due diverse ipotesi in cui il mediatore  presentera’ alle parti una proposta di conciliazione, nel tentativo di raggiungere l’accordo conciliativo, naturalmente con conseguenze del tutto differenti in caso di accordo o meno.

La proposta , come vedremo e’ un atto unilaterale con il quale il mediatore offre alle parti di una controversia, una soluzione per il superamento del contrasto, irrevocabile per il mediatore , ma aperta all’adesione o meno delle parti. Solo quando tutte le parti coinvolte nella procedura di mediazione , titolari di diritti disponibili , in contrasto tra loro , aderiranno alla proposta conciliativa . la proposta verra’ trasfusa in un accordo , o meglio in un contratto , stipulato dalle parti stesse e  sottoscritto anche dal mediatore. Tale accordo avra’ valore di legge tra le parti , potendo prevedere anche penali , e valore di titolo esecutivo ai fini dell’ esecuzione in forma specifica, esecuzione forzata  ed iscrizione di ipoteca giudiziale, dopo l’omologazione. ( art. 12 del decreto legislativo n. 28 / 2010 )

a. La proposta concordata

A seguito dello svolgimento della procedura di mediazione , il mediatore riceve da tutte le parti intervenute nel processo di mediazione , la richiesta di presentare una proposta  per raggiungere un accordo e risolvere la controversia. Tale richiesta , che nel silenzio della legge , sara’ buona cura del mediatore far sottoscrivere alle parti , verra’ stesa per iscritto e inviata alle parti. La forma scritta , richiesta ad substantiam dalla norma , sembra essere necessaria anche perche’ le parti possono comunque presentare modifiche o integrazioni , che renderanno piu’ chiara la loro posizione nei confronti della proposta , e agevoleranno il compito del mediatore.

b. la proposta autonoma

Anche in mancanza della richiesta delle parti intervenute  il mediatore potra’ proporre un accordo conciliativo , formalizzandolo in una proposta, frutto della sua esperienza e della capacita’ di rilevare i punti concordati gia’raggiunti dalle parti.

Sia nel caso di proposta concordata che in caso di proposta autonoma , qualora una delle parti intervenute al procedimento mediativo , non  la accolga e pertanto si segni il fallimento della procedura mediativa , la normativa prevede l’abbattimento della scure sanzionatoria a carico di quella. Infattti , qualora  il provvedimento del giudice  che definisce il giudizio corrisponda interamente alla proposta presentata dal mediatore , la parte che non vi ha aderito , seppure vincitrice , sara’ condannata al rimborso delle spese sostenute  dalla parte soccombente , relative sia al procedimento di mediazione , che a quello giurisdizionale , le sara’ negata la ripetizione  di quelle sostenute nelle due procedure , oltre alla condanna al versamento in favore del bilancio dello  Stato pari al contributo unificato dovuto per la causa.  Cosi’ anche , seppure in modo attenuato , nel caso il provvedimento del giudice sia solo parzialmente corrispondente alla proposta presentata dal mediatore.

La natura tipicamente sanzionatoria della norma , lascia comunque perplessi , in quanto , come da altri gia’ sottolineato , manca assolutamente uno dei caratteri tipici della sanzione : la certezza della  stessa, la sua determinazione nel minimo e nel massimo. Date le nefaste conseguenze previste dall’articolo 13 del d. lgs. n. 28 / 2010 , a carico della parte non concorde, e’ auspicabile  che il mediatore ponderi con estrema severita’ l’opportunita’ o meno della formalizzazione della proposta , cosi’ come e’ auspicabile che nella prassi i regolamenti dei singoli Organi di mediazione introducano correttivi o limitazione a tali ipotesi

c. Il decreto interministeriale n. 180 / 2010 e una nuova fattispecie di proposta. La proposta ex se’

Dopo l’emanazione del Decreto Interministeriale del 18 ottobre 2010 n. 180 , che avrebbe dovuto regolare le modalita’ e i criteri di iscrizione degli Organismi di mediazione al Registro degli organismi abilitati alla mediazione , il quadro delle fattispecie di proposta del mediatore ,come sopra descritto, sembra essere modificato . Le previsioni del decreto legislativo n. 28 / 2010 appaiono  riempite di nuovo contenuto proveniente proprio dal regolamento.Il Legislatore introduce infatti , con un escamotage , la possibilita’ che il mediatore possa formulare un tipo nuovo e diverso di proposta , la proposta  "inaudita altera parte", una proposta che potremmo definire ex se’, che nasce dalla sola presentazione della istanza di mediazione effettuata da una delle parti , e che pertanto si nutre di se stessa.

Una forzatura che introduce una contraddizione interna all’istituto della mediazione , che lo snatura e che sembra introdotto con l’intento sanzionatorio per chiunque  possa ostacolare il buon fine della procedura mediativa , rafforzato dalla necessita’ di deflazionare l’instaurazione di un procedimento civile : un vero mostro , strumento di ricatto e foriero di cattivi presagi, sopratutto se inserito nel quadro della condanna alle spese processuali , previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 28 / 2010, di cui abbiamo riferito teste’ al punto b.

L’articolo 7 p.2 lettera b) del Decreto Interministeriale n. 180 / 2010 introduce infatti la possibilita’ che l’Organismo di mediazione , nel redigere il proprio regolamento possa prevedere che il mediatore presenti una proposta di accordo anche nel caso " di mancata partecipazione di una o piu’ parti al procedimento di mediazione ".

Al di la’ degli aspetti strettamente legati alla disciplina sulla gerarchia delle norme , che piu’ esperti e ferrati costituzionalisti e giuspubblicisti sapranno valutare , ammettendo che l’ipotesi di cui all’articolo 7 p. 2 lett. b) del Decreto Interministeriale possa trovare attuazione , occorre inserire tale ipotesi normativa nel quadro piu’ generale gia’ delineato con il decreto legislativo piu’ volte citato.

Una rigida interpretazione letterale dell’articolo 7 p. 2 lett b) manterrebbe la norma all’interno dei caratteri tipici dell’istituto della mediazione  : specificando solo una delle varie circostanze in cui il mediatore potrebbe presentare la proposta conciliativa , e in particolare, in caso di mancata partecipazione di una o piu’ parti , (ad una sessione  gia’ concordata,); precisando che con il termine "partecipazione" si intende, qui, la fase successiva all’adesione alla procedura mediativa. Ma se fosse veramente questa l’ipotesi che il legislatore vuole introdurre,  l’articolo  7 p. 2. lett b. ) perderebbe quasi di significato e di valenza.

Da un lato perche,’ essendo la procedura di mediazione libera nel suo svolgimento, il silenzio della legge sulla singola circostanza non avrebbe impedito al mediatore di presentare comunque una proposta , anche nel caso in cui una parte fosse risultata assente ad una sessione ,e d’ altro canto l’ipotesi di mancata partecipazione risulta gia’ disciplinata  dal decreto legislativo n. 28 / 2010 , all’articolo 8  , il cui comma 5 minaccia riflessi sanzionatori a chi non partecipi , senza giustificato motivo , alla procedura di mediazione e ne provochi la chiusura senza raggiungimento di un accordo conciliativo, e bene il legislatore avrebbe potuto inserire in tale sede tale ipotesi.

Pertanto altra e diversa deve intendersi la ratio della norma in discussione, per assegnarle una effettivo motivo d’esistere  nell’ottica legislativa.

Adottando una diversa e piu’ ampia interpretazione dell’articolo 7 p. 2 lett. b)  ed allargando il concetto di partecipazione a quello di adesione , l’articolo assumerebbe una funzione specifica : quella di riempire il vuoto normativo del d. legislativo in merito alle controversie con piu’ parti , ma sopratutto di riempire il vuoto normativo nelle ipotesi in cui la mancata partecipazione , ( rectius :  l’adesione ) imponesse l’aborto della procedura mediativa , e di inserire una  nuova  fattispecie di proposta, ( quella ex se’ ) ,portatrice anch’essa delle stesse  gravi conseguenze economiche a danno  della parte che non la accolga . L’intento di rendere piu’ stringente l’obbligo della parte a partecipare alla procedura di mediazione e di punire coloro che ne ostacolano lo svolgimento e’ evidente.

Del resto  il legislatore , nel d. legislativo n. 28 / 2010  sembra usare il termine partecipazione in senso lato ,  e come detto aveva gia’ previsto l’ipotesi di mancata partecipazione della parte , senza giustificato motivo , alla procedura di mediazione ,  come causa di estinzione della stessa, sanzionandola  comunque, come comportamento valutabile  dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. , Forse la scarsa forza della previsione punitiva e l’alea del giudizio di  valutazione ex post , hanno convinto  il legislatore a rendere piu’ stringente la valenza del nuovo istituto . L’art. 7 p. 2. lett. b) acquista pertanto sotto questa diversa ottica una importanza centrale nel procedimento di mediazione , con notevoli ed molteplici effetti .Nel caso di pluralita’ delle parti coinvolte in una controversia , la mancata adesione / partecipazione anche di una sola parte , non impedira’ lo svolgimento della procedura mediativa e consentira’ alle parti intervenute di non essere danneggiate dall’assenza di una di loro,  al fine di ottenere o una proposta conciliativa o comunque la possibilita’ di addivenire ad un accordo , in minor tempo , con minori costi .

Poiche’  l’ art. 7 di cui e’ parola non limita la sua sfera di applicazione  ai casi in cui vi sia solo una pluralita’ delle parti , anche nel caso in cui vi sia una unica controparte , il mediatore potra’ presentare la sua proposta di mediazione , con tutte le conseguenze gia’ descritte. E non essendo essenziale l’adesione della parte alla procedura , il mediatore potra’ comunicare la sua proposta anche unitamente alla comunicazione di deposito dell’istanza di mediazione, spiazzando in tal modo ogni difesa di controparte . Non si ravviene infatti nel d. lgs. n. 28 /2010 ne’ nel decreto interministeriale n.180 / 2010 alcun termine temporale che imponga al mediatore il rispetto , ed entro il quale non possa essere formulata alcuna proposta. 

Alla luce di tutto cio’ la proposta del mediatore sembra perdere la sua funzione principale , quale sintesi di interessi coincidenti, per giungere ad un accordo conciliativo e  satisfattivo, per assumere quello di strumento di pressione psicologica dei partecipanti,  o meno, al procedimento mediativo, con connotazioni  piu’ sanzionatorie che facilitative, traformando, cosi’ il procedimento di mediazione da un incontro di volonta’ conciliative a quello di puro bilanciamento di costi e benefici.

Un effetto distorsivo che trasfigura la mediazione in anticipo di giudizio vero e proprio, sia che la proposta si trasfonda in un accordo ( ob torto collo ), sia che rimanga tal quale.Il suo potere vincolante si manterra’ integro nel tempo : la proposta accolta dalle parti leghera’ quest’ultime nel contratto stipulato di conseguenza, o se non accolta le leghera’ alla futura sentenza del giudice, in merito alle statuizioni sulle spese legali e processuali , nonche’ di valutazione del comportamento ex art. 116 c.p.c.

 

 



La mediazione obbligatoria e la proposta di conciliazione del mediatore nel decreto legislativo n. 28 / 2010. Fattispecie e caratteristiche della proposta del mediatore. Le modifiche al decreto legislativo introdotte con il decreto interministeriale n. 180 / 2010 : la proposta ex se’ , anche in caso di mancata adesione della parte alla procedura.L’ Intento sanzionatorio e l’intento deflattivo dei procedimenti giudiziari della normativa italiana .

ADR and the compulsory mediation in Italian laws. The mediator pourpouse : types and features. Forced mediation as a solution to the civil courts ’ caos. The binding effects of mediator’s pourpouse on judge decision