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La tracciabilità dei flussi finanziari

1. Premessa

All’interno delle recenti normative che il legislatore nazionale ha posto in essere per il contrasto all’inserimento della criminalità organizzata nelle imprese e nell’economia, una significativa importanza hanno le disposizioni, applicabili a decorrere dal 7.9.2010, che riguardano la tracciabilità dei flussi finanziari riguardanti l’esecuzione e la fornitura di lavori e di servizi pubblici.

In particolare, tali norme, contenute nell’articolo 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 136[1], successivamente modificata e, per certi versi anche autenticamente interpretata dall’articolo 6 del Decreto Legge 12 novembre 2010 n. 187[2], hanno, infatti, lo scopo di prevenire le infiltrazioni criminali nel settore degli appalti, dei contratti, delle forniture e dei finanziamenti pubblici, creando le condizioni per la tracciabilità di tutte le risorse finanziarie investite, grazie, soprattutto, alla previsione dell’utilizzo di conti correnti bancari o postali appositamente dedicati, anche se non in via esclusiva.

L’utilizzo di tali strumenti non rappresenta, sicuramente, una novità all’interno del panorama normativo nazionale.

Le norme qui in commento si possono, infatti, collegare alle più generali disposizioni antiriciclaggio del Decreto Legislativo 231/2007, con particolare riferimento sia alle limitazioni all’uso del contante e degli assegni, sia alle disposizioni contenute nel quinto comma dell’articolo 16 del Decreto Legge 28 aprile 2009, n. 39[3] che, già prevedevano la tracciabilità dei flussi finanziari per i contratti e le erogazioni pubbliche relative agli appalti concessi per la ricostruzione post terremoto in Abruzzo[4].

Alla norma di legge, hanno fatto seguito delle specifiche linee guida che, elaborate dal Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sulle grandi opere, sono state adottate dal Ministero dell’Interno il successivo 8.7.2009.

Più generale, proprio nel quadro della lotta al riciclaggio ed al contrasto dell’infiltrazione criminale nell’economia, anche l’UIF si è occupato di questo specifico tema, sensibilizzando, all’interno della comunicazione del 13.10.2009[5], gli intermediari finanziari al rispetto ed alla verifica di tali regole, citando, tra queste, anche l’utilizzo da parte di tutti gli operatori economici che partecipano alla ricostruzione di conti correnti bancari o postali appositamente dedicati.

Allo stesso fine tendono anche le norme contenute nella Legge 15 luglio 2009 n. 94[6], che, tra l’altro, hanno modificato il D.L. 231/2001[7] inserendo tra i reati per i quali vale il principio della responsabilità amministrativa degli enti anche i delitti di criminalità organizzata ovvero le condotte agevolative dei medesimi[8].

E’ palese quale sia l’importanza di tale novità[9] specialmente per le imprese operanti nel settore dei pubblici appalti e delle pubbliche forniture, ne consegue che per costoro il rispetto e la verifica delle regole sulla tracciabilità dei flussi finanziari relativi a quelle operazioni deve trovare accoglimento anche nei modelli organizzativi, la cui esistenza ed idoneità costituisce l’esimente della responsabilità in capo all’ente medesimo.

Oltre che con il monitoraggio delle risorse pubbliche impiegate nelle specifiche attività, l’ obbiettivo che il legislatore si è posto viene, ovviamente, raggiunto anche attraverso l’utilizzo di altri strumenti operativi quali i Protocolli di Legalità firmati tra singole stazioni appaltanti, Uffici Territoriali del Governo e Forze di Polizia (per esempio quello relativo all’esecuzione della BRE.BE.MI), la costruzione dei Gruppi Interforze presso le singole Prefetture, e, non da ultimi, i controlli e gli accessi nei cantieri, pianificati in tale sede, grazie anche al ruolo di coordinamento particolarmente importante che la legge stessa ha assegnato alla Direzione Investigativa Antimafia.

Come facilmente prevedibile dato il suo rilevante contenuto, ma soprattutto considerata l’importanza delle conseguenze che il legislatore collega al mancato rispetto delle regole, l’articolo 3 ha creato, al momento della sua entrata in vigore, molti dubbi e perplessità, negli operatori del settore, relativamente al suo corretto campo di applicazione, alla gestione dei contratti in corso (cosiddetto “periodo transitorio”) alla pratica esecuzione degli adempimenti ed ai conseguenti ed eventuali aggravamenti burocratici ed amministrativi.

A fare chiarezza su alcuni punti è intervenuto sia il Ministero dell’Interno con la circolare 13001/118/Gab. del 9.9.2010, riguardante il “periodo transitorio”, sia l’Autorità di Vigilanza sui Pubblici Contratti (AVCP) con determinazioni numero 8 e numero 10, rispettivamente datate 18 novembre 2010 e 22 dicembre 2010, chiarificatrici di alcuni dubbi anche sul campo di applicazione delle norma e sulle modalità di gestione dei conti dedicati e d’effettuazione delle singole transazioni finanziarie.

Sebbene il “periodo transitorio” si stia avviando alla conclusione, non mancano ancora i dubbi e le richieste di spiegazioni da parte delle imprese, ciò data anche la mancanza di sorta, per così dire, di giurisprudenza che, come sempre, si svilupperà a seguito della pratica e, soprattutto, come conseguenza dell’esercizio delle attività di vigilanza e di controllo,

Prima di passare a commentare il contenuto dell’articolo 3, e le pratiche conseguenze che esso ha nell’ordinaria vita delle imprese del settore, deve essere precisato che, come indicato dalla stessa AVCP, la norma di riferimento per le definizioni di appalto pubblico, contratto pubblico, fornitura pubblica, concessione, ecc… è, oltre ovviamente al Codice Civile[10], il Codice dei Contratti, ossia il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163[11].

2. Il contenuto della norma

2.1. Il campo di applicazione ed i soggetti passivi

L’articolo 3 obbliga gli appaltatori, i subappaltatori ed i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi ed alle forniture pubbliche ad utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, ancorché in via non esclusiva, alle commesse pubbliche, a registrare su di essi tutti i movimenti finanziari relativi ai quei lavori o servizi, e ad effettuarli o con lo strumento del bonifico bancario o postale, oppure con altri strumenti che siano, comunque, in grado di garantire la tracciabilità.

Il campo di applicazione è, quindi, molto ampio, tanto da comprendere tutti i contratti di appalto pubblico, di servizio pubblico, di fornitura pubblica conclusi tra un operatore economico privato (impresa) ed il committente pubblico, senza alcuna distinzione d’importo, e con o senza la predisposizione di un’ apposita gara, tutti i relativi subappalti, le relative subforniture, e subcontratti, le relative procedure in economia, purché effettuate “in cottimo” ossia con affidamento a terzi[12], e tutte le concessioni di lavori e servizi pubblici[13].

Con la citata determinazione n. 8/2010, l’AVCP ha poi precisato che rientrano tra queste attività anche quei casi particolari in cui soggetti privati affidano appalti pubblici, quali ad esempio quelli relativi all’esecuzione di lavori a scomputo di oneri di urbanizzazione, oppure quelli indicati alle lettere d) ed e) del primo comma dell’articolo 32 del Codice dei Contratti[14].

Permangono, ancora, dubbi in merito all’applicabilità della tracciabilità ai casi di erogazione di finanziamenti pubblici non corrispondenti alla resa di lavori, servizi o di forniture, ossia a quei casi in cui al contributo pubblico non è direttamente associabile una precisa contropartita, come per esempio i finanziamenti erogati a titolo di rimborso spese o di generico contributo a favore delle ONLUS.

Ne consegue che i soggetti passivi sono tutti coloro che a vario titolo (a partire dalla stazione appaltante, fino all’appaltatore, fino ai subappaltatori ed ai subcontraenti, ecc…) sono parte della cosiddetta filiera, ossia sono interessati, a qualsiasi titolo, all’esecuzione, anche se non esclusiva, del contratto d’appalto pubblico per lavori o servizi pubblici[15], nonché i concessionari di lavori e di servizi pubblici, ossia, più brevemente tutti coloro che ricevono denaro pubblico relativo ad appalti e contratti per lavori, contratti, forniture, servizi e concessioni pubbliche.

Soffermandosi un attimo sul primo gruppo di soggetti, si può vedere immediatamente come tra costoro rientrino tutti coloro che, indipendentemente dalle caratteristiche giuridiche, dal tipo di attività svolta, dalla classificazione o meno come subappalto ex undicesimo comma dell’articolo 118 del Codice dei Contratti, intervengono a qualunque titolo nella realizzazione dell’opera.

Tale interpretazione, per altro fatta propria dall’AVCP nelle sue due determinazioni, è perfettamente compatibile sia con lo scopo della norma, sia con quelle disposizioni di legge già sopra citate relative alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo.

Sul primo punto, rammentando come l’articolo 3 tenda ad evitare l’infiltrazione criminale nello specifico settore dei pubblici appalti, è evidente che la tracciabilità non possa non riguardare anche quelle attività che, sebbene non classificate dal Codice dei Contratti come subappalto, comportano comunque l’impiego di risorse finanziarie pubbliche e, spesso, per recentissima esperienza investigativa, presentano, come gli scavi ed il movimento terra o la rimozione degli inerti, un elevato rischio di “infiltrazione”.

In ordine, invece, al secondo punto, si deve notare come tale ampia interpretazione fosse già contenuta nel quarto comma dell’articolo 16 del D.L. N. 39/2009[16] che prevede l’osservanza di particolari linee guida antimafia elaborate, come visto, dal Comitato per l’alta sorveglianza delle grandi opere, ai contratti pubblici, ai successivi subappalti e subcontratti, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture.

Ancora va citato il Decreto Presidente della Repubblica 2 agosto 2010 n. 150[17], recante il regolamento in materia di rilascio di autorizzazioni antimafia a seguito di accesso nei cantieri, che individua i soggetti interessati a rilascio di tali documenti, in tutti coloro che intervengono nella realizzazione dell’opera pubblica indipendentemente dall’importo dei relativi contratti e subcontratti e dalla natura dell’attività svolta[18].

L’articolo 3 deve, quindi, applicarsi anche nei casi di lavori affidati dalla società concessionaria o dall’ente aggiudicatore ad imprese collegate, così come ai rapporti interni ad un raggruppamento temporaneo creatosi allo scopo di aggiudicarsi l’appalto o la concessione pubblica.

Secondo l’interpretazione della AVCP, ai fini della tracciabilità, non rileva, infatti, né il rapporto di collegamento né il mandato che i singoli componenti del raggruppamento affidano, con scrittura privata, ad uno di loro allo scopo di rappresentarli nei confronti della Pubblica Amministrazione appaltante.

Molto spesso le operazioni “intragruppo”, e sovente nei casi di grandi imprese, vengono gestite attraverso meccanismi di tesoreria accentrata in capo alla capogruppo. In tale caso, l’obbligo di tracciabilità dev’essere assolto con riferimento a tutti i movimenti in capo alle singole società: è evidente che, in questi casi, devono essere adottati, principalmente a cura della stessa capogruppo, tutti i meccanismi burocratici e contabili per assicurare il rispetto dell’obbligo di legge.

A seguito delle numerose richieste di pareri e d’interpretazioni, l’AVCP ha specifico che le norme sulla tracciabilità si applicano anche a:

(a) contratti stipulati dalle imprese pubbliche nell’ambito dei cosiddetti “settori speciali” di cui alla direttiva 2004/17/CEE, e di cui alla parte III del Codice dei Contratti, e, nei confronti dei quali, ex articolo 152 di questo stesso testo di legge si applicano le norme generali sui pubblici appalti[19];

(b) contratti che, sebbene esclusi dall’applicazione dello stesso Codice sono riconducibili alle caratteristiche dell’appalto[20];

(c) transazioni aventi ad oggetto il pagamento di cauzioni e fideiussioni, con la sola deroga relativa alla non indicazione del Codice Identificativo di Gara (CIG) e del Codice Unico di Progetto (CUP);

(d) operazioni di cessioni del credito tra stazioni appaltanti e cessionari, con l’obbligo, in questo caso, dell’indicazione del CIG e del CUP.

Analogamente, sono, invece, da ritenersi estranee al campo di applicazione dell’articolo 3:

(a) i contratti di diritto privato stipulati dalle imprese pubbliche al di fuori della loro attività pubblica;

(b) i contratti di servizi che, sebbene pubblici, sono esclusi, ex articolo 19 dall’applicazione del Codice dei Contratti[21];

(c) appalti pubblici di servizi che riguardano due amministrazioni pubbliche, ad esempio con l’ARPA per l’esecuzione delle verifiche ed i controlli ambientali. L’esclusione è, in questo caso, motivata dall’assenza della “terzietà”, nel senso che le risorse finanziarie movimentate restano nell’ambito pubblico, e sono già sottoposte a tracciamento;

(d) servizi e produzioni in economia solo se effettuate in amministrazione diretta. Anche in questo caso l’esclusione è motivata dall’assenza del requisito della “terzietà”;

(e) movimentazioni di denaro a favore delle Pubbliche Amministrazioni da soggetti giuridicamente da loro distinti ma sottoposti ad analogo controllo (ad esempio, la contribuzione della Cassa Integrazione Guadagni). Anche in questo caso, come in quelli sub c) e d), l’esclusione è giustificata dall’assenza della “terzietà”;

(f) i pagamenti effettuati a favore di terzi, estranei alla filiera di cui al prima comma dell’articolo 3, per la corresponsione di indennizzi assicurativi per danni ed espropri. Similmente, ai casi sub c) d) ed e), quest’esclusione è giustificata dall’estraneità del terzo percettore alla filiera dell’appalto;

(g) le spese economali, ossia le spese che le amministrazioni pubbliche coprono con l’utilizzo, anche per cassa, di uno specifico fondo detto appunto “fondo economale”, impiegato non a fronte di uno specifico contratto, ed a condizione che le stesse siano indicate in un provvedimento interno dell’ente pubblico[22].

Di particolare interesse è il tema relativo all’applicabilità delle norme sulla tracciabilità alle risorse finanziarie movimentate, nell’ambito dell’esecuzione delle attività rientranti nel campo di applicazione della norma, a favore di lavoratori autonomi, siano essi più o meno organizzati in forma individuale, associata o societaria.

L’elemento che, secondo l’AVCP deve ritenersi discriminante è la natura della prestazione che il professionista è chiamato a fornire[23].

Occorre, infatti, distinguere i casi in cui al professionista l’affidamento avvenga in forza di un conferimento di un incarico professionale all’interno del quale è prevalente la connotazione della personalità (ad esempio il rilascio di un parere legale), da quello in cui l’affidamento avvenga, al contrario, in base alla norme del Codice dei Contratti, ed in cui è prevalente la prestazione di un servizio (servizi di progettazione).

Solo nel primo caso, l’AVCP ritiene applicabili le norme sulle tracciabilità.

2.2. La tracciabilità

Concretamente, la tracciabilità si realizza mediante il rispetto, da parte dei soggetti obbligati, delle seguenti disposizioni:

(a) utilizzo, per la gestione di tutti i flussi finanziari connessi all’appalto, al subappalto, al contratto, alla fornitura, alla concessione, ecc…, di uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, ancorché in via non esclusiva, ed i cui estremi devono essere comunicati alla stazione appaltante o all’ente concedente entro sette giorni dalla loro accensione, se nuovi, oppure dalla loro prima utilizzazione, se già attivi;

(b) effettuazione di ogni movimento finanziario di cui al punto sub (a) attraverso bonifico bancario o postale, oppure con altro strumento che garantisca la tracciabilità;

(c) indicazione, in quegli strumenti di pagamento (ad esempio, nella causale del bonifico) del Codice Identificativo di Gara (CIG) e, nei casi in cui lo prevede la Legge n. 3/2003, del Codice Unico di Progetto (CUP).

Il conto corrente (o i conti correnti) bancario o postale dedicato, ossia quello che i soggetti obbligati decidono di utilizzare per la gestione delle risorse finanziarie connesse all’appalto, al subappalto, al contratto, alla fornitura, al servizio o concessione pubblica, può essere utilizzato anche in via non esclusiva, nel senso che su di esso possono essere veicolate anche risorse estranee a tale circostanza[24].

Per lo stesso principio, secondo l’AVCP, se nei confronti della stessa stazione appaltante o del medesimo ente concedente, sono attivi più contratti, appalti, concessioni, l’impresa può utilizzare un unico conto (anche se relativo a più rapporti contrattuali), ed ancora, nel caso di conto dedicato in via esclusiva, è possibile (ad esempio per esigenze di liquidità) anche il prelievo di somme da destinare ad altri usi, purché il fondo venga ricostituito sempre a mezzo di strumenti che garantiscano la tracciabilità.

Ne consegue che, nel caso di conto “in rosso”, al fine di effettuare, per esempio, dei pagamenti ai propri fornitori e/o consulenti, l’impresa può compensare il saldo negativo con altre provviste, purché ne venga sempre garantita la tracciabilità.

Tali precisazioni, specialmente per le realtà delle medie e piccole imprese, evitano gli aggravamenti burocratici connessi all’apertura di uno o più nuovi conti, con il conseguente sostenimento dei relativi costi.

Sebbene, quindi, sul conto indicato (o sui conti indicati) possano essere movimentate anche somme differenti da quelle relative all’appalto, l’importante è che queste ultime siano obbligatoriamente (a pena dell’applicazione di sanzioni pecuniarie e contrattuali) movimentate solamente su quel conto (o su quei conti).

Durante l’esame complessivo delle transazioni su questo transitate, conseguente, ad esempio, ad una verifica fiscale oppure ad un’indagine di polizia giudiziaria, la riconducibilità dei singoli movimenti all’appalto sarà possibile grazie alla lettura del dettaglio delle singole operazioni, per le quali, ove obbligatorio, dovranno essere indicati il CIG, ed ove necessario, anche il CUP.

Analogamente, devono essere veicolate sul conto corrente dedicato (o sui conti correnti dedicati) anche i pagamenti che i soggetti obbligati effettuano, sempre in ordine all’esecuzione dell’opera o del servizio pubblico, a favore di dipendenti, consulenti, e fornitori di beni, servizi ed immobilizzazioni tecniche, anche se l’importo loro pagato non è totalmente riferibile all’esecuzione di una singola opera o di un singolo servizio pubblico.

Come i flussi tra stazioni appaltanti ed appaltatori, e come quelli da questi “a scendere” lungo tutta la filiera, anche queste transazioni devono avvenire o con bonifico bancario o postale, o con altro strumento idoneo a garantire la tracciabilità, con l’unica differenza che, secondo quanto indicato dall’AVCP, in questi casi non è da ritenersi obbligatoria l’indicazione del CIG e del CUP.

Sul conto dedicato (o sui conti dedicati) devono confluire anche quelle operazioni oggetto del terzo comma dell’articolo 3, e cioè quelle riguardanti i pagamenti effettuati a favore di enti previdenziali, assicurativi ed istituzionali, per il pagamento di pubblici servizi (tra i quali i tributi), e per la copertura delle spese di minima entità, mai superiori ai 1.500,00 euro giornalieri[25].

In questi casi, pur restano valido il divieto di impiego del contante, è possibile, in luogo del bonifico, l’utilizzo di altri strumenti di pagamento. Sul punto, giova osservare come, nonostante, il citato terzo comma non preveda espressamente che lo strumento alternativo debba, come nel caso dei pagamenti a fornitori e simili, essere in grado di garantire la tracciabilità, l’AVCP sia è dichiarata di avviso contrario, pur confermando, anche per essi la non obbligatorietà dell’indicazione del CIG e del CUP.

Questo parere dell’AVCP[26] pare motivato, se si considera come l’ultimo periodo del terzo comma, peraltro aggiunto dal D.L. 187/2010, renda possibile disporre di un fondo cassa per il pagamento delle spese giornaliere, a condizione che esso sia costituito e reintegrato a mezzo di bonifico bancario o postale o di strumenti che, questa volta per espressa previsione di legge, garantiscano la tracciabilità.

In sintesi, pur con la condizione della “non esclusività”, sul conto dedicato (o sui conti dedicati) devono confluire obbligatoriamente ed a mezzo o di bonifico bancario o postale, o di altro strumento tracciabile, ed in nessun caso mai per contante, tutti flussi finanziari, che, senza alcuna limitazione d’importo:

(a) partendo dalla stazione appaltante pubblica passano all’appaltatore (al concessionario) privato, e da questo, poi, scendono per tutta la filiera dei subappalti, dei subcontratti e dei subfornitori;

(b) i soggetti obbligati “diramano” verso i dipendenti, i consulenti, i fornitori di beni, servizi ed immobilizzazioni tecniche che hanno contribuito, anche pro-quota, alla realizzazione dell’opera o alla fornitura del servizio;

(c) gli stessi soggetti obbligati originano per i pagamenti a favore di enti previdenziali, assicurativi, istituzionali, e per la copertura delle spese giornaliere di importo non superiore ai 1.500,00 euro.

Tutto ciò, con il rispetto di precise disposizioni:

(1) per le operazioni sub (a), è l’obbligatorio l’impiego del bonifico bancario o postale, o di altro strumento che garantisca la tracciabilità, nonché l’inserimento nei giustificativi delle operazioni dei codici CIG e, dove obbligatorio, CUP;

(2) per le operazioni sub (b), è l’obbligatorio l’impiego o del bonifico bancario o postale o di altro strumento che garantisca la tracciabilità, ma, pur non essendo espressamente stabilito, secondo l’AVCP non sarebbe obbligatoria l’’indicazione del CIG e del CUP;

(3) per le operazioni sub (c), pur non essendo espressamente indicato, secondo l’AVCP sarebbe, comunque, obbligatorio l’impiego o del bonifico bancario o postale o di altri strumenti che garantiscano la tracciabilità (la stessa Autorità consiglia l’uso delle carte di debito o di pagamento), e non sarebbe, invece, necessaria l’indicazione del CIG e del CUP.

Ancora una volta appare ben evidente quale sia lo scopo che il legislatore intendere raggiungere: tracciare, al massimo, l’impiego del denaro pubblico, per evitare che esso finisca nelle mani delle organizzazioni criminali.

Si è più volte fatto cenno alla possibilità di impiego, in luogo del bonifico bancario o postale, di altri strumenti che garantiscano la tracciabilità: tra questi si possono citare le RIBA, il sistema POS, il MAV, ed, al limite, anche il Bancomat.

Non è invece consigliabile, ovviamente solo per i le operazioni indicate come sub (a), l’impiego del RID che, nonostante sia il più diffuso strumento di addebito automatico, pare, per quanto comunicato dalla stessa AVCP, non essere, al momento, in grado di consentire l’inserimento e la corretta gestione informatica dei codici CIG e CUP, come visto essenziali (specialmente il CIG) per garantire la ricostruibilità dei flussi e dei movimenti finanziari.

Alcune precisazioni sono, poi, opportune in ordine all’impiego degli assegni, strumenti ancora largamente diffusi nel nostro Paese soprattutto nel settore edile delle medie e piccole imprese, specialmente per i pagamenti a dipendenti, fornitori e consulenti.

Secondo l’AVCP, l’impiego dell’assegno è possibile a condizione che essi vengano tratti dal conto dedicato, siano muniti sempre della clausola di non trasferibilità (questo, ovviamente, nel rispetto della soglia dei 5.000,00 euro[27]) e che, laddove non siano rispettate tali condizioni precedenti, il beneficiario sia in grado legittimamente di rifiutare il pagamento.

E’ evidente come tali condizioni, specialmente in considerazione della non esistenza di un limite minimo imposto dall’articolo 3, siano sempre determinate dall’assoluta necessità di garantire la tracciabilità del denaro pubblico.

In merito alla comunicazione da effettuarsi alla stazione appaltante o all’ente concedente, la norma non precisa né le modalità pratiche, né, tanto meno, il suo contenuto; il legislatore, infatti, si limita a precisare che essa deve comprendere anche il nominativo delle persone fisiche abilitate ad operare sui rapporti indicati quali dedicati.

Sul punto, l’AVCP ha specificato che è preferibile l’utilizzo di un procedimento tracciabile (raccomandata, email certificata, corriere ecc….), e che la comunicazione, debitamente firmata (nel caso di una persona giuridica dal legale rappresentante o da un suo procuratore) contenga, oltre ovviamente agli estremi del soggetto obbligato, anche gli estremi completi del rapporto o dei rapporti dedicati (ABI, CAB, codice CIN ovvero l’IBAN) e dell’intermediario bancario o postale (indirizzo dell’agenzia o della filiale).

CIG e CUP sono due codici diversi che, in quanto tali, corrispondono ad esigenze differenti.

Ai fini della tracciabilità, ciò che maggiormente rileva è il Codice Identificativo di Gara (CIG) che deve essere obbligatoriamente[28] richiesto all’AVCP a cura della stazione appaltante, prima dell’indizione dell’eventuale procedura di gara (il CIG va, infatti, indicato nel bando oppure, in caso contrario, nella lettera d’invito), e che deve comparire nelle richieste di offerte ed assolutamente negli ordinativi di pagamento[29].

Lo scopo del CIG è identificare, e quindi ex post tracciare, tutti i pagamenti relativi ad ogni singolo affidamento, che avvengono all’interno del più ampio progetto che, a sua volta, è, invece, indicato dal Codice Unico di Progetto (CUP), attribuito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze[30].

Prima di analizzare le sanzioni che il legislatore ha previsto in caso di inosservanza della norma, è necessario fornire alcune indicazioni in ordine agli obblighi che l’ottavo ed il nono comma dell’articolo 3 prevedono a carico della stazione appaltante.

In primo luogo, essa deve inserire nei contratti stipulati con i propri appaltatori, ed a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola che li vincoli al rispetto delle disposizioni in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, e, in secondo luogo, deve verificare che costoro, sempre a pena di nullità assoluta, facciano lo stesso nei confronti dei contratti da loro stipulati con gli altri componenti della filiera.

Subito dopo l’entrata in vigore della norma, il concreto soddisfacimento di questi obblighi ha sollevato alcune perplessità in relazione ai contratti già in essere in quel momento.

Il problema del cosiddetto “periodo transitorio” venne immediatamente risolto dalla circolare 130001/118/Gab del 9.9.2010 del Ministero dell’Interno, che stabilì come gli obblighi di tracciabilità si applicassero solo ai contratti sottoscritti successivamente al 7.9.2010, anche se relativi a bandi già precedentemente pubblicati.

Per i contratti in essere a quella data, il comma 2 dell’articolo 6 del D.L. 187/2010 prevede l’adeguamento automatico entro 180 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge n. 217/2010, norma di conversazione e modifica del sopra citato decreto legge[31].

Le stazioni appaltanti, ed i singoli soggetti obbligati che hanno notizia del mancato adempimento degli obblighi di tracciabilità da parte delle loro controparti, devono informare la stazione appaltante stessa, e l’UTG territorialmente competente in ordine alla sede della medesima stazione appaltante.

Il Prefetto è, infatti, l’organo al quale l’articolo 6 della Legge n. 136/2010 assegna il compito di accertare ed applicare le sanzioni pecuniarie previste dall’ articolo 6 della stessa Legge 136/2010, secondo le procedure generali della Legge n. 689/1981.

Sempre nel citato articolo 6, il legislatore ha specificato quali siano le sanzioni applicabili:

( a ) l’effettuazione di pagamenti senza servirsi delle banche o delle Poste Italiane Spa è punito con una sanzione amministrativa compresa tra il 5 ed il 20 per cento dell’importo della transazione;

( b ) il non utilizzo del conto dedicato (o dei conti dedicati), ovvero il non impiego del bonifico bancario o postale, o di altro strumento idoneo a garantire la tracciabilità, è punito con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 10% dell’importo della transazione, aggiungendo, poi, che ai sensi del comma 9 bis dell’articolo 3[32] tale condotta è causa di risoluzione del contratto;

( c ) la mancata indicazione nel bonifico bancario o postale, o negli altri strumenti idonei a garantire la tracciabilità, del CIG e, solo quando obbligatorio anche del CUP, è punita con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 10% dell’importo della transazione;

( d ) le operazioni di reintegro dei conti correnti dedicati avvenute senza l’utilizzo del bonifico bancario o postale, o di altri strumenti idonei a garantire la tracciabilità, è punita con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 5% di ciascun accredito;

( e ) la mancata, tardiva o incompleta comunicazione dei dati identificativi del conto dedicato (o dei conti dedicati) è punita con la sanzione amministrativa a da 500,00 a 3.000,00 euro.

Il Prefetto territorialmente competente, in ordine al luogo ove ha sede la stazione appaltante o l’ente concedente, è l’organo deputato all’accertamento ed alla contestazione delle violazioni. Per esse si applica la procedura prevista dalla Legge n. 689/1981, con l’evidenza che l’eventuale ricorso deve essere presentato davanti al Giudice del luogo ove ha sede l’UTG accertante.

Anche a carico dell’Autorità Giudiziaria sussiste, fatte salve le esigenze investigative, l’obbligo di comunicazione all’UTG delle violazioni di cui viene a conoscenza.



[1] Legge 13 agosto 2010, n. 136: “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”.

[2] D.L. 12 novembre 2010, n. 187: “Misure urgenti in materia di sicurezza”, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2010, n. 217.

[3] Decreto Legge 29 aprile 2009: “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”. Il quinto comma dell’articolo 16 così recita: “Per l’efficacia dei controlli antimafia nei contratti pubblici e nei successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture e nelle erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche, e’ prevista la tracciabilità dei relativi flussi finanziari. … omississ…”.

[4] Anche in quel caso, tuttavia, non si trattava di una novità: misure analoghe erano già state adottate, a livello “locale”, all’interno dei progetti per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, e per la linea C della metropolitana di Roma.

[5] La comunicazione in argomento è stata emessa in esecuzione delle norme di cui alla lettera b), comma 7 dell’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 231/2007 che assegno all’UIF il compito di elaborare e diffondere modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

[6] Legge 15 luglio 2009, n. 94: “ Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.

[7] Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: “Disciplina della responsabilità amministrative delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300”.

[8] La Legge n. 94/2009 ha inserito, all’interno del testo del Decreto Legislativo n. 231/2001, l’articolo 24 ter intestato “Delitti di criminalità organizzata” e così composto:” In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività’ delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote”.

[9] Non deve, tuttavia, essere dimenticato che già nella sua originaria versione il Decreto Legislativo n. 231/2001 contemplava, tra i reati per i quali si ritiene esistente la responsabilità dell’ente, altre fattispecie penali connesse al mondo dei pubblici incanti quali quelle di indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, siano esse nazionali o meno.

[10] In particolare l’articolo 1655 contenente la definizione di appalto.

[11] Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163: “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CEE e 2004/18/CEE”.

[12] L’articolo 125 del Codice dei Contratti distingue due tipologie di lavori, servizi e forniture in economia: quelle effettuate mediante amministrazione diretta, ossia con personale della stazione appaltante che opera sotto la sua stessa direzione e che impiega materiali e mezzi propri oppure appositamente noleggiati o acquistati, da quelle effettuate in “cottimo fiduciario”, ossia a seguito di procedura negoziata con affidamento a terzi. Secondo l’AVCP l’articolo 3 è applicabile solo in questo secondo caso.

[13] Le concessioni rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 3 in quanto esse, sia secondo il Codice dei Contratti che secondo il legislatore comunitario, presentano caratteristiche di un appalto pubblico con l’unica eccezione che, in luogo del pagamento, l’operatore economico riceve il diritto di usare il bene/servizio oggetto della concessione, diritto che può essere anche accompagnato da un prezzo.

[14] Si tratta dell’esecuzione di lavori di edilizia per ospedali, impianti ricreativi e sportivi, per il tempo libero superiori al milione di euro, a fronte della ricezione di un contributo pubblico in conto capitale o interessi per un importo attualizzato superiore al 50% del valore dei lavori, e degli appalti di servizi, affidati da soggetti privati, relativamente ai servizi il cui valore stimato, al netto dell’IVA, sia pari o superiore a 211.000,00 euro, nel rispetto di particolari condizioni indicate.

[15] Il terzo comma dell’articolo 6 del D.L. 187/2010 ha espressamente stabilito come debba intendersi il termine “filiera delle imprese”, intendo questa riferita ai subappalti così come definiti dall’articolo 118 del Codice dei Contratti, nonché a tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, dell’opera o per la fornitura del servizio.

[16] Il quarto comma dell’articolo 16, intestato “prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l’emergenza e la ricostruzione nella regione Abruzzo” così recita: “I controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture sono altresì effettuati con l’osservanza delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, anche in deroga a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252.

[17] Decreto Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150: “Regolamento recante norme relative al rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici”.

[18] Il secondo comma dell’articolo 1 così recita del D.P.R. n. 150/2010 così recita: “Ai fini di cui al comma 1 sono imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell’opera, anche con noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti”. Rientrano quindi : i noli a caldo, noli a freddo, forniture di ferro, calcestruzzo, cemento, inerti, trasporti, scavo e movimento terra, smaltimento rifiuti, guardiania, progettazione, servizio di mensa e pulizia di cantiere, ecc….

[19] Rientrano in questa casistica: i casi di finanza di progetto, società di progetto e di locazione finanziaria di opere pubbliche e di pubblica utilità, comunemente detti di partenariato pubblico, disciplinati dagli articoli 160 bis, 153 e 156 del Codice dei Contratti.

[20] Tra costoro, l’AVCP ha indicato quelli che hanno una particolare importanza strategica vale a dire che riguardano armi, munizioni, materiale bellico, materiale segregato e quelli aggiudicati sulla base di norme internazionali (articoli 16, 17 e 18 del D.Lgsvo 163/2006) e quelli compresi nell’allegato II B allo stesso testo di legge.

[21] L’articolo 19 del Codice dei Contratti fa riferimento a: locazione ed acquisto di immobili o di diritti su tali beni, produzione e trasmissione programmi radiotelevisivi, arbitrato e conciliazione, servizi finanziari relativi all’emissione ed all’acquisto e vendita/trasferimento di titoli, di lavoro conclusi tra la stazione appaltante ed i propri dipendenti o figure assimilabili.

[22] Si tratta, in linea di massima, di spese di piccola e modica entità, non superiori ad un limite indicato nello stesso provvedimento interno, ed in genere connotate da requisito di immediatezza e di urgenza: l’AVCP cita, per esempio, l’acquisto di marche da bollo, quotidiani, biglietti di trasporto, ecc…

[23] Sul punto, si richiama il punto 3. della determinazione n. 8 del 18 novembre 2010.

[24] Così come la definizione di “filiera delle imprese”, anche quella di “non esclusività” è stata precisata dal D.L. 187/2010, ed in particolare dal quarto comma dell’articolo 6.

[25] Prima delle modifiche introdotte dal D.L. 187/2010, tale importo era di 500,00 euro. Esso, in ogni caso, deve intendersi giornaliero.

[26] Contenuto in entrambe le determinazioni 8/2010 e 10/2010.

[27] La soglia è stabilita dal’articolo 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007.

[28] Prima dell’entrata in vigore della Legge 136/2010, la richiesta del CIG non era sempre obbligatoria.

[29] L’AVCP ha stabilito che, nel caso di procedure di urgenza affidate prima della comunicazione del CIG, che esso debba essere inserito la prima volta almeno negli ordinativi di pagamento.

[30] A differenza del CIG, il CUP ha più che ha altro una funzione di monitoraggio generale degli investimenti pubblici.

[31] Il secondo comma dell’articolo 6 del D.L. 12 novembre 2010 così recita: ““I contratti stipulati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n. 136, ed i contratti di subappalto e i subcontratti da essi derivanti sono adeguati alle disposizioni di cui all’articolo 3 della medesima legge n. 136 del 2010, come modificato dal comma 1, lettera a), dell’articolo 7 del presente decreto, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Ai sensi dell’articolo 1374 del codice civile, tali contratti si intendono automaticamente integrati con le clausole di tracciabilità previste dai commi 8 e 9 del citato articolo 3 della legge n. 136 del 2010, e successive modificazioni".

[32] Comma aggiunto dal D.L. n. 187/2010.

1. Premessa

All’interno delle recenti normative che il legislatore nazionale ha posto in essere per il contrasto all’inserimento della criminalità organizzata nelle imprese e nell’economia, una significativa importanza hanno le disposizioni, applicabili a decorrere dal 7.9.2010, che riguardano la tracciabilità dei flussi finanziari riguardanti l’esecuzione e la fornitura di lavori e di servizi pubblici.

In particolare, tali norme, contenute nell’articolo 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 136[1], successivamente modificata e, per certi versi anche autenticamente interpretata dall’articolo 6 del Decreto Legge 12 novembre 2010 n. 187[2], hanno, infatti, lo scopo di prevenire le infiltrazioni criminali nel settore degli appalti, dei contratti, delle forniture e dei finanziamenti pubblici, creando le condizioni per la tracciabilità di tutte le risorse finanziarie investite, grazie, soprattutto, alla previsione dell’utilizzo di conti correnti bancari o postali appositamente dedicati, anche se non in via esclusiva.

L’utilizzo di tali strumenti non rappresenta, sicuramente, una novità all’interno del panorama normativo nazionale.

Le norme qui in commento si possono, infatti, collegare alle più generali disposizioni antiriciclaggio del Decreto Legislativo 231/2007, con particolare riferimento sia alle limitazioni all’uso del contante e degli assegni, sia alle disposizioni contenute nel quinto comma dell’articolo 16 del Decreto Legge 28 aprile 2009, n. 39[3] che, già prevedevano la tracciabilità dei flussi finanziari per i contratti e le erogazioni pubbliche relative agli appalti concessi per la ricostruzione post terremoto in Abruzzo[4].

Alla norma di legge, hanno fatto seguito delle specifiche linee guida che, elaborate dal Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sulle grandi opere, sono state adottate dal Ministero dell’Interno il successivo 8.7.2009.

Più generale, proprio nel quadro della lotta al riciclaggio ed al contrasto dell’infiltrazione criminale nell’economia, anche l’UIF si è occupato di questo specifico tema, sensibilizzando, all’interno della comunicazione del 13.10.2009[5], gli intermediari finanziari al rispetto ed alla verifica di tali regole, citando, tra queste, anche l’utilizzo da parte di tutti gli operatori economici che partecipano alla ricostruzione di conti correnti bancari o postali appositamente dedicati.

Allo stesso fine tendono anche le norme contenute nella Legge 15 luglio 2009 n. 94[6], che, tra l’altro, hanno modificato il D.L. 231/2001[7] inserendo tra i reati per i quali vale il principio della responsabilità amministrativa degli enti anche i delitti di criminalità organizzata ovvero le condotte agevolative dei medesimi[8].

E’ palese quale sia l’importanza di tale novità[9] specialmente per le imprese operanti nel settore dei pubblici appalti e delle pubbliche forniture, ne consegue che per costoro il rispetto e la verifica delle regole sulla tracciabilità dei flussi finanziari relativi a quelle operazioni deve trovare accoglimento anche nei modelli organizzativi, la cui esistenza ed idoneità costituisce l’esimente della responsabilità in capo all’ente medesimo.

Oltre che con il monitoraggio delle risorse pubbliche impiegate nelle specifiche attività, l’ obbiettivo che il legislatore si è posto viene, ovviamente, raggiunto anche attraverso l’utilizzo di altri strumenti operativi quali i Protocolli di Legalità firmati tra singole stazioni appaltanti, Uffici Territoriali del Governo e Forze di Polizia (per esempio quello relativo all’esecuzione della BRE.BE.MI), la costruzione dei Gruppi Interforze presso le singole Prefetture, e, non da ultimi, i controlli e gli accessi nei cantieri, pianificati in tale sede, grazie anche al ruolo di coordinamento particolarmente importante che la legge stessa ha assegnato alla Direzione Investigativa Antimafia.

Come facilmente prevedibile dato il suo rilevante contenuto, ma soprattutto considerata l’importanza delle conseguenze che il legislatore collega al mancato rispetto delle regole, l’articolo 3 ha creato, al momento della sua entrata in vigore, molti dubbi e perplessità, negli operatori del settore, relativamente al suo corretto campo di applicazione, alla gestione dei contratti in corso (cosiddetto “periodo transitorio”) alla pratica esecuzione degli adempimenti ed ai conseguenti ed eventuali aggravamenti burocratici ed amministrativi.

A fare chiarezza su alcuni punti è intervenuto sia il Ministero dell’Interno con la circolare 13001/118/Gab. del 9.9.2010, riguardante il “periodo transitorio”, sia l’Autorità di Vigilanza sui Pubblici Contratti (AVCP) con determinazioni numero 8 e numero 10, rispettivamente datate 18 novembre 2010 e 22 dicembre 2010, chiarificatrici di alcuni dubbi anche sul campo di applicazione delle norma e sulle modalità di gestione dei conti dedicati e d’effettuazione delle singole transazioni finanziarie.

Sebbene il “periodo transitorio” si stia avviando alla conclusione, non mancano ancora i dubbi e le richieste di spiegazioni da parte delle imprese, ciò data anche la mancanza di sorta, per così dire, di giurisprudenza che, come sempre, si svilupperà a seguito della pratica e, soprattutto, come conseguenza dell’esercizio delle attività di vigilanza e di controllo,

Prima di passare a commentare il contenuto dell’articolo 3, e le pratiche conseguenze che esso ha nell’ordinaria vita delle imprese del settore, deve essere precisato che, come indicato dalla stessa AVCP, la norma di riferimento per le definizioni di appalto pubblico, contratto pubblico, fornitura pubblica, concessione, ecc… è, oltre ovviamente al Codice Civile[10], il Codice dei Contratti, ossia il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163[11].

2. Il contenuto della norma

2.1. Il campo di applicazione ed i soggetti passivi

L’articolo 3 obbliga gli appaltatori, i subappaltatori ed i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi ed alle forniture pubbliche ad utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, ancorché in via non esclusiva, alle commesse pubbliche, a registrare su di essi tutti i movimenti finanziari relativi ai quei lavori o servizi, e ad effettuarli o con lo strumento del bonifico bancario o postale, oppure con altri strumenti che siano, comunque, in grado di garantire la tracciabilità.

Il campo di applicazione è, quindi, molto ampio, tanto da comprendere tutti i contratti di appalto pubblico, di servizio pubblico, di fornitura pubblica conclusi tra un operatore economico privato (impresa) ed il committente pubblico, senza alcuna distinzione d’importo, e con o senza la predisposizione di un’ apposita gara, tutti i relativi subappalti, le relative subforniture, e subcontratti, le relative procedure in economia, purché effettuate “in cottimo” ossia con affidamento a terzi[12], e tutte le concessioni di lavori e servizi pubblici[13].

Con la citata determinazione n. 8/2010, l’AVCP ha poi precisato che rientrano tra queste attività anche quei casi particolari in cui soggetti privati affidano appalti pubblici, quali ad esempio quelli relativi all’esecuzione di lavori a scomputo di oneri di urbanizzazione, oppure quelli indicati alle lettere d) ed e) del primo comma dell’articolo 32 del Codice dei Contratti[14].

Permangono, ancora, dubbi in merito all’applicabilità della tracciabilità ai casi di erogazione di finanziamenti pubblici non corrispondenti alla resa di lavori, servizi o di forniture, ossia a quei casi in cui al contributo pubblico non è direttamente associabile una precisa contropartita, come per esempio i finanziamenti erogati a titolo di rimborso spese o di generico contributo a favore delle ONLUS.

Ne consegue che i soggetti passivi sono tutti coloro che a vario titolo (a partire dalla stazione appaltante, fino all’appaltatore, fino ai subappaltatori ed ai subcontraenti, ecc…) sono parte della cosiddetta filiera, ossia sono interessati, a qualsiasi titolo, all’esecuzione, anche se non esclusiva, del contratto d’appalto pubblico per lavori o servizi pubblici[15], nonché i concessionari di lavori e di servizi pubblici, ossia, più brevemente tutti coloro che ricevono denaro pubblico relativo ad appalti e contratti per lavori, contratti, forniture, servizi e concessioni pubbliche.

Soffermandosi un attimo sul primo gruppo di soggetti, si può vedere immediatamente come tra costoro rientrino tutti coloro che, indipendentemente dalle caratteristiche giuridiche, dal tipo di attività svolta, dalla classificazione o meno come subappalto ex undicesimo comma dell’articolo 118 del Codice dei Contratti, intervengono a qualunque titolo nella realizzazione dell’opera.

Tale interpretazione, per altro fatta propria dall’AVCP nelle sue due determinazioni, è perfettamente compatibile sia con lo scopo della norma, sia con quelle disposizioni di legge già sopra citate relative alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo.

Sul primo punto, rammentando come l’articolo 3 tenda ad evitare l’infiltrazione criminale nello specifico settore dei pubblici appalti, è evidente che la tracciabilità non possa non riguardare anche quelle attività che, sebbene non classificate dal Codice dei Contratti come subappalto, comportano comunque l’impiego di risorse finanziarie pubbliche e, spesso, per recentissima esperienza investigativa, presentano, come gli scavi ed il movimento terra o la rimozione degli inerti, un elevato rischio di “infiltrazione”.

In ordine, invece, al secondo punto, si deve notare come tale ampia interpretazione fosse già contenuta nel quarto comma dell’articolo 16 del D.L. N. 39/2009[16] che prevede l’osservanza di particolari linee guida antimafia elaborate, come visto, dal Comitato per l’alta sorveglianza delle grandi opere, ai contratti pubblici, ai successivi subappalti e subcontratti, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture.

Ancora va citato il Decreto Presidente della Repubblica 2 agosto 2010 n. 150[17], recante il regolamento in materia di rilascio di autorizzazioni antimafia a seguito di accesso nei cantieri, che individua i soggetti interessati a rilascio di tali documenti, in tutti coloro che intervengono nella realizzazione dell’opera pubblica indipendentemente dall’importo dei relativi contratti e subcontratti e dalla natura dell’attività svolta[18].

L’articolo 3 deve, quindi, applicarsi anche nei casi di lavori affidati dalla società concessionaria o dall’ente aggiudicatore ad imprese collegate, così come ai rapporti interni ad un raggruppamento temporaneo creatosi allo scopo di aggiudicarsi l’appalto o la concessione pubblica.

Secondo l’interpretazione della AVCP, ai fini della tracciabilità, non rileva, infatti, né il rapporto di collegamento né il mandato che i singoli componenti del raggruppamento affidano, con scrittura privata, ad uno di loro allo scopo di rappresentarli nei confronti della Pubblica Amministrazione appaltante.

Molto spesso le operazioni “intragruppo”, e sovente nei casi di grandi imprese, vengono gestite attraverso meccanismi di tesoreria accentrata in capo alla capogruppo. In tale caso, l’obbligo di tracciabilità dev’essere assolto con riferimento a tutti i movimenti in capo alle singole società: è evidente che, in questi casi, devono essere adottati, principalmente a cura della stessa capogruppo, tutti i meccanismi burocratici e contabili per assicurare il rispetto dell’obbligo di legge.

A seguito delle numerose richieste di pareri e d’interpretazioni, l’AVCP ha specifico che le norme sulla tracciabilità si applicano anche a:

(a) contratti stipulati dalle imprese pubbliche nell’ambito dei cosiddetti “settori speciali” di cui alla direttiva 2004/17/CEE, e di cui alla parte III del Codice dei Contratti, e, nei confronti dei quali, ex articolo 152 di questo stesso testo di legge si applicano le norme generali sui pubblici appalti[19];

(b) contratti che, sebbene esclusi dall’applicazione dello stesso Codice sono riconducibili alle caratteristiche dell’appalto[20];

(c) transazioni aventi ad oggetto il pagamento di cauzioni e fideiussioni, con la sola deroga relativa alla non indicazione del Codice Identificativo di Gara (CIG) e del Codice Unico di Progetto (CUP);

(d) operazioni di cessioni del credito tra stazioni appaltanti e cessionari, con l’obbligo, in questo caso, dell’indicazione del CIG e del CUP.

Analogamente, sono, invece, da ritenersi estranee al campo di applicazione dell’articolo 3:

(a) i contratti di diritto privato stipulati dalle imprese pubbliche al di fuori della loro attività pubblica;

(b) i contratti di servizi che, sebbene pubblici, sono esclusi, ex articolo 19 dall’applicazione del Codice dei Contratti[21];

(c) appalti pubblici di servizi che riguardano due amministrazioni pubbliche, ad esempio con l’ARPA per l’esecuzione delle verifiche ed i controlli ambientali. L’esclusione è, in questo caso, motivata dall’assenza della “terzietà”, nel senso che le risorse finanziarie movimentate restano nell’ambito pubblico, e sono già sottoposte a tracciamento;

(d) servizi e produzioni in economia solo se effettuate in amministrazione diretta. Anche in questo caso l’esclusione è motivata dall’assenza del requisito della “terzietà”;

(e) movimentazioni di denaro a favore delle Pubbliche Amministrazioni da soggetti giuridicamente da loro distinti ma sottoposti ad analogo controllo (ad esempio, la contribuzione della Cassa Integrazione Guadagni). Anche in questo caso, come in quelli sub c) e d), l’esclusione è giustificata dall’assenza della “terzietà”;

(f) i pagamenti effettuati a favore di terzi, estranei alla filiera di cui al prima comma dell’articolo 3, per la corresponsione di indennizzi assicurativi per danni ed espropri. Similmente, ai casi sub c) d) ed e), quest’esclusione è giustificata dall’estraneità del terzo percettore alla filiera dell’appalto;

(g) le spese economali, ossia le spese che le amministrazioni pubbliche coprono con l’utilizzo, anche per cassa, di uno specifico fondo detto appunto “fondo economale”, impiegato non a fronte di uno specifico contratto, ed a condizione che le stesse siano indicate in un provvedimento interno dell’ente pubblico[22].

Di particolare interesse è il tema relativo all’applicabilità delle norme sulla tracciabilità alle risorse finanziarie movimentate, nell’ambito dell’esecuzione delle attività rientranti nel campo di applicazione della norma, a favore di lavoratori autonomi, siano essi più o meno organizzati in forma individuale, associata o societaria.

L’elemento che, secondo l’AVCP deve ritenersi discriminante è la natura della prestazione che il professionista è chiamato a fornire[23].

Occorre, infatti, distinguere i casi in cui al professionista l’affidamento avvenga in forza di un conferimento di un incarico professionale all’interno del quale è prevalente la connotazione della personalità (ad esempio il rilascio di un parere legale), da quello in cui l’affidamento avvenga, al contrario, in base alla norme del Codice dei Contratti, ed in cui è prevalente la prestazione di un servizio (servizi di progettazione).

Solo nel primo caso, l’AVCP ritiene applicabili le norme sulle tracciabilità.

2.2. La tracciabilità

Concretamente, la tracciabilità si realizza mediante il rispetto, da parte dei soggetti obbligati, delle seguenti disposizioni:

(a) utilizzo, per la gestione di tutti i flussi finanziari connessi all’appalto, al subappalto, al contratto, alla fornitura, alla concessione, ecc…, di uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, ancorché in via non esclusiva, ed i cui estremi devono essere comunicati alla stazione appaltante o all’ente concedente entro sette giorni dalla loro accensione, se nuovi, oppure dalla loro prima utilizzazione, se già attivi;

(b) effettuazione di ogni movimento finanziario di cui al punto sub (a) attraverso bonifico bancario o postale, oppure con altro strumento che garantisca la tracciabilità;

(c) indicazione, in quegli strumenti di pagamento (ad esempio, nella causale del bonifico) del Codice Identificativo di Gara (CIG) e, nei casi in cui lo prevede la Legge n. 3/2003, del Codice Unico di Progetto (CUP).

Il conto corrente (o i conti correnti) bancario o postale dedicato, ossia quello che i soggetti obbligati decidono di utilizzare per la gestione delle risorse finanziarie connesse all’appalto, al subappalto, al contratto, alla fornitura, al servizio o concessione pubblica, può essere utilizzato anche in via non esclusiva, nel senso che su di esso possono essere veicolate anche risorse estranee a tale circostanza[24].

Per lo stesso principio, secondo l’AVCP, se nei confronti della stessa stazione appaltante o del medesimo ente concedente, sono attivi più contratti, appalti, concessioni, l’impresa può utilizzare un unico conto (anche se relativo a più rapporti contrattuali), ed ancora, nel caso di conto dedicato in via esclusiva, è possibile (ad esempio per esigenze di liquidità) anche il prelievo di somme da destinare ad altri usi, purché il fondo venga ricostituito sempre a mezzo di strumenti che garantiscano la tracciabilità.

Ne consegue che, nel caso di conto “in rosso”, al fine di effettuare, per esempio, dei pagamenti ai propri fornitori e/o consulenti, l’impresa può compensare il saldo negativo con altre provviste, purché ne venga sempre garantita la tracciabilità.

Tali precisazioni, specialmente per le realtà delle medie e piccole imprese, evitano gli aggravamenti burocratici connessi all’apertura di uno o più nuovi conti, con il conseguente sostenimento dei relativi costi.

Sebbene, quindi, sul conto indicato (o sui conti indicati) possano essere movimentate anche somme differenti da quelle relative all’appalto, l’importante è che queste ultime siano obbligatoriamente (a pena dell’applicazione di sanzioni pecuniarie e contrattuali) movimentate solamente su quel conto (o su quei conti).

Durante l’esame complessivo delle transazioni su questo transitate, conseguente, ad esempio, ad una verifica fiscale oppure ad un’indagine di polizia giudiziaria, la riconducibilità dei singoli movimenti all’appalto sarà possibile grazie alla lettura del dettaglio delle singole operazioni, per le quali, ove obbligatorio, dovranno essere indicati il CIG, ed ove necessario, anche il CUP.

Analogamente, devono essere veicolate sul conto corrente dedicato (o sui conti correnti dedicati) anche i pagamenti che i soggetti obbligati effettuano, sempre in ordine all’esecuzione dell’opera o del servizio pubblico, a favore di dipendenti, consulenti, e fornitori di beni, servizi ed immobilizzazioni tecniche, anche se l’importo loro pagato non è totalmente riferibile all’esecuzione di una singola opera o di un singolo servizio pubblico.

Come i flussi tra stazioni appaltanti ed appaltatori, e come quelli da questi “a scendere” lungo tutta la filiera, anche queste transazioni devono avvenire o con bonifico bancario o postale, o con altro strumento idoneo a garantire la tracciabilità, con l’unica differenza che, secondo quanto indicato dall’AVCP, in questi casi non è da ritenersi obbligatoria l’indicazione del CIG e del CUP.

Sul conto dedicato (o sui conti dedicati) devono confluire anche quelle operazioni oggetto del terzo comma dell’articolo 3, e cioè quelle riguardanti i pagamenti effettuati a favore di enti previdenziali, assicurativi ed istituzionali, per il pagamento di pubblici servizi (tra i quali i tributi), e per la copertura delle spese di minima entità, mai superiori ai 1.500,00 euro giornalieri[25].

In questi casi, pur restano valido il divieto di impiego del contante, è possibile, in luogo del bonifico, l’utilizzo di altri strumenti di pagamento. Sul punto, giova osservare come, nonostante, il citato terzo comma non preveda espressamente che lo strumento alternativo debba, come nel caso dei pagamenti a fornitori e simili, essere in grado di garantire la tracciabilità, l’AVCP sia è dichiarata di avviso contrario, pur confermando, anche per essi la non obbligatorietà dell’indicazione del CIG e del CUP.

Questo parere dell’AVCP[26] pare motivato, se si considera come l’ultimo periodo del terzo comma, peraltro aggiunto dal D.L. 187/2010, renda possibile disporre di un fondo cassa per il pagamento delle spese giornaliere, a condizione che esso sia costituito e reintegrato a mezzo di bonifico bancario o postale o di strumenti che, questa volta per espressa previsione di legge, garantiscano la tracciabilità.

In sintesi, pur con la condizione della “non esclusività”, sul conto dedicato (o sui conti dedicati) devono confluire obbligatoriamente ed a mezzo o di bonifico bancario o postale, o di altro strumento tracciabile, ed in nessun caso mai per contante, tutti flussi finanziari, che, senza alcuna limitazione d’importo:

(a) partendo dalla stazione appaltante pubblica passano all’appaltatore (al concessionario) privato, e da questo, poi, scendono per tutta la filiera dei subappalti, dei subcontratti e dei subfornitori;

(b) i soggetti obbligati “diramano” verso i dipendenti, i consulenti, i fornitori di beni, servizi ed immobilizzazioni tecniche che hanno contribuito, anche pro-quota, alla realizzazione dell’opera o alla fornitura del servizio;

(c) gli stessi soggetti obbligati originano per i pagamenti a favore di enti previdenziali, assicurativi, istituzionali, e per la copertura delle spese giornaliere di importo non superiore ai 1.500,00 euro.

Tutto ciò, con il rispetto di precise disposizioni:

(1) per le operazioni sub (a), è l’obbligatorio l’impiego del bonifico bancario o postale, o di altro strumento che garantisca la tracciabilità, nonché l’inserimento nei giustificativi delle operazioni dei codici CIG e, dove obbligatorio, CUP;

(2) per le operazioni sub (b), è l’obbligatorio l’impiego o del bonifico bancario o postale o di altro strumento che garantisca la tracciabilità, ma, pur non essendo espressamente stabilito, secondo l’AVCP non sarebbe obbligatoria l’’indicazione del CIG e del CUP;

(3) per le operazioni sub (c), pur non essendo espressamente indicato, secondo l’AVCP sarebbe, comunque, obbligatorio l’impiego o del bonifico bancario o postale o di altri strumenti che garantiscano la tracciabilità (la stessa Autorità consiglia l’uso delle carte di debito o di pagamento), e non sarebbe, invece, necessaria l’indicazione del CIG e del CUP.

Ancora una volta appare ben evidente quale sia lo scopo che il legislatore intendere raggiungere: tracciare, al massimo, l’impiego del denaro pubblico, per evitare che esso finisca nelle mani delle organizzazioni criminali.

Si è più volte fatto cenno alla possibilità di impiego, in luogo del bonifico bancario o postale, di altri strumenti che garantiscano la tracciabilità: tra questi si possono citare le RIBA, il sistema POS, il MAV, ed, al limite, anche il Bancomat.

Non è invece consigliabile, ovviamente solo per i le operazioni indicate come sub (a), l’impiego del RID che, nonostante sia il più diffuso strumento di addebito automatico, pare, per quanto comunicato dalla stessa AVCP, non essere, al momento, in grado di consentire l’inserimento e la corretta gestione informatica dei codici CIG e CUP, come visto essenziali (specialmente il CIG) per garantire la ricostruibilità dei flussi e dei movimenti finanziari.

Alcune precisazioni sono, poi, opportune in ordine all’impiego degli assegni, strumenti ancora largamente diffusi nel nostro Paese soprattutto nel settore edile delle medie e piccole imprese, specialmente per i pagamenti a dipendenti, fornitori e consulenti.

Secondo l’AVCP, l’impiego dell’assegno è possibile a condizione che essi vengano tratti dal conto dedicato, siano muniti sempre della clausola di non trasferibilità (questo, ovviamente, nel rispetto della soglia dei 5.000,00 euro[27]) e che, laddove non siano rispettate tali condizioni precedenti, il beneficiario sia in grado legittimamente di rifiutare il pagamento.

E’ evidente come tali condizioni, specialmente in considerazione della non esistenza di un limite minimo imposto dall’articolo 3, siano sempre determinate dall’assoluta necessità di garantire la tracciabilità del denaro pubblico.

In merito alla comunicazione da effettuarsi alla stazione appaltante o all’ente concedente, la norma non precisa né le modalità pratiche, né, tanto meno, il suo contenuto; il legislatore, infatti, si limita a precisare che essa deve comprendere anche il nominativo delle persone fisiche abilitate ad operare sui rapporti indicati quali dedicati.

Sul punto, l’AVCP ha specificato che è preferibile l’utilizzo di un procedimento tracciabile (raccomandata, email certificata, corriere ecc….), e che la comunicazione, debitamente firmata (nel caso di una persona giuridica dal legale rappresentante o da un suo procuratore) contenga, oltre ovviamente agli estremi del soggetto obbligato, anche gli estremi completi del rapporto o dei rapporti dedicati (ABI, CAB, codice CIN ovvero l’IBAN) e dell’intermediario bancario o postale (indirizzo dell’agenzia o della filiale).

CIG e CUP sono due codici diversi che, in quanto tali, corrispondono ad esigenze differenti.

Ai fini della tracciabilità, ciò che maggiormente rileva è il Codice Identificativo di Gara (CIG) che deve essere obbligatoriamente[28] richiesto all’AVCP a cura della stazione appaltante, prima dell’indizione dell’eventuale procedura di gara (il CIG va, infatti, indicato nel bando oppure, in caso contrario, nella lettera d’invito), e che deve comparire nelle richieste di offerte ed assolutamente negli ordinativi di pagamento[29].

Lo scopo del CIG è identificare, e quindi ex post tracciare, tutti i pagamenti relativi ad ogni singolo affidamento, che avvengono all’interno del più ampio progetto che, a sua volta, è, invece, indicato dal Codice Unico di Progetto (CUP), attribuito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze[30].

Prima di analizzare le sanzioni che il legislatore ha previsto in caso di inosservanza della norma, è necessario fornire alcune indicazioni in ordine agli obblighi che l’ottavo ed il nono comma dell’articolo 3 prevedono a carico della stazione appaltante.

In primo luogo, essa deve inserire nei contratti stipulati con i propri appaltatori, ed a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola che li vincoli al rispetto delle disposizioni in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, e, in secondo luogo, deve verificare che costoro, sempre a pena di nullità assoluta, facciano lo stesso nei confronti dei contratti da loro stipulati con gli altri componenti della filiera.

Subito dopo l’entrata in vigore della norma, il concreto soddisfacimento di questi obblighi ha sollevato alcune perplessità in relazione ai contratti già in essere in quel momento.

Il problema del cosiddetto “periodo transitorio” venne immediatamente risolto dalla circolare 130001/118/Gab del 9.9.2010 del Ministero dell’Interno, che stabilì come gli obblighi di tracciabilità si applicassero solo ai contratti sottoscritti successivamente al 7.9.2010, anche se relativi a bandi già precedentemente pubblicati.

Per i contratti in essere a quella data, il comma 2 dell’articolo 6 del D.L. 187/2010 prevede l’adeguamento automatico entro 180 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge n. 217/2010, norma di conversazione e modifica del sopra citato decreto legge[31].

Le stazioni appaltanti, ed i singoli soggetti obbligati che hanno notizia del mancato adempimento degli obblighi di tracciabilità da parte delle loro controparti, devono informare la stazione appaltante stessa, e l’UTG territorialmente competente in ordine alla sede della medesima stazione appaltante.

Il Prefetto è, infatti, l’organo al quale l’articolo 6 della Legge n. 136/2010 assegna il compito di accertare ed applicare le sanzioni pecuniarie previste dall’ articolo 6 della stessa Legge 136/2010, secondo le procedure generali della Legge n. 689/1981.

Sempre nel citato articolo 6, il legislatore ha specificato quali siano le sanzioni applicabili:

( a ) l’effettuazione di pagamenti senza servirsi delle banche o delle Poste Italiane Spa è punito con una sanzione amministrativa compresa tra il 5 ed il 20 per cento dell’importo della transazione;

( b ) il non utilizzo del conto dedicato (o dei conti dedicati), ovvero il non impiego del bonifico bancario o postale, o di altro strumento idoneo a garantire la tracciabilità, è punito con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 10% dell’importo della transazione, aggiungendo, poi, che ai sensi del comma 9 bis dell’articolo 3[32] tale condotta è causa di risoluzione del contratto;

( c ) la mancata indicazione nel bonifico bancario o postale, o negli altri strumenti idonei a garantire la tracciabilità, del CIG e, solo quando obbligatorio anche del CUP, è punita con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 10% dell’importo della transazione;

( d ) le operazioni di reintegro dei conti correnti dedicati avvenute senza l’utilizzo del bonifico bancario o postale, o di altri strumenti idonei a garantire la tracciabilità, è punita con una sanzione amministrativa compresa tra il 2 ed il 5% di ciascun accredito;

( e ) la mancata, tardiva o incompleta comunicazione dei dati identificativi del conto dedicato (o dei conti dedicati) è punita con la sanzione amministrativa a da 500,00 a 3.000,00 euro.

Il Prefetto territorialmente competente, in ordine al luogo ove ha sede la stazione appaltante o l’ente concedente, è l’organo deputato all’accertamento ed alla contestazione delle violazioni. Per esse si applica la procedura prevista dalla Legge n. 689/1981, con l’evidenza che l’eventuale ricorso deve essere presentato davanti al Giudice del luogo ove ha sede l’UTG accertante.

Anche a carico dell’Autorità Giudiziaria sussiste, fatte salve le esigenze investigative, l’obbligo di comunicazione all’UTG delle violazioni di cui viene a conoscenza.



[1] Legge 13 agosto 2010, n. 136: “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”.

[2] D.L. 12 novembre 2010, n. 187: “Misure urgenti in materia di sicurezza”, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2010, n. 217.

[3] Decreto Legge 29 aprile 2009: “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”. Il quinto comma dell’articolo 16 così recita: “Per l’efficacia dei controlli antimafia nei contratti pubblici e nei successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture e nelle erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche, e’ prevista la tracciabilità dei relativi flussi finanziari. … omississ…”.

[4] Anche in quel caso, tuttavia, non si trattava di una novità: misure analoghe erano già state adottate, a livello “locale”, all’interno dei progetti per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, e per la linea C della metropolitana di Roma.

[5] La comunicazione in argomento è stata emessa in esecuzione delle norme di cui alla lettera b), comma 7 dell’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 231/2007 che assegno all’UIF il compito di elaborare e diffondere modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

[6] Legge 15 luglio 2009, n. 94: “ Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.

[7] Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: “Disciplina della responsabilità amministrative delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300”.

[8] La Legge n. 94/2009 ha inserito, all’interno del testo del Decreto Legislativo n. 231/2001, l’articolo 24 ter intestato “Delitti di criminalità organizzata” e così composto:” In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività’ delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote”.

[9] Non deve, tuttavia, essere dimenticato che già nella sua originaria versione il Decreto Legislativo n. 231/2001 contemplava, tra i reati per i quali si ritiene esistente la responsabilità dell’ente, altre fattispecie penali connesse al mondo dei pubblici incanti quali quelle di indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, siano esse nazionali o meno.

[10] In particolare l’articolo 1655 contenente la definizione di appalto.

[11] Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163: “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CEE e 2004/18/CEE”.

[12] L’articolo 125 del Codice dei Contratti distingue due tipologie di lavori, servizi e forniture in economia: quelle effettuate mediante amministrazione diretta, ossia con personale della stazione appaltante che opera sotto la sua stessa direzione e che impiega materiali e mezzi propri oppure appositamente noleggiati o acquistati, da quelle effettuate in “cottimo fiduciario”, ossia a seguito di procedura negoziata con affidamento a terzi. Secondo l’AVCP l’articolo 3 è applicabile solo in questo secondo caso.

[13] Le concessioni rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 3 in quanto esse, sia secondo il Codice dei Contratti che secondo il legislatore comunitario, presentano caratteristiche di un appalto pubblico con l’unica eccezione che, in luogo del pagamento, l’operatore economico riceve il diritto di usare il bene/servizio oggetto della concessione, diritto che può essere anche accompagnato da un prezzo.

[14] Si tratta dell’esecuzione di lavori di edilizia per ospedali, impianti ricreativi e sportivi, per il tempo libero superiori al milione di euro, a fronte della ricezione di un contributo pubblico in conto capitale o interessi per un importo attualizzato superiore al 50% del valore dei lavori, e degli appalti di servizi, affidati da soggetti privati, relativamente ai servizi il cui valore stimato, al netto dell’IVA, sia pari o superiore a 211.000,00 euro, nel rispetto di particolari condizioni indicate.

[15] Il terzo comma dell’articolo 6 del D.L. 187/2010 ha espressamente stabilito come debba intendersi il termine “filiera delle imprese”, intendo questa riferita ai subappalti così come definiti dall’articolo 118 del Codice dei Contratti, nonché a tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, dell’opera o per la fornitura del servizio.

[16] Il quarto comma dell’articolo 16, intestato “prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l’emergenza e la ricostruzione nella regione Abruzzo” così recita: “I controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture sono altresì effettuati con l’osservanza delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, anche in deroga a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252.

[17] Decreto Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150: “Regolamento recante norme relative al rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici”.

[18] Il secondo comma dell’articolo 1 così recita del D.P.R. n. 150/2010 così recita: “Ai fini di cui al comma 1 sono imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell’opera, anche con noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti”. Rientrano quindi : i noli a caldo, noli a freddo, forniture di ferro, calcestruzzo, cemento, inerti, trasporti, scavo e movimento terra, smaltimento rifiuti, guardiania, progettazione, servizio di mensa e pulizia di cantiere, ecc….

[19] Rientrano in questa casistica: i casi di finanza di progetto, società di progetto e di locazione finanziaria di opere pubbliche e di pubblica utilità, comunemente detti di partenariato pubblico, disciplinati dagli articoli 160 bis, 153 e 156 del Codice dei Contratti.

[20] Tra costoro, l’AVCP ha indicato quelli che hanno una particolare importanza strategica vale a dire che riguardano armi, munizioni, materiale bellico, materiale segregato e quelli aggiudicati sulla base di norme internazionali (articoli 16, 17 e 18 del D.Lgsvo 163/2006) e quelli compresi nell’allegato II B allo stesso testo di legge.

[21] L’articolo 19 del Codice dei Contratti fa riferimento a: locazione ed acquisto di immobili o di diritti su tali beni, produzione e trasmissione programmi radiotelevisivi, arbitrato e conciliazione, servizi finanziari relativi all’emissione ed all’acquisto e vendita/trasferimento di titoli, di lavoro conclusi tra la stazione appaltante ed i propri dipendenti o figure assimilabili.

[22] Si tratta, in linea di massima, di spese di piccola e modica entità, non superiori ad un limite indicato nello stesso provvedimento interno, ed in genere connotate da requisito di immediatezza e di urgenza: l’AVCP cita, per esempio, l’acquisto di marche da bollo, quotidiani, biglietti di trasporto, ecc…

[23] Sul punto, si richiama il punto 3. della determinazione n. 8 del 18 novembre 2010.

[24] Così come la definizione di “filiera delle imprese”, anche quella di “non esclusività” è stata precisata dal D.L. 187/2010, ed in particolare dal quarto comma dell’articolo 6.

[25] Prima delle modifiche introdotte dal D.L. 187/2010, tale importo era di 500,00 euro. Esso, in ogni caso, deve intendersi giornaliero.

[26] Contenuto in entrambe le determinazioni 8/2010 e 10/2010.

[27] La soglia è stabilita dal’articolo 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007.

[28] Prima dell’entrata in vigore della Legge 136/2010, la richiesta del CIG non era sempre obbligatoria.

[29] L’AVCP ha stabilito che, nel caso di procedure di urgenza affidate prima della comunicazione del CIG, che esso debba essere inserito la prima volta almeno negli ordinativi di pagamento.

[30] A differenza del CIG, il CUP ha più che ha altro una funzione di monitoraggio generale degli investimenti pubblici.

[31] Il secondo comma dell’articolo 6 del D.L. 12 novembre 2010 così recita: ““I contratti stipulati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n. 136, ed i contratti di subappalto e i subcontratti da essi derivanti sono adeguati alle disposizioni di cui all’articolo 3 della medesima legge n. 136 del 2010, come modificato dal comma 1, lettera a), dell’articolo 7 del presente decreto, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Ai sensi dell’articolo 1374 del codice civile, tali contratti si intendono automaticamente integrati con le clausole di tracciabilità previste dai commi 8 e 9 del citato articolo 3 della legge n. 136 del 2010, e successive modificazioni".

[32] Comma aggiunto dal D.L. n. 187/2010.