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Recesso del difensore dall’incarico professionale

Il difensore può sciogliere il rapporto, ove il cliente incarichi un condifensore?
Parere assegnato a esame di avvocato, sessione Dicembre 2010

TRACCIA

La Società “Beta” conferisce a Tizio, dottore commercialista, incarico professionale di difendere innanzi alla competente commissione tributaria provinciale in un contenzioso tributario particolarmente complesso relativo a taluni contestati avvisi di rettifica.

In forza di suddetto incarico Tizio svolge per un lungo periodo l’attività difensiva. Nel corso di tale attività il professionista Tizio riceve una missiva proveniente dalla società Beta con la quale gli si comunica l’intenzione di affiancargli nel compimento dell’attività difensiva l’avvocato Caio specializzato nella materia fiscale a seguito del procedimento. Al ricevimento della missiva Tizio comunica alla società Beta la volontà di recedere dal contratto.Nel contesto della medesima missiva lo stesso formula richiesta di rimborso delle spese effettuate e di corresponsione del compenso oltreché il risarcimento del danno subito. Il candidato, assunte le vesti di legale della società Beta rediga parere motivato in ordine alla fondatezza della pretesa del professionista Tizio.

SOLUZIONE

La vicenda consente di riflettere sull’istituto del recesso dal contratto, vale a dire lo scioglimento unilaterale di una convenzione, originariamente conclusa di comune accordo, fra i contraenti. In conformità ai princìpi generali, l’istituto del recesso, da intendersi quale esercizio di un diritto potestativo, è un’eccezione alla regola, secondo cui il contratto ha forza di legge fra le parti e, pertanto, il medesimo può esser sciolto solo per mutuo accordo fra le stesse. Dato che le disposizioni sul recesso sono norme eccezionali, esse non sono suscettibili d’interpretazione estensiva e, nei casi, dubbi, si dovrà propendere per la loro inapplicabilità.

Occorre chiarire a quali condizioni il professionista intellettuale possa recedere dal contratto di clientela.

L’art 2237 cod. civ. differenzia la posizione del cliente (di cui tratta al 1° c.), rispetto a quella del professionista (di cui tratta ai commi successivi), in relazione al rapporto di clientela, in quanto il primo può recedere dal contratto “ad nutum”, con il contestuale obbligo di rimborsare al professionista le spese e di pagare l’onorario, limitatamente all’attività svolta, a meno che in contratto non sia prevista una clausola, che limiti, sia pure entro certi confini, tale potere discrezionale di recesso (tale ultima conclusione presuppone che si ritenga la disposizione dell’art. 2237 1 c. dispositiva e non imperativa)

L’ampiezza della facoltà di scioglimento unilaterale del contratto, attribuita al cliente, si giustifica per il precipuo rilievo, attribuito al permanere del vincolo fiduciario, essenziale nel contratto d’opera intellettuale. In altri termini, si vuole tutelare in modo particolarmente intenso la posizione di un soggetto, di regola, privo delle conoscenze, per le quali ci si rivolge a un professionista intellettuale, per consentirgli di poter sciogliere il rapporto “ad nutum”. Si attribuisce una tutela “asimmetrica”, orientata in senso maggiormente favorevole al cliente, proprio per favorire un riequilibrio delle posizioni dei contraenti, potendosi l’assistito considerare un soggetto debole del rapporto, in quanto, come già rilevato, privo delle conoscenze, proprie dell’esperto, cui si rivolge. La sua posizione è assimilabile a quella del consumatore di un prodotto o a quella dell’utente di un servizio (nella nostra ipotesi, intellettuale). Il Cliente sarà, in ogni modo tenuto a rimborsare al professionista le spese e a retribuire l’attività professionale, prestata da questo, fino al momento dell’acquisizione di efficacia del recesso.

Il professionista non ha quest’ampia libertà di recesso, potendo sciogliere il rapporto solo per giusta causa e in modo da evitare qualsivoglia pregiudizio per il cliente (cfr. art. 2237, 2° e 3° comma). Si deve trattare di una circostanza, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto fiduciario. Si è soliti annoverare, fra le giuste cause di recesso del rapporto, il mancato pagamento degli acconti, richiesti dal professionista (avvocato o, come nella nostra vicenda, dottore commercialista) o l’assenza di una proficua collaborazione del Cliente, per consentire un soddisfacente svolgimento della prestazione d’opera intellettuale (per es. mancata consegna d’importanti documenti).

In termini generali, “giusta causa” è un avvenimento, che rende prevalente l’interesse di un soggetto a sciogliere unilateralmente un rapporto, rispetto a quello della controparte, a che tale rapporto permanga, specialmente quando resti pregiudicata la funzione economico-sociale del rapporto stesso (cfr. Cass. 24637-2008). Proprio per evitare al cliente un possibile pregiudizio, derivante dall’avvenuto recesso dal rapporto, il professionista è tenuto a comunicare con tempestività la propria intenzione di sciogliere unilateralmente il rapporto, in modo da consentire a questo la ricerca di altro professionista o, in ogni modo, una gestione adeguata della propria posizione. Sussiste anche l’esigenza di evitare di recedere dal contratto, quando questo si traduca, inevitabilmente, in un grave danno per il proprio assistito. Si è anche sostenuto l’obbligo del professionista di attivarsi, al fine di proporre al Cliente un sostituto, contestualmente illustrando al Cliente tutti gli aspetti della pratica, in modo che l’assistito acquisisca consapevolezza di come gestire al meglio il proprio interesse. La posizione del professionista è tutelata in maniera meno intensa, rispetto a quella del Cliente, proprio perché si reputa che il medesimo sia un soggetto maggiormente attrezzato all’interno del contratto di clientela, perché dotato di conoscenze da “addetto ai lavori”, che consentono una maggiore attitudine a proteggere in modo apprezzabile la propria sfera giuridica. Si tratta di valutazioni “di massima”, effettuate dal Legislatore, con riferimento alla generalità dei casi concreti, ben potendosi presentare delle ipotesi, in cui il professionista sia, in concreto, un soggetto più debole, rispetto al proprio Cliente (si pensi a un commercialista alle prime armi, che abbia per cliente una società di notevoli dimensioni). Ci si può domandare se affiancare al professionista intellettuale altro soggetto, designato dal cliente, possa configurarsi come “giusta causa” di recesso del rapporto, con particolare riferimento al permanere della relazione fiduciaria, caratterizzante il contratto d’opera intellettuale. Si ritiene che al quesito possa e debba darsi, in termini generali, una risposta non univoca, nel senso che il professionista potrà legittimamente recedere dal contratto, ove l’incarico, attribuito ad altro professionista intellettuale si traduca effettivamente nella cessazione del rapporto fiduciario con il soggetto, originariamente designato, in relazione alle circostanze, con cui in concreto, avviene l’attribuzione del nuovo incarico. In tale ipotesi, infatti, potrà essere invocata l’esigenza di tutelare la dignità professionale dell’esperto e, quindi, questo interesse dovrà prevalere su quello dell’assistito.

Ove sia presente una, più o meno esplicita, presa di posizione, da parte del Cliente, nel senso del venir meno di un giudizio positivo, sulle attitudini e capacità del professionista intellettuale, cui il medesimo originariamente si è rivolto, emerge la sopravvenuta eliminazione del requisito dell’”intuitus personae” (che s’identifica nella particolare fiducia, attribuita a un determinato soggetto, per l’esecuzione di talune prestazioni), che giustifica lo scioglimento del rapporto, da parte del professionista. E’ necessario, peraltro, che tale sopravvenuta interruzione del vincolo fiduciario sia, in qualche maniera, esplicitata, essendo l’attribuzione d’incarico ad altro professionista fatto di per sé neutro, nel senso che può ben avvenire, anche qualora non sia venuta meno la fiducia nel primo professionista consultato.

Può osservarsi come la presenza della giusta causa di scioglimento attribuirebbe al professionista il diritto al rimborso delle spese e al pagamento del compenso per l’attività svolta, ma non il risarcimento del danno. Una giusta causa di recesso si potrebbe, altresì, configurare, ove manchi un preavviso al primo professionista, in relazione all’avvenuta nomina di un ulteriore incaricato, circostanza questa non verificatasi nel nostro caso, in cui Tizio viene avvertito con una missiva dell’avvenuta nomina di un avvocato, quale condifensore.

Nella nostra vicenda, non sembra sussistere l’interruzione del rapporto fiduciario fra la Società “Beta” e il dottore commercialista, originariamente incaricato, perché dalla traccia non emerge un’esplicita manifestazione di critica, sull’operato del professionista. La Società si limita a comunicare l’intenzione di affiancare al commercialista un avvocato, dotato di particolare competenza nella materia tributaria, per ottenere una più efficace difesa delle proprie posizioni. Va rilevato come si tratti di una professionalità diversa, rispetto a quella del commercialista, circostanza quest’ultima, che rende ancora maggiormente verosimile la tesi, secondo cui non sia configurabile una giusta causa di recesso del medesimo. Si sarebbe dovuti pervenire a conclusione diversa, ove, nella lettera, con la quale è stata comunicata l’attribuzione d’incarico all’avvocato tributarista, la Società avesse giustificato tale condotta, adducendo come motivazione una presunta assenza di capacità del commercialista o, in ogni modo, la medesima Società avesse esplicitamente criticato l’attività professionale, da questo svolta. Va poi rilevato come Tizio si limiti a comunicare, in conseguenza della lettera, al medesimo indirizzata dalla Società assistita, una mera volontà di recesso, senza addurre (almeno questo sembra emergere dalla traccia) un’esplicita giustificazione, a base dell’intento di sciogliere unilateralmente il contratto, in netto contrasto con il disposto dell’art. 2237 c. civ., che richiede in modo puntuale la presenza (e, quindi, l’esternazione) di una “giusta causa”.

Può aggiungersi che, spesso, l’intenzione del Cliente, quando affianca altro professionista a quello, originariamente incaricato, è di consentire il conseguimento di risultati, maggiormente soddisfacenti, perché l’unione di più energie intellettuali può rendere più probabile l’individuazione di una soddisfacente protezione della posizione dell’assistito. Sembra questa la ragione principale, per la quale la Società Beta ha affiancato un avvocato al commercialista, originariamente incaricato; l’unione di due professionalità, con aree di conoscenza comuni, ma dalle competenze ben distinte, può consentire la valutazione dei problemi, che vengono in considerazione, da prospettiva diversa, a garanzia di una maggiore tutela della società assistita. Tale ragionamento appare confermato dal fatto che la traccia rimarca come la controversia tributaria, per la quale la Società richiede assistenza, sia particolarmente complessa, tale da giustificare e rendere ragionevole la presenza di più professionisti, che si occupino della gestione della medesima, ancor di più se vengano in considerazione sue soggetti, con diversa qualifica professionale.

Una giusta causa di scioglimento del rapporto si potrebbe ipotizzare, ove si giunga a una situazione d’incomunicabilità fra i due professionisti consultati, tale da pregiudicare lo svolgimento di una soddisfacente assistenza del cliente e da ledere in maniera rilevante la dignità professionale di Tizio. La legittimazione del recesso potrebbe derivare anche da preesistenti, cattivi rapporti fra i due professionisti incaricati, tale da rendere problematico lo svolgimento dell’attività difensiva.

La conclusione, che appare maggiormente condivisibile è, pertanto, nel senso dell’infondatezza della manifestazione di recesso di Tizio, nonché della sua contestuale istanza di risarcimento dei danni. Ove si accetti la conclusione che il recesso di Tizio è ingiustificato, la comunicazione, con cui si afferma la volontà di sciogliere il rapporto, non produce alcun effetto estintivo del medesimo, mancando un giusta causa, che renda rilevante il recesso e, ove il commercialista persista nella sua volontà di recedere, si avrà una sua responsabilità per inadempimento, nei confronti dell’assistito, con obbligo di risarcire il danno (in tal senso, in dottrina, SANTORO PASSARELLI). Si consideri, inoltre che, secondo la cass. 24.5.2004, lo scioglimento anticipato di un rapporto contrattuale è, di per sé, potenzialmente produttivo di danni.

Va, peraltro, segnalato un diverso indirizzo, che in questa sede non si condivide, secondo cui il recesso, nonostante l’assenza di “giusta causa”, produce ugualmente effetto estintivo, (anche ove si aderisca a tale tesi, in ogni modo, il professionista dovrà risarcire il danno al Cliente e non avrà diritto al compenso, salvo il rimborso delle spese, effettuate nell’interesse del cliente).

Riguardo alla giurisprudenza, va segnalata la posizione di App. Milano 24 settembre 2008, che, con riguardo a una fattispecie analoga a quella descritta nella traccia, ha concluso nel senso che è privo di giusta causa il recesso di un commercialista, che intenda sciogliere il contratto, a seguito della nomina, da parte del proprio assistito, di un altro Difensore di fiducia. Resta, peraltro, ferma l’esigenza di non assolutizzare un precedente giurisprudenziale, potendosi pervenire, come già rilevato, a una conclusione opposta, ove effettivamente incaricare altro difensore di fiducia comporti una lesione della dignità del professionista, originariamente incaricato o faccia emergere il venir meno del preesistente vincolo fiduciario.

In definitiva, alla domanda, posta dalla traccia, sulla fondatezza della pretesa di Tizio, in relazione al rimborso delle spese, nonché al compenso per l’attività svolta, dovrà darsi risposta negativa, partendo dalla premessa dell’assenza di una giusta causa di recesso. Poiché la traccia richiede che si debbano assumere le vesti di legale della Società Beta, non è fuor di luogo osservare che questa potrà attivarsi per un risarcimento dei danni. E’ opportuno che, per adempiere al dovere informativo, il Difensore della Società rappresenti alla medesima anche la possibilità che il Giudice, ricostruendo la fattispecie in termini diversi, ritenga presente la giusta causa di recesso del commercialista.

Parere assegnato a esame di avvocato, sessione Dicembre 2010

TRACCIA

La Società “Beta” conferisce a Tizio, dottore commercialista, incarico professionale di difendere innanzi alla competente commissione tributaria provinciale in un contenzioso tributario particolarmente complesso relativo a taluni contestati avvisi di rettifica.

In forza di suddetto incarico Tizio svolge per un lungo periodo l’attività difensiva. Nel corso di tale attività il professionista Tizio riceve una missiva proveniente dalla società Beta con la quale gli si comunica l’intenzione di affiancargli nel compimento dell’attività difensiva l’avvocato Caio specializzato nella materia fiscale a seguito del procedimento. Al ricevimento della missiva Tizio comunica alla società Beta la volontà di recedere dal contratto.Nel contesto della medesima missiva lo stesso formula richiesta di rimborso delle spese effettuate e di corresponsione del compenso oltreché il risarcimento del danno subito. Il candidato, assunte le vesti di legale della società Beta rediga parere motivato in ordine alla fondatezza della pretesa del professionista Tizio.

SOLUZIONE

La vicenda consente di riflettere sull’istituto del recesso dal contratto, vale a dire lo scioglimento unilaterale di una convenzione, originariamente conclusa di comune accordo, fra i contraenti. In conformità ai princìpi generali, l’istituto del recesso, da intendersi quale esercizio di un diritto potestativo, è un’eccezione alla regola, secondo cui il contratto ha forza di legge fra le parti e, pertanto, il medesimo può esser sciolto solo per mutuo accordo fra le stesse. Dato che le disposizioni sul recesso sono norme eccezionali, esse non sono suscettibili d’interpretazione estensiva e, nei casi, dubbi, si dovrà propendere per la loro inapplicabilità.

Occorre chiarire a quali condizioni il professionista intellettuale possa recedere dal contratto di clientela.

L’art 2237 cod. civ. differenzia la posizione del cliente (di cui tratta al 1° c.), rispetto a quella del professionista (di cui tratta ai commi successivi), in relazione al rapporto di clientela, in quanto il primo può recedere dal contratto “ad nutum”, con il contestuale obbligo di rimborsare al professionista le spese e di pagare l’onorario, limitatamente all’attività svolta, a meno che in contratto non sia prevista una clausola, che limiti, sia pure entro certi confini, tale potere discrezionale di recesso (tale ultima conclusione presuppone che si ritenga la disposizione dell’art. 2237 1 c. dispositiva e non imperativa)

L’ampiezza della facoltà di scioglimento unilaterale del contratto, attribuita al cliente, si giustifica per il precipuo rilievo, attribuito al permanere del vincolo fiduciario, essenziale nel contratto d’opera intellettuale. In altri termini, si vuole tutelare in modo particolarmente intenso la posizione di un soggetto, di regola, privo delle conoscenze, per le quali ci si rivolge a un professionista intellettuale, per consentirgli di poter sciogliere il rapporto “ad nutum”. Si attribuisce una tutela “asimmetrica”, orientata in senso maggiormente favorevole al cliente, proprio per favorire un riequilibrio delle posizioni dei contraenti, potendosi l’assistito considerare un soggetto debole del rapporto, in quanto, come già rilevato, privo delle conoscenze, proprie dell’esperto, cui si rivolge. La sua posizione è assimilabile a quella del consumatore di un prodotto o a quella dell’utente di un servizio (nella nostra ipotesi, intellettuale). Il Cliente sarà, in ogni modo tenuto a rimborsare al professionista le spese e a retribuire l’attività professionale, prestata da questo, fino al momento dell’acquisizione di efficacia del recesso.

Il professionista non ha quest’ampia libertà di recesso, potendo sciogliere il rapporto solo per giusta causa e in modo da evitare qualsivoglia pregiudizio per il cliente (cfr. art. 2237, 2° e 3° comma). Si deve trattare di una circostanza, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto fiduciario. Si è soliti annoverare, fra le giuste cause di recesso del rapporto, il mancato pagamento degli acconti, richiesti dal professionista (avvocato o, come nella nostra vicenda, dottore commercialista) o l’assenza di una proficua collaborazione del Cliente, per consentire un soddisfacente svolgimento della prestazione d’opera intellettuale (per es. mancata consegna d’importanti documenti).

In termini generali, “giusta causa” è un avvenimento, che rende prevalente l’interesse di un soggetto a sciogliere unilateralmente un rapporto, rispetto a quello della controparte, a che tale rapporto permanga, specialmente quando resti pregiudicata la funzione economico-sociale del rapporto stesso (cfr. Cass. 24637-2008). Proprio per evitare al cliente un possibile pregiudizio, derivante dall’avvenuto recesso dal rapporto, il professionista è tenuto a comunicare con tempestività la propria intenzione di sciogliere unilateralmente il rapporto, in modo da consentire a questo la ricerca di altro professionista o, in ogni modo, una gestione adeguata della propria posizione. Sussiste anche l’esigenza di evitare di recedere dal contratto, quando questo si traduca, inevitabilmente, in un grave danno per il proprio assistito. Si è anche sostenuto l’obbligo del professionista di attivarsi, al fine di proporre al Cliente un sostituto, contestualmente illustrando al Cliente tutti gli aspetti della pratica, in modo che l’assistito acquisisca consapevolezza di come gestire al meglio il proprio interesse. La posizione del professionista è tutelata in maniera meno intensa, rispetto a quella del Cliente, proprio perché si reputa che il medesimo sia un soggetto maggiormente attrezzato all’interno del contratto di clientela, perché dotato di conoscenze da “addetto ai lavori”, che consentono una maggiore attitudine a proteggere in modo apprezzabile la propria sfera giuridica. Si tratta di valutazioni “di massima”, effettuate dal Legislatore, con riferimento alla generalità dei casi concreti, ben potendosi presentare delle ipotesi, in cui il professionista sia, in concreto, un soggetto più debole, rispetto al proprio Cliente (si pensi a un commercialista alle prime armi, che abbia per cliente una società di notevoli dimensioni). Ci si può domandare se affiancare al professionista intellettuale altro soggetto, designato dal cliente, possa configurarsi come “giusta causa” di recesso del rapporto, con particolare riferimento al permanere della relazione fiduciaria, caratterizzante il contratto d’opera intellettuale. Si ritiene che al quesito possa e debba darsi, in termini generali, una risposta non univoca, nel senso che il professionista potrà legittimamente recedere dal contratto, ove l’incarico, attribuito ad altro professionista intellettuale si traduca effettivamente nella cessazione del rapporto fiduciario con il soggetto, originariamente designato, in relazione alle circostanze, con cui in concreto, avviene l’attribuzione del nuovo incarico. In tale ipotesi, infatti, potrà essere invocata l’esigenza di tutelare la dignità professionale dell’esperto e, quindi, questo interesse dovrà prevalere su quello dell’assistito.

Ove sia presente una, più o meno esplicita, presa di posizione, da parte del Cliente, nel senso del venir meno di un giudizio positivo, sulle attitudini e capacità del professionista intellettuale, cui il medesimo originariamente si è rivolto, emerge la sopravvenuta eliminazione del requisito dell’”intuitus personae” (che s’identifica nella particolare fiducia, attribuita a un determinato soggetto, per l’esecuzione di talune prestazioni), che giustifica lo scioglimento del rapporto, da parte del professionista. E’ necessario, peraltro, che tale sopravvenuta interruzione del vincolo fiduciario sia, in qualche maniera, esplicitata, essendo l’attribuzione d’incarico ad altro professionista fatto di per sé neutro, nel senso che può ben avvenire, anche qualora non sia venuta meno la fiducia nel primo professionista consultato.

Può osservarsi come la presenza della giusta causa di scioglimento attribuirebbe al professionista il diritto al rimborso delle spese e al pagamento del compenso per l’attività svolta, ma non il risarcimento del danno. Una giusta causa di recesso si potrebbe, altresì, configurare, ove manchi un preavviso al primo professionista, in relazione all’avvenuta nomina di un ulteriore incaricato, circostanza questa non verificatasi nel nostro caso, in cui Tizio viene avvertito con una missiva dell’avvenuta nomina di un avvocato, quale condifensore.

Nella nostra vicenda, non sembra sussistere l’interruzione del rapporto fiduciario fra la Società “Beta” e il dottore commercialista, originariamente incaricato, perché dalla traccia non emerge un’esplicita manifestazione di critica, sull’operato del professionista. La Società si limita a comunicare l’intenzione di affiancare al commercialista un avvocato, dotato di particolare competenza nella materia tributaria, per ottenere una più efficace difesa delle proprie posizioni. Va rilevato come si tratti di una professionalità diversa, rispetto a quella del commercialista, circostanza quest’ultima, che rende ancora maggiormente verosimile la tesi, secondo cui non sia configurabile una giusta causa di recesso del medesimo. Si sarebbe dovuti pervenire a conclusione diversa, ove, nella lettera, con la quale è stata comunicata l’attribuzione d’incarico all’avvocato tributarista, la Società avesse giustificato tale condotta, adducendo come motivazione una presunta assenza di capacità del commercialista o, in ogni modo, la medesima Società avesse esplicitamente criticato l’attività professionale, da questo svolta. Va poi rilevato come Tizio si limiti a comunicare, in conseguenza della lettera, al medesimo indirizzata dalla Società assistita, una mera volontà di recesso, senza addurre (almeno questo sembra emergere dalla traccia) un’esplicita giustificazione, a base dell’intento di sciogliere unilateralmente il contratto, in netto contrasto con il disposto dell’art. 2237 c. civ., che richiede in modo puntuale la presenza (e, quindi, l’esternazione) di una “giusta causa”.

Può aggiungersi che, spesso, l’intenzione del Cliente, quando affianca altro professionista a quello, originariamente incaricato, è di consentire il conseguimento di risultati, maggiormente soddisfacenti, perché l’unione di più energie intellettuali può rendere più probabile l’individuazione di una soddisfacente protezione della posizione dell’assistito. Sembra questa la ragione principale, per la quale la Società Beta ha affiancato un avvocato al commercialista, originariamente incaricato; l’unione di due professionalità, con aree di conoscenza comuni, ma dalle competenze ben distinte, può consentire la valutazione dei problemi, che vengono in considerazione, da prospettiva diversa, a garanzia di una maggiore tutela della società assistita. Tale ragionamento appare confermato dal fatto che la traccia rimarca come la controversia tributaria, per la quale la Società richiede assistenza, sia particolarmente complessa, tale da giustificare e rendere ragionevole la presenza di più professionisti, che si occupino della gestione della medesima, ancor di più se vengano in considerazione sue soggetti, con diversa qualifica professionale.

Una giusta causa di scioglimento del rapporto si potrebbe ipotizzare, ove si giunga a una situazione d’incomunicabilità fra i due professionisti consultati, tale da pregiudicare lo svolgimento di una soddisfacente assistenza del cliente e da ledere in maniera rilevante la dignità professionale di Tizio. La legittimazione del recesso potrebbe derivare anche da preesistenti, cattivi rapporti fra i due professionisti incaricati, tale da rendere problematico lo svolgimento dell’attività difensiva.

La conclusione, che appare maggiormente condivisibile è, pertanto, nel senso dell’infondatezza della manifestazione di recesso di Tizio, nonché della sua contestuale istanza di risarcimento dei danni. Ove si accetti la conclusione che il recesso di Tizio è ingiustificato, la comunicazione, con cui si afferma la volontà di sciogliere il rapporto, non produce alcun effetto estintivo del medesimo, mancando un giusta causa, che renda rilevante il recesso e, ove il commercialista persista nella sua volontà di recedere, si avrà una sua responsabilità per inadempimento, nei confronti dell’assistito, con obbligo di risarcire il danno (in tal senso, in dottrina, SANTORO PASSARELLI). Si consideri, inoltre che, secondo la cass. 24.5.2004, lo scioglimento anticipato di un rapporto contrattuale è, di per sé, potenzialmente produttivo di danni.

Va, peraltro, segnalato un diverso indirizzo, che in questa sede non si condivide, secondo cui il recesso, nonostante l’assenza di “giusta causa”, produce ugualmente effetto estintivo, (anche ove si aderisca a tale tesi, in ogni modo, il professionista dovrà risarcire il danno al Cliente e non avrà diritto al compenso, salvo il rimborso delle spese, effettuate nell’interesse del cliente).

Riguardo alla giurisprudenza, va segnalata la posizione di App. Milano 24 settembre 2008, che, con riguardo a una fattispecie analoga a quella descritta nella traccia, ha concluso nel senso che è privo di giusta causa il recesso di un commercialista, che intenda sciogliere il contratto, a seguito della nomina, da parte del proprio assistito, di un altro Difensore di fiducia. Resta, peraltro, ferma l’esigenza di non assolutizzare un precedente giurisprudenziale, potendosi pervenire, come già rilevato, a una conclusione opposta, ove effettivamente incaricare altro difensore di fiducia comporti una lesione della dignità del professionista, originariamente incaricato o faccia emergere il venir meno del preesistente vincolo fiduciario.

In definitiva, alla domanda, posta dalla traccia, sulla fondatezza della pretesa di Tizio, in relazione al rimborso delle spese, nonché al compenso per l’attività svolta, dovrà darsi risposta negativa, partendo dalla premessa dell’assenza di una giusta causa di recesso. Poiché la traccia richiede che si debbano assumere le vesti di legale della Società Beta, non è fuor di luogo osservare che questa potrà attivarsi per un risarcimento dei danni. E’ opportuno che, per adempiere al dovere informativo, il Difensore della Società rappresenti alla medesima anche la possibilità che il Giudice, ricostruendo la fattispecie in termini diversi, ritenga presente la giusta causa di recesso del commercialista.