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I "reati ambientali" nel contenitore - decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231

L’articolo riassume le caratteristiche principali del decreto legislativo n. 231 del 2001 “Disciplina della Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, tornato di attualità dopo l’approvazione preliminare da parte del Consiglio dei Ministri di uno schema di decreto legislativo, recante il recepimento delle direttive 2008/99 e 2009/123. In particolare, le direttive comunitarie “impongono” un allargamento del numero dei reati presenti nel corpus del decreto legislativo, con l’introduzione dell’articolo 25-decies “Reati ambientali” e nel codice penale, con l’introduzione di due nuove fattispecie incriminatrici.

(Filodiritto, news del 7 Aprile scorso).

Sommario: 1. Caratteri generali - 2. L’apparato sanzionatorio – 3. I soggetti – 4. Le esimenti – 5. La costituzione di parte civile – 6. Considerazioni finali.

 

1. Caratteri generali

L’entrata in vigore del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha mutato il quadro normativo del nostro ordinamento introducendo una forma di responsabilità per le persone giuridiche, qualificata formalmente come amministrativa.

La particolarità è che questa sia attribuita alle persone giuridiche che commettano reati, in seguito all’accertamento effettuato da parte del giudice penale.

In sostanza il nostro ordinamento ha visto per la prima volta l’introduzione di una responsabilità penale delle persone giuridiche, fino a quel momento esclusa sulla base del carattere personalissimo della stessa, sancito dall’articolo 27 della Costituzione e sintetizzato nel brocardo “societas delinquere non potest".

2. L’apparato sanzionatorio

L’apparato sanzionatorio, ancorato a presupposti penalistici come la commissione di un reato e governato dalle medesime garanzie processuali, è composto da contravvenzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza di condanna.

3. I soggetti

Lo stesso decreto definisce i soggetti ai quali si applica: gli enti forniti di personalità giuridica, le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica, con esclusione espressa dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli enti pubblici non economici e di quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

L’ente risponde per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, nonché da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti elencati.

4. Le esimenti

L’ente al contrario non risponde se le persone indicate come responsabili del reato hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, coesistendo a fianco della responsabilità dell’ente la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato.

Le due forme di responsabilità della persona giuridica e della persona fisica rimangono del tutto autonome.

L’ente non risponde, inoltre, qualora abbia adottato ed efficacemente attuato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire i reati, ora anche ambientali, come espressamente previsto dall’art.6 comma 1 del decreto legislativo n.231 del 2001.

5. La costituzione di parte civile

Con l’introduzione del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 sono sorti dubbi se fosse stato possibile costituirsi parte civile in quei procedimenti che avessero accertato la responsabilità dell’ente, anche se non espressamente prevista dal corpus normativo.

Le prime pronunce di merito, interpretando la responsabilità dell’ente una responsabilità penale accertata in un processo penale, ammisero la costituzione di parte civile nei procedimenti a carico dell’ente, intendendo richiamati per rinvio tutti gli istituti del codice penale.

Al contrario la Corte di Cassazione ha decisamente respinto questa soluzione interpretativa, la prima volta che si è occupata della questione.

Con la sentenza n. 2251 del 5 ottobre 2010, depositata il 22 Gennaio 2011, ha chiarito che la mancata disciplina dell’istituto nell’ambito del decreto legislativo n. 231 del 2001 “non costituisce una lacuna, bensì la conseguenza di una consapevole e legittima scelta operata dal legislatore in ragione del fatto che la persona giuridica è chiamata a rispondere non del reato, bensì di un autonomo illecito inidoneo a fondare un’altrettanto autonoma pretesa risarcitoria”.

6. Considerazioni finali

In ultima analisi il decreto legislativo 231 del 2001 è un sistema chiuso, esteso ad un numero determinato di illeciti e che oggi sotto la spinta del diritto comunitario si sta ampliando.

L’iniziativa comunitaria appare sempre più diretta ad assicurare un livello adeguato di protezione dell’ambiente, istituendo un elenco minimo di reati ambientali che dovranno essere considerati fatti penalmente rilevanti in tutta la Comunità, qualora siano posti in essere intenzionalmente o per grave negligenza.

L’articolo riassume le caratteristiche principali del decreto legislativo n. 231 del 2001 “Disciplina della Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, tornato di attualità dopo l’approvazione preliminare da parte del Consiglio dei Ministri di uno schema di decreto legislativo, recante il recepimento delle direttive 2008/99 e 2009/123. In particolare, le direttive comunitarie “impongono” un allargamento del numero dei reati presenti nel corpus del decreto legislativo, con l’introduzione dell’articolo 25-decies “Reati ambientali” e nel codice penale, con l’introduzione di due nuove fattispecie incriminatrici.

(Filodiritto, news del 7 Aprile scorso).

Sommario: 1. Caratteri generali - 2. L’apparato sanzionatorio – 3. I soggetti – 4. Le esimenti – 5. La costituzione di parte civile – 6. Considerazioni finali.

 

1. Caratteri generali

L’entrata in vigore del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha mutato il quadro normativo del nostro ordinamento introducendo una forma di responsabilità per le persone giuridiche, qualificata formalmente come amministrativa.

La particolarità è che questa sia attribuita alle persone giuridiche che commettano reati, in seguito all’accertamento effettuato da parte del giudice penale.

In sostanza il nostro ordinamento ha visto per la prima volta l’introduzione di una responsabilità penale delle persone giuridiche, fino a quel momento esclusa sulla base del carattere personalissimo della stessa, sancito dall’articolo 27 della Costituzione e sintetizzato nel brocardo “societas delinquere non potest".

2. L’apparato sanzionatorio

L’apparato sanzionatorio, ancorato a presupposti penalistici come la commissione di un reato e governato dalle medesime garanzie processuali, è composto da contravvenzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza di condanna.

3. I soggetti

Lo stesso decreto definisce i soggetti ai quali si applica: gli enti forniti di personalità giuridica, le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica, con esclusione espressa dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli enti pubblici non economici e di quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

L’ente risponde per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, nonché da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti elencati.

4. Le esimenti

L’ente al contrario non risponde se le persone indicate come responsabili del reato hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, coesistendo a fianco della responsabilità dell’ente la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato.

Le due forme di responsabilità della persona giuridica e della persona fisica rimangono del tutto autonome.

L’ente non risponde, inoltre, qualora abbia adottato ed efficacemente attuato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire i reati, ora anche ambientali, come espressamente previsto dall’art.6 comma 1 del decreto legislativo n.231 del 2001.

5. La costituzione di parte civile

Con l’introduzione del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 sono sorti dubbi se fosse stato possibile costituirsi parte civile in quei procedimenti che avessero accertato la responsabilità dell’ente, anche se non espressamente prevista dal corpus normativo.

Le prime pronunce di merito, interpretando la responsabilità dell’ente una responsabilità penale accertata in un processo penale, ammisero la costituzione di parte civile nei procedimenti a carico dell’ente, intendendo richiamati per rinvio tutti gli istituti del codice penale.

Al contrario la Corte di Cassazione ha decisamente respinto questa soluzione interpretativa, la prima volta che si è occupata della questione.

Con la sentenza n. 2251 del 5 ottobre 2010, depositata il 22 Gennaio 2011, ha chiarito che la mancata disciplina dell’istituto nell’ambito del decreto legislativo n. 231 del 2001 “non costituisce una lacuna, bensì la conseguenza di una consapevole e legittima scelta operata dal legislatore in ragione del fatto che la persona giuridica è chiamata a rispondere non del reato, bensì di un autonomo illecito inidoneo a fondare un’altrettanto autonoma pretesa risarcitoria”.

6. Considerazioni finali

In ultima analisi il decreto legislativo 231 del 2001 è un sistema chiuso, esteso ad un numero determinato di illeciti e che oggi sotto la spinta del diritto comunitario si sta ampliando.

L’iniziativa comunitaria appare sempre più diretta ad assicurare un livello adeguato di protezione dell’ambiente, istituendo un elenco minimo di reati ambientali che dovranno essere considerati fatti penalmente rilevanti in tutta la Comunità, qualora siano posti in essere intenzionalmente o per grave negligenza.