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In Europa un processo senza PEC?

Una novità di grande rilievo per quanto attiene alla diffusione dello strumento delle notifiche telematiche degli atti processuali è stata introdotta dalle recentissime modifiche apportate ai regolamenti interni di procedura della Corte di Giustizia europea e del Tribunale per la Funzione pubblica a seguito dell’approvazione del Consiglio intervenuta in data 13 maggio 2011, e pubblicate in GUUE del 22 maggio 2011.

Con questa decisione, infatti, si è inteso modificare alcune disposizioni del regolamento di procedura dei citati organi giurisdizionali al fine di «consentire il deposito e la notificazione di atti processuali per via elettronica, senza che occorra confermare queste operazioni inviando detti atti per posta o depositandoli materialmente in cancelleria».

In particolare, è stato modificato l’art. 79 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia del 19 giugno 1991, al cui paragrafo 2 ora si prevede che possa effettuarsi la notifica di ogni atto processuale “ivi comprese le sentenze e le ordinanze della Corte”, che erano atti espressamente esclusi nella formulazione precedente alla novella, trasmettendo una copia del documento con mezzi telematici “quando, conformemente all’articolo 38, paragrafo 2, secondo comma, il destinatario ha acconsentito a che gli siano inviate notifiche mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione”. Al medesimo articolo è stato aggiunto poi un terzo fondamentale paragrafo, nel quale si sancisce che “la Corte può stabilire, mediante decisione, le condizioni nel rispetto delle quali un atto processuale può essere notificato per via elettronica”.

Riforme del medesimo tenore sono state predisposte anche all’art. 100 del Regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991 e all’art. 99 del Regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea del 25 luglio 2007.

Alla stregua delle modifiche cui si è fatto cenno, si attendono quindi le decisioni emanate da questi organi giurisdizionali che specifichino le condizioni e i requisiti nel rispetto dei quali effettuare validamente le notifiche per via telematica di tutti gli atti processuali nell’ambito dei giudizi instaurati davanti alle Corti di cui al Trattato dell’Unione europea.

Di particolare interesse, a seguito dell’adozione di tali decisioni, si prospetta l’analisi comparativa tra le condizioni e i criteri predisposti in sede europea e quelli già in vigore nell’ordinamento italiano, emanati con il D.M. n. 44 del 21 febbraio 2011, contenente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

È opportuno porre in rilievo, dunque, che il Legislatore italiano già con il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24) aveva provveduto a introdurre la disciplina delle comunicazioni, dei depositi e delle notifiche degli atti processuali (di cui all’art. 170.1 c.p.c., 192.1 c.p.c. e di ogni altra comunicazione al consulente, nonché delle notificazioni a persona diversa dall’imputato di cui agli articoli 148 comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2, c.p.p.) attraverso mezzi di comunicazione telematica, relativamente ai nostri procedimenti civili e penali. Nell’art. 4 del citato decreto legge, infatti, dedicato alle misure di digitalizzazione della giustizia, si è disposta l’adozione della posta elettronica certificata quale strumento per comunicazioni e notificazioni, e in particolare al comma 2 si è stabilito che “nel processo civile e nel processo penale tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, nei casi consentiti, mediante posta elettronica certificata”.

Con molta probabilità, quindi, in Italia i c.d. operatori del diritto, ovvero avvocati, magistrati, cancellieri e consulenti, difficilmente potranno seguire un analogo iter procedimentale e usare il medesimo canale di comunicazione digitale per la trasmissione di atti verso le Corti europee e verso i Tribunali nazionali, poiché la PEC è uno strumento esclusivamente italiano. Sulla base di queste considerazioni, nel futuro percorso di armonizzazione che interesserà le legislazioni nazionali sotto questo profilo, è ragionevole pensare che il Legislatore italiano sarà costretto, presto o tardi, a predisporre un mezzo di comunicazione telematica che affianchi la PEC e che sia compatibile con “le condizioni nel rispetto delle quali un atto processuale può essere notificato per via elettronica” che verranno predisposte a breve nelle decisioni dell’Unione europea.

Una novità di grande rilievo per quanto attiene alla diffusione dello strumento delle notifiche telematiche degli atti processuali è stata introdotta dalle recentissime modifiche apportate ai regolamenti interni di procedura della Corte di Giustizia europea e del Tribunale per la Funzione pubblica a seguito dell’approvazione del Consiglio intervenuta in data 13 maggio 2011, e pubblicate in GUUE del 22 maggio 2011.

Con questa decisione, infatti, si è inteso modificare alcune disposizioni del regolamento di procedura dei citati organi giurisdizionali al fine di «consentire il deposito e la notificazione di atti processuali per via elettronica, senza che occorra confermare queste operazioni inviando detti atti per posta o depositandoli materialmente in cancelleria».

In particolare, è stato modificato l’art. 79 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia del 19 giugno 1991, al cui paragrafo 2 ora si prevede che possa effettuarsi la notifica di ogni atto processuale “ivi comprese le sentenze e le ordinanze della Corte”, che erano atti espressamente esclusi nella formulazione precedente alla novella, trasmettendo una copia del documento con mezzi telematici “quando, conformemente all’articolo 38, paragrafo 2, secondo comma, il destinatario ha acconsentito a che gli siano inviate notifiche mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione”. Al medesimo articolo è stato aggiunto poi un terzo fondamentale paragrafo, nel quale si sancisce che “la Corte può stabilire, mediante decisione, le condizioni nel rispetto delle quali un atto processuale può essere notificato per via elettronica”.

Riforme del medesimo tenore sono state predisposte anche all’art. 100 del Regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991 e all’art. 99 del Regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea del 25 luglio 2007.

Alla stregua delle modifiche cui si è fatto cenno, si attendono quindi le decisioni emanate da questi organi giurisdizionali che specifichino le condizioni e i requisiti nel rispetto dei quali effettuare validamente le notifiche per via telematica di tutti gli atti processuali nell’ambito dei giudizi instaurati davanti alle Corti di cui al Trattato dell’Unione europea.

Di particolare interesse, a seguito dell’adozione di tali decisioni, si prospetta l’analisi comparativa tra le condizioni e i criteri predisposti in sede europea e quelli già in vigore nell’ordinamento italiano, emanati con il D.M. n. 44 del 21 febbraio 2011, contenente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

È opportuno porre in rilievo, dunque, che il Legislatore italiano già con il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24) aveva provveduto a introdurre la disciplina delle comunicazioni, dei depositi e delle notifiche degli atti processuali (di cui all’art. 170.1 c.p.c., 192.1 c.p.c. e di ogni altra comunicazione al consulente, nonché delle notificazioni a persona diversa dall’imputato di cui agli articoli 148 comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2, c.p.p.) attraverso mezzi di comunicazione telematica, relativamente ai nostri procedimenti civili e penali. Nell’art. 4 del citato decreto legge, infatti, dedicato alle misure di digitalizzazione della giustizia, si è disposta l’adozione della posta elettronica certificata quale strumento per comunicazioni e notificazioni, e in particolare al comma 2 si è stabilito che “nel processo civile e nel processo penale tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, nei casi consentiti, mediante posta elettronica certificata”.

Con molta probabilità, quindi, in Italia i c.d. operatori del diritto, ovvero avvocati, magistrati, cancellieri e consulenti, difficilmente potranno seguire un analogo iter procedimentale e usare il medesimo canale di comunicazione digitale per la trasmissione di atti verso le Corti europee e verso i Tribunali nazionali, poiché la PEC è uno strumento esclusivamente italiano. Sulla base di queste considerazioni, nel futuro percorso di armonizzazione che interesserà le legislazioni nazionali sotto questo profilo, è ragionevole pensare che il Legislatore italiano sarà costretto, presto o tardi, a predisporre un mezzo di comunicazione telematica che affianchi la PEC e che sia compatibile con “le condizioni nel rispetto delle quali un atto processuale può essere notificato per via elettronica” che verranno predisposte a breve nelle decisioni dell’Unione europea.