x

x

Mediazione e usucapione

L’usucapione è il modo di acquisto della proprietà di un bene mediante l’accertamento di un possesso qualificato e del decorso del tempo. Non vi può essere dubbio che l’istituto in parola sia una procedura finalizzata all’acquisizione di una signoria di natura reale.

È anche vero che, per antica tradizione giuridica, l’usucapione è pacificamente considerata un modo di acquisto della proprietà appartenente alla “materia” dei diritti reali, cui l’art.5 D.L.vo n° 28/10 letteralmente si riporta. La questione che si intende approfondire in questo contributo riguarda la valenza traslativa del verbale di conciliazione, in ipotesi di media-conciliazione, premettendo comunque che è da escludere che l’usucapione rientri nella mediazione obbligatoria – ma potrà essere oggetto di mediazione facoltativa - non essendo, come si diceva, un diritto reale, ma un modo di acquisto della proprietà.

Già in passato si era posto il problema della valenza di un verbale di accordo giudiziale di natura traslativa sottoscritto dalle parti, dal cancelliere nonché dal Giudice che conferisce alla scrittura i requisiti richiesti dalla legge per la trascrizione. La Giurisprudenza ha sempre sostenuto la trascrivibilità di tali atti ex art. 2657 c.c. a mente del quale: “La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente…”.

Nel verbale di conciliazione l’accertamento dell’identità delle parti - attività necessaria al fine di validamente trascrivere il verbale di conciliazione - viene fatta, in primis, dall’Organismo a cui ci si rivolge e, in secondo luogo, dal mediatore; in ambedue i casi, l’attività di identificazione non viene svolta da un ufficiale dello Stato Civile o da un Notaio ma da un Ente accreditato presso il Ministero della Giustizia e da un privato, il mediatore che, se da un lato non può essere equiparato al’Ufficiale di Stato Civile o ad un incaricato di Pubblico servizio, dall’altro gode del potere di certificazione quando autentica le firme delle parti che sottoscrivono il verbale di conciliazione. Tale attività è sufficiente a consentire l’omologazione del medesimo accordo con la conseguente assunzione di efficacia di titolo esecutivo per le obbligazioni concordate tra le parti; è invece richiesta l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, se il verbale di accordo ha il contenuto di uno dei contratti o è relativo ad uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., ossia è inerente a beni immobili soggetti a trascrizione.

L’art. 2657 c.c. precisa poi, con elencazione tassativa, a quali atti sia da attribuire la natura di titolo idoneo alla trascrizione, ivi limitandosi ad indicare la sentenza, l’atto pubblico ovvero la scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente

Se si pone a confronto il contenuto del terzo comma dell’art. 11 del D.L.vo n. 28/2010 e quello degli artt. 2657 e 2703 c.c. e 474 c.p.c. si rileva come il legislatore abbia usato gli stessi termini con la chiara intenzione di garantire la certezza delle traslazioni dei beni: il mediatore, pertanto, terzo rispetto alle parti, può garantire sia il controllo di forma, sia la piena legalità del verbale di conciliazione che dovrà poi essere trascritto.

La trascrivibilità del verbale di conciliazione nell’ipotesi in esame richiede comunque un’attività ulteriore rispetto alla mediazione vera e propria che consiste nell’autenticazione delle firme dei concilianti da parte del pubblico ufficiale, id est il notaio, che dovrà procedere altresì al controllo sostanziale dell’atto come previsto all’art. 28 della legge notarile che, per dottrina e giurisprudenza conformi, si estende oltre che alla forma, alla capacità e alla legittimazione delle parti.

Alla luce di quanto esposto, si può concludere che il verbale di conciliazione avanti al mediatore con cui si è concordato il trasferimento di un bene, posseduto per un certo lasso di tempo da una delle parte uti dominus, abbia senza dubbio effetto traslativo. La parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di conciliazione e non a titolo originario come invece nel caso di trasferimento del bene iussu judicis.

L’usucapione è il modo di acquisto della proprietà di un bene mediante l’accertamento di un possesso qualificato e del decorso del tempo. Non vi può essere dubbio che l’istituto in parola sia una procedura finalizzata all’acquisizione di una signoria di natura reale.

È anche vero che, per antica tradizione giuridica, l’usucapione è pacificamente considerata un modo di acquisto della proprietà appartenente alla “materia” dei diritti reali, cui l’art.5 D.L.vo n° 28/10 letteralmente si riporta. La questione che si intende approfondire in questo contributo riguarda la valenza traslativa del verbale di conciliazione, in ipotesi di media-conciliazione, premettendo comunque che è da escludere che l’usucapione rientri nella mediazione obbligatoria – ma potrà essere oggetto di mediazione facoltativa - non essendo, come si diceva, un diritto reale, ma un modo di acquisto della proprietà.

Già in passato si era posto il problema della valenza di un verbale di accordo giudiziale di natura traslativa sottoscritto dalle parti, dal cancelliere nonché dal Giudice che conferisce alla scrittura i requisiti richiesti dalla legge per la trascrizione. La Giurisprudenza ha sempre sostenuto la trascrivibilità di tali atti ex art. 2657 c.c. a mente del quale: “La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente…”.

Nel verbale di conciliazione l’accertamento dell’identità delle parti - attività necessaria al fine di validamente trascrivere il verbale di conciliazione - viene fatta, in primis, dall’Organismo a cui ci si rivolge e, in secondo luogo, dal mediatore; in ambedue i casi, l’attività di identificazione non viene svolta da un ufficiale dello Stato Civile o da un Notaio ma da un Ente accreditato presso il Ministero della Giustizia e da un privato, il mediatore che, se da un lato non può essere equiparato al’Ufficiale di Stato Civile o ad un incaricato di Pubblico servizio, dall’altro gode del potere di certificazione quando autentica le firme delle parti che sottoscrivono il verbale di conciliazione. Tale attività è sufficiente a consentire l’omologazione del medesimo accordo con la conseguente assunzione di efficacia di titolo esecutivo per le obbligazioni concordate tra le parti; è invece richiesta l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, se il verbale di accordo ha il contenuto di uno dei contratti o è relativo ad uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., ossia è inerente a beni immobili soggetti a trascrizione.

L’art. 2657 c.c. precisa poi, con elencazione tassativa, a quali atti sia da attribuire la natura di titolo idoneo alla trascrizione, ivi limitandosi ad indicare la sentenza, l’atto pubblico ovvero la scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente

Se si pone a confronto il contenuto del terzo comma dell’art. 11 del D.L.vo n. 28/2010 e quello degli artt. 2657 e 2703 c.c. e 474 c.p.c. si rileva come il legislatore abbia usato gli stessi termini con la chiara intenzione di garantire la certezza delle traslazioni dei beni: il mediatore, pertanto, terzo rispetto alle parti, può garantire sia il controllo di forma, sia la piena legalità del verbale di conciliazione che dovrà poi essere trascritto.

La trascrivibilità del verbale di conciliazione nell’ipotesi in esame richiede comunque un’attività ulteriore rispetto alla mediazione vera e propria che consiste nell’autenticazione delle firme dei concilianti da parte del pubblico ufficiale, id est il notaio, che dovrà procedere altresì al controllo sostanziale dell’atto come previsto all’art. 28 della legge notarile che, per dottrina e giurisprudenza conformi, si estende oltre che alla forma, alla capacità e alla legittimazione delle parti.

Alla luce di quanto esposto, si può concludere che il verbale di conciliazione avanti al mediatore con cui si è concordato il trasferimento di un bene, posseduto per un certo lasso di tempo da una delle parte uti dominus, abbia senza dubbio effetto traslativo. La parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di conciliazione e non a titolo originario come invece nel caso di trasferimento del bene iussu judicis.