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Distribuzione selettiva e vendita via Internet: il caso Pierre Fabre

Introduzione

Nella sentenza Pierre Fabre la Corte di Giustizia UE si è pronunziata sulla legittimità del divieto imposto ai partecipanti ad un sistema di distribuzione selettiva della vendita via Internet dei prodotti contrattuali (Causa C-439/09, Pierre Fabre Dermo-Cosmétique c Président de l’Autorité de la Concurrence). Sul punto la Corte ha statuito che tale divieto costituisce, in assenza di un’oggettiva giustificazione, una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFEU, disposizione che, come noto, proibisce le intese restrittive della concorrenza.

I fatti di causa

La Pierre Fabre produce un’ampia gamma di prodotti cosmetici e di igiene personale, venduti in genere nelle farmacie. Lo strumento giuridico scelto dalla Pierre Fabre per la commercializzazione dei prodotti con i marchi Klorane, Ducray, Galénic e Avène è la distribuzione selettiva. Le condizioni generali inserite nei contratti di distribuzione impongono al distributore autorizzato l’obbligo della presenza fisica e permanente nel punto vendita di una persona specificamente qualificata, e di conseguenza impediscono di fatto ai distributori di vendere i prodotti via Internet.

Dette condizioni generali sono state esaminate dall’autorità antitrust francese, l’Autorité de la Concurrence, la quale ha concluso che il divieto di vendere via Internet costituisce un’intesa restrittiva della concorrenza, vietata dall’articolo 101 TFEU e dalla corrispondente norma nell’ordinamento francese, l’articolo L.420-1 del codice di commercio.

Pierre Fabre ha impugnato la decisione dell’Autorité de la Concurrence davanti alla Corte di Appello di Parigi. La Corte di Appello ha poi deciso di rinviare la causa in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ponendo la questione se il divieto di vendita su Internet imposto nell’ambito di una sistema di distribuzione selettiva costituisca una restrizione per oggetto della concorrenza ai sensi dell’articolo 101(1) TFEU e se eventualmente tale clausola potesse beneficiare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU o dell’esenzione per categoria.

La sentenza della Corte

Al fine di accertare se una determinata clausola contrattuale costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto, si deve considerare non solo il tenore letterale della clausola, ma anche gli obbiettivi della stessa perseguiti e il contesto economico e giuridico di riferimento. Tutto ciò premesso, la Corte ritiene che il divieto di vendita via Internet sia idoneo a restringere la concorrenza, in quanto esclude una modalità di commercializzazione che non richiede lo spostamento fisico del cliente e, di conseguenza, limita le possibilità per il distributore di vendere i prodotti contrattuali al di fuori del territorio a lui assegnato in contratto o della zona di sua attività. Tali clausole, secondo la Corte, devono essere considerate, in assenza di un’oggettiva giustificazione, come restrizioni per oggetto.

La Corte riconosce che nel caso dei sistemi di distribuzione selettiva dette giustificazioni oggettive sussistono in quanto la limitazione della concorrenza sui prezzi risultante dalle clausole restrittive inserite in tali accordi è compensata dall’aumento della concorrenza sui fattori diversi dai prezzi.

Spetta comunque al giudice nazionale, al quale Corte fornisce i necessari elementi interpretativi, stabilire se le clausole restrittive in esame siano giustificate da obbiettivi legittimi o meno. E nel caso di specie la Corte ha escluso la sussistenza di dette esigenze. Invero la Corte ha ritenuto non fossero tali né la necessità di fornire una consulenza personalizzata alla clientela né l’esigenza di preservare l’immagine di prestigio allegate dalla Pierre Fabre. Ne consegue che il divieto di vendita su Internet deve ritenersi vietato ex articolo 101(1) TFEU in quanto restrizione per oggetto. 

La Corte quindi procede a verificare se tale clausola possa beneficiare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU ovvero dell’esenzione per categoria.

Quanto all’esenzione per categoria la Corte ha considerato l’applicabilità del Regolamento n. 2790/1999, il quale disciplina le intese verticali, indicando a quali condizioni gli accordi di distribuzione possono essere esentati. L’attenzione della Corte si è focalizzata in particolare sull’articolo 4 lett. c) del regolamento il quale esclude dall’esenzione per categoria gli accordi di distribuzione selettiva che hanno ad oggetto la restrizione delle vendite attive e passive agli utenti finali da parte dei distributori autorizzati operanti nel commercio al dettaglio, salva la possibilità di proibire a tale distributore lo svolgimento della sua attività in un luogo di stabilimento non autorizzato. Secondo la Corte il divieto di vendita via Internet imposto dalla Pierre Fabre ha proprio ad oggetto la restrizione delle vendite passive agli utenti finali. Per quanto riguarda l’espressione “luogo di stabilimento” di cui all’eccezione al divieto previsto dall’articolo 4 lett. c) del regolamento la Corte ha ritenuto che questa si riferisce ai soli punti vendita nei quali si praticano vendite dirette e non può interpretarsi in via estensiva per farvi rientrare anche i servizi forniti via Internet. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che gli accordi di distribuzione selettiva della Pierre Fabre non possono beneficiare dell’esenzione per categoria a causa della presenza della clausola restrittiva suindicata.

Per contro, con una motivazione piuttosto laconica, la Corte ha indicato che detti accordi possono invece beneficare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU, qualora ne sussistono le condizioni, in ordine alla quali la Corte non ha potuto pronunciarsi non disponendo di sufficienti elementi.

Valutazioni conclusive

Nella sentenza in esame la Corte ha assunto una posizione alquanto restrittiva in ordine alla legittimità delle clausole contrattuali con cui un fornitore vieta ai distributori la vendita dei prodotti via Internet e alla possibilità di esentare dette clausole.

Ed invero la Corte ha espressamente stabilito che gli accordi di distribuzione selettiva, che contengono una clausola che vieta ai distributori la vendita dei prodotti contrattuali via Internet, devono in assenza di un’oggettiva giustificazione essere considerati restrizioni per oggetto. Una tale qualificazione può avere delle importanti implicazioni per le imprese che si affidano a delle reti di distribuzione selettiva per la commercializzazione dei prodotti. Invero, la Corte sembra presumere che detti sistemi, salva l’esistenza di un’oggettiva giustificazione, violano il diritto della concorrenza, anche a prescindere dalla quota di mercato detenuta dalle parti. E nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa Corte, la quota di mercato della Pierre Fabre era inferiore alla soglia del 30% sotto la quale si ritiene che un accordo non abbia effetti restrittivi.

La  Corte ha poi affermato che l’obbiettivo di preservare l’immagine di prestigio dei prodotti, menzionato dalla Pierre Fabre nelle sue difese, non costituisce una giustificazione oggettiva idonea a escludere che la clausola restrittiva in esame sia vietata dall’art. 101(1) TFEU. Statuizione questa che non è del tutto in linea con la precedente giurisprudenza dei giudici comunitari, secondo la quale il ricorso alla distribuzione selettiva era giustificato se aveva ad oggetto prodotti con un’immagine di prestigio (Causa 99/79, Lancôme SA c Etos; Causa T-19/92, Groupement d’Achat Edouard Leclerc c Commissione; Causa T-88/92, Groupement d’Achat Edouard Leclerc c Commissione).

Quindi, per riassumere, un accordo di distribuzione selettiva che vieta la vendita dei prodotti contrattuali via Internet viola l’art. 101(1) TFEU; né può beneficiare dell’esenzione per categoria, sebbene non si possa escludere che possa godere dell’esenzione individuale di cui all’art. 101(3) TFEU, qualora ne sussistano le condizioni. Dalla sentenza Pierre Fabre risulta pertanto un certo favor per le vendite via Internet  e quanto qui statuito dalla Corte rispecchia l’altrettanto orientamento favorevole della Commissione Europea che emerge dalla più recente disciplina degli accordi verticali (si vedano il Regolamento CE 330/2010 e gli Orientamenti della Commissione sulle restrizioni verticali in GUUE C130/01 del 19.05.2010).

Si deve infine rilevare che il caso Pierre Fabre è stato deciso dalla Corte in base alla previgente disciplina in materia di restrizioni verticali, il Regolamento CE 2790/1999. Tuttavia, considerando che il successivo Regolamento 330/2010 non ha apportato sostanziali modifiche alla normativa in materia di distribuzione selettiva, si può fondatamente ritenere che la Corte avrebbe assunto le medesime statuizione anche in vigenza di detto ultimo Regolamento.

Introduzione

Nella sentenza Pierre Fabre la Corte di Giustizia UE si è pronunziata sulla legittimità del divieto imposto ai partecipanti ad un sistema di distribuzione selettiva della vendita via Internet dei prodotti contrattuali (Causa C-439/09, Pierre Fabre Dermo-Cosmétique c Président de l’Autorité de la Concurrence). Sul punto la Corte ha statuito che tale divieto costituisce, in assenza di un’oggettiva giustificazione, una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFEU, disposizione che, come noto, proibisce le intese restrittive della concorrenza.

I fatti di causa

La Pierre Fabre produce un’ampia gamma di prodotti cosmetici e di igiene personale, venduti in genere nelle farmacie. Lo strumento giuridico scelto dalla Pierre Fabre per la commercializzazione dei prodotti con i marchi Klorane, Ducray, Galénic e Avène è la distribuzione selettiva. Le condizioni generali inserite nei contratti di distribuzione impongono al distributore autorizzato l’obbligo della presenza fisica e permanente nel punto vendita di una persona specificamente qualificata, e di conseguenza impediscono di fatto ai distributori di vendere i prodotti via Internet.

Dette condizioni generali sono state esaminate dall’autorità antitrust francese, l’Autorité de la Concurrence, la quale ha concluso che il divieto di vendere via Internet costituisce un’intesa restrittiva della concorrenza, vietata dall’articolo 101 TFEU e dalla corrispondente norma nell’ordinamento francese, l’articolo L.420-1 del codice di commercio.

Pierre Fabre ha impugnato la decisione dell’Autorité de la Concurrence davanti alla Corte di Appello di Parigi. La Corte di Appello ha poi deciso di rinviare la causa in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ponendo la questione se il divieto di vendita su Internet imposto nell’ambito di una sistema di distribuzione selettiva costituisca una restrizione per oggetto della concorrenza ai sensi dell’articolo 101(1) TFEU e se eventualmente tale clausola potesse beneficiare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU o dell’esenzione per categoria.

La sentenza della Corte

Al fine di accertare se una determinata clausola contrattuale costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto, si deve considerare non solo il tenore letterale della clausola, ma anche gli obbiettivi della stessa perseguiti e il contesto economico e giuridico di riferimento. Tutto ciò premesso, la Corte ritiene che il divieto di vendita via Internet sia idoneo a restringere la concorrenza, in quanto esclude una modalità di commercializzazione che non richiede lo spostamento fisico del cliente e, di conseguenza, limita le possibilità per il distributore di vendere i prodotti contrattuali al di fuori del territorio a lui assegnato in contratto o della zona di sua attività. Tali clausole, secondo la Corte, devono essere considerate, in assenza di un’oggettiva giustificazione, come restrizioni per oggetto.

La Corte riconosce che nel caso dei sistemi di distribuzione selettiva dette giustificazioni oggettive sussistono in quanto la limitazione della concorrenza sui prezzi risultante dalle clausole restrittive inserite in tali accordi è compensata dall’aumento della concorrenza sui fattori diversi dai prezzi.

Spetta comunque al giudice nazionale, al quale Corte fornisce i necessari elementi interpretativi, stabilire se le clausole restrittive in esame siano giustificate da obbiettivi legittimi o meno. E nel caso di specie la Corte ha escluso la sussistenza di dette esigenze. Invero la Corte ha ritenuto non fossero tali né la necessità di fornire una consulenza personalizzata alla clientela né l’esigenza di preservare l’immagine di prestigio allegate dalla Pierre Fabre. Ne consegue che il divieto di vendita su Internet deve ritenersi vietato ex articolo 101(1) TFEU in quanto restrizione per oggetto. 

La Corte quindi procede a verificare se tale clausola possa beneficiare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU ovvero dell’esenzione per categoria.

Quanto all’esenzione per categoria la Corte ha considerato l’applicabilità del Regolamento n. 2790/1999, il quale disciplina le intese verticali, indicando a quali condizioni gli accordi di distribuzione possono essere esentati. L’attenzione della Corte si è focalizzata in particolare sull’articolo 4 lett. c) del regolamento il quale esclude dall’esenzione per categoria gli accordi di distribuzione selettiva che hanno ad oggetto la restrizione delle vendite attive e passive agli utenti finali da parte dei distributori autorizzati operanti nel commercio al dettaglio, salva la possibilità di proibire a tale distributore lo svolgimento della sua attività in un luogo di stabilimento non autorizzato. Secondo la Corte il divieto di vendita via Internet imposto dalla Pierre Fabre ha proprio ad oggetto la restrizione delle vendite passive agli utenti finali. Per quanto riguarda l’espressione “luogo di stabilimento” di cui all’eccezione al divieto previsto dall’articolo 4 lett. c) del regolamento la Corte ha ritenuto che questa si riferisce ai soli punti vendita nei quali si praticano vendite dirette e non può interpretarsi in via estensiva per farvi rientrare anche i servizi forniti via Internet. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che gli accordi di distribuzione selettiva della Pierre Fabre non possono beneficiare dell’esenzione per categoria a causa della presenza della clausola restrittiva suindicata.

Per contro, con una motivazione piuttosto laconica, la Corte ha indicato che detti accordi possono invece beneficare dell’esenzione individuale ex articolo 101(3) TFEU, qualora ne sussistono le condizioni, in ordine alla quali la Corte non ha potuto pronunciarsi non disponendo di sufficienti elementi.

Valutazioni conclusive

Nella sentenza in esame la Corte ha assunto una posizione alquanto restrittiva in ordine alla legittimità delle clausole contrattuali con cui un fornitore vieta ai distributori la vendita dei prodotti via Internet e alla possibilità di esentare dette clausole.

Ed invero la Corte ha espressamente stabilito che gli accordi di distribuzione selettiva, che contengono una clausola che vieta ai distributori la vendita dei prodotti contrattuali via Internet, devono in assenza di un’oggettiva giustificazione essere considerati restrizioni per oggetto. Una tale qualificazione può avere delle importanti implicazioni per le imprese che si affidano a delle reti di distribuzione selettiva per la commercializzazione dei prodotti. Invero, la Corte sembra presumere che detti sistemi, salva l’esistenza di un’oggettiva giustificazione, violano il diritto della concorrenza, anche a prescindere dalla quota di mercato detenuta dalle parti. E nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa Corte, la quota di mercato della Pierre Fabre era inferiore alla soglia del 30% sotto la quale si ritiene che un accordo non abbia effetti restrittivi.

La  Corte ha poi affermato che l’obbiettivo di preservare l’immagine di prestigio dei prodotti, menzionato dalla Pierre Fabre nelle sue difese, non costituisce una giustificazione oggettiva idonea a escludere che la clausola restrittiva in esame sia vietata dall’art. 101(1) TFEU. Statuizione questa che non è del tutto in linea con la precedente giurisprudenza dei giudici comunitari, secondo la quale il ricorso alla distribuzione selettiva era giustificato se aveva ad oggetto prodotti con un’immagine di prestigio (Causa 99/79, Lancôme SA c Etos; Causa T-19/92, Groupement d’Achat Edouard Leclerc c Commissione; Causa T-88/92, Groupement d’Achat Edouard Leclerc c Commissione).

Quindi, per riassumere, un accordo di distribuzione selettiva che vieta la vendita dei prodotti contrattuali via Internet viola l’art. 101(1) TFEU; né può beneficiare dell’esenzione per categoria, sebbene non si possa escludere che possa godere dell’esenzione individuale di cui all’art. 101(3) TFEU, qualora ne sussistano le condizioni. Dalla sentenza Pierre Fabre risulta pertanto un certo favor per le vendite via Internet  e quanto qui statuito dalla Corte rispecchia l’altrettanto orientamento favorevole della Commissione Europea che emerge dalla più recente disciplina degli accordi verticali (si vedano il Regolamento CE 330/2010 e gli Orientamenti della Commissione sulle restrizioni verticali in GUUE C130/01 del 19.05.2010).

Si deve infine rilevare che il caso Pierre Fabre è stato deciso dalla Corte in base alla previgente disciplina in materia di restrizioni verticali, il Regolamento CE 2790/1999. Tuttavia, considerando che il successivo Regolamento 330/2010 non ha apportato sostanziali modifiche alla normativa in materia di distribuzione selettiva, si può fondatamente ritenere che la Corte avrebbe assunto le medesime statuizione anche in vigenza di detto ultimo Regolamento.