x

x

Le deliberazioni n. 1/2012 e n. 3/2012 di CIVIT

1. I contenuti della deliberazione n. 1/2012

La Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), nell’ambito della sua attività di integrazione dei contenuti, indirizzo e monitoraggio dell’applicazione del decreto legislativo 150/2009, ha approvato la deliberazione 5 gennaio 2012, n. 1: “Linee guida relative al miglioramento dei sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei piani della performance”.

La deliberazione in commento, in particolare su quanto previsto dall’art. 13, comma 6, del D.Lgs. 150/2009, ha lo scopo di illustrare un primo bilancio dei diversi Sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei Piani della performance adottati dalle amministrazioni pubbliche. L’indicazione puntuale dei contenuti necessari dei sistemi e dei piani, nonché delle modalità di loro redazione, era stata, in prima applicazione, fornita con le deliberazioni - tutte approvate nel 2010 - n. 89, n. 104, n. 112 e n. 114, che con questo nuovo provvedimento risultano integrate e non sostituite da esso.

Dall’analisi ricognitiva è emersa una serie di criticità relative ai contenuti dei documenti analizzati. Per queste ragioni, CIVIT ha sottolineato fortemente la necessità di allineamento alle previsioni di legge, nella redazione dei sistemi e dei piani che le amministrazioni sono, in questi giorni, chiamate a redigere e a implementare per il 2012.

Preliminarmente, vengono fornite indicazioni generali comuni ai due provvedimenti, con l’indicazione delle maggiori problematiche. Su tutte, emerge quale motivo conduttore l’impressione che le amministrazioni abbiano inteso in primis - chi in modo migliore, chi peggiore - adempiere al dettato normativo in modo acritico, senza cogliere l’occasione di introdurre un sistema realmente incisivo in termini di miglioramento e di ottimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività amministrativa. Si tratta, in buona sostanza, di una percezione deteriore dell’applicazione della nuova normativa ben nota alla cosa pubblica, intesa come mero adeguamento formale e non come volano per agevolare il cambiamento.

In generale, accanto ai casi limite in cui sono totalmente assenti determinati contenuti, richiesti invece come requisiti necessari, molti documenti si manifestano piuttosto carenti dal punto di vista qualitativo. In particolare, vengono meno sotto il profilo della descrizione del processo di realizzazione, delle modalità e delle iniziative per la condivisione e il coinvolgimento degli stakeholder - interni ed esterni - e del processo di integrazione tra i contenuti dei documenti (nella specie, ciclo della performance) con il ciclo di programmazione economico-finanziaria e di bilancio.

A seguire, vengono analizzati singolarmente i contenuti specifici delle due tipologie di documenti: le precedenti deliberazioni di CIVIT sono arricchite da indicazioni metodologiche per il miglioramento sia dei processi che dei contenuti, istruzioni operative per la predisposizione dei documenti, una dettagliata descrizione dei soggetti cui compete la definizione dei sistemi, l’adozione e l’attuazione dei medesimi, giungendo perfino a suggerire le modalità operative o di rappresentazione dei contenuti. Nel primo caso, viene ipotizzato il ricorso ai gruppi di lavoro, all’organizzazione di incontri dedicati, mentre nel secondo caso, invece, vengono proposte l’adozione di manuali pratici per i valutatori, la connotazione grafica di alcuni dati, etc.

Viene fortemente ribadita l’insufficienza dell’esposizione delle metodologie adottate per la misurazione della performance organizzativa, che costituisce invece l’essenziale punto di partenza su cui sviluppare gli obiettivi di livello strategico e operativo. Per quanto concerne questi ultimi, essi devono essere ben integrati tra loro, misurabili adeguatamente tramite indicatori multipli, cui far riferire un sistema di pesi diversificati tra loro.

Da ultimo, resta fondamentale il valore attribuito alla partecipazione e soddisfazione degli utenti, sotto i diversi profili del rilevamento del grado di soddisfazione, dell’attenzione alla qualità dei servizi offerti, della rendicontazione e della trasparenza dell’azione amministrativa e dei suoi risultati, quale elemento essenziale dell’interesse dei cittadini al buon andamento dell’amministrazione pubblica, che si traduce sempre, infine, nell’interesse primario dell’Ente.

Un’annotazione non secondaria riguarda la leggibilità, intesa come aspetto qualificante dell’agire amministrativo. Scrivere semplice, evidenziando i punti maggiormente critici per la comprensione, anche da un punto di vista grafico, è di per sé più difficile che scrivere in modo incomprensibile. Per questo risulta necessario il ricorso a un linguaggio chiaro, lontano dal burocratese, assieme - ad esempio - al versioning dei documenti.

2. Considerazioni sull’applicazione nelle Università italiane: criticità

Se da un lato la deliberazione si presenta molto approfondita sotto il profilo della completezza ed esaustività dei contenuti e dei suggerimenti, dall’altro risulta essere difficilmente applicabile per intero alle realtà delle università italiane. Esse, infatti differiscono tra loro - spesso radicalmente – per i modelli e le soluzioni organizzative, molto spesso localistiche, in ragione dell’autonomia di indirizzo costituzionalmente garantita di cui godono [Sul tema si veda, in questa rivista, P. Di Benedetto e G. Penzo Doria, Le malattie endemiche del funzionario pubblico e la reingegnerizzazione dei procedimenti: il progetto Procedamus (Filodiritto, 20 aprile 2011)].

In virtù del principio dell’autonomia di ordinamento, difatti, è possibile reperire nei sistemi di valutazione esistenti una estrema varietà della disciplina di dettaglio; detti sistemi appaiono però adeguati, com’è logico, ciascuno alla specificità locale della propria amministrazione e coerenti con il quadro organizzativo.

Le università hanno intrapreso un cammino di adeguamento progressivo al dettato normativo, mediante la graduale introduzione di strumenti di misurazione della qualità della prestazione lavorativa, in ordine a determinare effetti apprezzabili sul piano della differenziazione retributiva e della reale premialità dell’accessorio secondo le logiche meritocratiche richieste dalla riforma.

Maggiori difficoltà sussistono, invece, relativamente all’introduzione di sistemi di verifica della performance organizzativa e dell’integrazione di quest’ultima con i sistemi di valutazione della performance individuale, considerato anche l’avviamento, avvenuto negli anni in modo disomogeneo e disarticolato, del controllo di gestione.

L’introduzione e l’avvio compiuto dei sistemi di misurazione dell’azione organizzativa, in ambito universitario, sono rallentati dall’incolpevole inerzia dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che, a norma dell’art. 2, legge 240/2010, tenendo presente la necessità di promuovere la piena autonomia e le modalità organizzative proprie degli atenei, deve porre in essere le attività di raccordo riguardo le funzioni di cui all’art. 14, del D.Lgs. 150/2009, relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale. Appare, pertanto, quantomeno difficoltoso introdurre o scegliere un metodo di valutazione della performance organizzativa (CAF, Balanced Scorecard, ..) in difetto delle norme di attuazione della riforma.

La deliberazione di CIVIT, pur tentando di analizzare e di suggerire alcune soluzioni per le criticità riscontrate nei sistemi e nei piani, non appare, da ultimo, in grado di correggere i problemi applicativi che si sono manifestati dall’avvio della riforma per gli atenei. Tra questi, è opportuno segnalare almeno la difficoltà di adozione di un sistema di lavoro “per obiettivi”, l’introduzione localmente disorganica dell’attività relativa al controllo di gestione, con il connesso dubbio su quali saranno le determinazioni dell’ANVUR circa le modalità di valutazione della performance organizzativa e, non ultimo, il dualismo dei soggetti coinvolti nel processo di valutazione, che determina la circostanza che parte dei soggetti valutatori, in particolare il corpo docente, siano sottratti al processo di valutazione quali valutati.

3. I contenuti della deliberazione n. 3/2012. La Carta dei servizi e il controllo diffuso dei cittadini: quali strumenti per gli stakeholder?

La deliberazione CIVIT n. 3/2012, “Linee guida per il miglioramento degli strumenti per la qualità dei servizi pubblici”, richiama l’art. 28 del decreto legislativo 150/2009 per fornire puntuali indicazioni per la redazione della Carta dei servizi, rilevando lo scarso numero di amministrazioni adempienti.

Già dagli anni Novanta, la Carta dei servizi era considerata uno strumento di «definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità», nell’ottica di garantire la partecipazione del cittadino al servizio pubblico, di migliorare la ricettività nei confronti della domanda sociale: le pressioni e le scelte dell’utente come spinta in alto degli standard di qualità.

La Commissione ribadisce che gli standard di qualità sono un elemento necessario e dinamico del ciclo di gestione della performance, pertanto, collegati al Piano della performance e al Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, aggiornati costantemente e pubblicati nella Carta dei servizi: da subito è emersa, però, la difficoltà di fissazione degli standard di prestazione.

La logica del “miglioramento continuo” dei servizi erogati ai cittadini/utenti è richiamata ora per orientare la definizione degli standard di qualità: gli obiettivi di performance devono essere coerenti con il loro rispetto, perché solo così il raggiungimento dell’obiettivo consoliderà lo standard e il nuovo obiettivo dovrà essere più ambizioso.

La Commissione, inoltre, distingue gli standard in “generali” e “specifici”. Essa collega i primi alle prestazioni dell’amministrazione, in un dato periodo di tempo, da monitorare sulla base di valori di riferimento, adottati con un processo di coinvolgimento degli stakeholder principali, per individuare le reali aspettative ed evitare forme di autoreferenzialità.

Gli standard specifici, d’altro canto, si riferiscono al numero e alla qualità delle prestazioni che il cittadino può esigere dall’amministrazione, ai tempi di attesa: questi permettono il reale controllo da parte di ogni singolo utente.

Si desume, quindi, che il presupposto per la definizione degli standard sia rappresentato dall’analisi della propria organizzazione, che produca una mappa dei processi (input, output, outcome), e dalla ricognizione delle responsabilità: informazioni che dovranno essere esplicitamente indicate nella Carta dei servizi.

Seguirà più facilmente, quindi, l’individuazione dei servizi e delle loro caratteristiche, forniti dall’amministrazione direttamente al cittadino: proprio su questi, la Commissione invita le amministrazioni a orientare il processo di definizione degli standard, da pubblicizzare nella Carta.

La deliberazione n. 3/2012 esplicita i concetti presenti nei principi generali del decreto legislativo 150/2009, fornendo una definizione puntuale delle “Dimensioni della Qualità”:

a) accessibilità;

b) tempestività;

c) trasparenza;

d) efficacia.

Con alcuni esempi, la Commissione viene in aiuto alle amministrazioni nella definizione degli standard di qualità, e dei relativi indicatori, declinati nelle quattro dimensioni, lasciando spazio alla caratterizzazione di dimensioni aggiuntive, per servizi specifici e/o diversificati, attentamente descritte.

Proseguendo nella concretezza, la Commissione prevede l’istituzione di una struttura organizzativa interna, con l’individuazione di uno specifico referente, che possa anche ricevere la diffida prevista dall’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 198/2009, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari dei servizi pubblici (cd class action pubblica), oltre a fungere da interfaccia con CIVIT per tutto il processo di definizione e gestione degli standard di qualità.

Richiamata la responsabilità dirigenziale nel dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale, degli standard qualitativi, la deliberazione enuclea il ruolo attivo dell’Organismo Indipendente di Valutazione nell’attività di monitoraggio continuo e di verifica finale.

Oltre al coinvolgimento degli stakeholder nella definizione degli standard di qualità, si prevede il loro apporto qualificato nella progettazione e nel miglioramento dei servizi, utilizzando canali di comunicazione e tecnologie, finora scarsamente in uso nelle amministrazioni pubbliche, che producano feedback diretti.

Anche per misurare il grado di soddisfazione degli utenti, ovvero la coerenza tra la qualità dei servizi erogati e le esigenze del cittadino, vengono previste indagini frequenti, su campioni significativi, con questionari che indaghino tutte le dimensioni della qualità. È prevista la pubblicazione dei risultati del monitoraggio e delle indagini, già analizzati con gli stakeholder, per verificare la rispondenza ai bisogni e alle attese.

A tutela dell’utenza, ciascuna amministrazione pubblica deve, inoltre, regolamentare le fattispecie e le modalità per l’erogazione di un indennizzo automatico e forfetario, in caso di mancato rispetto degli standard di qualità definiti, indipendentemente dai ricorsi ex art. 1 del D.Lgs. 198/2009, nonché la gestione dei reclami: tali previsioni compariranno nella Carta dei servizi.

Ora c’è da chiedersi, confidando di costruire in tempi brevi una risposta positiva: l’azione orientata al risultato e al rispetto degli standard di qualità, l’uso della risorsa tecnologica, la garanzia di trasparenza sul livello delle prestazioni, assieme ai nuovi strumenti di partecipazione, forniti dalla legislazione agli stakeholder, potranno alimentare il controllo diffuso, da parte dei cittadini, sull’applicazione del principio del buon andamento, richiamato nell’art. 97 della Costituzione?

1. I contenuti della deliberazione n. 1/2012

La Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), nell’ambito della sua attività di integrazione dei contenuti, indirizzo e monitoraggio dell’applicazione del decreto legislativo 150/2009, ha approvato la deliberazione 5 gennaio 2012, n. 1: “Linee guida relative al miglioramento dei sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei piani della performance”.

La deliberazione in commento, in particolare su quanto previsto dall’art. 13, comma 6, del D.Lgs. 150/2009, ha lo scopo di illustrare un primo bilancio dei diversi Sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei Piani della performance adottati dalle amministrazioni pubbliche. L’indicazione puntuale dei contenuti necessari dei sistemi e dei piani, nonché delle modalità di loro redazione, era stata, in prima applicazione, fornita con le deliberazioni - tutte approvate nel 2010 - n. 89, n. 104, n. 112 e n. 114, che con questo nuovo provvedimento risultano integrate e non sostituite da esso.

Dall’analisi ricognitiva è emersa una serie di criticità relative ai contenuti dei documenti analizzati. Per queste ragioni, CIVIT ha sottolineato fortemente la necessità di allineamento alle previsioni di legge, nella redazione dei sistemi e dei piani che le amministrazioni sono, in questi giorni, chiamate a redigere e a implementare per il 2012.

Preliminarmente, vengono fornite indicazioni generali comuni ai due provvedimenti, con l’indicazione delle maggiori problematiche. Su tutte, emerge quale motivo conduttore l’impressione che le amministrazioni abbiano inteso in primis - chi in modo migliore, chi peggiore - adempiere al dettato normativo in modo acritico, senza cogliere l’occasione di introdurre un sistema realmente incisivo in termini di miglioramento e di ottimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività amministrativa. Si tratta, in buona sostanza, di una percezione deteriore dell’applicazione della nuova normativa ben nota alla cosa pubblica, intesa come mero adeguamento formale e non come volano per agevolare il cambiamento.

In generale, accanto ai casi limite in cui sono totalmente assenti determinati contenuti, richiesti invece come requisiti necessari, molti documenti si manifestano piuttosto carenti dal punto di vista qualitativo. In particolare, vengono meno sotto il profilo della descrizione del processo di realizzazione, delle modalità e delle iniziative per la condivisione e il coinvolgimento degli stakeholder - interni ed esterni - e del processo di integrazione tra i contenuti dei documenti (nella specie, ciclo della performance) con il ciclo di programmazione economico-finanziaria e di bilancio.

A seguire, vengono analizzati singolarmente i contenuti specifici delle due tipologie di documenti: le precedenti deliberazioni di CIVIT sono arricchite da indicazioni metodologiche per il miglioramento sia dei processi che dei contenuti, istruzioni operative per la predisposizione dei documenti, una dettagliata descrizione dei soggetti cui compete la definizione dei sistemi, l’adozione e l’attuazione dei medesimi, giungendo perfino a suggerire le modalità operative o di rappresentazione dei contenuti. Nel primo caso, viene ipotizzato il ricorso ai gruppi di lavoro, all’organizzazione di incontri dedicati, mentre nel secondo caso, invece, vengono proposte l’adozione di manuali pratici per i valutatori, la connotazione grafica di alcuni dati, etc.

Viene fortemente ribadita l’insufficienza dell’esposizione delle metodologie adottate per la misurazione della performance organizzativa, che costituisce invece l’essenziale punto di partenza su cui sviluppare gli obiettivi di livello strategico e operativo. Per quanto concerne questi ultimi, essi devono essere ben integrati tra loro, misurabili adeguatamente tramite indicatori multipli, cui far riferire un sistema di pesi diversificati tra loro.

Da ultimo, resta fondamentale il valore attribuito alla partecipazione e soddisfazione degli utenti, sotto i diversi profili del rilevamento del grado di soddisfazione, dell’attenzione alla qualità dei servizi offerti, della rendicontazione e della trasparenza dell’azione amministrativa e dei suoi risultati, quale elemento essenziale dell’interesse dei cittadini al buon andamento dell’amministrazione pubblica, che si traduce sempre, infine, nell’interesse primario dell’Ente.

Un’annotazione non secondaria riguarda la leggibilità, intesa come aspetto qualificante dell’agire amministrativo. Scrivere semplice, evidenziando i punti maggiormente critici per la comprensione, anche da un punto di vista grafico, è di per sé più difficile che scrivere in modo incomprensibile. Per questo risulta necessario il ricorso a un linguaggio chiaro, lontano dal burocratese, assieme - ad esempio - al versioning dei documenti.

2. Considerazioni sull’applicazione nelle Università italiane: criticità

Se da un lato la deliberazione si presenta molto approfondita sotto il profilo della completezza ed esaustività dei contenuti e dei suggerimenti, dall’altro risulta essere difficilmente applicabile per intero alle realtà delle università italiane. Esse, infatti differiscono tra loro - spesso radicalmente – per i modelli e le soluzioni organizzative, molto spesso localistiche, in ragione dell’autonomia di indirizzo costituzionalmente garantita di cui godono [Sul tema si veda, in questa rivista, P. Di Benedetto e G. Penzo Doria, Le malattie endemiche del funzionario pubblico e la reingegnerizzazione dei procedimenti: il progetto Procedamus (Filodiritto, 20 aprile 2011)].

In virtù del principio dell’autonomia di ordinamento, difatti, è possibile reperire nei sistemi di valutazione esistenti una estrema varietà della disciplina di dettaglio; detti sistemi appaiono però adeguati, com’è logico, ciascuno alla specificità locale della propria amministrazione e coerenti con il quadro organizzativo.

Le università hanno intrapreso un cammino di adeguamento progressivo al dettato normativo, mediante la graduale introduzione di strumenti di misurazione della qualità della prestazione lavorativa, in ordine a determinare effetti apprezzabili sul piano della differenziazione retributiva e della reale premialità dell’accessorio secondo le logiche meritocratiche richieste dalla riforma.

Maggiori difficoltà sussistono, invece, relativamente all’introduzione di sistemi di verifica della performance organizzativa e dell’integrazione di quest’ultima con i sistemi di valutazione della performance individuale, considerato anche l’avviamento, avvenuto negli anni in modo disomogeneo e disarticolato, del controllo di gestione.

L’introduzione e l’avvio compiuto dei sistemi di misurazione dell’azione organizzativa, in ambito universitario, sono rallentati dall’incolpevole inerzia dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che, a norma dell’art. 2, legge 240/2010, tenendo presente la necessità di promuovere la piena autonomia e le modalità organizzative proprie degli atenei, deve porre in essere le attività di raccordo riguardo le funzioni di cui all’art. 14, del D.Lgs. 150/2009, relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale. Appare, pertanto, quantomeno difficoltoso introdurre o scegliere un metodo di valutazione della performance organizzativa (CAF, Balanced Scorecard, ..) in difetto delle norme di attuazione della riforma.

La deliberazione di CIVIT, pur tentando di analizzare e di suggerire alcune soluzioni per le criticità riscontrate nei sistemi e nei piani, non appare, da ultimo, in grado di correggere i problemi applicativi che si sono manifestati dall’avvio della riforma per gli atenei. Tra questi, è opportuno segnalare almeno la difficoltà di adozione di un sistema di lavoro “per obiettivi”, l’introduzione localmente disorganica dell’attività relativa al controllo di gestione, con il connesso dubbio su quali saranno le determinazioni dell’ANVUR circa le modalità di valutazione della performance organizzativa e, non ultimo, il dualismo dei soggetti coinvolti nel processo di valutazione, che determina la circostanza che parte dei soggetti valutatori, in particolare il corpo docente, siano sottratti al processo di valutazione quali valutati.

3. I contenuti della deliberazione n. 3/2012. La Carta dei servizi e il controllo diffuso dei cittadini: quali strumenti per gli stakeholder?

La deliberazione CIVIT n. 3/2012, “Linee guida per il miglioramento degli strumenti per la qualità dei servizi pubblici”, richiama l’art. 28 del decreto legislativo 150/2009 per fornire puntuali indicazioni per la redazione della Carta dei servizi, rilevando lo scarso numero di amministrazioni adempienti.

Già dagli anni Novanta, la Carta dei servizi era considerata uno strumento di «definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità», nell’ottica di garantire la partecipazione del cittadino al servizio pubblico, di migliorare la ricettività nei confronti della domanda sociale: le pressioni e le scelte dell’utente come spinta in alto degli standard di qualità.

La Commissione ribadisce che gli standard di qualità sono un elemento necessario e dinamico del ciclo di gestione della performance, pertanto, collegati al Piano della performance e al Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, aggiornati costantemente e pubblicati nella Carta dei servizi: da subito è emersa, però, la difficoltà di fissazione degli standard di prestazione.

La logica del “miglioramento continuo” dei servizi erogati ai cittadini/utenti è richiamata ora per orientare la definizione degli standard di qualità: gli obiettivi di performance devono essere coerenti con il loro rispetto, perché solo così il raggiungimento dell’obiettivo consoliderà lo standard e il nuovo obiettivo dovrà essere più ambizioso.

La Commissione, inoltre, distingue gli standard in “generali” e “specifici”. Essa collega i primi alle prestazioni dell’amministrazione, in un dato periodo di tempo, da monitorare sulla base di valori di riferimento, adottati con un processo di coinvolgimento degli stakeholder principali, per individuare le reali aspettative ed evitare forme di autoreferenzialità.

Gli standard specifici, d’altro canto, si riferiscono al numero e alla qualità delle prestazioni che il cittadino può esigere dall’amministrazione, ai tempi di attesa: questi permettono il reale controllo da parte di ogni singolo utente.

Si desume, quindi, che il presupposto per la definizione degli standard sia rappresentato dall’analisi della propria organizzazione, che produca una mappa dei processi (input, output, outcome), e dalla ricognizione delle responsabilità: informazioni che dovranno essere esplicitamente indicate nella Carta dei servizi.

Seguirà più facilmente, quindi, l’individuazione dei servizi e delle loro caratteristiche, forniti dall’amministrazione direttamente al cittadino: proprio su questi, la Commissione invita le amministrazioni a orientare il processo di definizione degli standard, da pubblicizzare nella Carta.

La deliberazione n. 3/2012 esplicita i concetti presenti nei principi generali del decreto legislativo 150/2009, fornendo una definizione puntuale delle “Dimensioni della Qualità”:

a) accessibilità;

b) tempestività;

c) trasparenza;

d) efficacia.

Con alcuni esempi, la Commissione viene in aiuto alle amministrazioni nella definizione degli standard di qualità, e dei relativi indicatori, declinati nelle quattro dimensioni, lasciando spazio alla caratterizzazione di dimensioni aggiuntive, per servizi specifici e/o diversificati, attentamente descritte.

Proseguendo nella concretezza, la Commissione prevede l’istituzione di una struttura organizzativa interna, con l’individuazione di uno specifico referente, che possa anche ricevere la diffida prevista dall’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 198/2009, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari dei servizi pubblici (cd class action pubblica), oltre a fungere da interfaccia con CIVIT per tutto il processo di definizione e gestione degli standard di qualità.

Richiamata la responsabilità dirigenziale nel dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale, degli standard qualitativi, la deliberazione enuclea il ruolo attivo dell’Organismo Indipendente di Valutazione nell’attività di monitoraggio continuo e di verifica finale.

Oltre al coinvolgimento degli stakeholder nella definizione degli standard di qualità, si prevede il loro apporto qualificato nella progettazione e nel miglioramento dei servizi, utilizzando canali di comunicazione e tecnologie, finora scarsamente in uso nelle amministrazioni pubbliche, che producano feedback diretti.

Anche per misurare il grado di soddisfazione degli utenti, ovvero la coerenza tra la qualità dei servizi erogati e le esigenze del cittadino, vengono previste indagini frequenti, su campioni significativi, con questionari che indaghino tutte le dimensioni della qualità. È prevista la pubblicazione dei risultati del monitoraggio e delle indagini, già analizzati con gli stakeholder, per verificare la rispondenza ai bisogni e alle attese.

A tutela dell’utenza, ciascuna amministrazione pubblica deve, inoltre, regolamentare le fattispecie e le modalità per l’erogazione di un indennizzo automatico e forfetario, in caso di mancato rispetto degli standard di qualità definiti, indipendentemente dai ricorsi ex art. 1 del D.Lgs. 198/2009, nonché la gestione dei reclami: tali previsioni compariranno nella Carta dei servizi.

Ora c’è da chiedersi, confidando di costruire in tempi brevi una risposta positiva: l’azione orientata al risultato e al rispetto degli standard di qualità, l’uso della risorsa tecnologica, la garanzia di trasparenza sul livello delle prestazioni, assieme ai nuovi strumenti di partecipazione, forniti dalla legislazione agli stakeholder, potranno alimentare il controllo diffuso, da parte dei cittadini, sull’applicazione del principio del buon andamento, richiamato nell’art. 97 della Costituzione?