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L’obbligo di motivazione del diniego di accesso agli atti sui quali si fonda l’informati­va prefettizia antimafia.

Nota a Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria - Catanzaro - Sezione Prima, Sentenza 24 agosto 2011, n. 1146

Sommario:

1. Il caso deciso.

2. La normativa in materia di diritto di accesso in relazione alle informative antimafia.

3. La distinzione tra informativa antimafia e «risultanze istruttorie "a monte"» ai fini dell’esercizio del diritto di accesso.

4. Brevi considerazioni sul bilanciamento tra diritto di difesa e attività di contrasto al crimine.

5. i principi di diritto affermati.

6. Precedenti giurisprudenziali.

7. Spunti bibliografici.

1. Il caso deciso.

La Prefettura di Catanzaro emetteva una informativa antimafia riguardante la S... s.r.l., una delle società aggiudicatarie di un lotto di lavori nel cantiere dell’autostrada Salerno- Reggio Calabria. In conseguenza di tale informativa, venivano risolti i contratti stipulati con una società appaltatrice (A. ... s.p.a.) e con una società subappaltatrice (Ar. e Ps. s.c.a.r.l.), e, al fine di meglio tutelare i propri interessi, la S... s.r.l. proponeva istanza di accesso, mediante visione ed estrazione di copia, alla documentazione posta a base della misura interdittiva. La Prefettura di Catanzaro negava l’accesso e avverso tale diniego la società aggiudicataria proponeva ricorso, accolto dal Tar Calabria, con la pronuncia in commento.

2. La normativa in materia di diritto di accesso in relazione alle informative antimafia.

Nel dichiarare l’illegittimità dell’impugnato diniego dell’accesso per difetto di motivazione e per violazione del diritto di difesa, i giudici argomentano sulla base del dettato normativo, evidenziando che le categorie di documenti amministrativi sottratti al diritto di accesso sono disciplinate dal Decreto del Ministero dell’Interno, 10 maggio 1994, n. 415, contenente il regolamento emanato in attuazione dell’art. 24, co. 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella formulazione anteriore all’entrata in vigore della l. 15/2005.

Tale norma, ora sostituita dal comma 6 dell’art. 24, l. 241/90, prevedeva che il Governo emanasse uno o più decreti attraverso i quali disciplinare e gli altri casi di esclusione di tale diritto in relazione alla esigenza di salvaguardare, tra l’altro, "l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità" (lett. c).

Inoltre, il comma 2 dell’art. 24 cit. nell’originaria formulazione, obbligava le singole amministrazioni ad emanare - entro il primo semestre dall’entrata in vigore della legge sul procedimento - appositi regolamenti con cui individuare "le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso". Tale potere sembra essere stato mantenuto, in capo alle stesse amministrazioni, anche in seguito alla novella di cui alla l. 15/2005, che, però, ha fatto venir meno il riferimento ai regolamenti.

Le citate disposizioni sono state meglio precisate dall’art. 8, co. 5, lett. c) del D.P.R. 27/06/1992 n. 352, in base al quale possono essere sottratti all’accesso quei documenti amministrativi che "riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità, con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

Tuttavia, il collegio calabrese precisa che questa disciplina va coordinata con il secondo comma del medesimo art. 8, che considera inderogabile il diritto di accesso ai documenti, tranne che nelle ipotesi in cui dal suo esercizio possa derivare "un pregiudizio concreto" agli interessi indicati nell’art. 24, co. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tali interessi, in seguito alla l. 15/2005 indicati ora nel sesto comma dell’art. 24 l. 241, possono essere individuati nei "supremi interessi della Nazione": sicurezza e difesa nazionale; politica internazionale; tutela dell’ordine pubblico; prevenzione e repressione della criminalità; tutela della sfera privata e della riservatezza dei soggetti giuridici operanti nell’ordinamento nazionale; tutela delle relazioni sindacali, specie nelle delicate fasi in cui si articola la contrattazione collettiva.

Inoltre, ai sensi dell’art. 3, lett. b) D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), sono sottratti al diritto di accesso, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità, tra l’altro, le relazioni di servizio, le informazioni "ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relativi a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizione di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità".

3. La distinzione tra informativa antimafia e «risultanze istruttorie "a monte"».

Da quest’ultima disposizione il collegio, ricava la conclusione che il diritto di accesso sia stato generalizzato e la disposizione regolamentare sarebbe illegittima e andrebbe disapplicata, qualora pregiudicasse tale diritto.1 Tuttavia, a parere del medesimo, nell’applicare il principio della generale accessibilità degli atti amministrativi occorre distinguere tra informativa antimafia e risultanze istruttorie su cui questa si basa.

La prima, generalmente, consiste nella mera formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso, «afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell’impresa» ed è considerata atto di per sé pienamente ostensibile, coerentemente con la sua natura di«misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva» attribuitale dalla pressoché costante giurisprudenza, sulla scorta di quanto previsto nell’art. 84 del D. Lgs. 159/2011. 2

Le «risultanze istruttorie "a monte"», invece, sono gli atti cui ha attinto l’Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell’impresa medesima, e, di regola, non vengono esposte al soggetto appaltante. Queste, come affermato dalla giurisprudenza, non sono interamente accessibili. Infatti, «l’accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell’Amministrazione coperte da segreto istruttorio (ai sensi della legge procedurale penale), in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti - in corso di svolgimento - di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata.»3 Così, ad esempio, non sono ostensibili, le relazioni di servizio utilizzate e, più in dettaglio, i nomi, le qualifiche e i reparti di appartenenza degli autori di dette relazioni, oltre ovviamente alle fonti soggettive delle informazioni; mentre possono essere rivelati i provvedimenti della magistratura penale, dopo che siano cessate le esigenze connesse al segreto istruttorio.

La evidenziata distinzione, alla luce del su esposto quadro normativo, fornisce al collegio - nella pronuncia in commento – l’occasione di affermare il principio secondo cui il diniego dell’accesso deve essere motivato, non sulla base di un semplice rinvio alle norme che prevedono espressamente le ipotesi di esclusione dall’accessibilità, bensì puntualizzando gli elementi da cui inferire che il documento è idoneo a "pregiudicare in concreto l’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità, così come espressamente previsto dall’art. 24 comma 2 lett. c) della legge n. 241 del 1990". In altri termini, dalla motivazione del provvedimento di diniego devono emergere le «concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento», specie se, in conseguenza di detto diniego, è stato pregiudicato il diritto di difesa dell’istante, che nel successivo giudizio di impugnazione, assunte le vesti di ricorrente, si trovi nella impossibilità di contestare nel merito le ragioni effettive su cui si fonda l’informativa antimafia, provvedimento immediatamente lesivo, in seguito al quale siano stati risolti i contratti già stipulati.

4. Brevi considerazioni sul bilanciamento tra diritto di difesa e attività di contrasto al crimine.

La decisione che si commenta, pur riconoscendo carattere generale al diritto di accesso, afferma che in relazione alla informativa antimafia e agli atti istruttori da cui trae origine, un eventuale diniego va motivato in maniera puntuale. Ciò non significa, però, che il diritto di accesso possa estendersi ad ogni documento connesso all’informativa stessa, perché, qualora si divulgassero tutti gli atti istruttori, seppure con le garanzie proprie della sede giurisdizionale, si vanificherebbe o si renderebbe del tutto inefficace l’azione amministrativa volta al contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico. In tal modo, i giudici calabresi si conformano all’orientamento maggioritario in giurisprudenza che ricostruisce le ipotesi di cui all’art. 24, co. 6, l. 241/90 come limiti oggettivi e tassativi all’esercizio del diritto di accesso, in presenza dei quali la P.A. non ha alcun margine discrezionale di apprezzamento ed è obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso. Ciò proprio in considerazione dell’importanza degli interessi pubblici sottesi, giudicati dal legislatore fondamentali e prevalenti rispetto al generale interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi.

Emerge, dunque, come in presenza di un ricorso avverso il diniego dell’ostensione della documentazione correlata all’informativa interdittiva di cui all’art. 84 del D. Lgs. 159/2011, il giudice si trovi nella necessità di effettuare un bilanciamento tra valori ed esigenze contrapposte: da un lato, il rispetto delle garanzie connesse all’esercizio dell’inviolabile diritto costituzionale alla difesa, sancito dall’art. 24 Cost., dall’altro, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonché delle attività di prevenzione e di repressione della criminalità, che giustifica il divieto di ostensione, il quale può valere sia nei confronti delle parti private interessate, sia nei confronti della stessa autorità giudiziaria chiamata a decidere sul provvedimento di diniego.

A tal proposito, la giurisprudenza nel tentativo di contemperare le opposte esigenze, ha stabilito che, nel rispetto della normativa vigente, è possibile richiedere copia integrale dei documenti recanti le notizie confluite nella informativa antimafia, essendo questa, per sua natura, un documento destinato ad essere divulgato, mediante, ad esempio, comunicazione alla stazione appaltante; tuttavia, l’amministrazione in possesso della documentazione ha la potestà di oscurare con qualunque tecnica idonea, ivi inclusa l’apposizione di “omissis”, le parti di documento da mantenere riservate, fermi restanti i limiti oggettivi previsti dall’ordinamento. 4

5. I principi di diritto affermati.

Alla luce delle esposte considerazioni, dalla pronuncia in commento si possono trarre i seguenti principi di diritto.

Il diniego opposto all’istanza di accesso alla documentazione amministrativa su cui si fonda una informativa prefettizia antimafia, proposta da una società privata aggiudicataria di pubblici appalti, deve essere puntualmente motivato in ordine al concreto pregiudizio per le esigenze di tutela dell’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità.

E’ affetto da difetto di motivazione e viola il diritto costituzionale di difesa in giudizio, un atto di diniego ad una istanza di accesso alle risultanze istruttorie valutate dal Prefetto - al fine di emettere un’informativa interdittiva antimafia – il quale contenga un mero richiamo alla normativa vigente che indica gli atti esclusi dall’esercizio del diritto di accesso.

6. Precedenti giurisprudenziali

Conformi: C.G.A. Sent. 5 gennaio 2011 n. 9; C.G.A. Sent. 3 marzo 2010 n. 281.

Difforme: Cons. Stato, Sez. IV, sent. 26 gennaio 1998, n. 82.

7. Spunti bibliografici.

Caringella, F. Corso di diritto amministrativo, Milano, 2011. pagg. 2360-2371

D’Aprile, V. La normativa antimafia nei contratti pubblici. in Nuove Frontiere del Diritto, rivista giuridica telematica n. 1/ gennaio 2012, pagg 18 e ss, consultabile all’indirizzo: https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=explorer&chrome=true&srcid=0B_IxpR1msCbAZDUzY2JlYjYtMGZjNi00ZDViLWFkMDYtNjJjYTFiODhlOTEy&hl=it

Leotta, E.I poteri certificativi del Prefetto quali strumenti di contrasto alla criminalità organizzata: inquadramento sistematico ed aspetti problematici"( Relazione alla Conferenza Nazionale: “Le nuove disposizioni penali in materia di sicurezza pubblica – strumenti e poteri di prevenzione antimafia”, organizzata dall’Osservatorio Permanente sulla Criminalità organizzata - Siracusa, 25 – 27 giugno 2010.). Pubblicata il 24/08/2010 sul Sito Istituzionale della Giustizia Amministrativa, all’indirizzo: http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/Leotta_Informa­tive_prefet­tizie_relazione_definitiva.pdf

 

1 Cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 10 gennaio 2003 n. 35

2 Cfr. da ultimo Cons. Stato Sez. III, sent. 5 ottobre 2011, n. 5478

3 Cfr. Tar Napoli Sez. V 14 giugno 2006 n. 6985.

4 Cfr. C.G.A. Sent. 5 gennaio 2011 n. 9



T.A.R. Calabria - Catanzaro, sez. I, sent. 24 agosto 2011, n. 1146

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 612 del 2011, proposto da "S ... srl", con sede legale in Catanzaro Lido, Via - omissis - , in persona dell’amministratore unico sig. P. G. F., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Sciumbata, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Sersale, via Greco, n. 40;

contro

Prefettura di Catanzaro, in persona del Prefetto pro-tempore; U.T.G. - Prefettura di Catanzaro; rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliata per legge in Catanzaro, via G. da Fiore, n. 34;

per l’annullamento del provvedimento di diniego accesso atti amministrativi prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, notificato in data 28.04.2011, nonché di ogni atto anteriore e successivo, comunque presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Prefettura di Catanzaro e di U.T.G. - Prefettura di Catanzaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011, il cons. Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con atto notificato in data 11.5.2011 e depositato in data 19.5.2011, la ricorrente società premetteva che, con istanza del 14 aprile 2011, aveva chiesto, alla Prefettura di Catanzaro, di poter estrarre visione e copia dell’informativa antimafia ex art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 nonché di tutta la documentazione ad essa connessa e soggetta a pubblicità per disposizione di legge, posta alla base della risoluzione dei contratti di appalto già stipulati, rispettivamente, con le società appaltatrici e subappaltatrici A ... s.p.a., Ar. e Ps. s.c.a.r.l. .

Lamentava che la precitata istanza veniva riscontrata dalla Prefettura di Catanzaro con l’epigrafata nota di diniego prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, motivata in relazione all’art. 24 della legge n. 241/1990, al D.P.R. 352/1992 ed al D.M. 415/94. A sostegno del proprio ricorso, deduceva:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 , 24 della legge 241/1990, violazione dell’art. 8 del Regolamento di Attuazione n. 352/1992 - violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.M n. 415 del 10.05.1994.

L’istanza di accesso, circoscritta alla certificazione antimafia ed alla documentazione pubblica, ai sensi dell’art. art. 3 comma 1, lett. A), del DM 415/1994, non potrebbe essere considerata sottratta all’accesso, in quanto, per disposizione di legge o di regolamento, dovrebbe essere unita ai provvedimenti od atti soggetti a pubblicità e non soggetti al segreto istruttorio, ai sensi dell’art. 3 del D.M n. 415/1994.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

Con nota depositata in data 22/05/11, si costituiva l’intimata Amministrazione per resistere al presente ricorso e, con memoria depositata in data 03/07/11, ribadiva la legittimità del proprio operato.

Con memoria depositata in data 3/07/11, parte ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

La presente controversia concerne il diniego di accesso all’informativa del Prefetto -sia nella forma cosiddetta "forte" dell’estrazione di copia, sia in quella cosiddetta "debole", della semplice visione- opposto alla ricorrente società con l’epigrafata nota prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, motivata ai sensi dell’art. 24, comma 2, della legge n. 241del 1990, dell’art. 8, comma 5, lett. c), del D.P.R. n. 352 del 1992 e del D.M. 415/94.

In particolare, la questione dedotta in giudizio verte in ordine all’accessibilità degli atti istruttori posti alla base dell’informativa prefettizia sfavorevole, adottata ai sensi della vigente legislazione di contrasto e prevenzione dei fenomeni di infiltrazione malavitosa delle attività imprenditoriali, in conseguenza della quale, rispettivamente, le società appaltatrici e subappaltatrici A. … s.p.a , Ar. e Ps. s.c.a.r.l. hanno comunicato all’odierna ricorrente la risoluzione dei contratti di appalto stipulati per la realizzazione della E 90, tratto SS n. 106 , dallo svincolo di Squillace (Km 1678+350) allo svincolo di Simeri Crichi (KM 191+500).

Si tratta dell’applicazione del D.M. 10 maggio 1994, n. 415, recante Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, costituente la fonte di rango primario di riferimento, il cui comma 2 prevede l’emanazione di uno o più decreti intesi a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso e gli altri casi di esclusione di tale diritto in relazione alla esigenza di salvaguardare, tra l’altro, "l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità" (lett. c), ed il cui comma 4 prevede che "Le singole Amministrazioni hanno l’obbligo di individuare, con uno o più regolamenti da emanarsi entro i sei mesi successivi, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2".

I criteri per l’attuazione della disposizione che precede sono stati stabiliti con l’art. 8 del D.P.R. 27/06/1992 n. 352, il cui comma 5, lett. c), ha precisato che i documenti amministrativi possono essere sottratti all’accesso quando " riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

Ma la sottrazione all’accesso, per espressa previsione del medesimo art. 8, comma 5, primo periodo, del DPR n. 352 del 1992, deve avvenire " nell’ambito dei criteri di cui ai commi 2, 3, e 4" e, pertanto, nel rispetto della norma (art. 8 comma 2) secondo cui "I documenti non possono essere sottratti all’accesso se non quando essi siano suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241. I documenti contenenti informazioni connesse a tali interessi sono considerati segreti solo nell’ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine, le amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l’eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all’accesso".

La previsione dell’art. 8, comma 5, lett. c), del D.P.R. n. 352 del 1992 ha trovato specifica attuazione con l’art. 3 del D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), la cui lett. b), per quanto qui rileva, esclude dall’accesso "relazioni di servizio, informazioni ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relative a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizione di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità ".

La sottrazione all’accesso, operata con la previsione regolamentare di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), del D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), per quanto già evidenziato, deve essere coordinata con la disposizione generale di cui all’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 352 del 1992, che non ammette deroghe all’accesso ai documenti "se non quando essi siano suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990 n. 241".

Invero, qualsiasi conclusione difforme, pregiudicando in via generalizzata il diritto di accesso anche a fronte di situazioni insuscettibili di arrecare alcun significativo "vulnus" agli interessi scolpiti nell’art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990, paleserebbe l’illegittimità della disposizione regolamentare, imponendone la conseguente disapplicazione ad opera del giudice amministrativo (ex plurimis, conf.: Cons. Stato, Sez. V , 10 gennaio 2003 n. 35).

Occorre, quindi, discernere tra la informativa antimafia, generalmente consistente nella mera formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso (di regola non esposte al soggetto appaltante), afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell’impresa - atto per sua natura pienamente ostensibile- e le risultanze istruttorie "a monte", cui ha attinto l’Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell’impresa medesima.

In relazione a tali atti istruttori "a monte", l’accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell’Amministrazione coperte da segreto istruttorio (ai sensi della legge procedurale penale), in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti - in corso di svolgimento - di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata (conf.: TAR Napoli Sez. V 14 giugno 2006 n. 6985).

Facendo applicazione dei superiori principi al caso di specie, evidenzia il Collegio che il diniego di accesso opposto alla ricorrente società non appare coerente con le norme della prescelta lettura del dato normativo quivi applicabile.

Ed invero, dagli atti prodotti in giudizio e dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato, si evince che il diniego di accesso alle informazioni prefettizie rilevanti ai sensi dell’art. 10 della legge n. 575 del 1965 viene riferito alle norme legislative e regolamentari sopra scrutinate, senza che al mero richiamo normativo segua alcuna puntualizzazione, in ordine alla idoneità del documento, di cui viene chiesta l’ostensione, a pregiudicare in concreto l’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità, così come espressamente previsto dall’art. 24 comma 2 lett. c) della legge n. 241 del 1990.

Conseguentemente, la mancata ostensione dell’informativa antimafia ex art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 nonché di tutta la documentazione ad essa connessa e soggetta a pubblicità per disposizione di legge, in quanto non motivata con riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento, anche, eventualmente, nelle forme "deboli" della mera visione ovvero dell’estrazione di copia con tecniche di mascheramento, ha pregiudicato il diritto di difesa della ricorrente società (art. 24 Cost.), non consentendole di contestare nel merito le ragioni effettive su cui si fonda il provvedimento immediatamente lesivo – l’informativa prefettizia antimafia- che ha dato luogo alla risoluzione dei contratti già stipulati, rispettivamente, con le società appaltatrici e subappaltatrici A. … s.p.a , Ar. e Ps. s.c.a.r.l.

Pertanto, il ricorso si appalesa meritevole di accoglimento e, per l’effetto, va annullato il diniego di accesso per cui è causa, disponendo l’accoglimento dell’istanza di accesso della ricorrente società, nei limiti e con le prescrizioni di cui in motivazione.

Le difficoltà interpretative oggettivamente palesabili dalle norme disciplinanti la fattispecie consentono di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento ed ordina al Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Catanzaro, nella persona del Prefetto pro tempore, di consentire, nei limiti e con le prescrizioni di cui in motivazione, l’accesso della ricorrente società alla documentazione richiesta.

Compensa per intero tra le parti le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Gi. Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 24 AGO. 2011.

Sommario:

1. Il caso deciso.

2. La normativa in materia di diritto di accesso in relazione alle informative antimafia.

3. La distinzione tra informativa antimafia e «risultanze istruttorie "a monte"» ai fini dell’esercizio del diritto di accesso.

4. Brevi considerazioni sul bilanciamento tra diritto di difesa e attività di contrasto al crimine.

5. i principi di diritto affermati.

6. Precedenti giurisprudenziali.

7. Spunti bibliografici.

1. Il caso deciso.

La Prefettura di Catanzaro emetteva una informativa antimafia riguardante la S... s.r.l., una delle società aggiudicatarie di un lotto di lavori nel cantiere dell’autostrada Salerno- Reggio Calabria. In conseguenza di tale informativa, venivano risolti i contratti stipulati con una società appaltatrice (A. ... s.p.a.) e con una società subappaltatrice (Ar. e Ps. s.c.a.r.l.), e, al fine di meglio tutelare i propri interessi, la S... s.r.l. proponeva istanza di accesso, mediante visione ed estrazione di copia, alla documentazione posta a base della misura interdittiva. La Prefettura di Catanzaro negava l’accesso e avverso tale diniego la società aggiudicataria proponeva ricorso, accolto dal Tar Calabria, con la pronuncia in commento.

2. La normativa in materia di diritto di accesso in relazione alle informative antimafia.

Nel dichiarare l’illegittimità dell’impugnato diniego dell’accesso per difetto di motivazione e per violazione del diritto di difesa, i giudici argomentano sulla base del dettato normativo, evidenziando che le categorie di documenti amministrativi sottratti al diritto di accesso sono disciplinate dal Decreto del Ministero dell’Interno, 10 maggio 1994, n. 415, contenente il regolamento emanato in attuazione dell’art. 24, co. 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella formulazione anteriore all’entrata in vigore della l. 15/2005.

Tale norma, ora sostituita dal comma 6 dell’art. 24, l. 241/90, prevedeva che il Governo emanasse uno o più decreti attraverso i quali disciplinare e gli altri casi di esclusione di tale diritto in relazione alla esigenza di salvaguardare, tra l’altro, "l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità" (lett. c).

Inoltre, il comma 2 dell’art. 24 cit. nell’originaria formulazione, obbligava le singole amministrazioni ad emanare - entro il primo semestre dall’entrata in vigore della legge sul procedimento - appositi regolamenti con cui individuare "le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso". Tale potere sembra essere stato mantenuto, in capo alle stesse amministrazioni, anche in seguito alla novella di cui alla l. 15/2005, che, però, ha fatto venir meno il riferimento ai regolamenti.

Le citate disposizioni sono state meglio precisate dall’art. 8, co. 5, lett. c) del D.P.R. 27/06/1992 n. 352, in base al quale possono essere sottratti all’accesso quei documenti amministrativi che "riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità, con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

Tuttavia, il collegio calabrese precisa che questa disciplina va coordinata con il secondo comma del medesimo art. 8, che considera inderogabile il diritto di accesso ai documenti, tranne che nelle ipotesi in cui dal suo esercizio possa derivare "un pregiudizio concreto" agli interessi indicati nell’art. 24, co. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tali interessi, in seguito alla l. 15/2005 indicati ora nel sesto comma dell’art. 24 l. 241, possono essere individuati nei "supremi interessi della Nazione": sicurezza e difesa nazionale; politica internazionale; tutela dell’ordine pubblico; prevenzione e repressione della criminalità; tutela della sfera privata e della riservatezza dei soggetti giuridici operanti nell’ordinamento nazionale; tutela delle relazioni sindacali, specie nelle delicate fasi in cui si articola la contrattazione collettiva.

Inoltre, ai sensi dell’art. 3, lett. b) D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), sono sottratti al diritto di accesso, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità, tra l’altro, le relazioni di servizio, le informazioni "ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relativi a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizione di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità".

3. La distinzione tra informativa antimafia e «risultanze istruttorie "a monte"».

Da quest’ultima disposizione il collegio, ricava la conclusione che il diritto di accesso sia stato generalizzato e la disposizione regolamentare sarebbe illegittima e andrebbe disapplicata, qualora pregiudicasse tale diritto.1 Tuttavia, a parere del medesimo, nell’applicare il principio della generale accessibilità degli atti amministrativi occorre distinguere tra informativa antimafia e risultanze istruttorie su cui questa si basa.

La prima, generalmente, consiste nella mera formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso, «afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell’impresa» ed è considerata atto di per sé pienamente ostensibile, coerentemente con la sua natura di«misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva» attribuitale dalla pressoché costante giurisprudenza, sulla scorta di quanto previsto nell’art. 84 del D. Lgs. 159/2011. 2

Le «risultanze istruttorie "a monte"», invece, sono gli atti cui ha attinto l’Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell’impresa medesima, e, di regola, non vengono esposte al soggetto appaltante. Queste, come affermato dalla giurisprudenza, non sono interamente accessibili. Infatti, «l’accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell’Amministrazione coperte da segreto istruttorio (ai sensi della legge procedurale penale), in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti - in corso di svolgimento - di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata.»3 Così, ad esempio, non sono ostensibili, le relazioni di servizio utilizzate e, più in dettaglio, i nomi, le qualifiche e i reparti di appartenenza degli autori di dette relazioni, oltre ovviamente alle fonti soggettive delle informazioni; mentre possono essere rivelati i provvedimenti della magistratura penale, dopo che siano cessate le esigenze connesse al segreto istruttorio.

La evidenziata distinzione, alla luce del su esposto quadro normativo, fornisce al collegio - nella pronuncia in commento – l’occasione di affermare il principio secondo cui il diniego dell’accesso deve essere motivato, non sulla base di un semplice rinvio alle norme che prevedono espressamente le ipotesi di esclusione dall’accessibilità, bensì puntualizzando gli elementi da cui inferire che il documento è idoneo a "pregiudicare in concreto l’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità, così come espressamente previsto dall’art. 24 comma 2 lett. c) della legge n. 241 del 1990". In altri termini, dalla motivazione del provvedimento di diniego devono emergere le «concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento», specie se, in conseguenza di detto diniego, è stato pregiudicato il diritto di difesa dell’istante, che nel successivo giudizio di impugnazione, assunte le vesti di ricorrente, si trovi nella impossibilità di contestare nel merito le ragioni effettive su cui si fonda l’informativa antimafia, provvedimento immediatamente lesivo, in seguito al quale siano stati risolti i contratti già stipulati.

4. Brevi considerazioni sul bilanciamento tra diritto di difesa e attività di contrasto al crimine.

La decisione che si commenta, pur riconoscendo carattere generale al diritto di accesso, afferma che in relazione alla informativa antimafia e agli atti istruttori da cui trae origine, un eventuale diniego va motivato in maniera puntuale. Ciò non significa, però, che il diritto di accesso possa estendersi ad ogni documento connesso all’informativa stessa, perché, qualora si divulgassero tutti gli atti istruttori, seppure con le garanzie proprie della sede giurisdizionale, si vanificherebbe o si renderebbe del tutto inefficace l’azione amministrativa volta al contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico. In tal modo, i giudici calabresi si conformano all’orientamento maggioritario in giurisprudenza che ricostruisce le ipotesi di cui all’art. 24, co. 6, l. 241/90 come limiti oggettivi e tassativi all’esercizio del diritto di accesso, in presenza dei quali la P.A. non ha alcun margine discrezionale di apprezzamento ed è obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso. Ciò proprio in considerazione dell’importanza degli interessi pubblici sottesi, giudicati dal legislatore fondamentali e prevalenti rispetto al generale interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi.

Emerge, dunque, come in presenza di un ricorso avverso il diniego dell’ostensione della documentazione correlata all’informativa interdittiva di cui all’art. 84 del D. Lgs. 159/2011, il giudice si trovi nella necessità di effettuare un bilanciamento tra valori ed esigenze contrapposte: da un lato, il rispetto delle garanzie connesse all’esercizio dell’inviolabile diritto costituzionale alla difesa, sancito dall’art. 24 Cost., dall’altro, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonché delle attività di prevenzione e di repressione della criminalità, che giustifica il divieto di ostensione, il quale può valere sia nei confronti delle parti private interessate, sia nei confronti della stessa autorità giudiziaria chiamata a decidere sul provvedimento di diniego.

A tal proposito, la giurisprudenza nel tentativo di contemperare le opposte esigenze, ha stabilito che, nel rispetto della normativa vigente, è possibile richiedere copia integrale dei documenti recanti le notizie confluite nella informativa antimafia, essendo questa, per sua natura, un documento destinato ad essere divulgato, mediante, ad esempio, comunicazione alla stazione appaltante; tuttavia, l’amministrazione in possesso della documentazione ha la potestà di oscurare con qualunque tecnica idonea, ivi inclusa l’apposizione di “omissis”, le parti di documento da mantenere riservate, fermi restanti i limiti oggettivi previsti dall’ordinamento. 4

5. I principi di diritto affermati.

Alla luce delle esposte considerazioni, dalla pronuncia in commento si possono trarre i seguenti principi di diritto.

Il diniego opposto all’istanza di accesso alla documentazione amministrativa su cui si fonda una informativa prefettizia antimafia, proposta da una società privata aggiudicataria di pubblici appalti, deve essere puntualmente motivato in ordine al concreto pregiudizio per le esigenze di tutela dell’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità.

E’ affetto da difetto di motivazione e viola il diritto costituzionale di difesa in giudizio, un atto di diniego ad una istanza di accesso alle risultanze istruttorie valutate dal Prefetto - al fine di emettere un’informativa interdittiva antimafia – il quale contenga un mero richiamo alla normativa vigente che indica gli atti esclusi dall’esercizio del diritto di accesso.

6. Precedenti giurisprudenziali

Conformi: C.G.A. Sent. 5 gennaio 2011 n. 9; C.G.A. Sent. 3 marzo 2010 n. 281.

Difforme: Cons. Stato, Sez. IV, sent. 26 gennaio 1998, n. 82.

7. Spunti bibliografici.

Caringella, F. Corso di diritto amministrativo, Milano, 2011. pagg. 2360-2371

D’Aprile, V. La normativa antimafia nei contratti pubblici. in Nuove Frontiere del Diritto, rivista giuridica telematica n. 1/ gennaio 2012, pagg 18 e ss, consultabile all’indirizzo: https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=explorer&chrome=true&srcid=0B_IxpR1msCbAZDUzY2JlYjYtMGZjNi00ZDViLWFkMDYtNjJjYTFiODhlOTEy&hl=it

Leotta, E.I poteri certificativi del Prefetto quali strumenti di contrasto alla criminalità organizzata: inquadramento sistematico ed aspetti problematici"( Relazione alla Conferenza Nazionale: “Le nuove disposizioni penali in materia di sicurezza pubblica – strumenti e poteri di prevenzione antimafia”, organizzata dall’Osservatorio Permanente sulla Criminalità organizzata - Siracusa, 25 – 27 giugno 2010.). Pubblicata il 24/08/2010 sul Sito Istituzionale della Giustizia Amministrativa, all’indirizzo: http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/Leotta_Informa­tive_prefet­tizie_relazione_definitiva.pdf

 

1 Cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 10 gennaio 2003 n. 35

2 Cfr. da ultimo Cons. Stato Sez. III, sent. 5 ottobre 2011, n. 5478

3 Cfr. Tar Napoli Sez. V 14 giugno 2006 n. 6985.

4 Cfr. C.G.A. Sent. 5 gennaio 2011 n. 9



T.A.R. Calabria - Catanzaro, sez. I, sent. 24 agosto 2011, n. 1146

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 612 del 2011, proposto da "S ... srl", con sede legale in Catanzaro Lido, Via - omissis - , in persona dell’amministratore unico sig. P. G. F., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Sciumbata, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Sersale, via Greco, n. 40;

contro

Prefettura di Catanzaro, in persona del Prefetto pro-tempore; U.T.G. - Prefettura di Catanzaro; rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliata per legge in Catanzaro, via G. da Fiore, n. 34;

per l’annullamento del provvedimento di diniego accesso atti amministrativi prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, notificato in data 28.04.2011, nonché di ogni atto anteriore e successivo, comunque presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Prefettura di Catanzaro e di U.T.G. - Prefettura di Catanzaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011, il cons. Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con atto notificato in data 11.5.2011 e depositato in data 19.5.2011, la ricorrente società premetteva che, con istanza del 14 aprile 2011, aveva chiesto, alla Prefettura di Catanzaro, di poter estrarre visione e copia dell’informativa antimafia ex art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 nonché di tutta la documentazione ad essa connessa e soggetta a pubblicità per disposizione di legge, posta alla base della risoluzione dei contratti di appalto già stipulati, rispettivamente, con le società appaltatrici e subappaltatrici A ... s.p.a., Ar. e Ps. s.c.a.r.l. .

Lamentava che la precitata istanza veniva riscontrata dalla Prefettura di Catanzaro con l’epigrafata nota di diniego prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, motivata in relazione all’art. 24 della legge n. 241/1990, al D.P.R. 352/1992 ed al D.M. 415/94. A sostegno del proprio ricorso, deduceva:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 , 24 della legge 241/1990, violazione dell’art. 8 del Regolamento di Attuazione n. 352/1992 - violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.M n. 415 del 10.05.1994.

L’istanza di accesso, circoscritta alla certificazione antimafia ed alla documentazione pubblica, ai sensi dell’art. art. 3 comma 1, lett. A), del DM 415/1994, non potrebbe essere considerata sottratta all’accesso, in quanto, per disposizione di legge o di regolamento, dovrebbe essere unita ai provvedimenti od atti soggetti a pubblicità e non soggetti al segreto istruttorio, ai sensi dell’art. 3 del D.M n. 415/1994.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

Con nota depositata in data 22/05/11, si costituiva l’intimata Amministrazione per resistere al presente ricorso e, con memoria depositata in data 03/07/11, ribadiva la legittimità del proprio operato.

Con memoria depositata in data 3/07/11, parte ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

La presente controversia concerne il diniego di accesso all’informativa del Prefetto -sia nella forma cosiddetta "forte" dell’estrazione di copia, sia in quella cosiddetta "debole", della semplice visione- opposto alla ricorrente società con l’epigrafata nota prot. n. 0026949 - fasc. n. 319/10/ antim/ area 1, motivata ai sensi dell’art. 24, comma 2, della legge n. 241del 1990, dell’art. 8, comma 5, lett. c), del D.P.R. n. 352 del 1992 e del D.M. 415/94.

In particolare, la questione dedotta in giudizio verte in ordine all’accessibilità degli atti istruttori posti alla base dell’informativa prefettizia sfavorevole, adottata ai sensi della vigente legislazione di contrasto e prevenzione dei fenomeni di infiltrazione malavitosa delle attività imprenditoriali, in conseguenza della quale, rispettivamente, le società appaltatrici e subappaltatrici A. … s.p.a , Ar. e Ps. s.c.a.r.l. hanno comunicato all’odierna ricorrente la risoluzione dei contratti di appalto stipulati per la realizzazione della E 90, tratto SS n. 106 , dallo svincolo di Squillace (Km 1678+350) allo svincolo di Simeri Crichi (KM 191+500).

Si tratta dell’applicazione del D.M. 10 maggio 1994, n. 415, recante Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, costituente la fonte di rango primario di riferimento, il cui comma 2 prevede l’emanazione di uno o più decreti intesi a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso e gli altri casi di esclusione di tale diritto in relazione alla esigenza di salvaguardare, tra l’altro, "l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità" (lett. c), ed il cui comma 4 prevede che "Le singole Amministrazioni hanno l’obbligo di individuare, con uno o più regolamenti da emanarsi entro i sei mesi successivi, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2".

I criteri per l’attuazione della disposizione che precede sono stati stabiliti con l’art. 8 del D.P.R. 27/06/1992 n. 352, il cui comma 5, lett. c), ha precisato che i documenti amministrativi possono essere sottratti all’accesso quando " riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

Ma la sottrazione all’accesso, per espressa previsione del medesimo art. 8, comma 5, primo periodo, del DPR n. 352 del 1992, deve avvenire " nell’ambito dei criteri di cui ai commi 2, 3, e 4" e, pertanto, nel rispetto della norma (art. 8 comma 2) secondo cui "I documenti non possono essere sottratti all’accesso se non quando essi siano suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241. I documenti contenenti informazioni connesse a tali interessi sono considerati segreti solo nell’ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine, le amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l’eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all’accesso".

La previsione dell’art. 8, comma 5, lett. c), del D.P.R. n. 352 del 1992 ha trovato specifica attuazione con l’art. 3 del D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), la cui lett. b), per quanto qui rileva, esclude dall’accesso "relazioni di servizio, informazioni ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relative a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizione di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità ".

La sottrazione all’accesso, operata con la previsione regolamentare di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), del D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con il D.M. 17 novembre 1997 n. 508), per quanto già evidenziato, deve essere coordinata con la disposizione generale di cui all’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 352 del 1992, che non ammette deroghe all’accesso ai documenti "se non quando essi siano suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990 n. 241".

Invero, qualsiasi conclusione difforme, pregiudicando in via generalizzata il diritto di accesso anche a fronte di situazioni insuscettibili di arrecare alcun significativo "vulnus" agli interessi scolpiti nell’art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990, paleserebbe l’illegittimità della disposizione regolamentare, imponendone la conseguente disapplicazione ad opera del giudice amministrativo (ex plurimis, conf.: Cons. Stato, Sez. V , 10 gennaio 2003 n. 35).

Occorre, quindi, discernere tra la informativa antimafia, generalmente consistente nella mera formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso (di regola non esposte al soggetto appaltante), afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell’impresa - atto per sua natura pienamente ostensibile- e le risultanze istruttorie "a monte", cui ha attinto l’Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell’impresa medesima.

In relazione a tali atti istruttori "a monte", l’accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell’Amministrazione coperte da segreto istruttorio (ai sensi della legge procedurale penale), in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti - in corso di svolgimento - di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata (conf.: TAR Napoli Sez. V 14 giugno 2006 n. 6985).

Facendo applicazione dei superiori principi al caso di specie, evidenzia il Collegio che il diniego di accesso opposto alla ricorrente società non appare coerente con le norme della prescelta lettura del dato normativo quivi applicabile.

Ed invero, dagli atti prodotti in giudizio e dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato, si evince che il diniego di accesso alle informazioni prefettizie rilevanti ai sensi dell’art. 10 della legge n. 575 del 1965 viene riferito alle norme legislative e regolamentari sopra scrutinate, senza che al mero richiamo normativo segua alcuna puntualizzazione, in ordine alla idoneità del documento, di cui viene chiesta l’ostensione, a pregiudicare in concreto l’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione della criminalità, così come espressamente previsto dall’art. 24 comma 2 lett. c) della legge n. 241 del 1990.

Conseguentemente, la mancata ostensione dell’informativa antimafia ex art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 nonché di tutta la documentazione ad essa connessa e soggetta a pubblicità per disposizione di legge, in quanto non motivata con riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento, anche, eventualmente, nelle forme "deboli" della mera visione ovvero dell’estrazione di copia con tecniche di mascheramento, ha pregiudicato il diritto di difesa della ricorrente società (art. 24 Cost.), non consentendole di contestare nel merito le ragioni effettive su cui si fonda il provvedimento immediatamente lesivo – l’informativa prefettizia antimafia- che ha dato luogo alla risoluzione dei contratti già stipulati, rispettivamente, con le società appaltatrici e subappaltatrici A. … s.p.a , Ar. e Ps. s.c.a.r.l.

Pertanto, il ricorso si appalesa meritevole di accoglimento e, per l’effetto, va annullato il diniego di accesso per cui è causa, disponendo l’accoglimento dell’istanza di accesso della ricorrente società, nei limiti e con le prescrizioni di cui in motivazione.

Le difficoltà interpretative oggettivamente palesabili dalle norme disciplinanti la fattispecie consentono di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento ed ordina al Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Catanzaro, nella persona del Prefetto pro tempore, di consentire, nei limiti e con le prescrizioni di cui in motivazione, l’accesso della ricorrente società alla documentazione richiesta.

Compensa per intero tra le parti le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Gi. Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 24 AGO. 2011.