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Libertà di professare la propria fede religiosa – garanzie e limiti nella RFT

I Una recente sentenza emanata dal Bundesverwaltungsgericht (BVerwG = Tribunale amministrativo federale) di Leipzig ha riacceso la discussione sui limiti della libertà religiosa nella RFT.

Il figlio diciottenne (Junus M.) di un cittadino tedesco convertitosi alla religione islamica, che frequentava il Ginnasio Disterweg nel rione Wedding di Berlino, un giorno – durante la sospensione delle lezioni tra le ore 13 e le 14 – si era inginocchiato (insieme con altri alunni che professavano la stessa fede religiosa) nel cortile della scuola e aveva recitato una delle 5 preghiere rituali prescritte dal Corano, rivolto verso La Mecca. La direttrice dell´istituto, informata di ciò, aveva vietato questa pratica religiosa.

Junus M. aveva poi adito il Tribunale amministrativo di Berlino e, richiamandosi al diritto – costituzionalmente garantito – di professare liberamente la propria religione (“Recht auf ungestörte Religionsausübung”), aveva ottenuto una pronunzia a lui favorevole, in conseguenza della quale a Junus fu messo a disposizione – nella struttura scolastica – un vano apposito per la preghiera. I giudici di primo grado avevano motivato la loro decisione, asserendo che il diritto, fondamentale, alla libertà di religione, deve ritenersi esteso anche all´ambito scolastico (“das Grundrecht auf Religionsfreiheit erstreckt sich auch auf die Schule”).

II Contro questa sentenza veniva proposto appello dalla Berliner Schulverwaltung secondo la quale i giudici di primo grado non avevano tenuto debitamente conto dell´obbligo – previsto anch´esso dalla Costituzione federale del 1949 – di neutralità che doveva sovrintendere all´ istruzione pubblica. L´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg accoglieva l´appello, ritenendo che preghiere rituali, nell´ambito della scuola pubblica, da parte di singoli alunni, potessero mettere in pericolo lo “Schulfrieden” (traduzione letterale: pace nella scuola = il buon andamento dell´attività didattico-educativa). Avevano fatto notare, i giudici di secondo grado, che nel Ginnasio Disterweg di Wedding, il 77% degli alunni aveva genitori che erano immigrati nella RFT da 20 nazioni differenti; gli alunni appartenevano a 29 confessioni, od orientamenti confessionali, diversi. 550 alunni erano di religione musulmana (sciiti, sunniti, alaviti). Inoltre veniva messo in rilievo che esperti, interpellati in proposito, erano pressoché unanimi nel ritenere che preghiere rituali islamiche non potevano essere recitate in classe.

L´accoglimento delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado avrebbe avuto per conseguenza l´obbligo – per le amministrazioni scolastiche – di mettere a disposizione degli alunni di fede islamica (peraltro divisi al loro interno, come abbiamo visto, in sciiti, sunniti, alaviti, con riti, in alcuni casi, notevolmente diversi), appositi vani per le loro preghiere rituali. Già prima della decisione di secondo grado, in altre scuole superiori berlinesi, erano state avanzate richieste analoghe da altri alunni di religione islamica.

III Junus M., sentendosi leso nel suo diritto costituzionale di poter liberamente professare la sua fede religiosa (e secondo i dettami della stessa), proponeva istanza di revisione ed il giudice della revisione, ritenendo che la questione di diritto fosse “von grundsätzlicher Bedeutung”, ammetteva la revisione dinanzi al BVerwG = Bundesverwaltungsgericht di Leipzig, il quale ha confermato la sentenza dell´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg.

La libertà di religione (e di coscienza) è definita come diritto inviolabile dall´art. 4, 1°comma, GG = Grundgesetz (Costituzione federale). Parimente inviolabile è il diritto di manifestare il proprio credo religioso (che, indubbiamente, trova una delle sue espressioni più significative nelle preghiere o comunque in esternazioni di carattere cultuale); diritto che è sancito dal comma 2° dell´art. 4 del Grundgesetz. L´art. 4, 1°comma, GG, assicura sia il diritto di credere, sia quello di non credere (c.d. innere Freiheit), ma anche quello di manifestare i propri convincimenti religiosi (c.d. äußere Freiheit).

IV L´art. 33 della Costituzione federale del 1949 – relativo ai diritti ed agli obblighi dei cittadini – sancisce, nel comma 3°, il divieto di qualsiasi discriminazione basata sull´appartenenza o non appartenenza ad una religione. Questa disposizione normativa non è altro che una specificazione del principio contenuto nell´art. 3, 3° comma, del Grundgesetz (“Niemand darf wegen seines Glaubens benachteiligt oder bevorzugt werden”). Si parla in proposito di “weltanschauliche Neutralität des Staates” che è prescritta, naturalmente, anche nelle scuole pubbliche. Agli insegnanti di questi istituti scolastici è fatto divieto di influenzare gli alunni dal punto di vista religioso e/od ideologico. Secondo una decisione della Corte costituzionale federale (BVerfGE 93, 1/23), nelle scuole pubbliche non è ammessa l´esposizione della croce a meno che non vi sia il consenso di tutti gli alunni e dei loro genitori. Questo divieto non vale però per le “Bekenntnisschulen”. Non vi è divieto, per le alunne di fede musulmana che frequentono scuole pubbliche, di portare un foulard, a meno che il viso non sia, anche soltanto in parte, coperto. Agli insegnanti delle scuole pubbliche può essere fatto divieto di indossare indumenti tipici della loro religione di appartenenza.

V Tornando al caso di Junus M., i giudici amministrativi hanno anzitutto fatto notare che la preghiera vietata dalla direttrice era una preghiera islamica rituale (“ein rituelles islamisches Gebet”, cioè una preghiera che implica, oltre ad una recita non silenziosa, anche determinati movimenti del corpo e che deve essere effettuata entro una certa ora del giorno). Prendendo spunto dalla c.d. negativen Glaubensfreiheit, di cui si è parlato sopra, è stato ritenuto che preghiere rituali nel cortile della struttura scolastica, sia pure effettuate dopo il termine delle lezioni (e durante l´ intervallo di mezzogiorno), possano pregiudicare lo “Schulfrieden” principalmente per i seguenti motivi: 1) le pratiche religiose di Junus e degli altri alunni di religione musulmana (dello stesso orientamento dottrinale), sono potenzialmente lesive della libertà religiosa di altri alunni di fede differente o non credenti; 2) possono essere in contrasto con l´obbligo di neutralità in materia religioso-ideologica della scuola pubblica; 3) possono originare contrasti – non infrequenti già nel passato – in una scuola pubblica frequentata da alunni appartenenti a ca. 30 diverse confessioni od orientamenti confessionali (si parla in proposito di un´ accentuata “eterogeneità religiosa”).

Va notato che soltanto i musulmani che frequentano il Ginnasio Disterweg di Berlino si dichiarano sciiti, sunniti, alaviti. Vi sono stati, tra di essi, contrasti notevoli per quanto concerne la interpretazione del Corano in genere ed in particolare circa le modalità di esecuzione delle pratiche religiose (manifestando ciascuno degli appartenenti ai suddetti orientamenti confessionali la convinzione che le credenze e pratiche religiose da esso seguite sarebbero le uniche rispondenti ai dettami del Libro sacro (Corano); si era arrivati al punto che gli sciiti non consideravano veri musulmani i sunniti e viceversa. Oltre a cristiani (cattolici, evangelici, greco-ortodossi, aramei) e seguaci di Maometto, nel ginnasio berlinese frequentato da Junus, vi erano seguaci di tutte le altre “Weltreligionen”; ciò si spiega facilmente considerando che la struttura scolastica è sita in un quartiere, nel quale gli stranieri costituivano più di due terzi della popolazione residente.

VI Hanno ritenuto i giudici amministrativi che il diritto garantito dall´art. 4, commi 1° e 2° e dall´art. 33, 3° comma, della Costituzione federale del 1949, debba essere contemperato con l´ Erziehungsrecht dei genitori degli altri alunni, sancito dall´ art. 6, 2°comma, del Grundgesetz e con l´esigenza di garantire gli obiettivi educativi nonché il buon andamento dell´attività didattico-educativa e con l´esigenza di prevenire, per quanto possibile, contrasti tra gli alunni che possono essere originati da motivi confessionali od orientamenti confessionali. A sostegno del proprio diritto al “Mittagsgebet” nella struttura scolastica, Junus M. aveva addotto che secondo la sua religione una preghiera rituale, prescritta entro una determinata ora, non poteva essere posticipata se non in casi di assoluta necessità. I giudici, nella loro decisione, non hanno condiviso la tesi, prospettata dal difensore di Junis, secondo la quale la libertà religiosa sarebbe garantita dall´art. 4 del Grundgesetz “vorbehaltlos”, ma hanno rilevato che, pur trattandosi di un diritto inviolabile e costituzionalmente garantito, esso deve trovare contemperamento con altri diritti, anch´essi di rango costituzionale e di fondamentale importanza (Grundrechte), diritti ai quali sopra si è accennato. Ciò a maggior ragione in una società pluralista e multiculturale, qual´ è quella attuale della RFT in genere e quella berlinese in particolare. I giudici amministrativi, nella loro sentenza, hanno rilevato che si deve tenere conto altresi´ del principio della “Verhältnismäßigkeit” (previsto anche dall´art. 5 del Trattato di Lisbona) e dell´esigenza di procedere ad una ponderata “Güterabwägung” (bilanciamento dei beni giuridici), principi, che, entrambi costituiscono, anch´essi, criteri basilari ed (imprescindibili) in materia di interpretazione di norme costituzionali.

VII A seguito della sentenza di conferma della pronunzia dell´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg da parte del BVerwG (Bundesverwaltungsgericht), a Junis non rimane altro che – eventualmente – adire il BVerGE (Bundesverfassungsgericht), cioè la Corte costituzionale federale. Il suo difensore ha però dichiarato che probabilmente desisterà dal “Gang zum Bundesverfassungsgericht”, stante l´orientamento dei giudici di Karlsruhe che, ripetutamente, si sono espressi nel senso che il diritto (positivo) alla libertà religiosa individuale può subire restrizioni non soltanto con riferimento alla “negativen Glaubensfreiheit”, ma anche, quando si tratta di persone non maggiorenni, con riferimento al disposto dell´art. 6, 2°comma, del Grundgesetz (nel quale è sancito il diritto-dovere dei genitori di educare i figli, ma è precisato altresì che a tale diritto-dovere sovrintende la comunità statale (“wacht die staatliche Gemeinschaft”). La Corte costituzionale federale, nella sua pronunzia 62, 323 (329), ha qualificato la norma di cui all´ art. 6 del Grundgesetz (il c.d. Elternrecht) come Grundrecht e come Institutionsgarantie (ritenendo, pertanto, dettata questa norma a tutela di un interesse non soltanto individuale ma anche pubblico).

VIII Infine qualche brevissima considerazione sulle norme dettate in materia di libertà di religione dalla Costituzione italiana entrata in vigore nel 1948 e da quella tedesca del 1949. Da una semplice comparazione dell´art. 19 Cost. italiana con l´ art. 4 del Grundgesetz, risulterebbe che le garanzie contenute nel predetto articolo 19 sono più specifiche e più esplicite in quanto questo ultimo assicura il diritto di professare la propria fede religiosa “in qualsiasi forma”, sia essa individuale o associata. L´art. 4, 2° comma, GG si limita a garantire la “ungestörte Religionsausübung”, senza specificare se individualmente o collettivamente, come invece precisa l´art. 19 Cost. ital., nel quale è pure previsto espressamente il diritto di fare propaganda per la propria fede religiosa e di esercitare il culto in privato o in pubblico, con l´unico limite del divieto di riti contrari al buon costume (vedremo in seguito il motivo, per il quale, nella prima parte del Grundgesetz del 1949, non sono state previste norme più specifiche in materia di libertà di religione).

L´art. 19 Cost. ital. è stato interpretato – per un certo periodo di tempo – come garanzia della sola libertà “positiva” di religione. Ma la Corte costituzionale, dalla fine degli anni `70, ha poi riconosciuto l´applicabilità dell´ art. 19 anche in favore dei non credenti. È stato ritenuto che la libertà di coscienza sia desumibile dagli artt. 2 e 21 Cost. del 1948 e, ora, anche da fonti internazionali pattizie (art. 9 CEDU e art. 10 Carta di Nizza). L´art. 4 del Grundgesetz non opera alcuna distinzione tra confessione cattolica e non cattolica, come la troviamo invece nell´ art. 8 Cost. del 1948.

Va poi rilevato che l´art. 4, 1°comma, GG (che costituisce una specificazione del diritto sancito dall´art. 2, 1° comma, GG (“Recht auf freie Entfaltung der Persönlichkeit”)), prevede, oltre alla c.d. Glaubensfreiheit - la quale costituisce “ eine Ausprägung der Menschenwürde” (BVerfGE 33, 23/28) - nella stessa disposizione normativa, la libertà di coscienza (“Gewissensfreiheit”) ed entrambe queste garanzie costituiscono, secondo il Bundesverfassungsgericht (83, 341/354), “ein einheitliches Grundrecht”, mentre l´ art. 19 Cost. ital. non menziona espressamente queste libertà. Il 1° comma dell´art. 4 della Cost. federale della RFT precisa che la “Bekenntnisfreiheit” comprende anche la “Weltanschauungsfreiheit”. Dalla “Glaubensfreiheit”, dal principio di uguaglianza (sancito dall´ art. 3 del Grundgesetz) e dal divieto di costituzione di una “Staatskirche” (come esiste invece in Inghilterra), discende la “religiös-weltanschauliche Neutralität des Staates”, cioè la neutralità ideologico-religiosa dello Stato (BVerGE 93, 1/16f).

IX A proposito della libertà di religione va notato che in base all´art. 140 della Costituzione del 1949 (intitolato : Übernahme von Glaubensbestimmungen der Weimarer Verfassung), sono stati recepiti gli articoli 136, 137, 138, 139 e 141 della Costituzione di Weimar (WRV) del 1919; questo è il motivo per il quale, nella prima parte del Grundgesetz, la normativa in materia di libertà di religione si limita ad enunciazioni di principio, di carattere programmatico. Gli articoli 136 e segg. costituiscono parte integrante del Grundgesetz, sono “vollgültiges Verfassungsrecht”, concernente non soltanto la libertà religiosa individuale, ma anche, e soprattutto, “die kollektive (korporative) Glaubensfreiheit” nonché i rapporti tra Stato e “Religions- und Weltanschauungsgemeinschaften”.

L´art. 136 della Costituzione di Weimar (d´ora in poi indicata con l´abbreviazione WRV), intitolato: “Individuelle Glaubensfreiheit und – gleichheit” prevede che diritti e doveri del cittadino non possono subire limitazioni per effetto dell´esercizio del diritto alla libertà religiosa e che nessuno può essere obbligato (si parla in proposito di “Freiheit von Offenbarungspflichten”) a rivelare i propri convincimenti in materia religiosa (c.d. negative Glaubensfreiheit, alla quale già si è accennato sopra). È però fatto salvo il diritto delle autorità statali di rilevare l´appartenenza - o meno – ad una comunità religiosa a fini statistici o se dall´appartenenza conseguono diritti o doveri. Nell´ultimo comma dell´art. 136 RV è sancito il divieto di costringere chiunque a partecipare ad una cerimonia religiosa o comunque ad una “kirchlichen Handlung”; parimenti chiunque ha il diritto di rifiutare la prestazione del giuramento con la “formula” religiosa (in proposito si rinvia all´articolo sul giuramento pubblicato da FILODIRITTO).

X Il successivo art. 137 WRV (intitolato: “Kollektive Glaubensfreiheit und öffentlich-rechtliche Organisation“) esclude l´esistenza (e la costituzione, in futuro), di una “Staatskirche“; ciò al fine di garantire la “weltanschaulich-religiöse Neutralität”, alla quale si è accennato sopra e che implica, il divieto, da parte di chi detiene una carica pubblica, di ricoprire cariche ecclesiastiche e viceversa. Inoltre sono vietate, in linea di principio, “gemeinsame Organisationen”, cioè organizzazioni facenti capo sia a comunità religiose che statali. Eccezioni a questo divieto devono comunque trovare il loro fondamento in norme di carattere costituzionale. Al disposto dell´art. 137, 1°comma, WRV non osta l´elargizione, da parte dello Stato, di contributi a comunità religiose, le quali sono equiparate, dal punto di vista costituzionale, alle “Weltanschauungsvereinigungen” (BVerGE 37, 344/362 f). Alle Religionsgemeinschaften (l´art. 137 WRV usa la dizione antiquata di Religionsgesellschaften) viene assicurata la piena autonomia per quanto riguarda le “ rein innerkirchlichen Angelegenheiten” (BVerfGE: 42,312/334), tra le quali rientra pure la disciplina del proprio ordinamento interno (il c.d. Organisationsrecht).

Le comunità religiose riconosciute non sono soggette al potere di vigilanza da parte dell´autorità statale ed il loro status giuridico è sui generis. Essi hanno la potestà di imporre tributi (“Besteuerungsrecht”), ivi compresa la potestà di disciplinare le modalità di riscossione se le stesse non sono regolate da un´apposita legge dello Stato federato nel quale hanno la loro sede. Anche in sede di riscossione della “Kirchensteuer”, deve però essere salvaguardata la “individuelle Glaubensfreiheit des Steuerpflichtigen”, cioè la libertà individuale religiosa del contribuente, il quale non deve essere stato soggetto ad alcuna costrizione nell´aderire alla comunità religiosa e che deve avere altresì, in ogni momento, la facoltà di revocare la propria adesione (alla quale consegue ogni obbligo contributivo).

XI Gli appartenenti ad una comunità religiosa riconosciuta hanno la facoltà di far valere i loro diritti, dinanzi all´autorità giudiziaria, anche nei confronti della comunità (“allgemeniner Justizgewährungsanspruch”), a meno che non si tratti di una “rein innerkirchliche Angelegenheit”(BVerfGE 18, 385/387); è giurisprudenza costante che la violazione di norme meramente interne alla comunità non possono essere fatte valere dinanzi all´A.G.

L´art. 138 WRV tutela il diritto di proprietà e gli altri diritti patrimoniali delle comunità religiose in quanto essi siano funzionali all´espletamento della loro attività di culto, educativa e caritativa. Questi diritti vengono garantiti “nach Maßgabe des einschlägigen zivilen und öffentlichen Rechts” (BVerfGE 99, 100/121), cioè secondo le apposite norme di diritto privato e pubblico.

A proposito dell´art. 139 WRV si è parlato di uno “Schutzauftrag” nel senso che tale norma garantisce il diritto individuale di poter rispettare i precetti religiosi relativamente alla domenica per i cristiani, al sabbath per gli ebrei nonché quello alle feste – anche non religiose – riconosciute per legge. Il BVerfGE ha ritenuto che l´art. 139 WRV contenga una “Institutionsgarantie” (BVerfGE 111, 10/50); ciò anche con riferimento a quanto previsto dall´art. 4 del Grundgesetz. Secondo la Corte costituzionale federale (79, 236/243), il disposto dell´art. 139 WRV può incidere su diritti fondamentali riconosciuti nelle prima parte del Grundgesetz.

L´art. 141 WRV dispone che l´art. 7, 3°comma, GG – che prevede che l´insegnamento della religione, nelle scuole pubbliche, costituisce materia di insegnamento – non trova applicazione nei Länder (Stati federati), nei quali, alla data del 1.1.1949, era in vigore una diversa “länderrechtliche Regelung” (come p. es. a Bremen e nei Länder venuti a far parte della BRD dopo la riunificazione).

Il recepimento, nella Costituzione del 1949, di norme già contenute nella Costituzione della Repubblica di Weimar, può apparire, a prima vista, cosa insolita, ma la spiegazione che generalmente viene data, è che il Costituente del 1949 è stato particolarmente prudente nello statuire in una materia molto delicata qual è la libertà di religione e non ha voluto minimamente mettere in discussione un equilibrio faticosamente raggiunto nel passato; ha preferito mettere in vigore nuovamente norme che già si sono dimostrate valide sia pure per poco più di un decennio quando anche in Germania, come già parecchio tempo prima in Italia, è stata instaurata una dittatura, contraria ad ogni effettiva libertà, in particolare individuale.

I Una recente sentenza emanata dal Bundesverwaltungsgericht (BVerwG = Tribunale amministrativo federale) di Leipzig ha riacceso la discussione sui limiti della libertà religiosa nella RFT.

Il figlio diciottenne (Junus M.) di un cittadino tedesco convertitosi alla religione islamica, che frequentava il Ginnasio Disterweg nel rione Wedding di Berlino, un giorno – durante la sospensione delle lezioni tra le ore 13 e le 14 – si era inginocchiato (insieme con altri alunni che professavano la stessa fede religiosa) nel cortile della scuola e aveva recitato una delle 5 preghiere rituali prescritte dal Corano, rivolto verso La Mecca. La direttrice dell´istituto, informata di ciò, aveva vietato questa pratica religiosa.

Junus M. aveva poi adito il Tribunale amministrativo di Berlino e, richiamandosi al diritto – costituzionalmente garantito – di professare liberamente la propria religione (“Recht auf ungestörte Religionsausübung”), aveva ottenuto una pronunzia a lui favorevole, in conseguenza della quale a Junus fu messo a disposizione – nella struttura scolastica – un vano apposito per la preghiera. I giudici di primo grado avevano motivato la loro decisione, asserendo che il diritto, fondamentale, alla libertà di religione, deve ritenersi esteso anche all´ambito scolastico (“das Grundrecht auf Religionsfreiheit erstreckt sich auch auf die Schule”).

II Contro questa sentenza veniva proposto appello dalla Berliner Schulverwaltung secondo la quale i giudici di primo grado non avevano tenuto debitamente conto dell´obbligo – previsto anch´esso dalla Costituzione federale del 1949 – di neutralità che doveva sovrintendere all´ istruzione pubblica. L´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg accoglieva l´appello, ritenendo che preghiere rituali, nell´ambito della scuola pubblica, da parte di singoli alunni, potessero mettere in pericolo lo “Schulfrieden” (traduzione letterale: pace nella scuola = il buon andamento dell´attività didattico-educativa). Avevano fatto notare, i giudici di secondo grado, che nel Ginnasio Disterweg di Wedding, il 77% degli alunni aveva genitori che erano immigrati nella RFT da 20 nazioni differenti; gli alunni appartenevano a 29 confessioni, od orientamenti confessionali, diversi. 550 alunni erano di religione musulmana (sciiti, sunniti, alaviti). Inoltre veniva messo in rilievo che esperti, interpellati in proposito, erano pressoché unanimi nel ritenere che preghiere rituali islamiche non potevano essere recitate in classe.

L´accoglimento delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado avrebbe avuto per conseguenza l´obbligo – per le amministrazioni scolastiche – di mettere a disposizione degli alunni di fede islamica (peraltro divisi al loro interno, come abbiamo visto, in sciiti, sunniti, alaviti, con riti, in alcuni casi, notevolmente diversi), appositi vani per le loro preghiere rituali. Già prima della decisione di secondo grado, in altre scuole superiori berlinesi, erano state avanzate richieste analoghe da altri alunni di religione islamica.

III Junus M., sentendosi leso nel suo diritto costituzionale di poter liberamente professare la sua fede religiosa (e secondo i dettami della stessa), proponeva istanza di revisione ed il giudice della revisione, ritenendo che la questione di diritto fosse “von grundsätzlicher Bedeutung”, ammetteva la revisione dinanzi al BVerwG = Bundesverwaltungsgericht di Leipzig, il quale ha confermato la sentenza dell´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg.

La libertà di religione (e di coscienza) è definita come diritto inviolabile dall´art. 4, 1°comma, GG = Grundgesetz (Costituzione federale). Parimente inviolabile è il diritto di manifestare il proprio credo religioso (che, indubbiamente, trova una delle sue espressioni più significative nelle preghiere o comunque in esternazioni di carattere cultuale); diritto che è sancito dal comma 2° dell´art. 4 del Grundgesetz. L´art. 4, 1°comma, GG, assicura sia il diritto di credere, sia quello di non credere (c.d. innere Freiheit), ma anche quello di manifestare i propri convincimenti religiosi (c.d. äußere Freiheit).

IV L´art. 33 della Costituzione federale del 1949 – relativo ai diritti ed agli obblighi dei cittadini – sancisce, nel comma 3°, il divieto di qualsiasi discriminazione basata sull´appartenenza o non appartenenza ad una religione. Questa disposizione normativa non è altro che una specificazione del principio contenuto nell´art. 3, 3° comma, del Grundgesetz (“Niemand darf wegen seines Glaubens benachteiligt oder bevorzugt werden”). Si parla in proposito di “weltanschauliche Neutralität des Staates” che è prescritta, naturalmente, anche nelle scuole pubbliche. Agli insegnanti di questi istituti scolastici è fatto divieto di influenzare gli alunni dal punto di vista religioso e/od ideologico. Secondo una decisione della Corte costituzionale federale (BVerfGE 93, 1/23), nelle scuole pubbliche non è ammessa l´esposizione della croce a meno che non vi sia il consenso di tutti gli alunni e dei loro genitori. Questo divieto non vale però per le “Bekenntnisschulen”. Non vi è divieto, per le alunne di fede musulmana che frequentono scuole pubbliche, di portare un foulard, a meno che il viso non sia, anche soltanto in parte, coperto. Agli insegnanti delle scuole pubbliche può essere fatto divieto di indossare indumenti tipici della loro religione di appartenenza.

V Tornando al caso di Junus M., i giudici amministrativi hanno anzitutto fatto notare che la preghiera vietata dalla direttrice era una preghiera islamica rituale (“ein rituelles islamisches Gebet”, cioè una preghiera che implica, oltre ad una recita non silenziosa, anche determinati movimenti del corpo e che deve essere effettuata entro una certa ora del giorno). Prendendo spunto dalla c.d. negativen Glaubensfreiheit, di cui si è parlato sopra, è stato ritenuto che preghiere rituali nel cortile della struttura scolastica, sia pure effettuate dopo il termine delle lezioni (e durante l´ intervallo di mezzogiorno), possano pregiudicare lo “Schulfrieden” principalmente per i seguenti motivi: 1) le pratiche religiose di Junus e degli altri alunni di religione musulmana (dello stesso orientamento dottrinale), sono potenzialmente lesive della libertà religiosa di altri alunni di fede differente o non credenti; 2) possono essere in contrasto con l´obbligo di neutralità in materia religioso-ideologica della scuola pubblica; 3) possono originare contrasti – non infrequenti già nel passato – in una scuola pubblica frequentata da alunni appartenenti a ca. 30 diverse confessioni od orientamenti confessionali (si parla in proposito di un´ accentuata “eterogeneità religiosa”).

Va notato che soltanto i musulmani che frequentano il Ginnasio Disterweg di Berlino si dichiarano sciiti, sunniti, alaviti. Vi sono stati, tra di essi, contrasti notevoli per quanto concerne la interpretazione del Corano in genere ed in particolare circa le modalità di esecuzione delle pratiche religiose (manifestando ciascuno degli appartenenti ai suddetti orientamenti confessionali la convinzione che le credenze e pratiche religiose da esso seguite sarebbero le uniche rispondenti ai dettami del Libro sacro (Corano); si era arrivati al punto che gli sciiti non consideravano veri musulmani i sunniti e viceversa. Oltre a cristiani (cattolici, evangelici, greco-ortodossi, aramei) e seguaci di Maometto, nel ginnasio berlinese frequentato da Junus, vi erano seguaci di tutte le altre “Weltreligionen”; ciò si spiega facilmente considerando che la struttura scolastica è sita in un quartiere, nel quale gli stranieri costituivano più di due terzi della popolazione residente.

VI Hanno ritenuto i giudici amministrativi che il diritto garantito dall´art. 4, commi 1° e 2° e dall´art. 33, 3° comma, della Costituzione federale del 1949, debba essere contemperato con l´ Erziehungsrecht dei genitori degli altri alunni, sancito dall´ art. 6, 2°comma, del Grundgesetz e con l´esigenza di garantire gli obiettivi educativi nonché il buon andamento dell´attività didattico-educativa e con l´esigenza di prevenire, per quanto possibile, contrasti tra gli alunni che possono essere originati da motivi confessionali od orientamenti confessionali. A sostegno del proprio diritto al “Mittagsgebet” nella struttura scolastica, Junus M. aveva addotto che secondo la sua religione una preghiera rituale, prescritta entro una determinata ora, non poteva essere posticipata se non in casi di assoluta necessità. I giudici, nella loro decisione, non hanno condiviso la tesi, prospettata dal difensore di Junis, secondo la quale la libertà religiosa sarebbe garantita dall´art. 4 del Grundgesetz “vorbehaltlos”, ma hanno rilevato che, pur trattandosi di un diritto inviolabile e costituzionalmente garantito, esso deve trovare contemperamento con altri diritti, anch´essi di rango costituzionale e di fondamentale importanza (Grundrechte), diritti ai quali sopra si è accennato. Ciò a maggior ragione in una società pluralista e multiculturale, qual´ è quella attuale della RFT in genere e quella berlinese in particolare. I giudici amministrativi, nella loro sentenza, hanno rilevato che si deve tenere conto altresi´ del principio della “Verhältnismäßigkeit” (previsto anche dall´art. 5 del Trattato di Lisbona) e dell´esigenza di procedere ad una ponderata “Güterabwägung” (bilanciamento dei beni giuridici), principi, che, entrambi costituiscono, anch´essi, criteri basilari ed (imprescindibili) in materia di interpretazione di norme costituzionali.

VII A seguito della sentenza di conferma della pronunzia dell´Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg da parte del BVerwG (Bundesverwaltungsgericht), a Junis non rimane altro che – eventualmente – adire il BVerGE (Bundesverfassungsgericht), cioè la Corte costituzionale federale. Il suo difensore ha però dichiarato che probabilmente desisterà dal “Gang zum Bundesverfassungsgericht”, stante l´orientamento dei giudici di Karlsruhe che, ripetutamente, si sono espressi nel senso che il diritto (positivo) alla libertà religiosa individuale può subire restrizioni non soltanto con riferimento alla “negativen Glaubensfreiheit”, ma anche, quando si tratta di persone non maggiorenni, con riferimento al disposto dell´art. 6, 2°comma, del Grundgesetz (nel quale è sancito il diritto-dovere dei genitori di educare i figli, ma è precisato altresì che a tale diritto-dovere sovrintende la comunità statale (“wacht die staatliche Gemeinschaft”). La Corte costituzionale federale, nella sua pronunzia 62, 323 (329), ha qualificato la norma di cui all´ art. 6 del Grundgesetz (il c.d. Elternrecht) come Grundrecht e come Institutionsgarantie (ritenendo, pertanto, dettata questa norma a tutela di un interesse non soltanto individuale ma anche pubblico).

VIII Infine qualche brevissima considerazione sulle norme dettate in materia di libertà di religione dalla Costituzione italiana entrata in vigore nel 1948 e da quella tedesca del 1949. Da una semplice comparazione dell´art. 19 Cost. italiana con l´ art. 4 del Grundgesetz, risulterebbe che le garanzie contenute nel predetto articolo 19 sono più specifiche e più esplicite in quanto questo ultimo assicura il diritto di professare la propria fede religiosa “in qualsiasi forma”, sia essa individuale o associata. L´art. 4, 2° comma, GG si limita a garantire la “ungestörte Religionsausübung”, senza specificare se individualmente o collettivamente, come invece precisa l´art. 19 Cost. ital., nel quale è pure previsto espressamente il diritto di fare propaganda per la propria fede religiosa e di esercitare il culto in privato o in pubblico, con l´unico limite del divieto di riti contrari al buon costume (vedremo in seguito il motivo, per il quale, nella prima parte del Grundgesetz del 1949, non sono state previste norme più specifiche in materia di libertà di religione).

L´art. 19 Cost. ital. è stato interpretato – per un certo periodo di tempo – come garanzia della sola libertà “positiva” di religione. Ma la Corte costituzionale, dalla fine degli anni `70, ha poi riconosciuto l´applicabilità dell´ art. 19 anche in favore dei non credenti. È stato ritenuto che la libertà di coscienza sia desumibile dagli artt. 2 e 21 Cost. del 1948 e, ora, anche da fonti internazionali pattizie (art. 9 CEDU e art. 10 Carta di Nizza). L´art. 4 del Grundgesetz non opera alcuna distinzione tra confessione cattolica e non cattolica, come la troviamo invece nell´ art. 8 Cost. del 1948.

Va poi rilevato che l´art. 4, 1°comma, GG (che costituisce una specificazione del diritto sancito dall´art. 2, 1° comma, GG (“Recht auf freie Entfaltung der Persönlichkeit”)), prevede, oltre alla c.d. Glaubensfreiheit - la quale costituisce “ eine Ausprägung der Menschenwürde” (BVerfGE 33, 23/28) - nella stessa disposizione normativa, la libertà di coscienza (“Gewissensfreiheit”) ed entrambe queste garanzie costituiscono, secondo il Bundesverfassungsgericht (83, 341/354), “ein einheitliches Grundrecht”, mentre l´ art. 19 Cost. ital. non menziona espressamente queste libertà. Il 1° comma dell´art. 4 della Cost. federale della RFT precisa che la “Bekenntnisfreiheit” comprende anche la “Weltanschauungsfreiheit”. Dalla “Glaubensfreiheit”, dal principio di uguaglianza (sancito dall´ art. 3 del Grundgesetz) e dal divieto di costituzione di una “Staatskirche” (come esiste invece in Inghilterra), discende la “religiös-weltanschauliche Neutralität des Staates”, cioè la neutralità ideologico-religiosa dello Stato (BVerGE 93, 1/16f).

IX A proposito della libertà di religione va notato che in base all´art. 140 della Costituzione del 1949 (intitolato : Übernahme von Glaubensbestimmungen der Weimarer Verfassung), sono stati recepiti gli articoli 136, 137, 138, 139 e 141 della Costituzione di Weimar (WRV) del 1919; questo è il motivo per il quale, nella prima parte del Grundgesetz, la normativa in materia di libertà di religione si limita ad enunciazioni di principio, di carattere programmatico. Gli articoli 136 e segg. costituiscono parte integrante del Grundgesetz, sono “vollgültiges Verfassungsrecht”, concernente non soltanto la libertà religiosa individuale, ma anche, e soprattutto, “die kollektive (korporative) Glaubensfreiheit” nonché i rapporti tra Stato e “Religions- und Weltanschauungsgemeinschaften”.

L´art. 136 della Costituzione di Weimar (d´ora in poi indicata con l´abbreviazione WRV), intitolato: “Individuelle Glaubensfreiheit und – gleichheit” prevede che diritti e doveri del cittadino non possono subire limitazioni per effetto dell´esercizio del diritto alla libertà religiosa e che nessuno può essere obbligato (si parla in proposito di “Freiheit von Offenbarungspflichten”) a rivelare i propri convincimenti in materia religiosa (c.d. negative Glaubensfreiheit, alla quale già si è accennato sopra). È però fatto salvo il diritto delle autorità statali di rilevare l´appartenenza - o meno – ad una comunità religiosa a fini statistici o se dall´appartenenza conseguono diritti o doveri. Nell´ultimo comma dell´art. 136 RV è sancito il divieto di costringere chiunque a partecipare ad una cerimonia religiosa o comunque ad una “kirchlichen Handlung”; parimenti chiunque ha il diritto di rifiutare la prestazione del giuramento con la “formula” religiosa (in proposito si rinvia all´articolo sul giuramento pubblicato da FILODIRITTO).

X Il successivo art. 137 WRV (intitolato: “Kollektive Glaubensfreiheit und öffentlich-rechtliche Organisation“) esclude l´esistenza (e la costituzione, in futuro), di una “Staatskirche“; ciò al fine di garantire la “weltanschaulich-religiöse Neutralität”, alla quale si è accennato sopra e che implica, il divieto, da parte di chi detiene una carica pubblica, di ricoprire cariche ecclesiastiche e viceversa. Inoltre sono vietate, in linea di principio, “gemeinsame Organisationen”, cioè organizzazioni facenti capo sia a comunità religiose che statali. Eccezioni a questo divieto devono comunque trovare il loro fondamento in norme di carattere costituzionale. Al disposto dell´art. 137, 1°comma, WRV non osta l´elargizione, da parte dello Stato, di contributi a comunità religiose, le quali sono equiparate, dal punto di vista costituzionale, alle “Weltanschauungsvereinigungen” (BVerGE 37, 344/362 f). Alle Religionsgemeinschaften (l´art. 137 WRV usa la dizione antiquata di Religionsgesellschaften) viene assicurata la piena autonomia per quanto riguarda le “ rein innerkirchlichen Angelegenheiten” (BVerfGE: 42,312/334), tra le quali rientra pure la disciplina del proprio ordinamento interno (il c.d. Organisationsrecht).

Le comunità religiose riconosciute non sono soggette al potere di vigilanza da parte dell´autorità statale ed il loro status giuridico è sui generis. Essi hanno la potestà di imporre tributi (“Besteuerungsrecht”), ivi compresa la potestà di disciplinare le modalità di riscossione se le stesse non sono regolate da un´apposita legge dello Stato federato nel quale hanno la loro sede. Anche in sede di riscossione della “Kirchensteuer”, deve però essere salvaguardata la “individuelle Glaubensfreiheit des Steuerpflichtigen”, cioè la libertà individuale religiosa del contribuente, il quale non deve essere stato soggetto ad alcuna costrizione nell´aderire alla comunità religiosa e che deve avere altresì, in ogni momento, la facoltà di revocare la propria adesione (alla quale consegue ogni obbligo contributivo).

XI Gli appartenenti ad una comunità religiosa riconosciuta hanno la facoltà di far valere i loro diritti, dinanzi all´autorità giudiziaria, anche nei confronti della comunità (“allgemeniner Justizgewährungsanspruch”), a meno che non si tratti di una “rein innerkirchliche Angelegenheit”(BVerfGE 18, 385/387); è giurisprudenza costante che la violazione di norme meramente interne alla comunità non possono essere fatte valere dinanzi all´A.G.

L´art. 138 WRV tutela il diritto di proprietà e gli altri diritti patrimoniali delle comunità religiose in quanto essi siano funzionali all´espletamento della loro attività di culto, educativa e caritativa. Questi diritti vengono garantiti “nach Maßgabe des einschlägigen zivilen und öffentlichen Rechts” (BVerfGE 99, 100/121), cioè secondo le apposite norme di diritto privato e pubblico.

A proposito dell´art. 139 WRV si è parlato di uno “Schutzauftrag” nel senso che tale norma garantisce il diritto individuale di poter rispettare i precetti religiosi relativamente alla domenica per i cristiani, al sabbath per gli ebrei nonché quello alle feste – anche non religiose – riconosciute per legge. Il BVerfGE ha ritenuto che l´art. 139 WRV contenga una “Institutionsgarantie” (BVerfGE 111, 10/50); ciò anche con riferimento a quanto previsto dall´art. 4 del Grundgesetz. Secondo la Corte costituzionale federale (79, 236/243), il disposto dell´art. 139 WRV può incidere su diritti fondamentali riconosciuti nelle prima parte del Grundgesetz.

L´art. 141 WRV dispone che l´art. 7, 3°comma, GG – che prevede che l´insegnamento della religione, nelle scuole pubbliche, costituisce materia di insegnamento – non trova applicazione nei Länder (Stati federati), nei quali, alla data del 1.1.1949, era in vigore una diversa “länderrechtliche Regelung” (come p. es. a Bremen e nei Länder venuti a far parte della BRD dopo la riunificazione).

Il recepimento, nella Costituzione del 1949, di norme già contenute nella Costituzione della Repubblica di Weimar, può apparire, a prima vista, cosa insolita, ma la spiegazione che generalmente viene data, è che il Costituente del 1949 è stato particolarmente prudente nello statuire in una materia molto delicata qual è la libertà di religione e non ha voluto minimamente mettere in discussione un equilibrio faticosamente raggiunto nel passato; ha preferito mettere in vigore nuovamente norme che già si sono dimostrate valide sia pure per poco più di un decennio quando anche in Germania, come già parecchio tempo prima in Italia, è stata instaurata una dittatura, contraria ad ogni effettiva libertà, in particolare individuale.