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L’integrale cumulabilità tra pensione di anzianità e reddito da lavoro

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 26 gennaio 2012, n. 1098

Con la sentenza n. 1098 del 26 Gennaio 2012, la sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’INPGI "Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Giovanni Amendola" già soccombente sia avanti il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano, stabilendo che gli iscritti all’INPGI hanno diritto allo stesso trattamento in materia di cumulo tra pensione dianzianità e retribuzione previsto per gli iscritti all’INPS.

Più precisamente, in nome del principio dell’integrale cumulabilità tra pensione di anzianità e reddito da lavoro (autonomo o subordinato) sancito dall’art. 19 della legge 133/2008, la Cassazione ha ritenuto illegittima la decurtazione dei ratei pensionistici disposta dall’INPGI a fronte dell’applicazione dell’art. 15 del proprio Regolamento.

Naturalmente, la decisione assunta dalla Suprema Corte interessa anzitutto il giornalista che ha iniziato la propria battaglia legale nei confronti della Cassa, vincendola, peraltro, pienamente.

Ciò nonostante, il respiro generale della motivazione - in alcun modo correlata a specificità della situazione concreta - consente di affermare una rilevanza che va ben oltre il caso singolo.

In altri termini, pur non vigendo in Italia il principio del precedente vincolante, la sentenza in discorso si presta - alla luce degli argomenti addotti - ad essere invocata da tutti i giornalisti che si trovano attualmente a percepire un reddito da lavoro unitamente ad una pensione di anzianità.

Due infatti sono gli ordini di conseguenze che possono derivare dalla riconosciuta necessità per l’INPGI di non discostarsi dal regime comune.

Per quanto riguarda il passato, si profila la possibilità per i giornalisti di richiedere, anche in via giudiziale, la restituzione delle trattenute subite.

Per quanto riguarda il futuro, si apre la possibilità di reagire di fronte all’eventuale pretesa dell’INPGI di continuare ad operare una decurtazione sul trattamento pensionistico.

Venendo all’esame della motivazione, si può subito notare come la Suprema Corte muova dall’ineccepibile considerazione che le cosiddette casse privatizzate, si suddividano in due distine categorie:

a) enti che gestiscono una assicurazione sostitutiva dell’assicurazione generale obbligatoria (AGO) e che devono uniformarsi ai principi dettati per quest’ultima;

b) enti a cui fanno capo coloro che all’AGO non avrebbero mai potuto essere iscritti, non essendo lavoratori subordinati, ed ai quali viene concesso un maggiore grado di autonomia a fronte della totale esclusione di ogni concorso finanziariod ello Stato relativamente alla propria gestione finanziaria.

Ciò posto, la Corte rileva che l’INPGI debba essere fatta rientrare nella prima categoria non essendo da un lato dotata di completa autonomia finanziaria (stante in alcuni casi il soccorso addirittura alla fiscalità generale), dall’altro essendo l’assimilabilità totale INPGI-AGO deducibile da norme specifiche relative proprio alla materia del cumulo, quali, in prosieguo di tempo, l’art. 72 della legge 388/2000, l’art. 44 della legge 289/2002 e da ultimo l’art. 19 della legge 133/2008.

Da qui l’ovvia conclusione che l’INPGI dovrà uniformarsi ai principi dettati in via generale con le conseguenze già evidenziate.

Con la sentenza n. 1098 del 26 Gennaio 2012, la sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’INPGI "Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Giovanni Amendola" già soccombente sia avanti il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano, stabilendo che gli iscritti all’INPGI hanno diritto allo stesso trattamento in materia di cumulo tra pensione dianzianità e retribuzione previsto per gli iscritti all’INPS.

Più precisamente, in nome del principio dell’integrale cumulabilità tra pensione di anzianità e reddito da lavoro (autonomo o subordinato) sancito dall’art. 19 della legge 133/2008, la Cassazione ha ritenuto illegittima la decurtazione dei ratei pensionistici disposta dall’INPGI a fronte dell’applicazione dell’art. 15 del proprio Regolamento.

Naturalmente, la decisione assunta dalla Suprema Corte interessa anzitutto il giornalista che ha iniziato la propria battaglia legale nei confronti della Cassa, vincendola, peraltro, pienamente.

Ciò nonostante, il respiro generale della motivazione - in alcun modo correlata a specificità della situazione concreta - consente di affermare una rilevanza che va ben oltre il caso singolo.

In altri termini, pur non vigendo in Italia il principio del precedente vincolante, la sentenza in discorso si presta - alla luce degli argomenti addotti - ad essere invocata da tutti i giornalisti che si trovano attualmente a percepire un reddito da lavoro unitamente ad una pensione di anzianità.

Due infatti sono gli ordini di conseguenze che possono derivare dalla riconosciuta necessità per l’INPGI di non discostarsi dal regime comune.

Per quanto riguarda il passato, si profila la possibilità per i giornalisti di richiedere, anche in via giudiziale, la restituzione delle trattenute subite.

Per quanto riguarda il futuro, si apre la possibilità di reagire di fronte all’eventuale pretesa dell’INPGI di continuare ad operare una decurtazione sul trattamento pensionistico.

Venendo all’esame della motivazione, si può subito notare come la Suprema Corte muova dall’ineccepibile considerazione che le cosiddette casse privatizzate, si suddividano in due distine categorie:

a) enti che gestiscono una assicurazione sostitutiva dell’assicurazione generale obbligatoria (AGO) e che devono uniformarsi ai principi dettati per quest’ultima;

b) enti a cui fanno capo coloro che all’AGO non avrebbero mai potuto essere iscritti, non essendo lavoratori subordinati, ed ai quali viene concesso un maggiore grado di autonomia a fronte della totale esclusione di ogni concorso finanziariod ello Stato relativamente alla propria gestione finanziaria.

Ciò posto, la Corte rileva che l’INPGI debba essere fatta rientrare nella prima categoria non essendo da un lato dotata di completa autonomia finanziaria (stante in alcuni casi il soccorso addirittura alla fiscalità generale), dall’altro essendo l’assimilabilità totale INPGI-AGO deducibile da norme specifiche relative proprio alla materia del cumulo, quali, in prosieguo di tempo, l’art. 72 della legge 388/2000, l’art. 44 della legge 289/2002 e da ultimo l’art. 19 della legge 133/2008.

Da qui l’ovvia conclusione che l’INPGI dovrà uniformarsi ai principi dettati in via generale con le conseguenze già evidenziate.