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Ristorazione: guida all';emissione dei documenti fiscali

[Estratto dal libro Ristorazione: guida alla fatturazione dei professionisti, Filodiritto Editore, Bologna 2012]

Nel settore della ristorazione l’operatività pone degli interrogativi agli operatori che, normalmente, vengono affrontati con il “buon senso”. Tuttavia, esso non sempre coincide con quanto prescritto dalla prassi ministeriale, con il conseguente rischio di censura fiscale in caso di verifica.

1. L’articolo 21 e l’articolo 22 del Dpr 633/72

I punti di riferimento per l’emissione delle fatture sono gli articoli 21 e 22 del Dpr 633/72.

Il primo detta la regola generale, come tale valevole per la generalità delle operazioni attive effettuate dai soggetti passivi Iva.

Volendo riassumerla, essa prevede che la fattura (il cui contenuto obbligatorio è stabilito dall’articolo 21, 2° comma, Dpr 633/72) sia emessa al momento di effettuazione dell’operazione, determinato ai sensi dell’articolo 6 del Dpr 633/72.

Il successivo articolo 22 si pone lo scopo di semplificare gli adempimenti contabili per coloro che operano nei settori del commercio al minuto ed attività assimilate.

In particolare, per quanto qui di interesse, è esclusa l’emissione della fattura per:

- prestazioni alberghiere;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante apparecchi di distribu¬zione automatica.

L’esclusione comporta che per le attività sopra elencate viene previsto che l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non a richiesta del cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

Tuttavia, per completezza di esposizione, è opportuno ricordare che l’ultimo comma dell’articolo 22 impone agli imprenditori di richiedere la fattura se acquistano beni oggetto dell’attività propria dell’impresa da commercianti al minuto ai quali ne è consentita l’emissione. Quello che, a prima vista, sembra un errore di compilazione è perfettamente plausibile: anche i professionisti, che sono soggetti passivi Iva, se acquistano un bene strumentale per l’attività professionale ed intendono esercitare il diritto alla detrazione, devono chiedere la fattura; peraltro, solo gli imprenditori possono acquistare beni oggetto dell’attività propria (ossia beni merce). Pertanto, il riferimento ai beni merce non poteva che indicare esclusivamente gli imprenditori, fermo restando l’obbligo per qualsiasi soggetto Iva di chiedere la fattura ai commercianti al minuto se intende esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta.

2. Ambito di applicazione

Nel settore della ristorazione si annoverano diverse tipologie:

- somministrazione di pasti;

- somministrazione di sole bevande;

- vendite per asporto;

- vendite mediante distributori automatici.

Le tipologie elencate, ad esclusione della n. 4), vengono documentate con scontrino o ricevuta fiscale.

Somministrazione di pasti.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 chiarisce che per “somministrazione di pasti” si deve intendere: «la somministrazione di alimenti, caldi o freddi, in uno o più piatti, che vengono consumati al banco o al tavolo con o senza bevande o forniti a domicilio».

La chiara lettera della circolare include tra le prestazioni di somministrazione di pasti anche quelle fornite a domicilio.

Piatti.

La successiva C.M. 9/380640 del 14 febbraio 1980 precisa che la dizione “piatto” va intesa nel senso di contenuto della somministrazione e, cioè, la pietanza fornita al clien¬te, con esclusione dei tramezzini, tartine, toast ecc.

3. Prestazioni escluse dall’obbligo di certificazione fiscale

Dpr 696/96.

Le prestazioni di servizi indicate nell’articolo 22 del Dpr 633/72 devono essere docu¬mentate da scontrino o ricevuta fiscale (art. 1 Dpr 696/96).

Peraltro, l’articolo 2 del Dpr 696/96 esclude anche da tale obbligo:

- le somministrazioni di alimenti e bevande rese in mense aziendali, interaziendali, scolastiche ed universitarie, nonché in mense popolari gestite da enti pubblici e da enti di assistenza e di beneficienza (lett. i);

- le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate in forma itinerante negli stadi, stazioni ferroviarie e simili, nei cinema, teatri e altri luoghi pubblici e in occasione di manifestazioni in genere (lett. cc);

- le somministrazioni di alimenti e bevande, accessorie al servizio di pernottamento nelle carrozze letto, rese dal personale addetto alle carrozze medesime.

DM 21 dicembre 1992.

Altre operazioni sono esonerate dal DM 21 dicembre 92:

- operazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta (art. 1, 1° comma, n. 1);

- quelle effettuate da parte di venditori ambulanti di gelati, dolciumi, caldarroste, olive, sementi simili e affini non muniti di attrezzature motorizzate e comunque soggetti che esercitano, senza attrezzature, il commercio di beni di modico valore, con esclusione di quelli operanti in mercati rionali (art. 1, 1° comma, n. 11).

Approfondimenti.

Mense aziendali.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 ha chiarito che sono tali quelle gestite da terzi o direttamente dagli imprenditori tenuti a fornire tale servizio sociale per contratto, regolamento aziendale ecc.

Inoltre, viene estesa l’esclusione dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi alle mense gestite direttamente da amministrazioni militari o da corpi di polizia, se riservate esclusivamente al personale dipendente, in quanto l’esercizio di tali attività si deve considerare escluso da Iva.

La successiva C.M.25/381077/80 del 13 giugno 1980 ha precisato che le mense aziendali devono essere gestite in forza di contratti di appalto, anche in locali situati all’esterno dell’azienda e di proprietà di terzi. Il documento puntualizza che non è sufficiente l’esistenza di un contratto di appalto per configurare una mensa aziendale, ma che è necessaria la sussistenza di un ulteriore elemento e, cioè, l’obbligo assunto dall’appaltatore di fornire le prestazioni esclusivamente a dipendenti del soggetto appaltante.

Casi particolari.

Può succedere, che per temporanea inagibilità della mensa aziendale o per altri motivi che impediscono l’utilizzo della mensa interna, l’imprenditore appaltante si rivolga ad un ristoratore della zona che possa sopperire alla temporanea mancanza della mensa aziendale.

Evidentemente per poter ricadere nella fattispecie dell’appalto per la gestione della mensa aziendale, il cui compenso è documentato dalla fattura emessa nei confronti dell’imprenditore e non dei singoli dipendenti avventori, è necessario ricorrere a degli stratagemmi pratici che assicurino la sussistenza della fornitura esclusiva delle prestazioni ai dipendenti.

Ad esempio, il ristoratore riserverà dei locali ad uso esclusivo dei dipendenti dell’impresa appaltante o delimiterà delle aree a cui solo essi possono accedere.

4. Come si effettua la certificazione dei corrispettivi?

L’articolo 1 del Dpr 696/96 stabilisce che: «I corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del Dpr 633/72, per i quali non è obbligatoria l’emissione della fattura se non a richiesta del cliente, ma sussiste l’obbligo di certificazione fiscale… (omissis) possono essere documentati, indipendentemente dall’esercizio di apposita opzione, mediante il rilascio della ricevuta fiscale, di cui alla legge 249/76 ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge 18/1983. Resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8 del decreto del Ministro delle Finanze 21 dicembre 1992 concernente il rilascio dello scontrino manuale o prestampato a tagli fissi, con le modalità previste dal decreto del Ministero delle Finanze 30.03.1992».

In base alla norma richiamata l’esercente attività di ristorazione, al di fuori delle esenzioni precedentemente ricordate, può decidere di documentare la prestazione o emettendo la ricevuta fiscale o emettendo lo scontrino.

Si sottolinea che, in base alla norma richiamata, sono soggetti all’obbligo di certificazione del corrispettivo anche le vendite per asporto (inizialmente escluse, in quanto previsto solo per le somministrazioni di pasti e bevande).

4.1. La ricevuta fiscale

Essa è stata introdotta dall’articolo 8 della legge 249 del 1976 che ha demandato a dei decreti ministeriali la disciplina attuativa.

La ricevuta fiscale può essere compilata manualmente, mediante apposito bollettino a ricalco “madre e figlia”, oppure in modo elettronico, utilizzando appositi apparecchi fiscali.

Quando si emette?

La ricevuta fiscale si emette all’atto del pagamento del corrispettivo, totale o parziale, antecedente o successivo al momento di ultimazione della prestazione e copia della stessa dev’essere consegnata contestualmente al cliente. In ogni caso, all’atto dell’ultimazione della prestazione, deve essere rilasciata ricevuta fiscale o fattura-ricevuta fiscale (art. 1, 2° comma, DM 30 marzo 1992).

Operativamente ciò significa che il pagamento può avvenire prima della consumazione del pasto o al termine della stessa (= ultimazione della prestazione). Se il corrispettivo non è pagato, in tutto o in parte, al termine del pasto, comunque in questo momento la ricevuta fiscale va emessa.

Corrispettivo pagato, in tutto o in parte, dopo l’ultimazione della prestazione.

L’articolo 2, commi 3° e 4° del DM 30 marzo 1992 prevedono che se al momento di ultimazione della prestazione il corrispettivo non venga pagato, in tutto o in parte, deve esserne fatta menzione sul documento stesso e la ricevuta fiscale o la “fattura/ricevuta fiscale” emessa all’atto del saldo deve contenere anche gli estremi di quella in precedenza rilasciata.

Operativamente:

- il ristoratore emette il documento con l’indicazione “corrispettivo non pagato”;

- quando il committente effettua il pagamento il ristoratore nella ricevuta o nella “fattura/ricevuta fiscale” che emette indicherà “Ricevuta fiscale n….”.

Prestazione unica e plurima.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 precisa che si considera prestazione unica quella fornita a due o più persone, purché sia richiesto un conto unico.

Ciò ha delle implicazioni pratiche molto importanti.

Frequentemente accade che un gruppo di persone si rechi al ristorante per consumare un pasto.

In questi casi normalmente viene emesso un conto unico, poi suddiviso tra i vari partecipanti. Secondo le indicazioni contenute nella C.M. citata il ristoratore è tenuto ad emettere un’unica ricevuta fiscale per il totale; se uno degli avventori esce dal locale prima degli altri, nei suoi confronti non dovrà essere emessa alcuna ricevuta fiscale.

Se, invece, ognuno degli avventori chiede un conto separato, si considerano effettuate tante prestazioni quanti sono gli avventori e, per ognuna di esse, dovrà essere emessa la ricevuta fiscale.

[Estratto dal libro Ristorazione: guida alla fatturazione dei professionisti, Filodiritto Editore, Bologna 2012]

Nel settore della ristorazione l’operatività pone degli interrogativi agli operatori che, normalmente, vengono affrontati con il “buon senso”. Tuttavia, esso non sempre coincide con quanto prescritto dalla prassi ministeriale, con il conseguente rischio di censura fiscale in caso di verifica.

1. L’articolo 21 e l’articolo 22 del Dpr 633/72

I punti di riferimento per l’emissione delle fatture sono gli articoli 21 e 22 del Dpr 633/72.

Il primo detta la regola generale, come tale valevole per la generalità delle operazioni attive effettuate dai soggetti passivi Iva.

Volendo riassumerla, essa prevede che la fattura (il cui contenuto obbligatorio è stabilito dall’articolo 21, 2° comma, Dpr 633/72) sia emessa al momento di effettuazione dell’operazione, determinato ai sensi dell’articolo 6 del Dpr 633/72.

Il successivo articolo 22 si pone lo scopo di semplificare gli adempimenti contabili per coloro che operano nei settori del commercio al minuto ed attività assimilate.

In particolare, per quanto qui di interesse, è esclusa l’emissione della fattura per:

- prestazioni alberghiere;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali;

- somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante apparecchi di distribu¬zione automatica.

L’esclusione comporta che per le attività sopra elencate viene previsto che l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non a richiesta del cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

Tuttavia, per completezza di esposizione, è opportuno ricordare che l’ultimo comma dell’articolo 22 impone agli imprenditori di richiedere la fattura se acquistano beni oggetto dell’attività propria dell’impresa da commercianti al minuto ai quali ne è consentita l’emissione. Quello che, a prima vista, sembra un errore di compilazione è perfettamente plausibile: anche i professionisti, che sono soggetti passivi Iva, se acquistano un bene strumentale per l’attività professionale ed intendono esercitare il diritto alla detrazione, devono chiedere la fattura; peraltro, solo gli imprenditori possono acquistare beni oggetto dell’attività propria (ossia beni merce). Pertanto, il riferimento ai beni merce non poteva che indicare esclusivamente gli imprenditori, fermo restando l’obbligo per qualsiasi soggetto Iva di chiedere la fattura ai commercianti al minuto se intende esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta.

2. Ambito di applicazione

Nel settore della ristorazione si annoverano diverse tipologie:

- somministrazione di pasti;

- somministrazione di sole bevande;

- vendite per asporto;

- vendite mediante distributori automatici.

Le tipologie elencate, ad esclusione della n. 4), vengono documentate con scontrino o ricevuta fiscale.

Somministrazione di pasti.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 chiarisce che per “somministrazione di pasti” si deve intendere: «la somministrazione di alimenti, caldi o freddi, in uno o più piatti, che vengono consumati al banco o al tavolo con o senza bevande o forniti a domicilio».

La chiara lettera della circolare include tra le prestazioni di somministrazione di pasti anche quelle fornite a domicilio.

Piatti.

La successiva C.M. 9/380640 del 14 febbraio 1980 precisa che la dizione “piatto” va intesa nel senso di contenuto della somministrazione e, cioè, la pietanza fornita al clien¬te, con esclusione dei tramezzini, tartine, toast ecc.

3. Prestazioni escluse dall’obbligo di certificazione fiscale

Dpr 696/96.

Le prestazioni di servizi indicate nell’articolo 22 del Dpr 633/72 devono essere docu¬mentate da scontrino o ricevuta fiscale (art. 1 Dpr 696/96).

Peraltro, l’articolo 2 del Dpr 696/96 esclude anche da tale obbligo:

- le somministrazioni di alimenti e bevande rese in mense aziendali, interaziendali, scolastiche ed universitarie, nonché in mense popolari gestite da enti pubblici e da enti di assistenza e di beneficienza (lett. i);

- le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate in forma itinerante negli stadi, stazioni ferroviarie e simili, nei cinema, teatri e altri luoghi pubblici e in occasione di manifestazioni in genere (lett. cc);

- le somministrazioni di alimenti e bevande, accessorie al servizio di pernottamento nelle carrozze letto, rese dal personale addetto alle carrozze medesime.

DM 21 dicembre 1992.

Altre operazioni sono esonerate dal DM 21 dicembre 92:

- operazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta (art. 1, 1° comma, n. 1);

- quelle effettuate da parte di venditori ambulanti di gelati, dolciumi, caldarroste, olive, sementi simili e affini non muniti di attrezzature motorizzate e comunque soggetti che esercitano, senza attrezzature, il commercio di beni di modico valore, con esclusione di quelli operanti in mercati rionali (art. 1, 1° comma, n. 11).

Approfondimenti.

Mense aziendali.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 ha chiarito che sono tali quelle gestite da terzi o direttamente dagli imprenditori tenuti a fornire tale servizio sociale per contratto, regolamento aziendale ecc.

Inoltre, viene estesa l’esclusione dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi alle mense gestite direttamente da amministrazioni militari o da corpi di polizia, se riservate esclusivamente al personale dipendente, in quanto l’esercizio di tali attività si deve considerare escluso da Iva.

La successiva C.M.25/381077/80 del 13 giugno 1980 ha precisato che le mense aziendali devono essere gestite in forza di contratti di appalto, anche in locali situati all’esterno dell’azienda e di proprietà di terzi. Il documento puntualizza che non è sufficiente l’esistenza di un contratto di appalto per configurare una mensa aziendale, ma che è necessaria la sussistenza di un ulteriore elemento e, cioè, l’obbligo assunto dall’appaltatore di fornire le prestazioni esclusivamente a dipendenti del soggetto appaltante.

Casi particolari.

Può succedere, che per temporanea inagibilità della mensa aziendale o per altri motivi che impediscono l’utilizzo della mensa interna, l’imprenditore appaltante si rivolga ad un ristoratore della zona che possa sopperire alla temporanea mancanza della mensa aziendale.

Evidentemente per poter ricadere nella fattispecie dell’appalto per la gestione della mensa aziendale, il cui compenso è documentato dalla fattura emessa nei confronti dell’imprenditore e non dei singoli dipendenti avventori, è necessario ricorrere a degli stratagemmi pratici che assicurino la sussistenza della fornitura esclusiva delle prestazioni ai dipendenti.

Ad esempio, il ristoratore riserverà dei locali ad uso esclusivo dei dipendenti dell’impresa appaltante o delimiterà delle aree a cui solo essi possono accedere.

4. Come si effettua la certificazione dei corrispettivi?

L’articolo 1 del Dpr 696/96 stabilisce che: «I corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del Dpr 633/72, per i quali non è obbligatoria l’emissione della fattura se non a richiesta del cliente, ma sussiste l’obbligo di certificazione fiscale… (omissis) possono essere documentati, indipendentemente dall’esercizio di apposita opzione, mediante il rilascio della ricevuta fiscale, di cui alla legge 249/76 ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge 18/1983. Resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8 del decreto del Ministro delle Finanze 21 dicembre 1992 concernente il rilascio dello scontrino manuale o prestampato a tagli fissi, con le modalità previste dal decreto del Ministero delle Finanze 30.03.1992».

In base alla norma richiamata l’esercente attività di ristorazione, al di fuori delle esenzioni precedentemente ricordate, può decidere di documentare la prestazione o emettendo la ricevuta fiscale o emettendo lo scontrino.

Si sottolinea che, in base alla norma richiamata, sono soggetti all’obbligo di certificazione del corrispettivo anche le vendite per asporto (inizialmente escluse, in quanto previsto solo per le somministrazioni di pasti e bevande).

4.1. La ricevuta fiscale

Essa è stata introdotta dall’articolo 8 della legge 249 del 1976 che ha demandato a dei decreti ministeriali la disciplina attuativa.

La ricevuta fiscale può essere compilata manualmente, mediante apposito bollettino a ricalco “madre e figlia”, oppure in modo elettronico, utilizzando appositi apparecchi fiscali.

Quando si emette?

La ricevuta fiscale si emette all’atto del pagamento del corrispettivo, totale o parziale, antecedente o successivo al momento di ultimazione della prestazione e copia della stessa dev’essere consegnata contestualmente al cliente. In ogni caso, all’atto dell’ultimazione della prestazione, deve essere rilasciata ricevuta fiscale o fattura-ricevuta fiscale (art. 1, 2° comma, DM 30 marzo 1992).

Operativamente ciò significa che il pagamento può avvenire prima della consumazione del pasto o al termine della stessa (= ultimazione della prestazione). Se il corrispettivo non è pagato, in tutto o in parte, al termine del pasto, comunque in questo momento la ricevuta fiscale va emessa.

Corrispettivo pagato, in tutto o in parte, dopo l’ultimazione della prestazione.

L’articolo 2, commi 3° e 4° del DM 30 marzo 1992 prevedono che se al momento di ultimazione della prestazione il corrispettivo non venga pagato, in tutto o in parte, deve esserne fatta menzione sul documento stesso e la ricevuta fiscale o la “fattura/ricevuta fiscale” emessa all’atto del saldo deve contenere anche gli estremi di quella in precedenza rilasciata.

Operativamente:

- il ristoratore emette il documento con l’indicazione “corrispettivo non pagato”;

- quando il committente effettua il pagamento il ristoratore nella ricevuta o nella “fattura/ricevuta fiscale” che emette indicherà “Ricevuta fiscale n….”.

Prestazione unica e plurima.

La C.M. 3/380101/80 del 19 gennaio 1980 precisa che si considera prestazione unica quella fornita a due o più persone, purché sia richiesto un conto unico.

Ciò ha delle implicazioni pratiche molto importanti.

Frequentemente accade che un gruppo di persone si rechi al ristorante per consumare un pasto.

In questi casi normalmente viene emesso un conto unico, poi suddiviso tra i vari partecipanti. Secondo le indicazioni contenute nella C.M. citata il ristoratore è tenuto ad emettere un’unica ricevuta fiscale per il totale; se uno degli avventori esce dal locale prima degli altri, nei suoi confronti non dovrà essere emessa alcuna ricevuta fiscale.

Se, invece, ognuno degli avventori chiede un conto separato, si considerano effettuate tante prestazioni quanti sono gli avventori e, per ognuna di esse, dovrà essere emessa la ricevuta fiscale.