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Responsabilità del gestore dell’impianto di risalita in ipotesi di caduta dello sciatore in fase di discesa

Nota a Tribunale di Sulmona, Sentenza 8 giugno 2011, n. 230

In tema si segnala una recente sentenza del Tribunale di Sulmona -AQ- (n. 230 del 08/06/2011) pronunciata all’esito di un’azione giudiziale promossa da uno sciatore che, con atto di citazione ritualmente notificato, a seguito dei danni subiti a causa di una caduta occorsa in fase di discesa lungo una pista dell’Appenino abruzzese, conveniva in giudizio il gestore dell’impianto.

Parte attrice esponeva che mentre sciava, urtava un sasso presente lungo la pista, non visibile ad occhio nudo, di talché perdeva l’equilibrio e, cadendo al suolo, riportava la distorsione e la completa lacerazione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, tanto da rendersi necessario l’intervento chirurgico.

Il gestore dell’impianto si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, chiamando in causa la propria compagnia di assicurazione, la quale, a sua volta costituitasi in giudizio, invocava preliminarmente la prescrizione dell’azione e, nel merito, il rigetto della domanda, al pari del convenuto in via principale.

Il Tribunale di Sulmona (AQ), in sede decisoria, evidenziava immediatamente e in via preliminare, come, secondo i più recenti orientamenti di dottrina e giurisprudenza, la responsabilità del gestore dell’impianto sciistico dovesse essere ricondotta alla disciplina di cui all’articolo 2051 Codice Civile.

Peraltro, il giudicante perveniva a tale conclusione valorizzando, per così dire, la portata degli articoli 3 e 7 della Legge n. 363/2003, da cui si può ragionevolmente desumere la qualifica di custode in capo al gestore, il quale, munito dei poteri idonei a evitare il verificarsi di fatti dannosi, per ciò stesso, in caso di riscontrato pericolo, ha l’obbligo e anche il potere di procedere alla chiusura dell’impianto.

Il medesimo giudicante, tuttavia, non ometteva di precisare come secondo altro indirizzo, più incline a valorizzare gli articoli 2 e 3 del richiamato provvedimento legislativo, la responsabilità del gestore dovesse essere individuata quale responsabilità di natura contrattuale, affermandosi l’esistenza di un contratto unitario (atipico o appalto di servizi) avente ad oggetto non solo il trasporto in risalita, ma anche la fruizione delle piste da parte dello sciatore, con conseguente obbligo di preservarle in assoluta sicurezza.

Invero, operata tale premessa, il Tribunale di Sulmona (AQ) non ravvisava in capo al gestore alcun profilo di responsabilità in relazione al pregiudizio subito dallo sportivo infortunatosi; e ciò, qualunque fosse la tesi (delle due preliminarmente enucleate) cui si intendesse accedere.

Infatti, secondo il Tribunale ovidiano, con riferimento alla tesi contrattuale, il danneggiato avrebbe dovuto allegare il comportamento inadempiente tenuto dal gestore, nonché offrire adeguato riscontro probatorio in ordine al contratto, al danno e al rapporto di causalità tra il danno medesimo e l’evento (Cassazione Civile - Sezioni Unite, Sentenza n. 13533/2011); invece, dagli atti del procedimento era emerso il pacifico riconoscimento di parte attrice circa il mantenimento della pista in condizioni di sicurezza da parte del gestore, per cui non sussistendo alcun inadempimento non avrebbe potuto essere riconosciuto alcun danno conseguente allo stesso.

Ad identica conclusione, sempre secondo il giudice adito, si giungerebbe anche a voler optare per la tesi alternativa; infatti, in detta ipotesi, l’attore avrebbe dovuto parimenti provare, ex articolo 2051 Codice Civile, il fatto, il danno e il rapporto di causalità tra il danno medesimo e l’evento, essendo il danneggiato esonerato esclusivamente dalla prova della colpevolezza.

In relazione al caso di specie, dunque, avrebbero dovuto essere provati sia la circostanza relativa alla presenza del sasso sulla pista sia il predetto nesso di causalità sotto un duplice profilo, ovvero in relazione al fatto che la caduta fosse stata occasionata dalla presenza della pietra e al fatto che i danni di cui era stato chiesto il ristoro si fossero verificati per effetto della caduta.

Invero, non essendo emerso dagli atti del procedimento, né, peraltro, dalle prove testimoniali addotte da parte attrice, nulla che facesse ritenere una stretta correlazione causale tra la caduta e la presenza di un sasso sulla pista, il Tribunale di Sulmona (AQ) ha integralmente rigettato la domanda attrice.

La sentenza del Tribunale di Sulmona -AQ- (n. 230 del 08/06/2011) si segnala in quanto, in maniera chiara e sintetica, richiama tutti i profili relativi alla responsabilità del gestore della pista da sci, in ordine ai quali dottrina e giurisprudenza, nel tempo, hanno già avuto frequenti occasioni di intervenire.

Nello specifico, la pronuncia in esame tende a far emergere, da un lato, la possibilità di configurare il rapporto tra il gestore e lo sciatore come contrattuale, tipico o atipico, dall’altro, per la verità in via preferenziale, l’eventualità di ricondurre la fattispecie alla responsabilità da cose in custodia, ex articolo 2051 Codice Civile, qualificando custode il soggetto che gestisce l’impianto.

In tema si segnala una recente sentenza del Tribunale di Sulmona -AQ- (n. 230 del 08/06/2011) pronunciata all’esito di un’azione giudiziale promossa da uno sciatore che, con atto di citazione ritualmente notificato, a seguito dei danni subiti a causa di una caduta occorsa in fase di discesa lungo una pista dell’Appenino abruzzese, conveniva in giudizio il gestore dell’impianto.

Parte attrice esponeva che mentre sciava, urtava un sasso presente lungo la pista, non visibile ad occhio nudo, di talché perdeva l’equilibrio e, cadendo al suolo, riportava la distorsione e la completa lacerazione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, tanto da rendersi necessario l’intervento chirurgico.

Il gestore dell’impianto si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, chiamando in causa la propria compagnia di assicurazione, la quale, a sua volta costituitasi in giudizio, invocava preliminarmente la prescrizione dell’azione e, nel merito, il rigetto della domanda, al pari del convenuto in via principale.

Il Tribunale di Sulmona (AQ), in sede decisoria, evidenziava immediatamente e in via preliminare, come, secondo i più recenti orientamenti di dottrina e giurisprudenza, la responsabilità del gestore dell’impianto sciistico dovesse essere ricondotta alla disciplina di cui all’articolo 2051 Codice Civile.

Peraltro, il giudicante perveniva a tale conclusione valorizzando, per così dire, la portata degli articoli 3 e 7 della Legge n. 363/2003, da cui si può ragionevolmente desumere la qualifica di custode in capo al gestore, il quale, munito dei poteri idonei a evitare il verificarsi di fatti dannosi, per ciò stesso, in caso di riscontrato pericolo, ha l’obbligo e anche il potere di procedere alla chiusura dell’impianto.

Il medesimo giudicante, tuttavia, non ometteva di precisare come secondo altro indirizzo, più incline a valorizzare gli articoli 2 e 3 del richiamato provvedimento legislativo, la responsabilità del gestore dovesse essere individuata quale responsabilità di natura contrattuale, affermandosi l’esistenza di un contratto unitario (atipico o appalto di servizi) avente ad oggetto non solo il trasporto in risalita, ma anche la fruizione delle piste da parte dello sciatore, con conseguente obbligo di preservarle in assoluta sicurezza.

Invero, operata tale premessa, il Tribunale di Sulmona (AQ) non ravvisava in capo al gestore alcun profilo di responsabilità in relazione al pregiudizio subito dallo sportivo infortunatosi; e ciò, qualunque fosse la tesi (delle due preliminarmente enucleate) cui si intendesse accedere.

Infatti, secondo il Tribunale ovidiano, con riferimento alla tesi contrattuale, il danneggiato avrebbe dovuto allegare il comportamento inadempiente tenuto dal gestore, nonché offrire adeguato riscontro probatorio in ordine al contratto, al danno e al rapporto di causalità tra il danno medesimo e l’evento (Cassazione Civile - Sezioni Unite, Sentenza n. 13533/2011); invece, dagli atti del procedimento era emerso il pacifico riconoscimento di parte attrice circa il mantenimento della pista in condizioni di sicurezza da parte del gestore, per cui non sussistendo alcun inadempimento non avrebbe potuto essere riconosciuto alcun danno conseguente allo stesso.

Ad identica conclusione, sempre secondo il giudice adito, si giungerebbe anche a voler optare per la tesi alternativa; infatti, in detta ipotesi, l’attore avrebbe dovuto parimenti provare, ex articolo 2051 Codice Civile, il fatto, il danno e il rapporto di causalità tra il danno medesimo e l’evento, essendo il danneggiato esonerato esclusivamente dalla prova della colpevolezza.

In relazione al caso di specie, dunque, avrebbero dovuto essere provati sia la circostanza relativa alla presenza del sasso sulla pista sia il predetto nesso di causalità sotto un duplice profilo, ovvero in relazione al fatto che la caduta fosse stata occasionata dalla presenza della pietra e al fatto che i danni di cui era stato chiesto il ristoro si fossero verificati per effetto della caduta.

Invero, non essendo emerso dagli atti del procedimento, né, peraltro, dalle prove testimoniali addotte da parte attrice, nulla che facesse ritenere una stretta correlazione causale tra la caduta e la presenza di un sasso sulla pista, il Tribunale di Sulmona (AQ) ha integralmente rigettato la domanda attrice.

La sentenza del Tribunale di Sulmona -AQ- (n. 230 del 08/06/2011) si segnala in quanto, in maniera chiara e sintetica, richiama tutti i profili relativi alla responsabilità del gestore della pista da sci, in ordine ai quali dottrina e giurisprudenza, nel tempo, hanno già avuto frequenti occasioni di intervenire.

Nello specifico, la pronuncia in esame tende a far emergere, da un lato, la possibilità di configurare il rapporto tra il gestore e lo sciatore come contrattuale, tipico o atipico, dall’altro, per la verità in via preferenziale, l’eventualità di ricondurre la fattispecie alla responsabilità da cose in custodia, ex articolo 2051 Codice Civile, qualificando custode il soggetto che gestisce l’impianto.