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Natura giuridica dell'adempimento, effetti dell'adempimento del terzo e regime applicabile all'azione revocatoria.

Al fine di affrontare le problematiche relative agli effetti dell’adempimento del terzo ed al regime applicabile all’azione revocatoria di tale adempimento, giova anteporre l’analisi della questione della natura giuridica dell’adempimento.

La disciplina dell’adempimento è contenuta nel capo II, del libro IV, del codice civile, agli articoli 1176 cod. civ. e seguenti.

L’istituto in analisi identifica uno dei modi di estinzione delle obbligazioni, di tipo fisiologico, poiché l’obbligazione, che ha ad oggetto una prestazione, nasce al fine di soddisfare l’interesse dl creditore attraverso l’adempimento.

L’adempimento consta di due profili, oggettivo e soggettivo.

Sotto il primo profilo, l’adempimento deve corrispondere qualitativamente e quantitativamente alla prestazione dovuta, pena l’inesattezza. L’inesatta prestazione non sortisce l’effetto estintivo dell’obbligazione.

Sotto il profilo oggettivo la disciplina del codice civile richiede talune caratteristiche, quali la diligenza nell’adempimento, commisurata in virtù dei principi di buona fede e correttezza, alla natura della prestazione oggetto dell’obbligazione e detta talune regole con riferimento al tempo ed al luogo dell’adempimento.

Quanto al profilo soggettivo, essendo il diritto di credito che sorge nell’ambito del rapporto obbligatorio un diritto relativo, l’obbligazione deve essere adempiuta dal debitore; il legislatore tuttavia, disciplina l’ipotesi che sia un terzo estraneo al rapporto obbligatorio ad adempiere.

La natura giuridica dell’adempimento in generale risulta piuttosto controversa in dottrina ed in giurisprudenza.

Secondo una prima impostazione, la quale trae spunto dalla disciplina contenuta nel codice civile del 1865, l’adempimento ha natura negoziale e, dunque presuppone la specifica volontà di estinguere l’obbligazione.

Nell’ambito della tesi secondo cui l’adempimento ha natura negoziale si distingue l’impostazione che ravvisa nell’istituto in questione la natura contrattuale, da quella che ravvisa nell’adempimento la natura di negozio giuridico unilaterale.

In base alla prima tesi, della natura contrattuale, occorre da una parte, che il debitore, solvens, manifesti l’animus solvendi, e cioè la propria volontà di liberarsi dal vincolo obbligatorio, adempiendo la prestazione e, dall’altra, che il creditore, accipiens, accetti la prestazione.

Da ciò deriva che la realizzazione della prestazione oggetto dell’obbligazione non costituisce esatto adempimento e, dunque, non sortisce effetto solutorio, se non vi è il consenso da parte dell’accipiens.

Aderendo all’impostazione della natura di negozio giuridico unilaterale invece, ai fini dell’estinzione dell’obbligazione occorre solo che il solvens ponga in essere la sua prestazione.

Secondo un diverso orientamento invece, per vero minoritario, l’adempimento rappresenta un fatto giuridico in senso stretto.

Sicché, stando a tale orientamento, l’obbligazione si estingue con il compimento della prestazione dovuta, indipendentemente dal fatto che tale prestazione sia sorretta dalla volontà di estinguere l’obbligazione.

Una terza impostazione, prevalente, ravvisa nell’adempimento in generale la natura di un atto giuridico in senso stretto.

La tesi riferita invero, presuppone ai fini dell’estinzione dell’obbligazione la volontà dell’atto adempitivo e non anche dell’effetto; sicché, da una parte l’adempimento inteso come atto giuridico in senso stretto presuppone, al pari del negozio giuridico, il sostrato volontaristico per l’atto posto in essere, dall’altro tuttavia, non presuppone la volontà degli effetti, che caratterizza invece il negozio giuridico.

L’effetto estintivo costituisce invece una conseguenza che discende ex lege dal volontario compimento dell’atto.

Esaminata brevemente la questione della natura giuridica dell’adempimento in generale, è consentito passare in rassegna le problematiche degli effetti dell’adempimento del terzo e del regime dell’azione revocatoria applicabile al medesimo adempimento.

Al fine di esaminare gli effetti dell’adempimento del terzo, assume rilievo principale la questione della natura giuridica di tale istituto.

In via preliminare tuttavia, occorre analizzarne la disciplina, contenuta nell’art. 1180 cod. civ., che sancisce che l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore estingua personalmente la prestazione.

Il codice sancisce che il creditore tuttavia, può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.

Dalle disposizioni dettate dal codice si evince in linea generale che l’adempimento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio è ammesso e produce effetti estintivi dell’obbligazione, pur contro la volontà del creditore, a talune condizioni.

La disciplina contenuta nell’art. 1180 cod. civ. mostra l’adesione in tale ambito al principio del favor creditoris, poiché viene favorita la posizione del creditore ed è quindi, privilegiato il suo interesse al soddisfacimento attraverso l’adempimento, pur da parte di un soggetto estraneo al rapporto giuridico dal quale è scaturita l’obbligazione.

L’adempimento del terzo, come anticipato, è ammesso tuttavia, a talune condizioni, di carattere oggettivo e soggettivo.

In primo luogo invero, l’efficacia solutoria dell’adempimento del terzo si verifica allorché l’attività posta in essere da questi risulti corrispondente qualitativamente e quantitativamente a quella al quale il debitore è obbligato.

In secondo luogo, l’intervento del terzo deve essere autonomo, dovendo il terzo agire di propria iniziativa o su accordo con il debitore; ai fini dell’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 1180 cod. civ. il terzo non deve essere vincolato in alcun modo al creditore.

In terzo luogo, occorre inoltre che l’adempimento del terzo sia sorretto dalla consapevolezza di adempiere l’obbligo assunto da un altro soggetto.

Al contrario, occorre escludere l’efficacia solutoria dell’obbligazione prestata dal terzo nell’ambito delle obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni infungibili; in esse, per vero, l’intuitus personae, e cioè la qualità personale rivestita dal soggetto obbligato è determinante ai fini della nascita dell’obbligazione e rileva conseguentemente ai fini dell’estinzione fisiologica, attraverso l’adempimento.

Tali obbligazioni nascono al fine di soddisfare l’interesse del creditore ad ottenere la prestazione solo e soltanto dal soggetto obbligato, in virtù della sua qualità.

Sicché nelle obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni di facere infungibili la qualità personale del soggetto obbligato rileva ai fini dell’adempimento della prestazione, la quale può essere realizzata solamente dal soggetto obbligato; ne consegue che il compimento della prestazione da parte del terzo non ha efficacia estintiva.

L’adempimento del terzo è ammesso purché il debitore, avendo interesse ad adempiere personalmente l’obbligazione, non ne faccia espressa richiesta al creditore e non si opponga all’adempimento del terzo estraneo.

In tal caso il creditore, a seguito dell’opposizione formulata dal debitore, può rifiutare l’adempimento del terzo, ai sensi del secondo comma, dell’art. 1180 cod. civ. .

L’effetto estintivo dell’adempimento del terzo, ammesso alle condizioni enunciate, discende dalla natura giuridica ad esso assegnata.

Sul punto invero, sono state prospettate diverse tesi; la tesi prevalente assegna all’adempimento del terzo, diversamente dall’adempimento del debitore, natura negoziale.

L’impostazione riferita valorizza il requisito dell’autonomia dell’adempimento del terzo, il quale si fonda sulla volontà del terzo estraneo di estinguere l’obbligazione.

Nell’ambito di tale impostazione, a fronte dell’opinione di chi sostiene la natura contrattuale, l’opinione preferibile attribuisce all’adempimento del terzo la natura di negozio giuridico unilaterale, sulla base dell’assunto secondo cui il compimento della prestazione da parte del terzo ha efficacia estintiva, pur contro la volontà del creditore, purché ne sussistano le condizioni.

Secondo un’altra opinione, l’adempimento del terzo assume la stessa natura giuridica, e cioè di atto giuridico in senso stretto, dell’adempimento del debitore.

Tra le impostazioni riferite deve essere accordata preferenza alla tesi che ravvisa nell’adempimento di cui all’art. 1180 cod. civ. ha natura negoziale, ed in specie, di negozio giuridico unilaterale, poiché l’effetto estintivo attribuito dal codice civile all’adempimento del terzo deriva dalla volontà che sorregge l’adempimento dell’extraneus.

Esaurita la trattazione della questione relativa agli effetti dell’adempimento del terzo, occorre occuparsi della disciplina applicabile all’azione revocatoria di tale adempimento.

Anche con riguardo a tale tematica la ricostruzione della natura giuridica dell’adempimento del terzo come atto negoziale riverbera i suoi effetti.

L’adempimento del terzo infatti, inteso quale negozio giuridico, è suscettibile di essere revocato, in quanto atto dispositivo del patrimonio.

Al fine di indagare sulla disciplina applicabile all’azione revocatoria dell’adempimento del terzo, è opportuno premettere la disamina della revocatoria.

Essa costituisce un mezzo a tutela della garanzia patrimoniale del debitore contro gli atti di disposizione del patrimonio.

Tale azione rende inefficaci relativamente, e cioè nei confronti del creditore, gli atti di disposizione del patrimonio.

Nell’ambito dell’azione revocatoria si distinguono la revocatoria ordinaria, di cui agli artt. 2901 e seguenti, del cod. civ., dall’azione revocatoria fallimentare, di cui agli artt. 64 e 67 della legge fallimentare (R.D. 267/1942).

Tra le due azioni il discrimine è rappresentato dal fallimento del debitore; sicché, se questi sia stato dichiarato fallito si applica la disciplina di cui alla legge fallimentare, mentre nel caso in cui tale dichiarazione di fallimento non vi sia, si applica la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria.

Nel caso in cui il terzo adempia un’obbligazione contratta dal debitore, al fine di determinare la disciplina applicabile alla revocatoria di tale adempimento, occorre considerare il complessivo rapporto che si instaura tra il debitore ed il terzo.

I presupposti per l’instaurazione dell’azione revocatoria, sia ordinaria, sia fallimentare cambiano infatti, a seconda che si tratti di atti a titolo gratuito o oneroso.

Mentre per gli atti a titolo gratuito è richiesto l’eventus damni, e cioè il verificarsi del pregiudizio nei confronti del creditore e il consilium fraudis, e cioè, la consapevolezza da parte del debitore di arrecare un pregiudizio, per gli atti a titolo oneroso, ai fini dell’esperibilità della revocatoria è richiesta anche la mala fede dell’acquirente.

Ne deriva che la disciplina applicabile all’azione revocatoria dell’adempimento del terzo cambia a seconda che tale adempimento, costituente un atto di disposizione del patrimonio a detrimento dei creditori del terzo, abbia natura onerosa o gratuita.

Nel primo caso infatti, sarebbe sufficiente ai fini dell’inefficacia dell’adempimento del terzo dell’obbligazione del debitore la sussistenza dei due requisiti enunciati, dell’eventus damni e del consilium fraudis; nel secondo caso, invece, occorrerebbe al fine di dichiarare inefficace l’adempimento anche la dimostrazione della mala fede dell’acquirente.

Sul punto di recente è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (6538/2010), stabilendo che l’adempimento del terzo, stante la sua natura giuridica di negozio unilaterale, si presume a titolo gratuito, considerata la natura autonoma e volontaristica che sorregge tale adempimento.

Al contrario, l’onerosità deve essere apprezzata avendo riguardo all’intera operazione negoziale; sicché, pur partendo dal presupposto della natura di negozio giuridico unilaterale a titolo gratuito, il pagamento del terzo può assumere la natura di negozio giuridico unilaterale a titolo oneroso sulla base della causa concreta che sorregge il complessivo rapporto giuridico in questione.

Ne deriva che, allorché si dimostri che, alla luce del complessivo rapporto tra i soggetti in questione la volontà di adempiere del terzo sia a titolo oneroso, si applica la disciplina prevista per la revocatoria, ordinaria o fallimentare, degli atti a titolo oneroso, con la conseguenza di dover dimostrare la mala fede dell’acquirente.

In conclusione, la natura giuridica negoziale dell’adempimento del terzo determina da un lato, l’effetto estintivo dell’obbligazione del debitore, ove non sussistano le ragioni per escludere tale efficacia solutoria e determina l’esperibilità dell’azione revocatoria, costituendo tale adempimento un atto negoziale, di tipo dispositivo, del quale deve essere valutata la gratuità o l’onerosità ai fini della disciplina applicabile, avendo riguardo al complessivo rapporto tra il debitore, il terzo ed il creditore.

Al fine di affrontare le problematiche relative agli effetti dell’adempimento del terzo ed al regime applicabile all’azione revocatoria di tale adempimento, giova anteporre l’analisi della questione della natura giuridica dell’adempimento.

La disciplina dell’adempimento è contenuta nel capo II, del libro IV, del codice civile, agli articoli 1176 cod. civ. e seguenti.

L’istituto in analisi identifica uno dei modi di estinzione delle obbligazioni, di tipo fisiologico, poiché l’obbligazione, che ha ad oggetto una prestazione, nasce al fine di soddisfare l’interesse dl creditore attraverso l’adempimento.

L’adempimento consta di due profili, oggettivo e soggettivo.

Sotto il primo profilo, l’adempimento deve corrispondere qualitativamente e quantitativamente alla prestazione dovuta, pena l’inesattezza. L’inesatta prestazione non sortisce l’effetto estintivo dell’obbligazione.

Sotto il profilo oggettivo la disciplina del codice civile richiede talune caratteristiche, quali la diligenza nell’adempimento, commisurata in virtù dei principi di buona fede e correttezza, alla natura della prestazione oggetto dell’obbligazione e detta talune regole con riferimento al tempo ed al luogo dell’adempimento.

Quanto al profilo soggettivo, essendo il diritto di credito che sorge nell’ambito del rapporto obbligatorio un diritto relativo, l’obbligazione deve essere adempiuta dal debitore; il legislatore tuttavia, disciplina l’ipotesi che sia un terzo estraneo al rapporto obbligatorio ad adempiere.

La natura giuridica dell’adempimento in generale risulta piuttosto controversa in dottrina ed in giurisprudenza.

Secondo una prima impostazione, la quale trae spunto dalla disciplina contenuta nel codice civile del 1865, l’adempimento ha natura negoziale e, dunque presuppone la specifica volontà di estinguere l’obbligazione.

Nell’ambito della tesi secondo cui l’adempimento ha natura negoziale si distingue l’impostazione che ravvisa nell’istituto in questione la natura contrattuale, da quella che ravvisa nell’adempimento la natura di negozio giuridico unilaterale.

In base alla prima tesi, della natura contrattuale, occorre da una parte, che il debitore, solvens, manifesti l’animus solvendi, e cioè la propria volontà di liberarsi dal vincolo obbligatorio, adempiendo la prestazione e, dall’altra, che il creditore, accipiens, accetti la prestazione.

Da ciò deriva che la realizzazione della prestazione oggetto dell’obbligazione non costituisce esatto adempimento e, dunque, non sortisce effetto solutorio, se non vi è il consenso da parte dell’accipiens.

Aderendo all’impostazione della natura di negozio giuridico unilaterale invece, ai fini dell’estinzione dell’obbligazione occorre solo che il solvens ponga in essere la sua prestazione.

Secondo un diverso orientamento invece, per vero minoritario, l’adempimento rappresenta un fatto giuridico in senso stretto.

Sicché, stando a tale orientamento, l’obbligazione si estingue con il compimento della prestazione dovuta, indipendentemente dal fatto che tale prestazione sia sorretta dalla volontà di estinguere l’obbligazione.

Una terza impostazione, prevalente, ravvisa nell’adempimento in generale la natura di un atto giuridico in senso stretto.

La tesi riferita invero, presuppone ai fini dell’estinzione dell’obbligazione la volontà dell’atto adempitivo e non anche dell’effetto; sicché, da una parte l’adempimento inteso come atto giuridico in senso stretto presuppone, al pari del negozio giuridico, il sostrato volontaristico per l’atto posto in essere, dall’altro tuttavia, non presuppone la volontà degli effetti, che caratterizza invece il negozio giuridico.

L’effetto estintivo costituisce invece una conseguenza che discende ex lege dal volontario compimento dell’atto.

Esaminata brevemente la questione della natura giuridica dell’adempimento in generale, è consentito passare in rassegna le problematiche degli effetti dell’adempimento del terzo e del regime dell’azione revocatoria applicabile al medesimo adempimento.

Al fine di esaminare gli effetti dell’adempimento del terzo, assume rilievo principale la questione della natura giuridica di tale istituto.

In via preliminare tuttavia, occorre analizzarne la disciplina, contenuta nell’art. 1180 cod. civ., che sancisce che l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore estingua personalmente la prestazione.

Il codice sancisce che il creditore tuttavia, può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.

Dalle disposizioni dettate dal codice si evince in linea generale che l’adempimento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio è ammesso e produce effetti estintivi dell’obbligazione, pur contro la volontà del creditore, a talune condizioni.

La disciplina contenuta nell’art. 1180 cod. civ. mostra l’adesione in tale ambito al principio del favor creditoris, poiché viene favorita la posizione del creditore ed è quindi, privilegiato il suo interesse al soddisfacimento attraverso l’adempimento, pur da parte di un soggetto estraneo al rapporto giuridico dal quale è scaturita l’obbligazione.

L’adempimento del terzo, come anticipato, è ammesso tuttavia, a talune condizioni, di carattere oggettivo e soggettivo.

In primo luogo invero, l’efficacia solutoria dell’adempimento del terzo si verifica allorché l’attività posta in essere da questi risulti corrispondente qualitativamente e quantitativamente a quella al quale il debitore è obbligato.

In secondo luogo, l’intervento del terzo deve essere autonomo, dovendo il terzo agire di propria iniziativa o su accordo con il debitore; ai fini dell’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 1180 cod. civ. il terzo non deve essere vincolato in alcun modo al creditore.

In terzo luogo, occorre inoltre che l’adempimento del terzo sia sorretto dalla consapevolezza di adempiere l’obbligo assunto da un altro soggetto.

Al contrario, occorre escludere l’efficacia solutoria dell’obbligazione prestata dal terzo nell’ambito delle obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni infungibili; in esse, per vero, l’intuitus personae, e cioè la qualità personale rivestita dal soggetto obbligato è determinante ai fini della nascita dell’obbligazione e rileva conseguentemente ai fini dell’estinzione fisiologica, attraverso l’adempimento.

Tali obbligazioni nascono al fine di soddisfare l’interesse del creditore ad ottenere la prestazione solo e soltanto dal soggetto obbligato, in virtù della sua qualità.

Sicché nelle obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni di facere infungibili la qualità personale del soggetto obbligato rileva ai fini dell’adempimento della prestazione, la quale può essere realizzata solamente dal soggetto obbligato; ne consegue che il compimento della prestazione da parte del terzo non ha efficacia estintiva.

L’adempimento del terzo è ammesso purché il debitore, avendo interesse ad adempiere personalmente l’obbligazione, non ne faccia espressa richiesta al creditore e non si opponga all’adempimento del terzo estraneo.

In tal caso il creditore, a seguito dell’opposizione formulata dal debitore, può rifiutare l’adempimento del terzo, ai sensi del secondo comma, dell’art. 1180 cod. civ. .

L’effetto estintivo dell’adempimento del terzo, ammesso alle condizioni enunciate, discende dalla natura giuridica ad esso assegnata.

Sul punto invero, sono state prospettate diverse tesi; la tesi prevalente assegna all’adempimento del terzo, diversamente dall’adempimento del debitore, natura negoziale.

L’impostazione riferita valorizza il requisito dell’autonomia dell’adempimento del terzo, il quale si fonda sulla volontà del terzo estraneo di estinguere l’obbligazione.

Nell’ambito di tale impostazione, a fronte dell’opinione di chi sostiene la natura contrattuale, l’opinione preferibile attribuisce all’adempimento del terzo la natura di negozio giuridico unilaterale, sulla base dell’assunto secondo cui il compimento della prestazione da parte del terzo ha efficacia estintiva, pur contro la volontà del creditore, purché ne sussistano le condizioni.

Secondo un’altra opinione, l’adempimento del terzo assume la stessa natura giuridica, e cioè di atto giuridico in senso stretto, dell’adempimento del debitore.

Tra le impostazioni riferite deve essere accordata preferenza alla tesi che ravvisa nell’adempimento di cui all’art. 1180 cod. civ. ha natura negoziale, ed in specie, di negozio giuridico unilaterale, poiché l’effetto estintivo attribuito dal codice civile all’adempimento del terzo deriva dalla volontà che sorregge l’adempimento dell’extraneus.

Esaurita la trattazione della questione relativa agli effetti dell’adempimento del terzo, occorre occuparsi della disciplina applicabile all’azione revocatoria di tale adempimento.

Anche con riguardo a tale tematica la ricostruzione della natura giuridica dell’adempimento del terzo come atto negoziale riverbera i suoi effetti.

L’adempimento del terzo infatti, inteso quale negozio giuridico, è suscettibile di essere revocato, in quanto atto dispositivo del patrimonio.

Al fine di indagare sulla disciplina applicabile all’azione revocatoria dell’adempimento del terzo, è opportuno premettere la disamina della revocatoria.

Essa costituisce un mezzo a tutela della garanzia patrimoniale del debitore contro gli atti di disposizione del patrimonio.

Tale azione rende inefficaci relativamente, e cioè nei confronti del creditore, gli atti di disposizione del patrimonio.

Nell’ambito dell’azione revocatoria si distinguono la revocatoria ordinaria, di cui agli artt. 2901 e seguenti, del cod. civ., dall’azione revocatoria fallimentare, di cui agli artt. 64 e 67 della legge fallimentare (R.D. 267/1942).

Tra le due azioni il discrimine è rappresentato dal fallimento del debitore; sicché, se questi sia stato dichiarato fallito si applica la disciplina di cui alla legge fallimentare, mentre nel caso in cui tale dichiarazione di fallimento non vi sia, si applica la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria.

Nel caso in cui il terzo adempia un’obbligazione contratta dal debitore, al fine di determinare la disciplina applicabile alla revocatoria di tale adempimento, occorre considerare il complessivo rapporto che si instaura tra il debitore ed il terzo.

I presupposti per l’instaurazione dell’azione revocatoria, sia ordinaria, sia fallimentare cambiano infatti, a seconda che si tratti di atti a titolo gratuito o oneroso.

Mentre per gli atti a titolo gratuito è richiesto l’eventus damni, e cioè il verificarsi del pregiudizio nei confronti del creditore e il consilium fraudis, e cioè, la consapevolezza da parte del debitore di arrecare un pregiudizio, per gli atti a titolo oneroso, ai fini dell’esperibilità della revocatoria è richiesta anche la mala fede dell’acquirente.

Ne deriva che la disciplina applicabile all’azione revocatoria dell’adempimento del terzo cambia a seconda che tale adempimento, costituente un atto di disposizione del patrimonio a detrimento dei creditori del terzo, abbia natura onerosa o gratuita.

Nel primo caso infatti, sarebbe sufficiente ai fini dell’inefficacia dell’adempimento del terzo dell’obbligazione del debitore la sussistenza dei due requisiti enunciati, dell’eventus damni e del consilium fraudis; nel secondo caso, invece, occorrerebbe al fine di dichiarare inefficace l’adempimento anche la dimostrazione della mala fede dell’acquirente.

Sul punto di recente è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (6538/2010), stabilendo che l’adempimento del terzo, stante la sua natura giuridica di negozio unilaterale, si presume a titolo gratuito, considerata la natura autonoma e volontaristica che sorregge tale adempimento.

Al contrario, l’onerosità deve essere apprezzata avendo riguardo all’intera operazione negoziale; sicché, pur partendo dal presupposto della natura di negozio giuridico unilaterale a titolo gratuito, il pagamento del terzo può assumere la natura di negozio giuridico unilaterale a titolo oneroso sulla base della causa concreta che sorregge il complessivo rapporto giuridico in questione.

Ne deriva che, allorché si dimostri che, alla luce del complessivo rapporto tra i soggetti in questione la volontà di adempiere del terzo sia a titolo oneroso, si applica la disciplina prevista per la revocatoria, ordinaria o fallimentare, degli atti a titolo oneroso, con la conseguenza di dover dimostrare la mala fede dell’acquirente.

In conclusione, la natura giuridica negoziale dell’adempimento del terzo determina da un lato, l’effetto estintivo dell’obbligazione del debitore, ove non sussistano le ragioni per escludere tale efficacia solutoria e determina l’esperibilità dell’azione revocatoria, costituendo tale adempimento un atto negoziale, di tipo dispositivo, del quale deve essere valutata la gratuità o l’onerosità ai fini della disciplina applicabile, avendo riguardo al complessivo rapporto tra il debitore, il terzo ed il creditore.