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Commissioni di concorso e valutazione delle prove scritte

E’ da ritenere legittima la composizione della commissione di un concorso per esami e titoli indetto per il reclutamento di Dirigenti scolastici ove di essa faccia parte un docente universitario di diritto costituzionale, atteso che chi si occupa a livello accademico di una materia che comprende la disciplina organizzativa delle più complesse organizzazioni pubbliche presenti nella nostra organizzazione statale non può non ritenersi esperto di organizzazioni pubbliche; infatti l’art. 10 d.p.r. 10 luglio 2008, n. 140  non va interpretato nel senso di richiedere necessariamente una concreta esperienza in tale ambito, ma unicamente una approfondita conoscenza delle metodiche di funzionamento di tali organizzazioni.

E’ da ritenere legittima, in un concorso pubblico, la valutazione degli elaborati dei candidati mediante voti numerici ove dai giudizi che li hanno accompagnati, siccome evidenziati nei verbali della commissione, risulti di immediata percezione quali aspetti non positivi delle prove scritte siano stati di ostacolo alla ammissione alle prove orali, aspetti riconducibili o alla povertà del contenuto o alla povertà di linguaggio o alla povertà di entrambi.

Nel caso di ricorso avverso la valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico, la contestazione nel merito della valutazione di un elaborato concorsuale non può ( salvo che la commissione non abbia in alcun modo motivato i propri giudizi o abbia palesemente errato nell’applicazione dei criteri che essa stessa si è data) ridursi alla semplice censura della insufficienza dei criteri di valutazione. E’ invece onere del ricorrente esporre nel dettaglio le ragioni per le quali il proprio elaborato merita più del punteggio assegnato dalla commissione, e ciò tanto più quando la commissione ha comunque motivato il punteggio.

Nei concorsi pubblici, nessuna norma impone alla commissione giudicatrice di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati dato che la commissione stessa non svolge un’attività scolastica di correzione degli elaborati scritti dei candidati, che non rientra tra i suoi compiti, e neppure ha il dovere di evidenziare con segni grafici i punti dai quali, più degli altri, risulti l’insufficienza o l’erroneità dell’elaborato ovvero la non rispondenza alla traccia; sicchè, l’apposizione di annotazioni sugli elaborati, di chiarimenti ovvero di segni grafici o specificanti eventuali errori, costituisce una mera facoltà di cui la commissione può avvalersi nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, mentre l’inidoneità della prova risulta dalla stessa attribuzione del voto numerico in base ai criteri fissati dalla Commissione sia per la correzione che in sede di giudizio.

Nei ricorsi proposti avverso gli esiti delle procedure concorsuali, è inammissibile la censura volta a denunciare i tempi medi impiegati dalla competente commissione per l’esame degli elaborati scritti, atteso che non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione, visto che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo.

In definitiva in tema di scelta dei commissari che devono esaminare i candidati in pubblici concorsi non esiste norma o principio che imponga di motivare la scelta del singolo commissario, così come non esiste alcuna norma che imponga un analogo onere motivazionale nel caso in cui i commissari possono essere scelti fra soggetti appartenenti a categorie professionali diverse

E’ da ritenere legittima la composizione della commissione di un concorso per esami e titoli indetto per il reclutamento di Dirigenti scolastici ove di essa faccia parte un docente universitario di diritto costituzionale, atteso che chi si occupa a livello accademico di una materia che comprende la disciplina organizzativa delle più complesse organizzazioni pubbliche presenti nella nostra organizzazione statale non può non ritenersi esperto di organizzazioni pubbliche; infatti l’art. 10 d.p.r. 10 luglio 2008, n. 140  non va interpretato nel senso di richiedere necessariamente una concreta esperienza in tale ambito, ma unicamente una approfondita conoscenza delle metodiche di funzionamento di tali organizzazioni.

E’ da ritenere legittima, in un concorso pubblico, la valutazione degli elaborati dei candidati mediante voti numerici ove dai giudizi che li hanno accompagnati, siccome evidenziati nei verbali della commissione, risulti di immediata percezione quali aspetti non positivi delle prove scritte siano stati di ostacolo alla ammissione alle prove orali, aspetti riconducibili o alla povertà del contenuto o alla povertà di linguaggio o alla povertà di entrambi.

Nel caso di ricorso avverso la valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico, la contestazione nel merito della valutazione di un elaborato concorsuale non può ( salvo che la commissione non abbia in alcun modo motivato i propri giudizi o abbia palesemente errato nell’applicazione dei criteri che essa stessa si è data) ridursi alla semplice censura della insufficienza dei criteri di valutazione. E’ invece onere del ricorrente esporre nel dettaglio le ragioni per le quali il proprio elaborato merita più del punteggio assegnato dalla commissione, e ciò tanto più quando la commissione ha comunque motivato il punteggio.

Nei concorsi pubblici, nessuna norma impone alla commissione giudicatrice di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati dato che la commissione stessa non svolge un’attività scolastica di correzione degli elaborati scritti dei candidati, che non rientra tra i suoi compiti, e neppure ha il dovere di evidenziare con segni grafici i punti dai quali, più degli altri, risulti l’insufficienza o l’erroneità dell’elaborato ovvero la non rispondenza alla traccia; sicchè, l’apposizione di annotazioni sugli elaborati, di chiarimenti ovvero di segni grafici o specificanti eventuali errori, costituisce una mera facoltà di cui la commissione può avvalersi nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, mentre l’inidoneità della prova risulta dalla stessa attribuzione del voto numerico in base ai criteri fissati dalla Commissione sia per la correzione che in sede di giudizio.

Nei ricorsi proposti avverso gli esiti delle procedure concorsuali, è inammissibile la censura volta a denunciare i tempi medi impiegati dalla competente commissione per l’esame degli elaborati scritti, atteso che non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione, visto che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo.

In definitiva in tema di scelta dei commissari che devono esaminare i candidati in pubblici concorsi non esiste norma o principio che imponga di motivare la scelta del singolo commissario, così come non esiste alcuna norma che imponga un analogo onere motivazionale nel caso in cui i commissari possono essere scelti fra soggetti appartenenti a categorie professionali diverse