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I dieci saggi nominati dal Presidente Napolitano

1. La nomina dei dieci saggi da parte del Presidente della Repubblica rappresenta evidentemente una extrema ratio resasi necessaria al fine di arginare talune criticità scaturite dell’esito delle recenti consultazioni elettorali.

Tuttavia accade con particolare frequenza che ragionando su vicende di interesse generale, come quella in esame, sono molti a credersi depositari di soluzioni inconfutabili ritenendo di proporre analisi sempre argute e pertinenti.

Trattare ed affrontare con  categorie giuridiche problemi che coinvolgono la politica comporta una certa resistenza specie perché «gli organi politici stessi tengono a dare soluzioni di tipo politico» (così F. DIMORA, Alla ricerca della responsabilità del Capo dello Stato, Milano, Giuffrè, 1991, p. 246.)

Non sarà il caso dell’articolo in lettura che, lungi dal proporre soluzioni indiscutibili, si prefigge molto più limitatamente di tentare una disamina il più possibile rispettosa di quella materia che una volta veniva ritenuta importante nei curricula universitari delle facoltà di giurisprudenza, ovverossia il diritto costituzionale.

Invero, senza scivolare in rissose o faziose interpretazioni, il tema in analisi non può che essere riportato sul piano che gli è proprio, vale a dire la Costituzione. Non si può pensare di condurre un ragionamento sui fondamenti democratici dell’Italia senza attenersi a quanto prevede la carta fondamentale.

Tale stravolgimento, ad onor del vero perpetrato da taluni soggetti dediti allo studio di discipline solo in parte affini al diritto, è forse indotto dal fatto che la nomina dei dieci saggi rappresenta un precedente storico nella vita costituzionale repubblicana dell’Italia e ciò spinge a ragionare immaginando soluzioni nuove e procedure innovative anche se non propriamente configurabili alla lettera della Costituzione.

Tant’è vero che la Corte Costituzionale nella nota sentenza sul conflitto di attribuzioni tra la procura di Palermo e il Presidente della Repubblica ha sostenuto che «non è sufficiente una mera esegesi testuale di disposizioni normative, costituzionali od ordinarie, ma è necessario far riferimento all’insieme dei principi costituzionali, da cui emergono la figura ed il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano».(v. Corte cost., sent. n. 1, 15.01.2013)

Finanche la figura del Presidente della Repubblica quindi non può che piegarsi a qual conclamato e fondamentale complesso di principi che dalla Costituzione si desumono.

Non sembrerà aberrante allora paventare che proprio la lettura di alcuni connotati presenti nel sistema dei principi costituzionali sembra condurre all’ovvia contestazione che le regole costituzionali stridono con l’alternativa congeniata dal Capo dello Stato.

2. Stando a quanto asserito dal Presidente Napolitano, la scelta di nominare due gruppi di saggi è stata pensata al fine proprio di concorrere a creare «le condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare una situazione politica irrigidita tra posizioni inconciliabili»  giungendo a nominare «due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze di formulare – su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo – precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche». ( cfr. comunicato del Quirinale, 30 marzo 2013).

La lettura dei trascritti passaggi palesa l’intenzione, in più circostanze sostenuta dal Presidente Napolitano, di creare le condizioni necessarie per risolvere l’impellente problematica della governabilità del Paese.

Pur ritenendo la governabilità un interesse primario, occorre però capire se la Costituzione contempla effettivamente gli strumenti normativi che giustificano tale scelta perseguita dal Capo dello Stato e realizzatasi nella scelta dei saggi.

Le perplessità in merito sono evidenti.

Infatti l’iniziativa di Napolitano di costituire due speciali commissioni incaricate di studiare i problemi e di proporre soluzioni ed, in ultima analisi, propiziare un’uscita dallo stallo istituzionale si pone al limite di ogni possibile interpretazione costituzionale, rappresentando un circostanza che di fatto concretizza uno sconvolgimento, o se non altro una forzatura, delle regole del testo costituzionale.

Contrariamente a quanto appena detto è stato affermato che la decisione del Capo dello Sato «non ha nulla di arbitrario poiché massimizza quelle che sono tutte le sue prerogative interpretando al meglio il ruolo di mediazione e di garanzia del Capo dello Stato in una democrazia frastagliata e complessa». (P. Costanzo, “Dissesto” istituzionale, “tenuta” istituzionale, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi,2.04.2013, p. 2).

L’autorevole affermazione che precede però potrebbe essere accolta solo ove si decida di presuppone, dando con ciò per scontato qualcosa che attualmente non è prevista, l’esistenza di ampi poteri e nuove prerogative spettanti al Capo dello Stato.

Sebbene il ruolo e i poteri dell’istituzione Presidenziale sono ancora oggi oggetto di approfondimento e discussione dai costituzionalisti, il ruolo di rappresentante dell’unità nazionale previsto dalla Costituzione è stato ricordato dalla Corte Costituzionale che, nella già citata sentenza, ha specificato come tale ruolo «impone al Capo dello Stato di agire sia per salvaguardare l’unità territoriale dello Stato sia per promuovere la coesione e l’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, che compongono l’assetto costituzionale della Repubblica» (v. ancora Corte cost., sent. n. 1, 15.01.2013, punto n.8. 2 in dir.).

Altre analisi hanno ricostruito la vicenda relativa alla nomina dei saggi dubitando sul fatto che «il Presidente abbia esercitato i propri poteri di impulso nei confronti di un Parlamento incapace, allo stato, di dare vita ad un nuovo governo, senza sostituirsi alle stesse Assemblee legislative» (in tal senso si veda il A. Morelli, Tutti gli uomini del Presidente. Notazioni minime sull’istituzione dei due gruppi di esperti chiamati a formulare “proposte programmatiche” in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 2.04.2013, p.2).

Ed è proprio questo l’argomento su cui riflettere e studiare poiché, come si può facilmente intuire, la vicenda in parola potrebbe assumere contorni ben più complessi in ragione delle risposte immaginate.

In realtà una soluzione immediata e risolutrice non è ipotizzabile anche perché è necessario preliminarmente capire per quanto tempo, come e con quali poteri i saggi saranno chiamati a ricoprite tale posizione.

Questa circostanza palesa nuovamente la novità (e per certi versi l’originalità) di tale nomina stante l’assenza di qualsivoglia norma costituzionale che possa indicarsi come giustificazione e alla base dell’iniziativa presidenziale.

Com’è stato opportunamente e molto più precisamente osservato, si sarebbe potuto concedere un nuova mandato esplorativo ad uno dei presidenti di Camera e Senato invece che «preferire il mantenimento in carica di un Governo legittimato dalla fiducia delle vecchie Camere e non bocciato dalle nuove rispetto a quello di un Governo al quale queste ultime avrebbero potuto dichiararsi avverse» (così A. Ruggeri, La singolare trovata del Presidente Napolitano per uscire dalla crisi di governo (a proposito della istituzione di due gruppi di esperti col compito di formulare proposte programmatiche, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 1.04.2013, p. 3 e ss.).

Tuttavia a voler credere che la scelta dei saggi rappresenti, in modo del tutto limpido, il conferimento di un «mandato esplorativo collegiale» (cfr. A. Saitta, Dieci saggi esploratori, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 4.04.2013, p. 2) si scontra, non con la ritrosia dei giuristi ad accettare le novità imposte dal decorso del tempo, bensì con la fosca scelta delle funzioni (o dei poteri?) affidate agli stessi, non riuscendo a comprendere se gli stessi si limiteranno ad una funzione (meramente programmatica ?) correndo quindi il rischi di influenzare le scelte e l’indirizzo politico del governo che sarà.

3. Come in altri precedenti scritti si è già avuto modo di rappresentare, lo stato di perdurante emergenza spinge le istituzioni preposte a costruire e ragionare su soluzioni di carattere straordinario.

Infatti, nel contesto di una delle più gravi crisi istituzionali che la Repubblica abbia mai conosciuto finanche il Presidente della Repubblica è incorso nella “creazione” di una soluzione fuori dal comune, e comunque al limite della lineare conformità con la Costituzione.

Quanto accaduto però è il risultato di una lunga serie di circostanze nelle quali la Costituzione italiana è stata retoricamente difesa in superficie per poi essere delegittimata nella sostanza sicché tutte le varie “emergenze all’italiana” hanno prodotto piccole e grandi opzioni palesemente al di fuori della legalità costituzionale, giustificate quindi solo perché necessarie.

A prescindere da quelli che saranno gli esiti dell’iniziativa, la soluzione scelta da Napolitano costituisce un precedente importante non fosse altro perché si riscontra un evidente ampliamento dei poteri propri del Presidente della Repubblica ipotizzando la partenza, in modo più incisivo, di un processo di trasformazione in senso presidenzialista o semi-presidenzialista dell’attuale forma di governo (cfr. l’intervento di M. Olivetti, Parlamentarismo sempre più in crisi. Nuovo passo verso il presidenzialismo, in «Avvenire», 1.04.2013 ).

Ancora una volta quindi il rischio è quello di far percepire alla stragrande maggioranza degli italiani che la Costituzione è nella disponibilità degli attori che si susseguono nella vita politica-istituzionale del paese. In estrema sintesi si rischia di far passare il messaggio di cambiamenti alla Costituzione senza che questa sia stata sottoposta al giusto (e dalla stessa contemplato all’art. 138 Cost.) procedimento di revisione.

La mancanza di una revisione formale e il più possibile condivisa dalla politica ben congeniata anche in ragione delle ipotizzata e poi fallite riforme non può che destare perplessità, insicurezza ed instabilità. L’urgenza e lo stato di necessità se non affrontati con il rigoroso rispetto della legge possono condurre ad altrettanti e nuovi problemi sul modo di intendere le regole. Altro che stabilità!

In conclusione, non si può non evidenziare che la scelta di nominare due gruppi di esperti denota una certa evoluzione dovuta a particolari e contingenti problematiche.

Concludendo, avendo avuto modo di manifestare una certa perplessità sulla scelta dei saggi, l’imminente futuro richiede un ritorno ai principi costituzionali specie di quelli previsti per descrivere la forma governo e di Stato.

E’ incontestabile che ogni trasformazione dovuta a stati di necessità politico-istituzionali finisce col provocare danni irreversibili, lasciando lo scettro alla confusione, integerrima nemica dei giuristi e da questi sempre avversata.

1. La nomina dei dieci saggi da parte del Presidente della Repubblica rappresenta evidentemente una extrema ratio resasi necessaria al fine di arginare talune criticità scaturite dell’esito delle recenti consultazioni elettorali.

Tuttavia accade con particolare frequenza che ragionando su vicende di interesse generale, come quella in esame, sono molti a credersi depositari di soluzioni inconfutabili ritenendo di proporre analisi sempre argute e pertinenti.

Trattare ed affrontare con  categorie giuridiche problemi che coinvolgono la politica comporta una certa resistenza specie perché «gli organi politici stessi tengono a dare soluzioni di tipo politico» (così F. DIMORA, Alla ricerca della responsabilità del Capo dello Stato, Milano, Giuffrè, 1991, p. 246.)

Non sarà il caso dell’articolo in lettura che, lungi dal proporre soluzioni indiscutibili, si prefigge molto più limitatamente di tentare una disamina il più possibile rispettosa di quella materia che una volta veniva ritenuta importante nei curricula universitari delle facoltà di giurisprudenza, ovverossia il diritto costituzionale.

Invero, senza scivolare in rissose o faziose interpretazioni, il tema in analisi non può che essere riportato sul piano che gli è proprio, vale a dire la Costituzione. Non si può pensare di condurre un ragionamento sui fondamenti democratici dell’Italia senza attenersi a quanto prevede la carta fondamentale.

Tale stravolgimento, ad onor del vero perpetrato da taluni soggetti dediti allo studio di discipline solo in parte affini al diritto, è forse indotto dal fatto che la nomina dei dieci saggi rappresenta un precedente storico nella vita costituzionale repubblicana dell’Italia e ciò spinge a ragionare immaginando soluzioni nuove e procedure innovative anche se non propriamente configurabili alla lettera della Costituzione.

Tant’è vero che la Corte Costituzionale nella nota sentenza sul conflitto di attribuzioni tra la procura di Palermo e il Presidente della Repubblica ha sostenuto che «non è sufficiente una mera esegesi testuale di disposizioni normative, costituzionali od ordinarie, ma è necessario far riferimento all’insieme dei principi costituzionali, da cui emergono la figura ed il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano».(v. Corte cost., sent. n. 1, 15.01.2013)

Finanche la figura del Presidente della Repubblica quindi non può che piegarsi a qual conclamato e fondamentale complesso di principi che dalla Costituzione si desumono.

Non sembrerà aberrante allora paventare che proprio la lettura di alcuni connotati presenti nel sistema dei principi costituzionali sembra condurre all’ovvia contestazione che le regole costituzionali stridono con l’alternativa congeniata dal Capo dello Stato.

2. Stando a quanto asserito dal Presidente Napolitano, la scelta di nominare due gruppi di saggi è stata pensata al fine proprio di concorrere a creare «le condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare una situazione politica irrigidita tra posizioni inconciliabili»  giungendo a nominare «due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze di formulare – su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo – precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche». ( cfr. comunicato del Quirinale, 30 marzo 2013).

La lettura dei trascritti passaggi palesa l’intenzione, in più circostanze sostenuta dal Presidente Napolitano, di creare le condizioni necessarie per risolvere l’impellente problematica della governabilità del Paese.

Pur ritenendo la governabilità un interesse primario, occorre però capire se la Costituzione contempla effettivamente gli strumenti normativi che giustificano tale scelta perseguita dal Capo dello Stato e realizzatasi nella scelta dei saggi.

Le perplessità in merito sono evidenti.

Infatti l’iniziativa di Napolitano di costituire due speciali commissioni incaricate di studiare i problemi e di proporre soluzioni ed, in ultima analisi, propiziare un’uscita dallo stallo istituzionale si pone al limite di ogni possibile interpretazione costituzionale, rappresentando un circostanza che di fatto concretizza uno sconvolgimento, o se non altro una forzatura, delle regole del testo costituzionale.

Contrariamente a quanto appena detto è stato affermato che la decisione del Capo dello Sato «non ha nulla di arbitrario poiché massimizza quelle che sono tutte le sue prerogative interpretando al meglio il ruolo di mediazione e di garanzia del Capo dello Stato in una democrazia frastagliata e complessa». (P. Costanzo, “Dissesto” istituzionale, “tenuta” istituzionale, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi,2.04.2013, p. 2).

L’autorevole affermazione che precede però potrebbe essere accolta solo ove si decida di presuppone, dando con ciò per scontato qualcosa che attualmente non è prevista, l’esistenza di ampi poteri e nuove prerogative spettanti al Capo dello Stato.

Sebbene il ruolo e i poteri dell’istituzione Presidenziale sono ancora oggi oggetto di approfondimento e discussione dai costituzionalisti, il ruolo di rappresentante dell’unità nazionale previsto dalla Costituzione è stato ricordato dalla Corte Costituzionale che, nella già citata sentenza, ha specificato come tale ruolo «impone al Capo dello Stato di agire sia per salvaguardare l’unità territoriale dello Stato sia per promuovere la coesione e l’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, che compongono l’assetto costituzionale della Repubblica» (v. ancora Corte cost., sent. n. 1, 15.01.2013, punto n.8. 2 in dir.).

Altre analisi hanno ricostruito la vicenda relativa alla nomina dei saggi dubitando sul fatto che «il Presidente abbia esercitato i propri poteri di impulso nei confronti di un Parlamento incapace, allo stato, di dare vita ad un nuovo governo, senza sostituirsi alle stesse Assemblee legislative» (in tal senso si veda il A. Morelli, Tutti gli uomini del Presidente. Notazioni minime sull’istituzione dei due gruppi di esperti chiamati a formulare “proposte programmatiche” in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 2.04.2013, p.2).

Ed è proprio questo l’argomento su cui riflettere e studiare poiché, come si può facilmente intuire, la vicenda in parola potrebbe assumere contorni ben più complessi in ragione delle risposte immaginate.

In realtà una soluzione immediata e risolutrice non è ipotizzabile anche perché è necessario preliminarmente capire per quanto tempo, come e con quali poteri i saggi saranno chiamati a ricoprite tale posizione.

Questa circostanza palesa nuovamente la novità (e per certi versi l’originalità) di tale nomina stante l’assenza di qualsivoglia norma costituzionale che possa indicarsi come giustificazione e alla base dell’iniziativa presidenziale.

Com’è stato opportunamente e molto più precisamente osservato, si sarebbe potuto concedere un nuova mandato esplorativo ad uno dei presidenti di Camera e Senato invece che «preferire il mantenimento in carica di un Governo legittimato dalla fiducia delle vecchie Camere e non bocciato dalle nuove rispetto a quello di un Governo al quale queste ultime avrebbero potuto dichiararsi avverse» (così A. Ruggeri, La singolare trovata del Presidente Napolitano per uscire dalla crisi di governo (a proposito della istituzione di due gruppi di esperti col compito di formulare proposte programmatiche, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 1.04.2013, p. 3 e ss.).

Tuttavia a voler credere che la scelta dei saggi rappresenti, in modo del tutto limpido, il conferimento di un «mandato esplorativo collegiale» (cfr. A. Saitta, Dieci saggi esploratori, in Consulta Online-www.giurcost.org/studi, 4.04.2013, p. 2) si scontra, non con la ritrosia dei giuristi ad accettare le novità imposte dal decorso del tempo, bensì con la fosca scelta delle funzioni (o dei poteri?) affidate agli stessi, non riuscendo a comprendere se gli stessi si limiteranno ad una funzione (meramente programmatica ?) correndo quindi il rischi di influenzare le scelte e l’indirizzo politico del governo che sarà.

3. Come in altri precedenti scritti si è già avuto modo di rappresentare, lo stato di perdurante emergenza spinge le istituzioni preposte a costruire e ragionare su soluzioni di carattere straordinario.

Infatti, nel contesto di una delle più gravi crisi istituzionali che la Repubblica abbia mai conosciuto finanche il Presidente della Repubblica è incorso nella “creazione” di una soluzione fuori dal comune, e comunque al limite della lineare conformità con la Costituzione.

Quanto accaduto però è il risultato di una lunga serie di circostanze nelle quali la Costituzione italiana è stata retoricamente difesa in superficie per poi essere delegittimata nella sostanza sicché tutte le varie “emergenze all’italiana” hanno prodotto piccole e grandi opzioni palesemente al di fuori della legalità costituzionale, giustificate quindi solo perché necessarie.

A prescindere da quelli che saranno gli esiti dell’iniziativa, la soluzione scelta da Napolitano costituisce un precedente importante non fosse altro perché si riscontra un evidente ampliamento dei poteri propri del Presidente della Repubblica ipotizzando la partenza, in modo più incisivo, di un processo di trasformazione in senso presidenzialista o semi-presidenzialista dell’attuale forma di governo (cfr. l’intervento di M. Olivetti, Parlamentarismo sempre più in crisi. Nuovo passo verso il presidenzialismo, in «Avvenire», 1.04.2013 ).

Ancora una volta quindi il rischio è quello di far percepire alla stragrande maggioranza degli italiani che la Costituzione è nella disponibilità degli attori che si susseguono nella vita politica-istituzionale del paese. In estrema sintesi si rischia di far passare il messaggio di cambiamenti alla Costituzione senza che questa sia stata sottoposta al giusto (e dalla stessa contemplato all’art. 138 Cost.) procedimento di revisione.

La mancanza di una revisione formale e il più possibile condivisa dalla politica ben congeniata anche in ragione delle ipotizzata e poi fallite riforme non può che destare perplessità, insicurezza ed instabilità. L’urgenza e lo stato di necessità se non affrontati con il rigoroso rispetto della legge possono condurre ad altrettanti e nuovi problemi sul modo di intendere le regole. Altro che stabilità!

In conclusione, non si può non evidenziare che la scelta di nominare due gruppi di esperti denota una certa evoluzione dovuta a particolari e contingenti problematiche.

Concludendo, avendo avuto modo di manifestare una certa perplessità sulla scelta dei saggi, l’imminente futuro richiede un ritorno ai principi costituzionali specie di quelli previsti per descrivere la forma governo e di Stato.

E’ incontestabile che ogni trasformazione dovuta a stati di necessità politico-istituzionali finisce col provocare danni irreversibili, lasciando lo scettro alla confusione, integerrima nemica dei giuristi e da questi sempre avversata.