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Responsabilità precontrattuale della p.a. nella fase antecedente all’aggiudicazione del contratto

Dopo un breve excursus sulla responsabilità precontrattuale della p.a., ed in particolare sul suo riconoscimento, l’elaborato è volto ad inquadrare sinteticamente la sentenza in commento nel panorama giurisprudenziale e dottrinale, mostrando come essa, per alcuni versi, recepisca alcuni spunti della dottrina in materia, ma, per altri versi, respinga alcune indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia.

La sentenza in commento affronta il problema relativo alla configurabilità della responsabilità precontrattuale in capo alla P.A. nel caso di revoca degli atti di gara intervenuta prima dell’aggiudicazione, con una pronuncia che si presenta per certi versi innovativa nel panorama giurisprudenziale.

Come noto, superato l’orientamento che escludeva del tutto la possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A., la giurisprudenza ha per anni ritenuto che una tale responsabilità fosse riconoscibile solo nell’ipotesi in cui la stessa adotti, quale modalità di selezione del contraente, la trattativa privata (GAROFOLI – FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, V ed., Nel Diritto Editore, pag. 1499). In tal senso, la giurisprudenza aveva precisato che una trattativa ai sensi dell’art. 1337 c.c. ed un conseguente diritto soggettivo della controparte al rispetto dei doveri di buona fede, possono ravvisarsi solo quando la scelta del contraente avvenga con il metodo della trattativa privata, mentre non è configurabile con riguardo al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente. In tale ambito, l’aspirante alla stipulazione del contratto è titolare esclusivamente di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta, onde difettano le condizioni strutturali per la configurabilità di trattative fra due soggetti (Cassazione, Sezioni Unite, 6.10.1993, n. 9892). In altri termini, quando la scelta del contraente avviene in seguito ad una gara pubblica, non può configurarsi una relazione personalizzata dei partecipanti con la P.A., necessario presupposto per l’applicabilità dell’art. 1337 c.c..

Successivamente, la giurisprudenza ha riconosciuto la configurabilità della responsabilità precontrattuale anche nel caso in cui, per la scelta del contraente, sia stato adottato un procedimento ad evidenza pubblica, ogni qual volta sia configurabile un rapporto personalizzato tra le parti, il che avviene quando l’illecito è commesso dopo il momento dell’aggiudicazione (GAROFOLI – FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, V ed., Nel Diritto Editore, pag. 1499). Infatti, solo dal momento dell’aggiudicazione il soggetto si trasforma da mero partecipante alla gara in vera e propria “parte” (Cassazione civile, n. 12313/2005). Tale orientamento, si base, quindi, sull’impostazione tradizionale che divide il procedimento di formazione del contratto in due serie di atti, aventi diversa natura, la prima consistente in atti amministrativi, la seconda consistente in una sequenza negoziale composta da atti privatistici (ILACQUA, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione – Evoluzioni giurisprudenziali, in Foro amministrativo C.d.S., 2008, pagg. 2571 ss.).

Il citato orientamento è, tuttavia, messo in discussione da una parte della recente giurisprudenza.

Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, 5.9.2005, n. 6) ha, infatti, preso in considerazione la duplice valenza del procedimento ad evidenza pubblica, sia provvedimentale che fattuale. Tali due momenti – ha rilevato il Consiglio di Stato – si trovano in un rapporto di successione logica, in quanto la valenza fattuale del procedimento ad evidenza pubblica assume rilievo allorquando i provvedimenti emessi in tale fase siano caducati. A partire da quel momento i provvedimenti vengono in rilievo come fatti, suscettibili di determinare un legittimo affidamento. Come la dottrina ha rilevato, la valutazione che presiede al giudizio di responsabilità precontrattuale opererebbe – secondo l’impostazione in esame – in seconda battuta, determinando una sorta di pregiudizialità tra il giudizio di impugnazione del provvedimento amministrativo e il giudizio risarcitorio per responsabilità precontrattuale (ILACQUA, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione – Evoluzioni giurisprudenziali, in Foro amministrativo C.d.S., 2008, pagg. 2571 ss.). Parte della giurisprudenza successiva ha aderito a tale impostazione (T.A.R. Campania, Napoli, 3.10.2012, n. 4017; T.A.R. Lazio, Roma, 20.4.2010, n.7651). In particolare, T.A.R. Sicilia, Palermo, 26.1.2011, n. 146, ha chiarito che non rileva che la scorrettezza comportamentale si sia verificata prima o dopo l’aggiudicazione definitiva, poiché la matrice costituzionale del generale dovere di buona fede è tale da imporre il superamento della tradizionale concezione binaria della fase di formazione della volontà negoziale della P.A., non potendo che essere unitario il vincolo al rispetto della sfera giuridica della controparte derivante in capo alla P.A.. Non sono mancate, invero, prese di posizioni contrarie (v. T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 115; Consiglio di Stato, 28.5.2010, n. 3393; Consiglio di Stato, 8.9.2010, n. 6489).

La sentenza in commento è intervenuta nuovamente sul tema. In tale arresto, il Consiglio di Stato ha stabilito che in materia di contratti pubblici si è in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, che si sviluppa secondo lo schema dell’offerta al pubblico, dove – come nel diritto civile – avviene normalmente il contatto con una pluralità di partecipanti al procedimento negoziale. Non è, perciò, possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale, limitando l’applicazione delle regole di responsabilità precontrattuale alla fase in cui il contatto sociale viene individualizzato con l’atto di aggiudicazione, diversamente l’interprete sarebbe costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità. Pertanto, la valutazione giudiziale ai sensi dell’art. 1337 c.c. può avere ad oggetto anche la condotta della P.A. anteriore alla scelta del contraente. Il Consiglio di Stato arriva a tale conclusione partendo dal presupposto che la fase di formazione dei contratti pubblici è caratterizzata dalla “contestuale” presenza di un procedimento amministrativo e di un procedimento negoziale. Il Consiglio di Stato mostra con ciò di aderire – a quanto consta per la prima volta – a quella parte della dottrina che aveva già da tempo superato la concezione binaria dell’evidenza pubblica, rilevando che non vi sarebbero due distinte serie di atti, ma un’unica serie di atti operanti in una duplice dimensione, pubblicistica e privatistica, concludendo, pertanto, che la fase di evidenza pubblica non si colloca al di fuori delle trattative, ma ne è parte integrante, e superando così gli ostacoli alla configurabilità precontrattuale della P.A. nella fase dell’evidenza pubblica (CHINÈ, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione nell’era della risarcibilità degli interessi legittimi, in Foro Amministrativo TAR, 2003, 2, pag. 797).

La sentenza in esame, inoltre, ribadisce: a) che la responsabilità precontrattuale si inserisce nel più ampio genus della responsabilità civile ex art. 2043 c.c.; b) che, pertanto, assume rilevanza la colpa.

Tramite la prima delle citate enunciazioni il Consiglio di Stato rifiuta implicitamente di condividere le recenti aperture della Corte di Cassazione (Sezione I, 20 dicembre 2011, n. 27648), la quale aveva enunciato l’incompatibilità tra il regime della responsabilità precontrattuale (in specie, della pubblica amministrazione) e il regime della responsabilità aquiliana.

Quanto al chiarimento di cui al punto b), con ciò il Consiglio di Stato mostra di non aderire, altresì, all’importante arresto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 30 settembre 2010, resa in causa C-314/09, Commissione c/ Austria), secondo cui la direttiva 89/665, di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere il risarcimento, a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso l’applicazione di tale normativa sa incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere il difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata. Tale presa di posizione della giurisprudenza comunitaria ha, peraltro, trovato consensi nella giurisprudenza amministrativa nazionale (v., infatti, T.A.R. Campania Napoli, Sezione VIII, 25 settembre 2012, n. 3923, in Danno e responsabilità, 2012, 12, pag. 1257, con nota di GIOIA GINA).

Da ultimo, il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ribadisce, conformemente alla giurisprudenza precedente, che il danno risarcibile derivante da responsabilità precontrattuale deve essere limitato all’interesse negativo e cioè all’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, precisando altresì che un tale danno non può essere oggetto di domanda risarcitoria solo se la parte chiede il risarcimento dell’interesse positivo e cioè dell’interesse all’esecuzione del rapporto negoziale.

Dopo un breve excursus sulla responsabilità precontrattuale della p.a., ed in particolare sul suo riconoscimento, l’elaborato è volto ad inquadrare sinteticamente la sentenza in commento nel panorama giurisprudenziale e dottrinale, mostrando come essa, per alcuni versi, recepisca alcuni spunti della dottrina in materia, ma, per altri versi, respinga alcune indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia.

La sentenza in commento affronta il problema relativo alla configurabilità della responsabilità precontrattuale in capo alla P.A. nel caso di revoca degli atti di gara intervenuta prima dell’aggiudicazione, con una pronuncia che si presenta per certi versi innovativa nel panorama giurisprudenziale.

Come noto, superato l’orientamento che escludeva del tutto la possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A., la giurisprudenza ha per anni ritenuto che una tale responsabilità fosse riconoscibile solo nell’ipotesi in cui la stessa adotti, quale modalità di selezione del contraente, la trattativa privata (GAROFOLI – FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, V ed., Nel Diritto Editore, pag. 1499). In tal senso, la giurisprudenza aveva precisato che una trattativa ai sensi dell’art. 1337 c.c. ed un conseguente diritto soggettivo della controparte al rispetto dei doveri di buona fede, possono ravvisarsi solo quando la scelta del contraente avvenga con il metodo della trattativa privata, mentre non è configurabile con riguardo al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente. In tale ambito, l’aspirante alla stipulazione del contratto è titolare esclusivamente di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta, onde difettano le condizioni strutturali per la configurabilità di trattative fra due soggetti (Cassazione, Sezioni Unite, 6.10.1993, n. 9892). In altri termini, quando la scelta del contraente avviene in seguito ad una gara pubblica, non può configurarsi una relazione personalizzata dei partecipanti con la P.A., necessario presupposto per l’applicabilità dell’art. 1337 c.c..

Successivamente, la giurisprudenza ha riconosciuto la configurabilità della responsabilità precontrattuale anche nel caso in cui, per la scelta del contraente, sia stato adottato un procedimento ad evidenza pubblica, ogni qual volta sia configurabile un rapporto personalizzato tra le parti, il che avviene quando l’illecito è commesso dopo il momento dell’aggiudicazione (GAROFOLI – FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, V ed., Nel Diritto Editore, pag. 1499). Infatti, solo dal momento dell’aggiudicazione il soggetto si trasforma da mero partecipante alla gara in vera e propria “parte” (Cassazione civile, n. 12313/2005). Tale orientamento, si base, quindi, sull’impostazione tradizionale che divide il procedimento di formazione del contratto in due serie di atti, aventi diversa natura, la prima consistente in atti amministrativi, la seconda consistente in una sequenza negoziale composta da atti privatistici (ILACQUA, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione – Evoluzioni giurisprudenziali, in Foro amministrativo C.d.S., 2008, pagg. 2571 ss.).

Il citato orientamento è, tuttavia, messo in discussione da una parte della recente giurisprudenza.

Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, 5.9.2005, n. 6) ha, infatti, preso in considerazione la duplice valenza del procedimento ad evidenza pubblica, sia provvedimentale che fattuale. Tali due momenti – ha rilevato il Consiglio di Stato – si trovano in un rapporto di successione logica, in quanto la valenza fattuale del procedimento ad evidenza pubblica assume rilievo allorquando i provvedimenti emessi in tale fase siano caducati. A partire da quel momento i provvedimenti vengono in rilievo come fatti, suscettibili di determinare un legittimo affidamento. Come la dottrina ha rilevato, la valutazione che presiede al giudizio di responsabilità precontrattuale opererebbe – secondo l’impostazione in esame – in seconda battuta, determinando una sorta di pregiudizialità tra il giudizio di impugnazione del provvedimento amministrativo e il giudizio risarcitorio per responsabilità precontrattuale (ILACQUA, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione – Evoluzioni giurisprudenziali, in Foro amministrativo C.d.S., 2008, pagg. 2571 ss.). Parte della giurisprudenza successiva ha aderito a tale impostazione (T.A.R. Campania, Napoli, 3.10.2012, n. 4017; T.A.R. Lazio, Roma, 20.4.2010, n.7651). In particolare, T.A.R. Sicilia, Palermo, 26.1.2011, n. 146, ha chiarito che non rileva che la scorrettezza comportamentale si sia verificata prima o dopo l’aggiudicazione definitiva, poiché la matrice costituzionale del generale dovere di buona fede è tale da imporre il superamento della tradizionale concezione binaria della fase di formazione della volontà negoziale della P.A., non potendo che essere unitario il vincolo al rispetto della sfera giuridica della controparte derivante in capo alla P.A.. Non sono mancate, invero, prese di posizioni contrarie (v. T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 115; Consiglio di Stato, 28.5.2010, n. 3393; Consiglio di Stato, 8.9.2010, n. 6489).

La sentenza in commento è intervenuta nuovamente sul tema. In tale arresto, il Consiglio di Stato ha stabilito che in materia di contratti pubblici si è in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, che si sviluppa secondo lo schema dell’offerta al pubblico, dove – come nel diritto civile – avviene normalmente il contatto con una pluralità di partecipanti al procedimento negoziale. Non è, perciò, possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale, limitando l’applicazione delle regole di responsabilità precontrattuale alla fase in cui il contatto sociale viene individualizzato con l’atto di aggiudicazione, diversamente l’interprete sarebbe costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità. Pertanto, la valutazione giudiziale ai sensi dell’art. 1337 c.c. può avere ad oggetto anche la condotta della P.A. anteriore alla scelta del contraente. Il Consiglio di Stato arriva a tale conclusione partendo dal presupposto che la fase di formazione dei contratti pubblici è caratterizzata dalla “contestuale” presenza di un procedimento amministrativo e di un procedimento negoziale. Il Consiglio di Stato mostra con ciò di aderire – a quanto consta per la prima volta – a quella parte della dottrina che aveva già da tempo superato la concezione binaria dell’evidenza pubblica, rilevando che non vi sarebbero due distinte serie di atti, ma un’unica serie di atti operanti in una duplice dimensione, pubblicistica e privatistica, concludendo, pertanto, che la fase di evidenza pubblica non si colloca al di fuori delle trattative, ma ne è parte integrante, e superando così gli ostacoli alla configurabilità precontrattuale della P.A. nella fase dell’evidenza pubblica (CHINÈ, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione nell’era della risarcibilità degli interessi legittimi, in Foro Amministrativo TAR, 2003, 2, pag. 797).

La sentenza in esame, inoltre, ribadisce: a) che la responsabilità precontrattuale si inserisce nel più ampio genus della responsabilità civile ex art. 2043 c.c.; b) che, pertanto, assume rilevanza la colpa.

Tramite la prima delle citate enunciazioni il Consiglio di Stato rifiuta implicitamente di condividere le recenti aperture della Corte di Cassazione (Sezione I, 20 dicembre 2011, n. 27648), la quale aveva enunciato l’incompatibilità tra il regime della responsabilità precontrattuale (in specie, della pubblica amministrazione) e il regime della responsabilità aquiliana.

Quanto al chiarimento di cui al punto b), con ciò il Consiglio di Stato mostra di non aderire, altresì, all’importante arresto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 30 settembre 2010, resa in causa C-314/09, Commissione c/ Austria), secondo cui la direttiva 89/665, di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere il risarcimento, a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso l’applicazione di tale normativa sa incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere il difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata. Tale presa di posizione della giurisprudenza comunitaria ha, peraltro, trovato consensi nella giurisprudenza amministrativa nazionale (v., infatti, T.A.R. Campania Napoli, Sezione VIII, 25 settembre 2012, n. 3923, in Danno e responsabilità, 2012, 12, pag. 1257, con nota di GIOIA GINA).

Da ultimo, il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ribadisce, conformemente alla giurisprudenza precedente, che il danno risarcibile derivante da responsabilità precontrattuale deve essere limitato all’interesse negativo e cioè all’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, precisando altresì che un tale danno non può essere oggetto di domanda risarcitoria solo se la parte chiede il risarcimento dell’interesse positivo e cioè dell’interesse all’esecuzione del rapporto negoziale.