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Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nella fase dell’integrazione del contraddittorio del processo amministrativo (art. 27, comma 2, per. 2, d. lgs. n. 104/2010)

L’art. 27, comma 2, per. 2 del d. lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo), rimasto inalterato dopo l’ultimo correttivo apportatovi dal d. lgs. n. 160/2012, stabilisce che «nelle more dell'integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali».

Implicando l’eventualità che vengano adottati provvedimenti cautelari in difetto assoluto di contraddittorio, una siffatta previsione suscita non poche perplessità. Anche alla luce della genericità – se non laconicità – della formulazione, la possibilità di adottare provvedimenti cautelari in difetto di contraddittorio e durante la fase dell’integrazione dello stesso non pare opportunamente coordinata con le specifiche norme sul procedimento cautelare dettate degli artt. 55 e ss. del codice stesso.

La disposizione ha poi un carattere fortemente innovativo rispetto al previgente assetto normativo sull’integrazione del contraddittorio nel processo amministrativo, quale fissato dall’art. 21 della l. n. 1034/1971 e dagli artt. 15-16 del r.d. n. 642/1907. In effetti, in passato, in assenza di un referente normativo, la giurisprudenza non aveva assunto un atteggiamento univoco (1). Talora si era comunque riconosciuto che, sebbene l’ordinanza cautelare pronunciata a contraddittorio non integro fosse nulla per la parte in cui provvedeva definitivamente sulla domanda cautelare, la stessa poteva essa fatta valere come sospensione interinale del provvedimento impugnato in primo grado in base al principio di conservazione degli atti giuridici (2).

La genesi della previsione in esame mostra nondimeno le difficoltà di addivenire ad una composizione tra l’esigenza di garantire la possibilità di adottare i provvedimenti interinali idonei a non pregiudicare in modo irreversibile le posizioni soggettive in gioco e l’esigenza di tutela del diritto di difesa delle parti necessarie del giudizio. Nonostante la Commissione giustizia della Camera avesse chiesto la soppressione della disposizione (3), si è preferito tutelare pienamente la prima delle due esigenze anzidette, forse per rispondere ai timori – emersi nell’esame in Commissione – che l’eliminazione potesse «creare un vuoto, in quanto in sede monocratica la tutela cautelare può essere accordata senza limitazioni; non si vede quindi perché il collegio non possa sia pur interinalmente fare altrettanto nelle more di una integrazione del contraddittorio; ciò che è importante è che la misura sia provvisoria per poi essere confermata o meno in integrità di contraddittorio; se mai potrebbe aggiungersi «in caso di particolari ragioni di urgenza» che se mai lo stesso collegio ha ravvisato» (4).

Per quanto riguarda il significato dell’“interinalità” dei provvedimenti cautelari in esame – premesso che non è possibile stabilire se è richiesta una gravità «estrema», che consente la concessione delle misure cautelari monocratiche ex art. 56, o «eccezionale», che consente la concessione delle misure cautelari “ante causam” ex art. 61 – deve comunque trattarsi di provvedimenti volti ad evitare i pregiudizi gravi ed irreparabili che al ricorrente arrecherebbe il pieno dispiegamento di efficacia del provvedimento impugnato nel lasso di tempo in cui si perfeziona l’integrazione del contraddittorio con le altre parti necessarie. L’interinalità sembra quindi più propriamente riferirsi alla provvisorietà della misura adottata, rilevando cioè sotto il profilo dell’instabilità della pronuncia giurisdizionale emessa. In altri termini, i provvedimenti cautelari emessi nelle more dell’integrazione del contraddittorio in tanto sono interinali in quanto sottoposti a successiva verifica dopo la costituzione delle parti necessarie inizialmente pretermesse (5).

Non si può però fare a meno di notare come la scarna formulazione della disposizione in esame contrasti con l’ampia e diffusa garanzia del principio del contraddittorio presente nella disciplina codicistica sulle misure cautelari, sia collegiali che monocratiche o “ante causam”.

Per quanto riguarda la misure collegiali di cui all’art. 55, il comma 3 richiede anzitutto la notificazione della domanda cautelare indipendentemente dal fatto che sia congiunta o disgiunta dal ricorso di merito. Il comma 5 richiede poi il rispetto del termine di venti giorni dall’ultima notificazione al destinatario per la fissazione dell’udienza camerale. Anche il comma 6, relativo all’ipotesi della notificazione effettuata a mezzo servizio postale, consente il deposito dell’istanza cautelare al ricorrente che non sia ancora in possesso dell’avviso di ricevimento solo se prova la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell’attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. Il comma 8 consente inoltre la produzione di documenti direttamente in camera di consiglio per la decisione sulla domanda cautelare, per gravi ed eccezionali ragioni, solo con consegna di copia alle altre parti fino all’inizio della discussione. Il comma 12, infine, prevede che in sede di esame della domanda cautelare il collegio, su istanza di parte, possa adottare i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio.

Per quanto riguarda le misure monocratiche di cui all’art. 56, il comma 2 stabilisce che prima di adottare il provvedimento cautelare il presidente del tribunale amministrativo regionale o il magistrato da lui delegato deve verificare che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica o di uno dei controinteressati. La possibilità per il presidente di adottare provvedimenti cautelari “inaudita altera parte” è limitata all’ipotesi in cui l’esigenza cautelare non consenta l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni per cause non imputabili al ricorrente e sempre fatto salvo il potere di revoca. Il comma 4 consente poi alle controparti di presentare istanza di revoca o di modifica del provvedimento cautelare fino a quando conservi efficacia. Il comma 5 prevede infine che tali misure cautelari provvisorie perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari.

Per quanto riguarda infine le misure “ante causam” di cui all’art. 61, non può non rilevarsi in via generale la maggiore affinità della tutela cautelare nelle more dell’integrazione del contraddittorio con la tutela cautelare “ante causam” che con la tutela cautelare monocratica, dato che la tutela “ante causam” esclude per definizione il previo radicamento della causa mentre la tutela monocratica ha natura incidentale rispetto al processo già instaurato dal ricorrente, la cui istanza è volta ad ottenere il provvedimento cautelare dal presidente del tribunale amministrativo regionale o della sezione cui “il ricorso è assegnato” (art. 56, comma 1) (6).

Più esattamente,il primo comma dell’art. 61 prevede che, in caso di eccezionale gravità ed urgenza che non consenta neppure la notificazione e la domanda di misure cautelari provvisorie di tipo monocratico, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l’adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa. In tal caso, a tutela del principio del contraddittorio, il secondo comma stabilisce che l’istanza deve essere notificata con le forme prescritte per la notificazione del ricorso e il presidente o il magistrato da esso delegato, prima di provvedere in merito, deve accertare il perfezionamento della notificazione per i destinatari. L’unica eccezione ammessa a tale regola si ha quando l’esigenza cautelare sia così indifferibile da non consentire nemmeno l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni, purché ciò non dipenda da cause imputabili al ricorrente, nel qual caso il presidente può decidere sulla domanda cautelare “ante causam” anche senza verifica della regolare costituzione del contraddittorio.

Ad ulteriore tutela del principio “audita et altera pars” il quinto comma prevede poi che il provvedimento di accoglimento deve essere notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni, e che lo stesso perde comunque effetto se entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare e non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza. In ogni caso, la misura cautelare “ante causam” concessa perde efficacia con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, potendo nondimeno in tale periodo essere oggetto di istanza di revoca o di modifica, ad opera delle parti, previamente notificata.

Dal confronto fra questa minuziosa normativa e la scarna disciplina dell’art. 27, comma 2, per. 2, non sembrano infondati i dubbi di incostituzionalità di tale disposizione per violazione del principio del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost. e risulta quanto mai necessario un generoso intervento dell’autorità giurisdizionale per colmare le lacune della disposizione in punto di rispetto del principio di esame, per mezzo di un’interpretazione analogica che faccia leva sulla disciplina dell’art. 61, stanti le evidenti affinità tra le due tipologie di tutele cautelari (7).

 

NOTE

(1) Sul punto cfr. S. VARONE, “Contraddittorio e intervento (artt. 27-28)”, in M. SANINO (a cura di), “Codice del processo amministrativo”, Torino, 2011, pp. 137 ss., pp. 138 s.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 1995, n. 1538 (ord.), in “Giur. it.”, 1996, pt. III, sez. 1, col. 294, su cui cfr. P. DEL VECCHIO, sub. art. 27, in G. LEONE-C. SALTELLI-L. MARUOTTI (a cura di), “Codice del processo amministrativo. D.lvo 2 luglio 2010, n. 104. Commentato e annotato con giurisprudenza”, Padova, 2010, pp. 242 ss., pp. 345 s.

(3) Cfr. Camera dei deputati, XVI legislatura, II Commissione permanente, Seduta di mercoledì 16 giugno 2013, Parere sullo schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo Atto n. 212, in “Boll. giunt. e comm. parl.”, www.camera.it, p. 72, lett. i).

(4) Camera dei deputati, XVI legislatura, II Commissione permanente, Seduta di mercoledì 16 giugno 2013, Esame dello schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo Atto n. 212, Intervento dell'on. Lorenzo Ria, in “Boll. giunt. e comm. parl.”, www.camera.it, p. 57.

(5) Cfr. M. OCCHIENA, sub art. 27, in F. CARINGELLA-M. PROTTO, “Codice del nuovo processo amministrativo. Commento articolo per articolo al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa”, 2a ed., Roma, 2012, pp. 363 ss., pp. 368 s.

(6) Id., p. 369.

(7) Cfr. F. CARINGELLA-F. COCOMILE, “Le parti nel processo amministrativo”, in F. CARINGELLA-M. PROTTO (a cura di), “Manuale di diritto processuale amministrativo”, 2a ed., Roma, 2012, pp. 166 ss., p. 182 e VARONE, op. cit., p. 139.

L’art. 27, comma 2, per. 2 del d. lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo), rimasto inalterato dopo l’ultimo correttivo apportatovi dal d. lgs. n. 160/2012, stabilisce che «nelle more dell'integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali».

Implicando l’eventualità che vengano adottati provvedimenti cautelari in difetto assoluto di contraddittorio, una siffatta previsione suscita non poche perplessità. Anche alla luce della genericità – se non laconicità – della formulazione, la possibilità di adottare provvedimenti cautelari in difetto di contraddittorio e durante la fase dell’integrazione dello stesso non pare opportunamente coordinata con le specifiche norme sul procedimento cautelare dettate degli artt. 55 e ss. del codice stesso.

La disposizione ha poi un carattere fortemente innovativo rispetto al previgente assetto normativo sull’integrazione del contraddittorio nel processo amministrativo, quale fissato dall’art. 21 della l. n. 1034/1971 e dagli artt. 15-16 del r.d. n. 642/1907. In effetti, in passato, in assenza di un referente normativo, la giurisprudenza non aveva assunto un atteggiamento univoco (1). Talora si era comunque riconosciuto che, sebbene l’ordinanza cautelare pronunciata a contraddittorio non integro fosse nulla per la parte in cui provvedeva definitivamente sulla domanda cautelare, la stessa poteva essa fatta valere come sospensione interinale del provvedimento impugnato in primo grado in base al principio di conservazione degli atti giuridici (2).

La genesi della previsione in esame mostra nondimeno le difficoltà di addivenire ad una composizione tra l’esigenza di garantire la possibilità di adottare i provvedimenti interinali idonei a non pregiudicare in modo irreversibile le posizioni soggettive in gioco e l’esigenza di tutela del diritto di difesa delle parti necessarie del giudizio. Nonostante la Commissione giustizia della Camera avesse chiesto la soppressione della disposizione (3), si è preferito tutelare pienamente la prima delle due esigenze anzidette, forse per rispondere ai timori – emersi nell’esame in Commissione – che l’eliminazione potesse «creare un vuoto, in quanto in sede monocratica la tutela cautelare può essere accordata senza limitazioni; non si vede quindi perché il collegio non possa sia pur interinalmente fare altrettanto nelle more di una integrazione del contraddittorio; ciò che è importante è che la misura sia provvisoria per poi essere confermata o meno in integrità di contraddittorio; se mai potrebbe aggiungersi «in caso di particolari ragioni di urgenza» che se mai lo stesso collegio ha ravvisato» (4).

Per quanto riguarda il significato dell’“interinalità” dei provvedimenti cautelari in esame – premesso che non è possibile stabilire se è richiesta una gravità «estrema», che consente la concessione delle misure cautelari monocratiche ex art. 56, o «eccezionale», che consente la concessione delle misure cautelari “ante causam” ex art. 61 – deve comunque trattarsi di provvedimenti volti ad evitare i pregiudizi gravi ed irreparabili che al ricorrente arrecherebbe il pieno dispiegamento di efficacia del provvedimento impugnato nel lasso di tempo in cui si perfeziona l’integrazione del contraddittorio con le altre parti necessarie. L’interinalità sembra quindi più propriamente riferirsi alla provvisorietà della misura adottata, rilevando cioè sotto il profilo dell’instabilità della pronuncia giurisdizionale emessa. In altri termini, i provvedimenti cautelari emessi nelle more dell’integrazione del contraddittorio in tanto sono interinali in quanto sottoposti a successiva verifica dopo la costituzione delle parti necessarie inizialmente pretermesse (5).

Non si può però fare a meno di notare come la scarna formulazione della disposizione in esame contrasti con l’ampia e diffusa garanzia del principio del contraddittorio presente nella disciplina codicistica sulle misure cautelari, sia collegiali che monocratiche o “ante causam”.

Per quanto riguarda la misure collegiali di cui all’art. 55, il comma 3 richiede anzitutto la notificazione della domanda cautelare indipendentemente dal fatto che sia congiunta o disgiunta dal ricorso di merito. Il comma 5 richiede poi il rispetto del termine di venti giorni dall’ultima notificazione al destinatario per la fissazione dell’udienza camerale. Anche il comma 6, relativo all’ipotesi della notificazione effettuata a mezzo servizio postale, consente il deposito dell’istanza cautelare al ricorrente che non sia ancora in possesso dell’avviso di ricevimento solo se prova la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell’attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. Il comma 8 consente inoltre la produzione di documenti direttamente in camera di consiglio per la decisione sulla domanda cautelare, per gravi ed eccezionali ragioni, solo con consegna di copia alle altre parti fino all’inizio della discussione. Il comma 12, infine, prevede che in sede di esame della domanda cautelare il collegio, su istanza di parte, possa adottare i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio.

Per quanto riguarda le misure monocratiche di cui all’art. 56, il comma 2 stabilisce che prima di adottare il provvedimento cautelare il presidente del tribunale amministrativo regionale o il magistrato da lui delegato deve verificare che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica o di uno dei controinteressati. La possibilità per il presidente di adottare provvedimenti cautelari “inaudita altera parte” è limitata all’ipotesi in cui l’esigenza cautelare non consenta l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni per cause non imputabili al ricorrente e sempre fatto salvo il potere di revoca. Il comma 4 consente poi alle controparti di presentare istanza di revoca o di modifica del provvedimento cautelare fino a quando conservi efficacia. Il comma 5 prevede infine che tali misure cautelari provvisorie perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari.

Per quanto riguarda infine le misure “ante causam” di cui all’art. 61, non può non rilevarsi in via generale la maggiore affinità della tutela cautelare nelle more dell’integrazione del contraddittorio con la tutela cautelare “ante causam” che con la tutela cautelare monocratica, dato che la tutela “ante causam” esclude per definizione il previo radicamento della causa mentre la tutela monocratica ha natura incidentale rispetto al processo già instaurato dal ricorrente, la cui istanza è volta ad ottenere il provvedimento cautelare dal presidente del tribunale amministrativo regionale o della sezione cui “il ricorso è assegnato” (art. 56, comma 1) (6).

Più esattamente,il primo comma dell’art. 61 prevede che, in caso di eccezionale gravità ed urgenza che non consenta neppure la notificazione e la domanda di misure cautelari provvisorie di tipo monocratico, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l’adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa. In tal caso, a tutela del principio del contraddittorio, il secondo comma stabilisce che l’istanza deve essere notificata con le forme prescritte per la notificazione del ricorso e il presidente o il magistrato da esso delegato, prima di provvedere in merito, deve accertare il perfezionamento della notificazione per i destinatari. L’unica eccezione ammessa a tale regola si ha quando l’esigenza cautelare sia così indifferibile da non consentire nemmeno l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni, purché ciò non dipenda da cause imputabili al ricorrente, nel qual caso il presidente può decidere sulla domanda cautelare “ante causam” anche senza verifica della regolare costituzione del contraddittorio.

Ad ulteriore tutela del principio “audita et altera pars” il quinto comma prevede poi che il provvedimento di accoglimento deve essere notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni, e che lo stesso perde comunque effetto se entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare e non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza. In ogni caso, la misura cautelare “ante causam” concessa perde efficacia con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, potendo nondimeno in tale periodo essere oggetto di istanza di revoca o di modifica, ad opera delle parti, previamente notificata.

Dal confronto fra questa minuziosa normativa e la scarna disciplina dell’art. 27, comma 2, per. 2, non sembrano infondati i dubbi di incostituzionalità di tale disposizione per violazione del principio del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost. e risulta quanto mai necessario un generoso intervento dell’autorità giurisdizionale per colmare le lacune della disposizione in punto di rispetto del principio di esame, per mezzo di un’interpretazione analogica che faccia leva sulla disciplina dell’art. 61, stanti le evidenti affinità tra le due tipologie di tutele cautelari (7).

 

NOTE

(1) Sul punto cfr. S. VARONE, “Contraddittorio e intervento (artt. 27-28)”, in M. SANINO (a cura di), “Codice del processo amministrativo”, Torino, 2011, pp. 137 ss., pp. 138 s.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 1995, n. 1538 (ord.), in “Giur. it.”, 1996, pt. III, sez. 1, col. 294, su cui cfr. P. DEL VECCHIO, sub. art. 27, in G. LEONE-C. SALTELLI-L. MARUOTTI (a cura di), “Codice del processo amministrativo. D.lvo 2 luglio 2010, n. 104. Commentato e annotato con giurisprudenza”, Padova, 2010, pp. 242 ss., pp. 345 s.

(3) Cfr. Camera dei deputati, XVI legislatura, II Commissione permanente, Seduta di mercoledì 16 giugno 2013, Parere sullo schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo Atto n. 212, in “Boll. giunt. e comm. parl.”, www.camera.it, p. 72, lett. i).

(4) Camera dei deputati, XVI legislatura, II Commissione permanente, Seduta di mercoledì 16 giugno 2013, Esame dello schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo Atto n. 212, Intervento dell'on. Lorenzo Ria, in “Boll. giunt. e comm. parl.”, www.camera.it, p. 57.

(5) Cfr. M. OCCHIENA, sub art. 27, in F. CARINGELLA-M. PROTTO, “Codice del nuovo processo amministrativo. Commento articolo per articolo al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa”, 2a ed., Roma, 2012, pp. 363 ss., pp. 368 s.

(6) Id., p. 369.

(7) Cfr. F. CARINGELLA-F. COCOMILE, “Le parti nel processo amministrativo”, in F. CARINGELLA-M. PROTTO (a cura di), “Manuale di diritto processuale amministrativo”, 2a ed., Roma, 2012, pp. 166 ss., p. 182 e VARONE, op. cit., p. 139.