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Installazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti: conferenza di servizi e normativa codicistica

Nell'evoluzione della disciplina normativa sulla conferenza di servizi prevista dal procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica all'installazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, dopo l’art. 3-bis della l. n. 441/1987 e l’art. 27, comma 2, del dlgs n. 22/1997 la tendenza alla progressiva procedimentalizzazione si intensifica con l’introduzione del Codice dell’ambiente, il cui art. 208 mantiene comunque inalterata la distinzione tra risultanze conferenziali e provvedimento autorizzatorio regionale (1).

Anzitutto, i soggetti pubblici che hanno diritto a partecipare alla conferenza sono ora solo quelli «sul cui territorio è realizzato l’impianto», laddove la normativa previgente – tanto l’art. 3–bis della l. n. 441/1987 quanto l’art. 27, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 –si riferiva genericamente agli «enti locali interessati». Qualora la Regione ritenga comunque opportuno convocare gli altri Comuni limitrofi, essi avrebbero dunque solo un ruolo consultivo (2).

In tal modo, si è cercato di limitare la partecipazione ai soli enti locali facilmente individuabili, al fine di evitare un eccessivo aggravio del procedimento ed attenuare il livello di conflittualità che spesso si riscontra in tale conferenza (3).

Inoltre, cambia la finalità della conferenza, che non è più quella di acquisire solo «informazioni e chiarimenti» ma anche «documenti, informazioni e chiarimenti».

In terzo luogo, tutta la documentazione che il richiedente deve allegare alla domanda viene inviata preventivamente a tutti i componenti della conferenza di servizi, che includono adesso anche i rappresentanti delle autorità d’ambito.

Si prevede poi un criterio deliberativo specifico, perché ora la decisione è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una motivazione adeguata (e non più necessariamente analitica) rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Si introduce dunque una garanzia «formale», al fine di evitare che alcuni interessi pubblici coinvolti nel procedimento possano poi non ricevere una valutazione esauriente e puntuale nella fase decisionale (4).

Si intensificano anche le funzioni della conferenza di accertamento della compatibilità ambientale del progetto, perché mentre in passato essa era chiamata ad acquisire e valutare genericamente tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, ora è tenuta a valutare che «i rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente» (art. 177, comma 4). Di tali requisiti contenutistici la giurisprudenza ha fatto subito applicazione, censurando il provvedimento di diniego dell’autorizzazione alla costruzione di un impianto dovuto ad un’insufficiente valutazione dei nuovi aspetti specificati dalla norma da parte della conferenza (5).

Con le modifiche introdotte al comma 6 dal d.lgs. n. 205/2010, infine, la Regione non decide più «sulla base delle risultanze» della conferenza ma «valutando le risultanze della stessa», con una formulazione quindi che sembrerebbe avere apportato un ampliamento della potestà discrezionale regionale, pur con il limite dell’adeguata motivazione in caso di divergenza dalle determinazioni conferenziali (6).

In ogni caso, se il procedimento autorizzatorio che caratterizza l’istruttoria dinanzi alla conferenza di servizi si conclude negativamente, è necessaria l’adozione di un provvedimento espresso di diniego, non potendosi configurare nel procedimento in esame un’ipotesi di silenzio–rifiuto (7).

Per quanto non radicali, le modifiche apportate dal dlgs n. 152/2006, come rimodificato dal d.lgs. n. 205/2010, sono senz'altro significative (8). Peraltro, non muta la tempistica dell’istruttoria, i cui termini restano ordinatori (9). Inoltre, pur nel perdurante carattere istruttorio, la disposizione non specifica in alcun modo il valore dei pareri dissenzienti, cioè il «peso» che gli stessi possono avere sull'adozione del atto finale. Poiché, comunque, responsabile dell’adozione del provvedimento è sempre l’amministrazione regionale procedente, la risposta più plausibile sembra essere che, alla luce delle motivate opinioni dissenzienti, nell'autorizzazione si potranno inserire adeguate prescrizioni (10).

È stato anche rilevato che la natura istruttoria della conferenza può essere ribadita solo facendo leva sul disposto combinato del comma 3, ultimo periodo (11), e del comma 6 (12), mentre altrettanto non potrebbe affermarsi sulla sola base della prima disposizione (13). In effetti, alla luce del meccanismo deliberativo maggioritario, si è sostenuto che il d.lgs. n. 152/2006 avrebbe introdotto una terza fase al complesso procedimento autorizzatorio, inserendola tra l’istruttoria e l’approvazione del progetto, cosicché la conferenza di servizi verrebbe a caratterizzarsi per un momento istruttorio ed un successivo momento decisorio.

In sostanza, il nuovo sistema decisionale attribuisce ai partecipanti necessari una potestà interdittiva superabile solo con particolari rimedi procedimentali, qualora l’amministrazione dissenziente sia preposta alla tutela di interessi ambientali, paesaggistici o sanitari, o sia un’amministrazione statale. Nell'ottica del rafforzamento del ruolo degli enti locali rispetto al modello precedente, cambia dunque anche il rapporto tra risultanze della conferenza e provvedimento autorizzatorio regionale, perché il potere della Regione di approvare o meno il progetto non resta impregiudicato qualunque sia la soluzione adottata a maggioranza dalla conferenza, sussistendo invece ora un rapporto di corrispondenza necessario tra i due momenti (14).

La giurisprudenza non pare comunque avere mutato parere sul punto perché, nonostante il riferimento normativo al criterio deliberativo maggioritario, essa evidenzia molteplici argomenti a conferma della natura istruttoria della conferenza. Innanzi, tutto il comma 6 dell’art. 208 ricollega sempre al rilascio dell’autorizzazione unica l’effetto di sostituire visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, mentre il sistema deliberativo previsto dall'art. 14–ter, comma 6–bis, della l. n. 241/1990 delinea un diverso meccanismo procedimentale finalizzato all'adozione di una c.d. “decisione pluristrutturata” che sostituisce tutti gli atti di assenso, comunque denominati, che l’amministrazione procedente è tenuta ad acquisire. Inoltre il riferimento alla possibilità che venga presa una “decisione a maggioranza”, contenuto nell'art. 208, comma 3, del dlgs n. 152/2006, sta semplicemente ad indicare che il provvedimento conclusivo del procedimento (ossia l’autorizzazione unica ovvero il diniego della stessa) deve contenere una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza, mentre nel caso di “decisione unanime” la Regione può semplicemente riportarsi ai pareri espressi dai soggetti che hanno preso parte alla conferenza. Non vi sono, dunque, ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento che, sin dall'art. 3-bis della l. n. 441/1987, ha affermato la natura istruttoria della conferenza di servizi (15).

Anche dopo l’approvazione dell’art. 208 si ribadisce, quindi, che l’effettiva partecipazione degli enti locali convocati alla conferenza di servizi non è un requisito di validità della stessa, essendo solo necessario che gli stessi siano stati effettivamente convocati, non operando la conferenza di servizi, tanto più se istruttoria, come un collegio perfetto (16).

La stessa previsione secondo cui la decisione è assunta a maggioranza e deve dare adeguata motivazione dei dissensi espressi, sancisce null'altro che «la non necessarietà del consenso del Comune in ordine all'autorizzazione dell’impianto, anche per quanto riguarda le varianti urbanistiche necessarie, salvo l’obbligo di motivazione» (17).

NOTE

(1) Il d.lgs. n. 22/1997 è stato abrogato dall’art. 264, comma 1, lett. I) del d.lgs. n. 152/2006.

(2) Cfr. M. BUSÀ–P. COSTANTINO, “La disciplina dei rifiuti. Prontuario tecnico–giuridico”, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 37. Per una parte della dottrina, «pare comunque lecito ritenere che una cerchia più ampia di soggetti possa essere ammessa a partecipare ex artt. 7 ss. della l. 241/1990 la cui applicabilità deve ritenersi pacifica» (E. GRILLO–N. SPADARO–A. BUONFINO, “Autorizzazioni e iscrizioni (Artt. 208–213”), in M. BUCELLO–L. PISCITELLI–S.E. VIOLA (a cura di), “VAS, VIA, AIA, rifiuti, emissioni in atmosfera. Le modifiche apportate al Codice dell’Ambiente dai decreti legislativi 128/2010 e 205/2010”, Milano, 2012, pp. 955 ss., p. 968, nt. 5).

(3) Cfr. F. PERES, “Rifiuti”, in S. NESPOR–A.L. DE CESARIS (a cura di), “Codice dell’ambiente. Commento alle recenti novità in materia di AIA, caccia, inquinamento atmosferico, rifiuti, VAS e VIA”, Milano, 2011, pp. 165 ss., p. 260.

(4) Cfr. F. PERES, “Rifiuti”, in S. NESPOR–A.L. DE CESARIS (a cura di), “Codice dell’ambiente”, Milano, 3a ed., 2009, pp. 2153 ss., p. 2295.

(5) In tal caso, l’illegittimità del provvedimento finale discendeva dal fatto che «nessuno di tali elementi sembra essere stato preso in considerazione dall'Amministrazione, se non superficialmente, non potendo considerarsi come espressione di una adeguata valutazione la formula di stile utilizzata nella circostanza. Né, tantomeno, può ritenersi ammissibile l’assunto secondo cui “il Nucleo è del parere che tali aspetti non potranno trovare nella Conferenza dei Servizi e nelle prescrizioni realizzative e di esercizio che nella stessa potranno essere disposte una completa e definitiva declinazione”. È, infatti, indubitabile che tutto l’impianto normativo prefigurato in materia dal Codice dell’ambiente si propone proprio di fare emergere, attraverso lo strumento procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e le eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal soggetto proponente affinché, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i chiarimenti necessari. Di talchè non appare conforme a tale intendimento una conclusione che si traduce in una sorta di “non liquet” dell’Amministrazione sulla proposta della ricorrente» (T.A.R. Toscana, sez. II, 4 febbraio 2011, n. 224, in www.giustizia-amministrativa.it).

(6) Cfr. BUSÀ–COSTANTINO, op. cit., p. 38, nt. 33.

(7) Sul punto la giurisprudenza ha censurato per violazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990 il silenzio serbato dall'amministrazione su un’istanza tesa ad ottenere l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto per il recupero di rifiuti. Infatti, premesso che «si può formare il silenzio–rifiuto (una volta espletato il relativo procedimento) allorquando l’Amministrazione, in presenza di un’istanza a questa diretta, abbia l’obbligo – espressamente previsto dalla legge o comunque deducibile dal sistema – di porre in essere un procedimento e di concluderlo con un provvedimento espresso», nel procedimento ex art. 208 del dlgs n. 152/2006 risulta «sussistente l’interesse pretensivo della ricorrente alla conclusione del procedimento, previa individuazione del responsabile del procedimento e convocazione di apposita conferenza di servizi» (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 15 novembre 2007, n. 3893, in www.giustizia-amministrativa.it). Sul punto cfr. L. TRAMONTANO–F. CAPPILLI, “Codice dell’ambiente spiegato. Il Testo Unico Ambientale commentato con dottrina e giurisprudenza”, Piacenza, 2011, p. 469.

(8) Di diverso avviso GRILLO–SPADARO–BUONFINO, op. cit., p. 967, per i quali «si tratta di modifiche dal contenuto assai poco innovativo».

(9) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 15 luglio 2010, n. 2992, in www.giustizia-amministrativa.it e T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2 novembre 2010, n. 4526, in www.giustizia-amministrativa.it.

(10) In tal senso cfr. S. MAGLIA–M. TAINA, “Adempimenti amministrativi della gestione dei rifiuti: le novità introdotte dal decreto n. 205/2010”, in “Amb. e svil.”, 2011, pp. 5 ss., p. 6.

(11) Ai sensi del quale, «la decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza».

(12) Ai sensi del quale, «entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(13) In altri termini, la continuità dell’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato «pare condivisibile solo ad una lettura combinata dell’art. 208, comma 3, ultimo periodo, e comma 6, da cui emerge che la titolarità del provvedimento finale permane in capo alla Regione la quale, dopo aver apprezzato le risultanze della conferenza, abbia (in via ulteriore e successiva) anche valutato positivamente il progetto. Simile conclusione, invece non potrebbe trarsi solo e semplicemente dall'esame del comma 3 laddove l’ultimo legislatore, con scelta linguistica tutta criticabile, ha specificato che “la decisione della conferenza di servizi è assunta a maggioranza”, riferendosi così ad un’attività decisionale del tutto incompatibile con la natura istruttoria pacificamente (e a ragione) riconosciuta al modulo procedimentale de quo» (GRILLO–SPADARO–BUONFINO, op. cit., pp. 967 s., nt. 4).

(14) Cfr. P. DELL’ANNO, “Elementi di diritto ambientale”, Padova, 2008, pp. 123 s.

(15) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 26 novembre 2010, n. 25848, in www.giustizia-amministrativa.it.

(16) In tal senso, la conferenza «costituisce un momento di comparazione di interessi e di valutazione comparativa, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che l’amministrazione regionale deve valutare. Pertanto il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica, in quanto per i progetti per l’insediamento degli impianti di trattamento e stoccaggio di rifiuti, la cui istruttoria è regolata dalla l. 29 ottobre 1987, n. 441, è irrilevante che il soggetto presente alla prevista conferenza di servizi non abbia votato a favore di un determinato progetto posto che il parere non favorevole di alcuno dei soggetti intervenuti non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto. Il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica». Ora, «tale ricostruzione, che non consente al Comune di porre un veto insuperabile alla localizzazione dell’impianto, risulta peraltro in linea con l’evoluzione della normativa sull'autorizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti di cui all'art. 208 (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)» (T.A.R. Liguria, sez. I, 23 maggio 2012, n. 723, in www.giustizia-amministrativa.it).

(17) Ibid.

Nell'evoluzione della disciplina normativa sulla conferenza di servizi prevista dal procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica all'installazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, dopo l’art. 3-bis della l. n. 441/1987 e l’art. 27, comma 2, del dlgs n. 22/1997 la tendenza alla progressiva procedimentalizzazione si intensifica con l’introduzione del Codice dell’ambiente, il cui art. 208 mantiene comunque inalterata la distinzione tra risultanze conferenziali e provvedimento autorizzatorio regionale (1).

Anzitutto, i soggetti pubblici che hanno diritto a partecipare alla conferenza sono ora solo quelli «sul cui territorio è realizzato l’impianto», laddove la normativa previgente – tanto l’art. 3–bis della l. n. 441/1987 quanto l’art. 27, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 –si riferiva genericamente agli «enti locali interessati». Qualora la Regione ritenga comunque opportuno convocare gli altri Comuni limitrofi, essi avrebbero dunque solo un ruolo consultivo (2).

In tal modo, si è cercato di limitare la partecipazione ai soli enti locali facilmente individuabili, al fine di evitare un eccessivo aggravio del procedimento ed attenuare il livello di conflittualità che spesso si riscontra in tale conferenza (3).

Inoltre, cambia la finalità della conferenza, che non è più quella di acquisire solo «informazioni e chiarimenti» ma anche «documenti, informazioni e chiarimenti».

In terzo luogo, tutta la documentazione che il richiedente deve allegare alla domanda viene inviata preventivamente a tutti i componenti della conferenza di servizi, che includono adesso anche i rappresentanti delle autorità d’ambito.

Si prevede poi un criterio deliberativo specifico, perché ora la decisione è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una motivazione adeguata (e non più necessariamente analitica) rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Si introduce dunque una garanzia «formale», al fine di evitare che alcuni interessi pubblici coinvolti nel procedimento possano poi non ricevere una valutazione esauriente e puntuale nella fase decisionale (4).

Si intensificano anche le funzioni della conferenza di accertamento della compatibilità ambientale del progetto, perché mentre in passato essa era chiamata ad acquisire e valutare genericamente tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, ora è tenuta a valutare che «i rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente» (art. 177, comma 4). Di tali requisiti contenutistici la giurisprudenza ha fatto subito applicazione, censurando il provvedimento di diniego dell’autorizzazione alla costruzione di un impianto dovuto ad un’insufficiente valutazione dei nuovi aspetti specificati dalla norma da parte della conferenza (5).

Con le modifiche introdotte al comma 6 dal d.lgs. n. 205/2010, infine, la Regione non decide più «sulla base delle risultanze» della conferenza ma «valutando le risultanze della stessa», con una formulazione quindi che sembrerebbe avere apportato un ampliamento della potestà discrezionale regionale, pur con il limite dell’adeguata motivazione in caso di divergenza dalle determinazioni conferenziali (6).

In ogni caso, se il procedimento autorizzatorio che caratterizza l’istruttoria dinanzi alla conferenza di servizi si conclude negativamente, è necessaria l’adozione di un provvedimento espresso di diniego, non potendosi configurare nel procedimento in esame un’ipotesi di silenzio–rifiuto (7).

Per quanto non radicali, le modifiche apportate dal dlgs n. 152/2006, come rimodificato dal d.lgs. n. 205/2010, sono senz'altro significative (8). Peraltro, non muta la tempistica dell’istruttoria, i cui termini restano ordinatori (9). Inoltre, pur nel perdurante carattere istruttorio, la disposizione non specifica in alcun modo il valore dei pareri dissenzienti, cioè il «peso» che gli stessi possono avere sull'adozione del atto finale. Poiché, comunque, responsabile dell’adozione del provvedimento è sempre l’amministrazione regionale procedente, la risposta più plausibile sembra essere che, alla luce delle motivate opinioni dissenzienti, nell'autorizzazione si potranno inserire adeguate prescrizioni (10).

È stato anche rilevato che la natura istruttoria della conferenza può essere ribadita solo facendo leva sul disposto combinato del comma 3, ultimo periodo (11), e del comma 6 (12), mentre altrettanto non potrebbe affermarsi sulla sola base della prima disposizione (13). In effetti, alla luce del meccanismo deliberativo maggioritario, si è sostenuto che il d.lgs. n. 152/2006 avrebbe introdotto una terza fase al complesso procedimento autorizzatorio, inserendola tra l’istruttoria e l’approvazione del progetto, cosicché la conferenza di servizi verrebbe a caratterizzarsi per un momento istruttorio ed un successivo momento decisorio.

In sostanza, il nuovo sistema decisionale attribuisce ai partecipanti necessari una potestà interdittiva superabile solo con particolari rimedi procedimentali, qualora l’amministrazione dissenziente sia preposta alla tutela di interessi ambientali, paesaggistici o sanitari, o sia un’amministrazione statale. Nell'ottica del rafforzamento del ruolo degli enti locali rispetto al modello precedente, cambia dunque anche il rapporto tra risultanze della conferenza e provvedimento autorizzatorio regionale, perché il potere della Regione di approvare o meno il progetto non resta impregiudicato qualunque sia la soluzione adottata a maggioranza dalla conferenza, sussistendo invece ora un rapporto di corrispondenza necessario tra i due momenti (14).

La giurisprudenza non pare comunque avere mutato parere sul punto perché, nonostante il riferimento normativo al criterio deliberativo maggioritario, essa evidenzia molteplici argomenti a conferma della natura istruttoria della conferenza. Innanzi, tutto il comma 6 dell’art. 208 ricollega sempre al rilascio dell’autorizzazione unica l’effetto di sostituire visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, mentre il sistema deliberativo previsto dall'art. 14–ter, comma 6–bis, della l. n. 241/1990 delinea un diverso meccanismo procedimentale finalizzato all'adozione di una c.d. “decisione pluristrutturata” che sostituisce tutti gli atti di assenso, comunque denominati, che l’amministrazione procedente è tenuta ad acquisire. Inoltre il riferimento alla possibilità che venga presa una “decisione a maggioranza”, contenuto nell'art. 208, comma 3, del dlgs n. 152/2006, sta semplicemente ad indicare che il provvedimento conclusivo del procedimento (ossia l’autorizzazione unica ovvero il diniego della stessa) deve contenere una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza, mentre nel caso di “decisione unanime” la Regione può semplicemente riportarsi ai pareri espressi dai soggetti che hanno preso parte alla conferenza. Non vi sono, dunque, ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento che, sin dall'art. 3-bis della l. n. 441/1987, ha affermato la natura istruttoria della conferenza di servizi (15).

Anche dopo l’approvazione dell’art. 208 si ribadisce, quindi, che l’effettiva partecipazione degli enti locali convocati alla conferenza di servizi non è un requisito di validità della stessa, essendo solo necessario che gli stessi siano stati effettivamente convocati, non operando la conferenza di servizi, tanto più se istruttoria, come un collegio perfetto (16).

La stessa previsione secondo cui la decisione è assunta a maggioranza e deve dare adeguata motivazione dei dissensi espressi, sancisce null'altro che «la non necessarietà del consenso del Comune in ordine all'autorizzazione dell’impianto, anche per quanto riguarda le varianti urbanistiche necessarie, salvo l’obbligo di motivazione» (17).

NOTE

(1) Il d.lgs. n. 22/1997 è stato abrogato dall’art. 264, comma 1, lett. I) del d.lgs. n. 152/2006.

(2) Cfr. M. BUSÀ–P. COSTANTINO, “La disciplina dei rifiuti. Prontuario tecnico–giuridico”, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 37. Per una parte della dottrina, «pare comunque lecito ritenere che una cerchia più ampia di soggetti possa essere ammessa a partecipare ex artt. 7 ss. della l. 241/1990 la cui applicabilità deve ritenersi pacifica» (E. GRILLO–N. SPADARO–A. BUONFINO, “Autorizzazioni e iscrizioni (Artt. 208–213”), in M. BUCELLO–L. PISCITELLI–S.E. VIOLA (a cura di), “VAS, VIA, AIA, rifiuti, emissioni in atmosfera. Le modifiche apportate al Codice dell’Ambiente dai decreti legislativi 128/2010 e 205/2010”, Milano, 2012, pp. 955 ss., p. 968, nt. 5).

(3) Cfr. F. PERES, “Rifiuti”, in S. NESPOR–A.L. DE CESARIS (a cura di), “Codice dell’ambiente. Commento alle recenti novità in materia di AIA, caccia, inquinamento atmosferico, rifiuti, VAS e VIA”, Milano, 2011, pp. 165 ss., p. 260.

(4) Cfr. F. PERES, “Rifiuti”, in S. NESPOR–A.L. DE CESARIS (a cura di), “Codice dell’ambiente”, Milano, 3a ed., 2009, pp. 2153 ss., p. 2295.

(5) In tal caso, l’illegittimità del provvedimento finale discendeva dal fatto che «nessuno di tali elementi sembra essere stato preso in considerazione dall'Amministrazione, se non superficialmente, non potendo considerarsi come espressione di una adeguata valutazione la formula di stile utilizzata nella circostanza. Né, tantomeno, può ritenersi ammissibile l’assunto secondo cui “il Nucleo è del parere che tali aspetti non potranno trovare nella Conferenza dei Servizi e nelle prescrizioni realizzative e di esercizio che nella stessa potranno essere disposte una completa e definitiva declinazione”. È, infatti, indubitabile che tutto l’impianto normativo prefigurato in materia dal Codice dell’ambiente si propone proprio di fare emergere, attraverso lo strumento procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e le eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal soggetto proponente affinché, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i chiarimenti necessari. Di talchè non appare conforme a tale intendimento una conclusione che si traduce in una sorta di “non liquet” dell’Amministrazione sulla proposta della ricorrente» (T.A.R. Toscana, sez. II, 4 febbraio 2011, n. 224, in www.giustizia-amministrativa.it).

(6) Cfr. BUSÀ–COSTANTINO, op. cit., p. 38, nt. 33.

(7) Sul punto la giurisprudenza ha censurato per violazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990 il silenzio serbato dall'amministrazione su un’istanza tesa ad ottenere l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto per il recupero di rifiuti. Infatti, premesso che «si può formare il silenzio–rifiuto (una volta espletato il relativo procedimento) allorquando l’Amministrazione, in presenza di un’istanza a questa diretta, abbia l’obbligo – espressamente previsto dalla legge o comunque deducibile dal sistema – di porre in essere un procedimento e di concluderlo con un provvedimento espresso», nel procedimento ex art. 208 del dlgs n. 152/2006 risulta «sussistente l’interesse pretensivo della ricorrente alla conclusione del procedimento, previa individuazione del responsabile del procedimento e convocazione di apposita conferenza di servizi» (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 15 novembre 2007, n. 3893, in www.giustizia-amministrativa.it). Sul punto cfr. L. TRAMONTANO–F. CAPPILLI, “Codice dell’ambiente spiegato. Il Testo Unico Ambientale commentato con dottrina e giurisprudenza”, Piacenza, 2011, p. 469.

(8) Di diverso avviso GRILLO–SPADARO–BUONFINO, op. cit., p. 967, per i quali «si tratta di modifiche dal contenuto assai poco innovativo».

(9) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 15 luglio 2010, n. 2992, in www.giustizia-amministrativa.it e T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2 novembre 2010, n. 4526, in www.giustizia-amministrativa.it.

(10) In tal senso cfr. S. MAGLIA–M. TAINA, “Adempimenti amministrativi della gestione dei rifiuti: le novità introdotte dal decreto n. 205/2010”, in “Amb. e svil.”, 2011, pp. 5 ss., p. 6.

(11) Ai sensi del quale, «la decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza».

(12) Ai sensi del quale, «entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(13) In altri termini, la continuità dell’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato «pare condivisibile solo ad una lettura combinata dell’art. 208, comma 3, ultimo periodo, e comma 6, da cui emerge che la titolarità del provvedimento finale permane in capo alla Regione la quale, dopo aver apprezzato le risultanze della conferenza, abbia (in via ulteriore e successiva) anche valutato positivamente il progetto. Simile conclusione, invece non potrebbe trarsi solo e semplicemente dall'esame del comma 3 laddove l’ultimo legislatore, con scelta linguistica tutta criticabile, ha specificato che “la decisione della conferenza di servizi è assunta a maggioranza”, riferendosi così ad un’attività decisionale del tutto incompatibile con la natura istruttoria pacificamente (e a ragione) riconosciuta al modulo procedimentale de quo» (GRILLO–SPADARO–BUONFINO, op. cit., pp. 967 s., nt. 4).

(14) Cfr. P. DELL’ANNO, “Elementi di diritto ambientale”, Padova, 2008, pp. 123 s.

(15) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 26 novembre 2010, n. 25848, in www.giustizia-amministrativa.it.

(16) In tal senso, la conferenza «costituisce un momento di comparazione di interessi e di valutazione comparativa, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che l’amministrazione regionale deve valutare. Pertanto il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica, in quanto per i progetti per l’insediamento degli impianti di trattamento e stoccaggio di rifiuti, la cui istruttoria è regolata dalla l. 29 ottobre 1987, n. 441, è irrilevante che il soggetto presente alla prevista conferenza di servizi non abbia votato a favore di un determinato progetto posto che il parere non favorevole di alcuno dei soggetti intervenuti non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto. Il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica». Ora, «tale ricostruzione, che non consente al Comune di porre un veto insuperabile alla localizzazione dell’impianto, risulta peraltro in linea con l’evoluzione della normativa sull'autorizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti di cui all'art. 208 (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)» (T.A.R. Liguria, sez. I, 23 maggio 2012, n. 723, in www.giustizia-amministrativa.it).

(17) Ibid.