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Cassazione Civile: sanatoria e diritti dei vicini

Una questione particolarmente avvincente è quella recentemente trattata dalla Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 21947/2013, relativa alla sanatoria dell'abuso e al diritto del vicino di richiedere comunque i danni e la riduzione in pristino.

La Suprema Corte aderisce all'orientamento secondo cui la sanatoria prevista dall'articolo 31 e seguenti e dall'articolo 13 della L. 28/02/1985 n 47, nonché articolo 39 della L. 23/12/1994 n 724 (condono edilizio) concernendo i rapporti tra PA e privato costruttore, non hanno alcuna incidenza nei rapporti tra privati.

Nello specifico tale normativa non incide nel rapporto tra privati e per l'effetto non priva il proprietario del fondo contiguo leso dalla violazione delle norme urbanistiche edilizie del diritto di chiedere ed ottenere l'abbattimento o arretramento dell'opera illegittima.

A tal proposito è opportuno evidenziare cosa si intenda per costruzione ai fini dell'osservanza delle norme in tema di distanze legali stabilite dagli articoli 873 e seguenti del Codice Civile e delle norme dei regolamenti locali integrative della disciplina codicistica per meglio comprendere la sentenza sopra menzionata.

La costruzione è, dunque, qualsiasi opera non del tutto interrata, che presenta i caratteri della solidità, della stabilità e dell'immobilizzazione rispetto al suolo, anche attraverso appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contemporaneamente realizzato oppure preesistente, e questo senza che venga considerato il livello di posa e di elevazione dell'opera stessa, i caratteri del suo sviluppo aereo, l'uniformità e continuità della massa, il materiale impiegato per la sua realizzazione, e la sua destinazione.

I Giudici di legittimità hanno enunciato il principio secondo cui “in tema di distanze nelle costruzioni i provvedimenti amministrativi concessori o di sanatoria edilizia non hanno portata nel rapporti tra privati, i quali hanno la facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria prevista dall'articolo 872 del Codice Civile.”.

Ed infatti con riferimento alle distanze legali nelle costruzioni, l'articolo 872 del Codice Civile prevede che il proprietario del fondo vicino, che lamenti un danno dalla violazione della relativa disciplina, abbia la possibilità di ricorrere sia all'azione risarcitoria di natura obbligatoria che a quella di natura ripristinatoria (con contenuto reale e finalizzata ad eliminare l'abuso).

Quest'ultima deve assolutamente, però, essere avanzata nei confronti di chi si indichi come il proprietario della costruzione illegittima, anche nel caso in cui la stessa sia stata materialmente realizzata da altri dotato delle capacità tecniche.

Tanto in quanto viene tutelato il diritto dominicale fondiario, ed è solamente il proprietario che può essere il destinatario dell'ordine di demolizione che tale azione, con il ripristino delle distanze legali, mira a realizzare.

  Una questione particolarmente avvincente è quella recentemente trattata dalla Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 21947/2013, relativa alla sanatoria dell'abuso e al diritto del vicino di richiedere comunque i danni e la riduzione in pristino.

La Suprema Corte aderisce all'orientamento secondo cui la sanatoria prevista dall'articolo 31 e seguenti e dall'articolo 13 della L. 28/02/1985 n 47, nonché articolo 39 della L. 23/12/1994 n 724 (condono edilizio) concernendo i rapporti tra PA e privato costruttore, non hanno alcuna incidenza nei rapporti tra privati.

Nello specifico tale normativa non incide nel rapporto tra privati e per l'effetto non priva il proprietario del fondo contiguo leso dalla violazione delle norme urbanistiche edilizie del diritto di chiedere ed ottenere l'abbattimento o arretramento dell'opera illegittima.

A tal proposito è opportuno evidenziare cosa si intenda per costruzione ai fini dell'osservanza delle norme in tema di distanze legali stabilite dagli articoli 873 e seguenti del Codice Civile e delle norme dei regolamenti locali integrative della disciplina codicistica per meglio comprendere la sentenza sopra menzionata.

La costruzione è, dunque, qualsiasi opera non del tutto interrata, che presenta i caratteri della solidità, della stabilità e dell'immobilizzazione rispetto al suolo, anche attraverso appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contemporaneamente realizzato oppure preesistente, e questo senza che venga considerato il livello di posa e di elevazione dell'opera stessa, i caratteri del suo sviluppo aereo, l'uniformità e continuità della massa, il materiale impiegato per la sua realizzazione, e la sua destinazione.

I Giudici di legittimità hanno enunciato il principio secondo cui “in tema di distanze nelle costruzioni i provvedimenti amministrativi concessori o di sanatoria edilizia non hanno portata nel rapporti tra privati, i quali hanno la facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria prevista dall'articolo 872 del Codice Civile.”.

Ed infatti con riferimento alle distanze legali nelle costruzioni, l'articolo 872 del Codice Civile prevede che il proprietario del fondo vicino, che lamenti un danno dalla violazione della relativa disciplina, abbia la possibilità di ricorrere sia all'azione risarcitoria di natura obbligatoria che a quella di natura ripristinatoria (con contenuto reale e finalizzata ad eliminare l'abuso).

Quest'ultima deve assolutamente, però, essere avanzata nei confronti di chi si indichi come il proprietario della costruzione illegittima, anche nel caso in cui la stessa sia stata materialmente realizzata da altri dotato delle capacità tecniche.

Tanto in quanto viene tutelato il diritto dominicale fondiario, ed è solamente il proprietario che può essere il destinatario dell'ordine di demolizione che tale azione, con il ripristino delle distanze legali, mira a realizzare.