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L'assegno di mantenimento per il figlio minore: i parametri per determinarlo e i poteri del giudice

1. Le massime

L’obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli grava su entrambi i genitori in proporzione delle proprie disponibilità economiche: il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di proporzionalità e, nel determinare l’importo dell’assegno per il minore, deve considerare le “attuali esigenze del figlio”, che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni del minore e, in genere, nelle sue prospettive di vita, le quali non potranno non risentire del livello economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore.

Le disponibilità economiche di ciascun genitore, ai fini della determinazione della misura di compartecipazione al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, deve esser valutata tenendo conto di tutte le disponibilità patrimoniali (beni immobili, partecipazioni societarie, incarichi gestori di società), avendo riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro; nell'effettuare simili valutazioni il giudice, in deroga alle regole generali sull'onere della prova, può avvalersi della polizia tributaria, d’ufficio o su istanza di parte.

Il dovere genitoriale di mantenere, istruire ed educare la prole impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, alla assistenza morale e materiale e alla opportuna predisposizione, fino a quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a corrispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.

2. Il caso

La corte di appello territoriale, in parziale riforma del decreto adottato dal giudice di prime cure – competente in primo grado era il tribunale per i minori poiché si verteva in materia di mantenimento di figli nati da una unione non fondata sul matrimonio (sul punto, si veda anche il punto cinque in chiusura della presente nota) – disponeva la corresponsione, da parte di Tizio ed in favore di Caia, della somma mensile di milleduecento Euro, oltre al pagamento dell’ottanta per cento delle spese straordinarie sostenute per la figlia della coppia, a titolo di contributo al mantenimento della minore.

Avverso la predetta sentenza, Tizio proponeva ricorso per cassazione, adducendo le seguenti argomentazioni:

1) il giudice del merito è incorso in errore poiché si è affidato al criterio esclusivo costituito dalla presunta sproporzione di reddito tra i genitori affidatari, senza valutare gli altri criteri indicati dalla legge, quali le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto in precedenza e le risorse economiche di entrambi i coniugi;

2) la corte di appello ha motivato in modo inadeguato la propria decisione, in quanto – pur riferendosi alle attuali esigenze del minore – ha fondato la decisione esclusivamente sulla asserita sproporzione tra i redditi;

3) la corte è incorsa vizio di motivazione in relazione all'aumento dell’assegno determinato esclusivamente sulla esistenza di una notevole capacità economica e patrimoniale di Tizio, desunta da elementi diversi dal reddito formalmente dichiarato, di cui il giudice non ha tenuto conto ed accogliendo in modo acritico le contestazioni di Caia, senza neppure procedere a nuove indagini tributarie

4) il giudice ha determinato l’assegno perequativo in milleduecento Euro senza valutare in modo effettivo le esigenze della minore, qualificando come omnicomprensivo il predetto contributo, pur prevedendo la partecipazione nella misura dell’ottanta per cento delle spese straordinarie destinate a soddisfare in concreto proprio quelle esigenze educative, sportive e di svago ricondotte nell'ambito dell’ordinario mantenimento, con duplicazione conseguente del contributo;

5) il giudice ha confermato l’onere di contribuzione del ricorrente nella misura dell’ottanta per cento, omettendo di fornire sul punto alcuna giustificazione, sebbene fosse stato proposto reclamo incidentale anche in ordine alle spese straordinarie, nel quale reclamo ne era stata chiesta una limitazione della compartecipazione alle stesse nella misura del cinquanta per cento;

6) il giudice ha disatteso la documentazione fiscale prodotta da Tizio senza procedere alle indagini tributarie del caso e dando prevalenza alla asserita e generalizzata ricchezza dei chirurghi plastici, nonché alla presunzione di redditività delle società del ricorrente.

Con controricorso Caia resiste e richiede il rigetto delle pretese del ricorrente.

3. La decisione

I primi due motivi sono ritenuti manifestamente infondati poiché l’obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, è posto - a carico di entrambi i genitori che svolgano attività lavorativa produttiva di reddito - dalle pertinenti norme di cui agli artt. 147-148, cod. civ., nonché in diretta applicazione dell’art. 30 della Costituzione, nonché dell’art. 155, cod. civ., il quale ultimo - come noto - trova applicazione anche in caso di figli naturali ovvero, adeguandosi al mutato lessico adoperato dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219,  in caso di figli nati fuori del matrimonio.

Ove necessario, il giudice può disporre un assegno periodico a carico di uno dei genitori proprio al fine di realizzare tale principio di proporzionalità. La determinazione dell’importo dell’assegno in favore del minore deve considerare le attuali esigenze del minore, espressione in cui si riassumono il complesso dei bisogni, delle abitudini e delle legittime aspirazioni della minore e, in genere, delle sue prospettive di vita, parametrate anche al livello economico e sociale del genitore.

A giudizio della Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente valutato necessità e bisogni della figlia minore, rilevando anche la notevole disparità delle condizioni patrimoniali dei genitori, la quale giustifica la maggiore contribuzione posta a carico del padre.

Il terzo ed il quarto motivo sono ritenuti: in parte inammissibili, poiché tesi a sollecitare un giudizio fattuale in quanto tale precluso nel giudizio di legittimità; in parte infondati, in quanto il giudice di merito non ha disatteso i redditi fiscali dichiarati dal ricorrente, bensì - visti gli stessi - ha esteso l'esame della capacità economica di Tizio considerando anche le sue ulteriori disponibilità patrimoniali.

Infondata, inoltre, la censura circa il mancato ricorso alle indagini tributarie, atteso che il potere di disporle rientra nella sfera discrezionale del giudice, il quale può avvalersene - in deroga alle regole generali sull'onere della prova, d'ufficio o su istanza di parte (istanza, nella specie, mancante).

Il quarto motivo è ritenuto in parte inammissibile ed in parte infondato. La Corte ha occasione di precisare che non tutte le esigenze sportive, educative e di svago rientrano tra le spese straordinarie, non sussistendo, perciò, alcuna contradditorietà o duplicazione nell'asserire, da un lato, che il ricorrente è tenuto a corrispondere un assegno onnicomprensivo, con riferimento a tutti i bisogni ordinari e, dall'altro, nel disporne contemporaneamente la partecipazione all'ottanta per cento delle spese straordinarie.

Manifestamente infondato è ritenuto il quinto motivo.

Il ricorso è integralmente respinto.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima massima si vedano: Cass., Sez. I, sent. 6 novembre 2009, n. 23630; Cass., Sez. I, sent. 4 novembre 2009, n. 23411; Cass., Sez. I, sent. 13 luglio 1995, n. 7644 e Cass., Sez. I, sent. 2 maggio 2006, n. 10119.

Principi analoghi a quelli enunciati nella seconda massima enucleata sono rinvenibili in Cass., Sez. I, sent. 24 aprile 2007 n. 9915 e, per quanto più specificamente il ricorso alle indagini della polizia tributaria, si veda Cass., Sez. I, sent. 28 gennaio 2011, n. 2098.

Di segno conforme alla terza massima enunciata: Cass., Sez. I, sent. 27 maggio 2009, n. 23630; Cass., Sez. I, 8 novembre 1997, n. 11025; Cass., Sez. I, sent. 19 marzo 2002, n. 3974; Cass., Sez. I, sent. 22 marzo 2005, n. 6197.

5. Tra le novità della Legge 10 dicembre 2012, n. 219 la modifica dell'art. 38, disp. att., cod. civ.

L’art. 38 delle disposizioni attuative del codice civile, cioè la disposizione in base alla quale il caso all’esame è stato incardinato – in primo grado – dinanzi al tribunale per i minorenni, è stato novellato per effetto della Legge n. 219/2012 recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”.

Il nuovo art. 38, comma 2, secondo periodo, delle disposizioni di attuazione prevede, infatti, che “Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile”. Ne consegue che una controversia in tema di mantenimento di minori, oggi, dovrebbe essere proposta dinanzi al tribunale ordinario e sarebbe regolata dalle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 e ss. c.p.c.). La Legge n. 219/2012 ha eliminato l'ingiustificata previsione che imponeva un diverso organo giurisdizionale competente -  tribunale ordinario o tribunale per i minorenni - a seconda che la questione relativa al mantenimento del minore concernesse un figlio legittimo ovvero naturale.

1. Le massime

L’obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli grava su entrambi i genitori in proporzione delle proprie disponibilità economiche: il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di proporzionalità e, nel determinare l’importo dell’assegno per il minore, deve considerare le “attuali esigenze del figlio”, che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni del minore e, in genere, nelle sue prospettive di vita, le quali non potranno non risentire del livello economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore.

Le disponibilità economiche di ciascun genitore, ai fini della determinazione della misura di compartecipazione al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, deve esser valutata tenendo conto di tutte le disponibilità patrimoniali (beni immobili, partecipazioni societarie, incarichi gestori di società), avendo riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro; nell'effettuare simili valutazioni il giudice, in deroga alle regole generali sull'onere della prova, può avvalersi della polizia tributaria, d’ufficio o su istanza di parte.

Il dovere genitoriale di mantenere, istruire ed educare la prole impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, alla assistenza morale e materiale e alla opportuna predisposizione, fino a quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a corrispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.

2. Il caso

La corte di appello territoriale, in parziale riforma del decreto adottato dal giudice di prime cure – competente in primo grado era il tribunale per i minori poiché si verteva in materia di mantenimento di figli nati da una unione non fondata sul matrimonio (sul punto, si veda anche il punto cinque in chiusura della presente nota) – disponeva la corresponsione, da parte di Tizio ed in favore di Caia, della somma mensile di milleduecento Euro, oltre al pagamento dell’ottanta per cento delle spese straordinarie sostenute per la figlia della coppia, a titolo di contributo al mantenimento della minore.

Avverso la predetta sentenza, Tizio proponeva ricorso per cassazione, adducendo le seguenti argomentazioni:

1) il giudice del merito è incorso in errore poiché si è affidato al criterio esclusivo costituito dalla presunta sproporzione di reddito tra i genitori affidatari, senza valutare gli altri criteri indicati dalla legge, quali le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto in precedenza e le risorse economiche di entrambi i coniugi;

2) la corte di appello ha motivato in modo inadeguato la propria decisione, in quanto – pur riferendosi alle attuali esigenze del minore – ha fondato la decisione esclusivamente sulla asserita sproporzione tra i redditi;

3) la corte è incorsa vizio di motivazione in relazione all'aumento dell’assegno determinato esclusivamente sulla esistenza di una notevole capacità economica e patrimoniale di Tizio, desunta da elementi diversi dal reddito formalmente dichiarato, di cui il giudice non ha tenuto conto ed accogliendo in modo acritico le contestazioni di Caia, senza neppure procedere a nuove indagini tributarie

4) il giudice ha determinato l’assegno perequativo in milleduecento Euro senza valutare in modo effettivo le esigenze della minore, qualificando come omnicomprensivo il predetto contributo, pur prevedendo la partecipazione nella misura dell’ottanta per cento delle spese straordinarie destinate a soddisfare in concreto proprio quelle esigenze educative, sportive e di svago ricondotte nell'ambito dell’ordinario mantenimento, con duplicazione conseguente del contributo;

5) il giudice ha confermato l’onere di contribuzione del ricorrente nella misura dell’ottanta per cento, omettendo di fornire sul punto alcuna giustificazione, sebbene fosse stato proposto reclamo incidentale anche in ordine alle spese straordinarie, nel quale reclamo ne era stata chiesta una limitazione della compartecipazione alle stesse nella misura del cinquanta per cento;

6) il giudice ha disatteso la documentazione fiscale prodotta da Tizio senza procedere alle indagini tributarie del caso e dando prevalenza alla asserita e generalizzata ricchezza dei chirurghi plastici, nonché alla presunzione di redditività delle società del ricorrente.

Con controricorso Caia resiste e richiede il rigetto delle pretese del ricorrente.

3. La decisione

I primi due motivi sono ritenuti manifestamente infondati poiché l’obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, è posto - a carico di entrambi i genitori che svolgano attività lavorativa produttiva di reddito - dalle pertinenti norme di cui agli artt. 147-148, cod. civ., nonché in diretta applicazione dell’art. 30 della Costituzione, nonché dell’art. 155, cod. civ., il quale ultimo - come noto - trova applicazione anche in caso di figli naturali ovvero, adeguandosi al mutato lessico adoperato dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219,  in caso di figli nati fuori del matrimonio.

Ove necessario, il giudice può disporre un assegno periodico a carico di uno dei genitori proprio al fine di realizzare tale principio di proporzionalità. La determinazione dell’importo dell’assegno in favore del minore deve considerare le attuali esigenze del minore, espressione in cui si riassumono il complesso dei bisogni, delle abitudini e delle legittime aspirazioni della minore e, in genere, delle sue prospettive di vita, parametrate anche al livello economico e sociale del genitore.

A giudizio della Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente valutato necessità e bisogni della figlia minore, rilevando anche la notevole disparità delle condizioni patrimoniali dei genitori, la quale giustifica la maggiore contribuzione posta a carico del padre.

Il terzo ed il quarto motivo sono ritenuti: in parte inammissibili, poiché tesi a sollecitare un giudizio fattuale in quanto tale precluso nel giudizio di legittimità; in parte infondati, in quanto il giudice di merito non ha disatteso i redditi fiscali dichiarati dal ricorrente, bensì - visti gli stessi - ha esteso l'esame della capacità economica di Tizio considerando anche le sue ulteriori disponibilità patrimoniali.

Infondata, inoltre, la censura circa il mancato ricorso alle indagini tributarie, atteso che il potere di disporle rientra nella sfera discrezionale del giudice, il quale può avvalersene - in deroga alle regole generali sull'onere della prova, d'ufficio o su istanza di parte (istanza, nella specie, mancante).

Il quarto motivo è ritenuto in parte inammissibile ed in parte infondato. La Corte ha occasione di precisare che non tutte le esigenze sportive, educative e di svago rientrano tra le spese straordinarie, non sussistendo, perciò, alcuna contradditorietà o duplicazione nell'asserire, da un lato, che il ricorrente è tenuto a corrispondere un assegno onnicomprensivo, con riferimento a tutti i bisogni ordinari e, dall'altro, nel disporne contemporaneamente la partecipazione all'ottanta per cento delle spese straordinarie.

Manifestamente infondato è ritenuto il quinto motivo.

Il ricorso è integralmente respinto.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima massima si vedano: Cass., Sez. I, sent. 6 novembre 2009, n. 23630; Cass., Sez. I, sent. 4 novembre 2009, n. 23411; Cass., Sez. I, sent. 13 luglio 1995, n. 7644 e Cass., Sez. I, sent. 2 maggio 2006, n. 10119.

Principi analoghi a quelli enunciati nella seconda massima enucleata sono rinvenibili in Cass., Sez. I, sent. 24 aprile 2007 n. 9915 e, per quanto più specificamente il ricorso alle indagini della polizia tributaria, si veda Cass., Sez. I, sent. 28 gennaio 2011, n. 2098.

Di segno conforme alla terza massima enunciata: Cass., Sez. I, sent. 27 maggio 2009, n. 23630; Cass., Sez. I, 8 novembre 1997, n. 11025; Cass., Sez. I, sent. 19 marzo 2002, n. 3974; Cass., Sez. I, sent. 22 marzo 2005, n. 6197.

5. Tra le novità della Legge 10 dicembre 2012, n. 219 la modifica dell'art. 38, disp. att., cod. civ.

L’art. 38 delle disposizioni attuative del codice civile, cioè la disposizione in base alla quale il caso all’esame è stato incardinato – in primo grado – dinanzi al tribunale per i minorenni, è stato novellato per effetto della Legge n. 219/2012 recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”.

Il nuovo art. 38, comma 2, secondo periodo, delle disposizioni di attuazione prevede, infatti, che “Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile”. Ne consegue che una controversia in tema di mantenimento di minori, oggi, dovrebbe essere proposta dinanzi al tribunale ordinario e sarebbe regolata dalle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 e ss. c.p.c.). La Legge n. 219/2012 ha eliminato l'ingiustificata previsione che imponeva un diverso organo giurisdizionale competente -  tribunale ordinario o tribunale per i minorenni - a seconda che la questione relativa al mantenimento del minore concernesse un figlio legittimo ovvero naturale.