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La qualificazione giuridica delle pattuizioni intervenute tra i coniugi nella separazione

1. Le massime

Le pattuizioni con cui i coniugi che abbiano in corso una separazione consensuale si obblighino a trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell'omologazione della loro separazione personale consensuale ed al dichiarato fine della integrativa regolamentazione del relativo regime patrimoniale, configurano un contratto atipico, con propri presupposti e finalità; dette pattuizioni, pertanto, non integrano una convenzione matrimoniale, la quale richiederebbe il normale svolgimento della convivenza coniugale e dovrebbe avere per riferimento una generalità di beni anche di futura acquisizione, né integrano un contratto di donazione, avente come causa tipici ed esclusivi scopi di liberalità (e non l'esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati).

L'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o di divorzio mediante un accordo, il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili; tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria e compensativa dell'obbligazione di mantenimento e costituisce applicazione del principio della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell'articolo 1322 del Codice Civile.

2. Il caso

Tizio, Caio e Sempronia evocavano in giudizio Mevio, rispettivamente coniuge e genitore degli attori, esponendo che, all’epoca della separazione consensuale dei coniugi, era stata predisposta, con scrittura privata, una collaterale e complessa convenzione, a valenza transattiva, volta ad integrare le intese formalizzate dinanzi al Tribunale. In detta scrittura veniva previsto l’obbligo, a carico del marito, di procedere al trasferimento di determinati beni mobili ed immobili in favore della moglie e dei figli.

Mevio ometteva di porre in esecuzione detta convenzione ed attuava comportamenti intimidatori verso Sempronia ed i figli, per indurli a desistere da ogni loro pretesa. Proprio con riferimento a simili condotte, Mevio veniva anche condannato in sede penale. Gli attori chiedevano, ai sensi dell’articolo 2932 del Codice Civile, che fossero loro trasferiti i beni di cui alla scrittura privata. Mevio resisteva in giudizio: dapprima, assumeva di non avere sottoscritto alcun accordo e disconosceva la sottoscrizione apposta; successivamente, riconosceva come propria la firma apposta sulla scrittura, ma non riconosceva le date manoscritte in ogni foglio e l'intero contenuto dattiloscritto del documento; proponeva, infine, riconvenzionale per la declaratoria di falsità della convenzione e presentava personalmente querela di falso. Il Tribunale rigettava la domanda di querela di falso proposta e, in accoglimento della domanda degli attori, disponeva il trasferimento loro in favore dei beni immobili di cui alla convenzione; dichiarava Mevio tenuto a mettere a disposizione e comunque a consegnare i beni mobili e le somme indicati nella scrittura.

Mevio proponeva appello, censurando – sotto plurimi profili – la decisione circa il mancato accoglimento della proposta querela di falso del documento recante l’accordo. La Corte di appello territoriale, nella resistenza degli appellati, i quali proponevano appello incidentale condizionato, in parziale accoglimento dell'appello e per l'effetto in parziale riforma della decisione impugnata, riduceva la condanna dell'appellante alla sanzione pecuniaria di cui all'articolo 226 del Codice di Procedura Civile., alla misura di Euro 20,00, confermate in ogni altra sua parte le restanti statuizioni.

A sostegno della decisione adottata, la corte distrettuale evidenziava che non avendo Mevio lamentato alcun profilo di non veridicità della verbalizzazione, non poteva darsi luogo ad alcuna declaratoria di nullità; nel merito, che proprio l'aver dato atto nel ricorso congiunto per la separazione dell'esistenza di un separato accordo, palesava la correttezza della decisione resa in prime cure, la quale si basava proprio sulla esistenza di un accordo parallelo e distinto rispetto alle condizioni di cui al ricorso per separazione consensuale e sulla esistenza di un documento rispondente a detta volontà negoziale.

Aggiungeva che l'eccezione di nullità della scrittura per carenza della forma prevista per la donazione non poteva trovare accoglimento, giacché dal comune intento delle parti contraenti emergeva l'interesse preordinato al conseguimento di un risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento gravanti sul genitore nei confronti dei figli, causa incompatibile con il prospettato spirito di liberalità. Né rilevava la mancanza di sottoscrizione dell'atto da parte di Sempronia, relativamente al diritto di usufrutto su un particolare immobile, per avere egli ceduto esclusivamente il suo diritto di nuda proprietà del cespite, mentre la rinuncia della stessa all'usufrutto costituiva solo causa di caducazione del diritto reale limitato.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione Mevio, basato su sei motivi.

3. La decisione

Con il primo motivo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla erronea natura solutoria attribuita al trasferimento dei diritti reali immobiliari disposti a titolo gratuito e per mera liberalità in favore dei figli, non potendo tale tipo di dazione assolvere all'obbligazione alimentare. Prosegue il ricorrente affermando che la corte di merito non avrebbe chiarito la ragione per la quale il testo allegato al verbale di separazione non sarebbe quello prodotto nel giudizio de quo e ciò nonostante ha ricollegato teleologicamente i due accordi. Il secondo motivo, con il quale è lamentata la violazione e/o la falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’articolo 1362 del Codice Civile.

I motivi, in ragione della loro connessione argomentativa, vengono trattati congiuntamente.

Con richiamo alla pregressa giurisprudenza, la Suprema Corte ribadisce che le pattuizioni con cui i coniugi che abbiano in corso una separazione consensuale si obblighino a trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell'omologazione della loro separazione consensuale ed al dichiarato fine della integrativa regolamentazione del relativo regime patrimoniale, configura un contratto atipico, con propri presupposti e finalità. Va, pertanto, disconosciuta alle predette pattuizioni la qualificazione di convenzioni matrimoniali ai sensi dell’articolo 162 del Codice Civile: le convenzioni matrimoniali, infatti, operano nel normale svolgimento della vita coniugale e fanno riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione. Del pari, in simili pattuizioni, non può riconoscersi neppure un contratto di donazione, avente causa e scopi tipicamente connotati dallo spirito di liberalità e, in quanto tali, non coincidenti con l’esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati.

Tanto chiarito, la Corte si sofferma sul procedimento di separazione consensuale, definendolo quale fattispecie complessa, ove il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi, se trova la sua fonte nel relativo accordo, acquista però efficacia giuridica soltanto a seguito del provvedimento di omologazione, cui compete la funzione essenziale di controllare che i patti intervenuti tra i coniugi siano conformi agli interessi superiori della famiglia.

Nel caso in cui, nell’ambito di un accordo volto a regolare una separazione consensuale, sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia, in quanto non immediatamente riferibile né collegata al contenuto necessario del regime di separazione, il Supremo Collegio evidenzia come sia necessario effettuare una indagine ermeneutica secondo i principi di cui agli articolo 1362 e seguenti del Codice Civile. Occorrerà stabilire se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia: alle pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo omologato, infatti, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario previsto dall'articolo 158 del Codice Civile.

Nel caso di specie la Corte di appello si è conformata a questi principi. D'altra parte questa Corte ha reiteratamente affermato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o divorzio mediante un accordo il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili. In giurisprudenza si è anche chiarito che tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria e compensativa dell'obbligazione di mantenimento, in quanto costituisce applicazione del principio, di cui all'articolo 1322 del Codice Civil, della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

In tale caso l'accordo comporta l'immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori, od il genitore, abbiano loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire e, in questo secondo caso, il correlativo obbligo, sanzionato in forma specifica dall'articolo 2392 del Codice Civile, trova il suo titolo nell'accordo che estingue la prestazione di mantenimento, nei limiti costituiti dal valore dei beni attribuiti o da attribuire, convenzionalmente liquidata e sostituita dall'impegno negoziale.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 782 del Codice Civile, nonché dell'articolo 1421 del Codice Civile, poiché la corte territoriale avrebbe omesso di rilevare la nullità dell'atto in quanto redatto in forma privata e, quindi, totalmente mancante della forma solenne necessaria per la donazione. La Corte condivide le ragioni che, in diritto, hanno indotto il giudice di merito a disconoscere alla attribuzione degli immobili la natura di donazione e, quindi, ritiene infondato anche detto motivo di ricorso.

Con il quarto mezzo è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2932 del Codice Civile giacché la convenzione sottoscritta è assoggetta alla condizione vincolante ed assoluta che la titolare del diritto di usufrutto rinunci a detto diritto reale in favore del ricorrente, condizione non avverata al momento della introduzione del giudizio, per cui andava ritenuta la improponibilità della domanda. Anche detto mezzo è ritenuto palesemente infondato, essendo intervenuta apposita rinuncia al predetto diritto di usufrutto.

Con il quinto ed il sesto motivo, collegati dallo stesso ricorrente, è lamentata la omessa motivazione sull'eccezione di mancanza dell'avveramento della condizione, con conseguente e correlata violazione e falsa applicazione dell'articolo 782 del Codice Civile, per essere stata la rinuncia meramente preannunciata nella comparsa di costituzione e risposta. Le censure sono inammissibili, introducendo una circostanza che non risulta essere stata prospettata nei precedenti gradi di merito e che quindi non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità.

All'infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, per il principio della soccombenza.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima delle massime enunciate, si vedano: Cass. 11 maggio 1984 n. 2887; Cass. 23 dicembre 1988 n. 2887; Cass. 12 settembre 1997 n. 9034.

A sostegno della seconda massima, richiamate in sentenza, si vedano: Cass. 2 febbraio 2005 n. 2088; Cass. 17 giugno 2004 n. 11342; Cass. 21 dicembre 1987 n. 9500.

1. Le massime

Le pattuizioni con cui i coniugi che abbiano in corso una separazione consensuale si obblighino a trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell'omologazione della loro separazione personale consensuale ed al dichiarato fine della integrativa regolamentazione del relativo regime patrimoniale, configurano un contratto atipico, con propri presupposti e finalità; dette pattuizioni, pertanto, non integrano una convenzione matrimoniale, la quale richiederebbe il normale svolgimento della convivenza coniugale e dovrebbe avere per riferimento una generalità di beni anche di futura acquisizione, né integrano un contratto di donazione, avente come causa tipici ed esclusivi scopi di liberalità (e non l'esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati).

L'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o di divorzio mediante un accordo, il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili; tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria e compensativa dell'obbligazione di mantenimento e costituisce applicazione del principio della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell'articolo 1322 del Codice Civile.

2. Il caso

Tizio, Caio e Sempronia evocavano in giudizio Mevio, rispettivamente coniuge e genitore degli attori, esponendo che, all’epoca della separazione consensuale dei coniugi, era stata predisposta, con scrittura privata, una collaterale e complessa convenzione, a valenza transattiva, volta ad integrare le intese formalizzate dinanzi al Tribunale. In detta scrittura veniva previsto l’obbligo, a carico del marito, di procedere al trasferimento di determinati beni mobili ed immobili in favore della moglie e dei figli.

Mevio ometteva di porre in esecuzione detta convenzione ed attuava comportamenti intimidatori verso Sempronia ed i figli, per indurli a desistere da ogni loro pretesa. Proprio con riferimento a simili condotte, Mevio veniva anche condannato in sede penale. Gli attori chiedevano, ai sensi dell’articolo 2932 del Codice Civile, che fossero loro trasferiti i beni di cui alla scrittura privata. Mevio resisteva in giudizio: dapprima, assumeva di non avere sottoscritto alcun accordo e disconosceva la sottoscrizione apposta; successivamente, riconosceva come propria la firma apposta sulla scrittura, ma non riconosceva le date manoscritte in ogni foglio e l'intero contenuto dattiloscritto del documento; proponeva, infine, riconvenzionale per la declaratoria di falsità della convenzione e presentava personalmente querela di falso. Il Tribunale rigettava la domanda di querela di falso proposta e, in accoglimento della domanda degli attori, disponeva il trasferimento loro in favore dei beni immobili di cui alla convenzione; dichiarava Mevio tenuto a mettere a disposizione e comunque a consegnare i beni mobili e le somme indicati nella scrittura.

Mevio proponeva appello, censurando – sotto plurimi profili – la decisione circa il mancato accoglimento della proposta querela di falso del documento recante l’accordo. La Corte di appello territoriale, nella resistenza degli appellati, i quali proponevano appello incidentale condizionato, in parziale accoglimento dell'appello e per l'effetto in parziale riforma della decisione impugnata, riduceva la condanna dell'appellante alla sanzione pecuniaria di cui all'articolo 226 del Codice di Procedura Civile., alla misura di Euro 20,00, confermate in ogni altra sua parte le restanti statuizioni.

A sostegno della decisione adottata, la corte distrettuale evidenziava che non avendo Mevio lamentato alcun profilo di non veridicità della verbalizzazione, non poteva darsi luogo ad alcuna declaratoria di nullità; nel merito, che proprio l'aver dato atto nel ricorso congiunto per la separazione dell'esistenza di un separato accordo, palesava la correttezza della decisione resa in prime cure, la quale si basava proprio sulla esistenza di un accordo parallelo e distinto rispetto alle condizioni di cui al ricorso per separazione consensuale e sulla esistenza di un documento rispondente a detta volontà negoziale.

Aggiungeva che l'eccezione di nullità della scrittura per carenza della forma prevista per la donazione non poteva trovare accoglimento, giacché dal comune intento delle parti contraenti emergeva l'interesse preordinato al conseguimento di un risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento gravanti sul genitore nei confronti dei figli, causa incompatibile con il prospettato spirito di liberalità. Né rilevava la mancanza di sottoscrizione dell'atto da parte di Sempronia, relativamente al diritto di usufrutto su un particolare immobile, per avere egli ceduto esclusivamente il suo diritto di nuda proprietà del cespite, mentre la rinuncia della stessa all'usufrutto costituiva solo causa di caducazione del diritto reale limitato.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione Mevio, basato su sei motivi.

3. La decisione

Con il primo motivo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla erronea natura solutoria attribuita al trasferimento dei diritti reali immobiliari disposti a titolo gratuito e per mera liberalità in favore dei figli, non potendo tale tipo di dazione assolvere all'obbligazione alimentare. Prosegue il ricorrente affermando che la corte di merito non avrebbe chiarito la ragione per la quale il testo allegato al verbale di separazione non sarebbe quello prodotto nel giudizio de quo e ciò nonostante ha ricollegato teleologicamente i due accordi. Il secondo motivo, con il quale è lamentata la violazione e/o la falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’articolo 1362 del Codice Civile.

I motivi, in ragione della loro connessione argomentativa, vengono trattati congiuntamente.

Con richiamo alla pregressa giurisprudenza, la Suprema Corte ribadisce che le pattuizioni con cui i coniugi che abbiano in corso una separazione consensuale si obblighino a trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell'omologazione della loro separazione consensuale ed al dichiarato fine della integrativa regolamentazione del relativo regime patrimoniale, configura un contratto atipico, con propri presupposti e finalità. Va, pertanto, disconosciuta alle predette pattuizioni la qualificazione di convenzioni matrimoniali ai sensi dell’articolo 162 del Codice Civile: le convenzioni matrimoniali, infatti, operano nel normale svolgimento della vita coniugale e fanno riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione. Del pari, in simili pattuizioni, non può riconoscersi neppure un contratto di donazione, avente causa e scopi tipicamente connotati dallo spirito di liberalità e, in quanto tali, non coincidenti con l’esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati.

Tanto chiarito, la Corte si sofferma sul procedimento di separazione consensuale, definendolo quale fattispecie complessa, ove il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi, se trova la sua fonte nel relativo accordo, acquista però efficacia giuridica soltanto a seguito del provvedimento di omologazione, cui compete la funzione essenziale di controllare che i patti intervenuti tra i coniugi siano conformi agli interessi superiori della famiglia.

Nel caso in cui, nell’ambito di un accordo volto a regolare una separazione consensuale, sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia, in quanto non immediatamente riferibile né collegata al contenuto necessario del regime di separazione, il Supremo Collegio evidenzia come sia necessario effettuare una indagine ermeneutica secondo i principi di cui agli articolo 1362 e seguenti del Codice Civile. Occorrerà stabilire se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia: alle pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo omologato, infatti, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario previsto dall'articolo 158 del Codice Civile.

Nel caso di specie la Corte di appello si è conformata a questi principi. D'altra parte questa Corte ha reiteratamente affermato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o divorzio mediante un accordo il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili. In giurisprudenza si è anche chiarito che tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria e compensativa dell'obbligazione di mantenimento, in quanto costituisce applicazione del principio, di cui all'articolo 1322 del Codice Civil, della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

In tale caso l'accordo comporta l'immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori, od il genitore, abbiano loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire e, in questo secondo caso, il correlativo obbligo, sanzionato in forma specifica dall'articolo 2392 del Codice Civile, trova il suo titolo nell'accordo che estingue la prestazione di mantenimento, nei limiti costituiti dal valore dei beni attribuiti o da attribuire, convenzionalmente liquidata e sostituita dall'impegno negoziale.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 782 del Codice Civile, nonché dell'articolo 1421 del Codice Civile, poiché la corte territoriale avrebbe omesso di rilevare la nullità dell'atto in quanto redatto in forma privata e, quindi, totalmente mancante della forma solenne necessaria per la donazione. La Corte condivide le ragioni che, in diritto, hanno indotto il giudice di merito a disconoscere alla attribuzione degli immobili la natura di donazione e, quindi, ritiene infondato anche detto motivo di ricorso.

Con il quarto mezzo è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2932 del Codice Civile giacché la convenzione sottoscritta è assoggetta alla condizione vincolante ed assoluta che la titolare del diritto di usufrutto rinunci a detto diritto reale in favore del ricorrente, condizione non avverata al momento della introduzione del giudizio, per cui andava ritenuta la improponibilità della domanda. Anche detto mezzo è ritenuto palesemente infondato, essendo intervenuta apposita rinuncia al predetto diritto di usufrutto.

Con il quinto ed il sesto motivo, collegati dallo stesso ricorrente, è lamentata la omessa motivazione sull'eccezione di mancanza dell'avveramento della condizione, con conseguente e correlata violazione e falsa applicazione dell'articolo 782 del Codice Civile, per essere stata la rinuncia meramente preannunciata nella comparsa di costituzione e risposta. Le censure sono inammissibili, introducendo una circostanza che non risulta essere stata prospettata nei precedenti gradi di merito e che quindi non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità.

All'infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, per il principio della soccombenza.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima delle massime enunciate, si vedano: Cass. 11 maggio 1984 n. 2887; Cass. 23 dicembre 1988 n. 2887; Cass. 12 settembre 1997 n. 9034.

A sostegno della seconda massima, richiamate in sentenza, si vedano: Cass. 2 febbraio 2005 n. 2088; Cass. 17 giugno 2004 n. 11342; Cass. 21 dicembre 1987 n. 9500.