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Il riconoscimento del diritto soggettivo all'animale da compagnia

Nell’ ordinamento attuale il sentimento per gli animali trova tutela costituzionale e riconoscimento nel diritto comunitario, anche alla luce della Legge 4 novembre 2010, n. 201 ˗ ratificante la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, adottata a Strasburgo il 13 novembre 1987 ˗ secondo la quale “deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia”.

Questo è stato stabilito di recente dalla nona sezione civile del tribunale di Milano, con Decreto del 13 marzo 2013, che ha peraltro affermato il principio per cui l’animale non può più essere collocato nell’area semantica concettuale delle “cose” ex articolo 923 del Codice Civile, dovendo essere riconosciuto come “essere senziente”, vale a dire come soggetto non umano capace di avere sensazioni ed esperienze [1]. Gli animali infatti sono essere sensibili, provano la contentezza ed il dolore sia fisico che psichico, hanno una certa forma di intelligenza che permette loro di capire.

Dal riconoscimento dell’animale come “essere senziente” consegue la legittimità, in sede di separazione personale, oggetto del citato decreto, dell’accordo tra coniugi diretto a regolare la permanenza dell’animale presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari dovrà seguire per il suo mantenimento. Nel caso di specie, viene stabilito che i gatti di famiglia restino a vivere nell’ambiente domestico della moglie ˗ dove è altresì collocata la figlia minorenne – la quale provvederà alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in egual misura da entrambi i coniugi.

Così, in precedenza, il Tribunale di Varese, con Decreto del 7 dicembre 2011, aveva riconosciuto ad una persona anziana e malata, soggetta all' amministrazione di sostegno, un vero e proprio diritto soggettivo all' animale da compagnia, assecondando il desiderio della stessa di poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in casa di riposo.

Nel caso in questione, la beneficiaria, rimasta sola e priva degli affetti familiari, ricoverata in una struttura per anziani che non ammetteva gli animali, ha ottenuto il riconoscimento del diritto di poter vedere il suo cane, da anni con lei convivente ed al quale era molto legata. Il giudice ha disposto che tra i compiti dell’amministratore di sostegno rientri anche la cura del cane affidato, a spese dell’assistita, attraverso la nomina di un ausiliario (nella vicenda, una conoscente dell’anziana che ospitava il cane) [2].

La concezione dell’animale da compagnia come “essere senziente” può avere anche un impatto nelle cause di risarcimento danni, per lesioni o morte dello stesso, riguardo al riconoscimento del danno non patrimoniale. A dire il vero la Cassazione (Sezioni Unite, Sentenza 11 novembre 2008, n. 26972) si è espressa in senso contrario all’applicabilità dell’articolo 2059 del Codice Civile, ma la decisione potrebbe ritenersi superata alla luce della sopravvenuta legislazione nazionale e comunitaria, come dimostrato da alcune sentenze di merito (Tribunale di Bari, 22 novembre 2011; Tribunale di Rovereto, 18 ottobre 2009).

Diventa pure significativo come la recente Legge 11 dicembre 2012, che ha modificato l'articolo 1138 del Codice Civile, abbia previsto che le norme del regolamento condominiale non possano vietare di possedere o detenere animali domestici, riconoscendo in tal modo il diritto di avere in casa l’animale da compagnia, diritto che la maggioranza dei condomini non può sopprimere. La novella legislativa ha confermato un principio già consolidato in giurisprudenza (di recente, Cassazione Civile, Sentenza 15 febbraio 2011, n. 3705).

Nella stessa ottica di valorizzazione del rapporto fra uomo ed animali, l’articolo 30 del Codice del Turismo (Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79) ha sancito l’obbligo dello stato di “promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l’accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito”.

Così anche la Legge 20 luglio 2004 n.189, con lo scopo dichiarato di tutelare il “sentimento per gli animali” ha introdotto nel Codice Penale il Titolo IX bis, che prevede un inasprimento delle sanzioni per i maltrattamenti e l’abbandono di animali, attribuendo un ruolo particolare alle “società protettrici”.

Dato che solamente gli interessi a copertura costituzionale possono giustificare la tutela penale è da ritenersi che tale sentimento rientri fra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’articolo 2 della Costituzione [3]. I diritti in questione, nell’ottica di un’interpretazione evolutiva della Carta, vanno considerati a formazione progressiva in relazione ai mutamenti nel tempo della coscienza collettiva.

Oggi, infatti, sembra difficilmente contestabile il valore sociale del sentimento affettivo che intercorre tra l’uomo e l’animale, che in diverse circostanze assume particolare importanza come nel caso di persone sole o di bambini malati (si pensi alla pet therapy, riconosciuta quale cura sanitaria). La legge non può che tutelare gli aspetti dell’esistenza che migliorano la qualità della vita delle persone.

 

 

[1] Il concetto di animale inteso come “essere senziente” è contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del 12 dicembre 2007 (art. 13), dove si afferma che “L’Unione e gli stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.

[2] La tutela del rapporto affettivo tra l’anziana malata ed il suo cane trova anche riconoscimento nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, artt. 1 e 2. Per l’art. 12, comma 4, della Convenzione “ gli stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona”.

[3] Tribunale di Varese 7 dicembre 2011, cit..

 

  Nell’ ordinamento attuale il sentimento per gli animali trova tutela costituzionale e riconoscimento nel diritto comunitario, anche alla luce della Legge 4 novembre 2010, n. 201 ˗ ratificante la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, adottata a Strasburgo il 13 novembre 1987 ˗ secondo la quale “deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia”.

Questo è stato stabilito di recente dalla nona sezione civile del tribunale di Milano, con Decreto del 13 marzo 2013, che ha peraltro affermato il principio per cui l’animale non può più essere collocato nell’area semantica concettuale delle “cose” ex articolo 923 del Codice Civile, dovendo essere riconosciuto come “essere senziente”, vale a dire come soggetto non umano capace di avere sensazioni ed esperienze [1]. Gli animali infatti sono essere sensibili, provano la contentezza ed il dolore sia fisico che psichico, hanno una certa forma di intelligenza che permette loro di capire.

Dal riconoscimento dell’animale come “essere senziente” consegue la legittimità, in sede di separazione personale, oggetto del citato decreto, dell’accordo tra coniugi diretto a regolare la permanenza dell’animale presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari dovrà seguire per il suo mantenimento. Nel caso di specie, viene stabilito che i gatti di famiglia restino a vivere nell’ambiente domestico della moglie ˗ dove è altresì collocata la figlia minorenne – la quale provvederà alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in egual misura da entrambi i coniugi.

Così, in precedenza, il Tribunale di Varese, con Decreto del 7 dicembre 2011, aveva riconosciuto ad una persona anziana e malata, soggetta all' amministrazione di sostegno, un vero e proprio diritto soggettivo all' animale da compagnia, assecondando il desiderio della stessa di poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in casa di riposo.

Nel caso in questione, la beneficiaria, rimasta sola e priva degli affetti familiari, ricoverata in una struttura per anziani che non ammetteva gli animali, ha ottenuto il riconoscimento del diritto di poter vedere il suo cane, da anni con lei convivente ed al quale era molto legata. Il giudice ha disposto che tra i compiti dell’amministratore di sostegno rientri anche la cura del cane affidato, a spese dell’assistita, attraverso la nomina di un ausiliario (nella vicenda, una conoscente dell’anziana che ospitava il cane) [2].

La concezione dell’animale da compagnia come “essere senziente” può avere anche un impatto nelle cause di risarcimento danni, per lesioni o morte dello stesso, riguardo al riconoscimento del danno non patrimoniale. A dire il vero la Cassazione (Sezioni Unite, Sentenza 11 novembre 2008, n. 26972) si è espressa in senso contrario all’applicabilità dell’articolo 2059 del Codice Civile, ma la decisione potrebbe ritenersi superata alla luce della sopravvenuta legislazione nazionale e comunitaria, come dimostrato da alcune sentenze di merito (Tribunale di Bari, 22 novembre 2011; Tribunale di Rovereto, 18 ottobre 2009).

Diventa pure significativo come la recente Legge 11 dicembre 2012, che ha modificato l'articolo 1138 del Codice Civile, abbia previsto che le norme del regolamento condominiale non possano vietare di possedere o detenere animali domestici, riconoscendo in tal modo il diritto di avere in casa l’animale da compagnia, diritto che la maggioranza dei condomini non può sopprimere. La novella legislativa ha confermato un principio già consolidato in giurisprudenza (di recente, Cassazione Civile, Sentenza 15 febbraio 2011, n. 3705).

Nella stessa ottica di valorizzazione del rapporto fra uomo ed animali, l’articolo 30 del Codice del Turismo (Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79) ha sancito l’obbligo dello stato di “promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l’accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito”.

Così anche la Legge 20 luglio 2004 n.189, con lo scopo dichiarato di tutelare il “sentimento per gli animali” ha introdotto nel Codice Penale il Titolo IX bis, che prevede un inasprimento delle sanzioni per i maltrattamenti e l’abbandono di animali, attribuendo un ruolo particolare alle “società protettrici”.

Dato che solamente gli interessi a copertura costituzionale possono giustificare la tutela penale è da ritenersi che tale sentimento rientri fra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’articolo 2 della Costituzione [3]. I diritti in questione, nell’ottica di un’interpretazione evolutiva della Carta, vanno considerati a formazione progressiva in relazione ai mutamenti nel tempo della coscienza collettiva.

Oggi, infatti, sembra difficilmente contestabile il valore sociale del sentimento affettivo che intercorre tra l’uomo e l’animale, che in diverse circostanze assume particolare importanza come nel caso di persone sole o di bambini malati (si pensi alla pet therapy, riconosciuta quale cura sanitaria). La legge non può che tutelare gli aspetti dell’esistenza che migliorano la qualità della vita delle persone.

 

 

[1] Il concetto di animale inteso come “essere senziente” è contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del 12 dicembre 2007 (art. 13), dove si afferma che “L’Unione e gli stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.

[2] La tutela del rapporto affettivo tra l’anziana malata ed il suo cane trova anche riconoscimento nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, artt. 1 e 2. Per l’art. 12, comma 4, della Convenzione “ gli stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona”.

[3] Tribunale di Varese 7 dicembre 2011, cit..