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L’evoluzione della tutela degli interessi ambientali nel superamento del dissenso della conferenza di servizi

Nell’evoluzione normativa dei meccanismi di superamento del dissenso espresso nella conferenza di servizi da amministrazioni preposte alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi qualificati, particolarmente incisive sono la riforme apportate dalla Legge n. 15/2005, che ampliano le categorie di interessi qualificati alla tutela della pubblica incolumità e consentono la composizione del dissenso anche ove espresso in sede di conferenza preliminare, oltre ad introdurre la prima volta la tutela dei dissensi istituzionali (tra amministrazioni statali, statali e regionali o regionali).

Per quanto riguarda l'inserimento del nuovo interesse qualificato della tutela della pubblica incolumità, si tratta di un settore dal contenuto assai ampio, coinvolgendo tutte le situazioni di pericolo in cui le persone possono trovarsi, da quelle concernenti fatti di ordine e sicurezza pubblica a quelle concernenti calamità naturali, o incidenti prodotti dall’uomo, o da opere dell’uomo, incendi, crolli di edifici, rottura di argini e così via. La norma perciò apre il dissenso qualificato a molteplici amministrazioni, dalle forze dell’ordine ai vigili del fuoco, dal Corpo forestale dello Stato agli uffici della protezione civile e così via [1]. Proprio per i confini imprecisi e vaghi della nozione in esame, è subito emerso il rischio di una dilatazione eccessiva dell'area dei dissensi qualificati e, con essa, delle decisioni da rimettere alle sedi deputate alle valutazioni di secondo livello [2].

Per quanto riguarda la conferenza preliminare, il nuovo comma 3-bis dell’articolo 14-bis stabilisce infatti che il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da un’amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, tra cui quelli ambientali, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina ordinaria per il superamento del dissenso in sede di conferenza decisoria prevista dall’articolo 14-quater, comma 3.

Al di là delle critiche avanzate circa l’opportunità di una valutazione politica su una scelta essenzialmente tecnica [3], la disposizione è stata dettata dalla considerazione che posizioni contrarie di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, riproposte in sede di conferenza decisoria, porterebbero comunque all’attivazione della procedura aggravata per il superamento del dissenso. Quindi, considerato il contenuto sicuramente impegnativo che assumono in conferenza preliminare le pronunce di tali amministrazioni, è apparso inutile, e in contrasto con il principio di economicità, consentire la prosecuzione dell’iter sino alla conferenza decisoria.

Peraltro, la disposizione del comma 3-bis fa esplicito riferimento alle sole opere interregionali, delimitando il campo di intervento della norma alle opere di maggiore impatto territoriale. Restano in tal modo fuori dalla disciplina le opere pubbliche di minori dimensioni, anche se non può escludersi “a priori” la presenza di opere di dimensioni territoriali inferiori ma di maggiore impatto ambientale o su altri interessi sensibili. In siffatta ipotesi, non potendo azionarsi la procedura aggravata di superamento del dissenso, perché non contemplata espressamente dal comma 3-bis per tali opere minori, la conferenza preliminare deve concludere i propri lavori secondo l’ordinaria procedura, fatto salvo, poi, quanto successivamente si verificherà in sede di conferenza decisoria [4].

Per quanto riguarda la disciplina dell’articolo 14-quater, mentre in base all’assetto previgente il motivato dissenso, espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi qualificati, determinava automaticamente la rimessione della decisione al Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione dissenziente o quella procedente fossero un’amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali nelle altre ipotesi, adesso la disciplina è articolata molto più in dettaglio. Entro dieci giorni, infatti, l’amministrazione procedente è tenuta a rimettere la decisione al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; alla Conferenza Stato-Regioni, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; o, infine, alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali (articolo 14-quater, comma 3).

In entrambi i meccanismi di superamento del dissenso – categoriale o istituzionale [5] –, qualora la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza unificata non provvedano entro i termini legali, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri o alle competenti Giunte delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano se la materia non rientra nella potestà legislativa statale esclusiva. Qualora la Giunta regionale non provveda ulteriormente, la decisione è comunque rimessa in via definitiva al Consiglio dei Ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni interessate.

La devoluzione della composizione del dissenso alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Unificata è stata criticata anzitutto per la sostituzione di un'istanza politica nella difesa delle valutazioni espresse in termini di giudizi tecnici dalle amministrazioni che hanno in cura interessi per sua natura privilegiati [6].

Inoltre, il sistema ha evidenziato anche i problemi di adeguata rappresentatività degli interessi dissenzienti nel livello decisionale superiore perché, come ha chiarito la giurisprudenza, non è richiesta una coincidenza necessaria tra amministrazioni dissenzienti alla conferenza di servizi ed organi istituzionali che compongono la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza Unificata, in quanto i collegi deputati alla decisione sostitutiva sono stati indicati come tali dalla legge non in quanto capaci, per la propria composizione, di garantire la presenza di tutte gli enti partecipanti alla conferenza di servizi, quanto piuttosto per la loro idoneità a rappresentare ed assicurare adeguatamente la ponderazione degli interessi in gioco. Inoltre, la composizione tanto della Conferenza Stato-Regioni quanto della Conferenza Unificata non può che essere quella istituzionalmente prevista dal Decreto Legislativo n. 281/1997, per cui la rappresentanza di amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi ma eventualmente non presenti alle due Conferenze dovrà essere assunta da soggetti istituzionali che compongono quest'ultime [7].

La Legge n. 122/2010 modifica nuovamente il meccanismo di superamento del dissenso manifestato da amministrazioni preposte alla cura degli interessi a tutela rinforzata, prevedendo che, pur nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, l’amministrazione procedente rimetta la decisione al Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l’intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata.

Più esattamente, come si è visto già nel quadro del sistema delineato a partire dalla Legge n. 241/1990 [8], ove alla conferenza di servizi partecipi un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico‐territoriale, del patrimonio storico‐artistico, della salute o della pubblica incolumità e la posizione di dissenso da essa manifestata rientri tra le posizioni prevalenti, la conferenza si conclude con l’adozione da parte dell’amministrazione procedente della determinazione motivata di conclusione del procedimento come previsto dall’articolo 14-ter, comma 6-bis, senza attivare la rimessione al Consiglio dei ministri. Qualora invece la posizione di dissenso sia espressione di una posizione minoritaria rispetto alle altre amministrazioni coinvolte, l’amministrazione procedente deve rimettere la questione al Consiglio dei ministri ex articolo 14-quater, comma 3, per il superamento del dissenso manifestato.

La “ratio” della norma in esame è infatti di evitare che la conferenza di servizi, in presenza di interessi particolarmente rilevanti, si concluda in base al criterio della prevalenza con possibile pregiudizio di valori quali l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico-artistico, la salute e la pubblica incolumità.

Qualora nella conferenza di servizi l’amministrazione portatrice di interesse qualificato sia annoverata tra le amministrazioni prevalenti, il dissenso sulla materia oggetto della conferenza di servizi manifestato da un’amministrazione portatrice di cd “interessi sensibili” non assume invece specifica rilevanza e, pertanto, non è necessaria l’attivazione della procedura davanti al Consiglio dei Ministri [9].

In ogni caso, perché ricorra la fattispecie cui all’articolo 14-quater, comma 3, il dissenso manifestato in conferenza di servizi non deve solo provenire da un’amministrazione istituzionalmente deputata dalla normativa vigente alla tutela dell’ambiente o degli altri interessi qualificati riconosciuti dalla disposizione, ma deve anche essere espresso nell’esercizio di un potere previsto da disposizioni normative specificatamente individuate per la tutela di tali interessi e devi avere ad oggetto la tutela delle categorie di interessi espressamente contemplate dal terzo comma, con esclusione delle altre materie comunque attinenti alla gestione del territorio ma non afferenti agli interessi in oggetto [10].

Del resto, come ha chiarito la giurisprudenza, la nozione di “amministrazioni preposte alla tutela di interessi” di cui all’articolo 14-quater, comma 3, è cosa diversa da quella di “amministrazioni competenti” nelle cinque materie in esse indicate, perché “la competenza è criterio (d’identità) per individuare le amministrazioni che devono essere invitate alla conferenza, la titolarità di poteri di tutela indica un quid pluris specifico (di funzione), non affatto ricompreso nella prima” [11].

Peraltro, ai sensi della disposizione stessa, la rimessione è comunque preclusa qualora la questione sia oggetto di intese raggiunte tra le Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 8, della Costituzione, dello specifico procedimento relativo alle infrastrutture strategiche di rilevanza nazionale disciplinato dall’articolo 165 del Codice degli appalti o del procedimento di cui all’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 383/1994 in materia di localizzazione delle opere di interesse statale.

L’eliminazione del sistema delle conferenze autonomiche ha ovviamente riguardato anche l’altra tipologia di dissenso, manifestabile da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, nel qual caso il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Sul punto è però intervenuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 179/2012 ha dichiarato l’illegittimità dell’ultimo periodo del terzo comma dell’articolo 14-quater, sia perché il termine di trenta giorni è così esiguo da rendere oltremodo complesso e difficoltoso lo svolgimento di qualsivoglia trattativa, sia, soprattutto, perché l’intervento unilaterale dello Stato viene prefigurato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa, per cui risulta violato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio delle sfere di competenza regionale, dovendosi escludere che l’intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche quella del superamento del dissenso all’interno di essa, sia riconducibile ad una materia di competenza statale esclusiva, tenuto conto della varietà dei settori coinvolti, molti dei quali – tra cui la valorizzazione del beni ambientali – sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali [12].

A seguito di tale pronuncia, e in coerenza con essa, la Legge n. 221/2012 ha aggiunto al comma 3 una sorta di procedura di “codecisione”, volta a individuare una soluzione condivisa nel caso in cui il dissenso sia espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza. Si tratta di un procedimento più articolato di quello ordinario, in quanto prevede fino a tre fasi di trattativa, della durata di trenta giorni ciascuna, nel corso delle quali le amministrazioni debbono compiere ogni sforzo per giungere a una soluzione condivisa, nel rispetto delle competenze sia dello Stato sia delle Regioni e delle Province autonome. Solo in caso di conclamata e documentata impossibilità di giungere a un’intesa la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

In definitiva, con la rimessione della gestione finale del dissenso al Consiglio dei Ministri, il quadro finale che il legislatore ci consegna al termine dell’evoluzione sommariamente descritta è parso “una nuova tappa del processo strisciante di accentramento operato dal legislatore in questi anni e di avocazione governativa delle questioni in materia ambientale” [13].

In effetti, in senso critico si è rilevato che, al di fuori dei casi in cui sussistano intese raggiunte tra le Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 8, della Costituzione, dello specifico procedimento relativo alle infrastrutture strategiche di rilevanza nazionale disciplinato dall’articolo 165 del Codice degli appalti o del procedimento di cui all’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 383/1994 in materia di localizzazione delle opere di interesse statale, la riforma ha rimesso al Consiglio dei Ministri la decisione finale in tutti i casi in cui sia espresso un dissenso da parte delle amministrazioni preposte alla tutela delle cinque categorie di interessi qualificati specificati dalla disposizione [14].

Senz’altro, il sistema concertativo delle conferenze autonomiche, delineato dalla Legge n. 15/2005, pur rispettoso del principio di sussidiarietà, aveva mostrato i suoi limiti nel non assicurare un efficace snellimento dell’attività amministrativa [15].

Nondimeno, la complessità delle questioni aperte e delle problematiche sollevate dall’epilogo del legislatore, con riferimento al superamento del dissenso manifestato dalle amministrazioni preposte alla cura di interessi a tutela rinforzata, fa pensare che “dopo le modifiche introdotte con il d.l. n. 78/2010 la configurazione normativa della conferenza di servizi sembra essere pervenuta ad un approdo difficilmente superabile in un quadro di compatibilità con il sistema costituzionale», perché, almeno «nel suo tipo più rilevante (quello con carattere “decisorio”), la conferenza si presenta ormai come meccanismo, ad applicazione generale, che permette l’assunzione di decisioni amministrazione nonostante l’inerzia o il dissenso anche delle amministrazioni portatrici di interessi pubblici particolarmente significativi (o “sensibili”)”, di chiaro rango costituzionale [16].

La Legge n. 122/2010, in parallelo a quanto disposto in tema di silenzio-assenso procedimentale, ha sottoposto anche le amministrazioni deputate alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi sensibili al regime rigoroso del “dissenso propositivo” già previsto in via ordinaria per le altre amministrazioni. Anche per tali amministrazioni, dunque, il dissenso, a pena di inammissibilità, deve essere regolarmente espresso all’interno della conferenza [17], deve essere sorretto da congrua motivazione, deve essere fondato su motivi riguardanti la fattispecie oggetto della conferenza e non su aspetti connessi ma non all’esame, e soprattutto deve contenere il “dissenso costruttivo”, cioè l’indicazione in modo specifico delle modifiche progettuali necessarie al superamento del dissenso [18].

Proprio quest’ultimo requisito delinea il carattere particolarmente restrittivo del dissenso, perché l’obbligo della critica “construens” rende il dissenso prodromico all’assenso, attenuandone quindi la sua tradizionale funzione [19]. Non assume, rilievo, cioè, tanto l’indicazione degli elementi ostativi all’adozione della deliberazione quanto la precisazione dei rimedi [20]. Nondimeno, esso “è conforme non solo all’esigenza dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di accelerazione dell’azione amministrativa, ma anche nell’ottica dell’altro principio di leale collaborazione cui pure devono essere improntati i rapporti tra le varie pubbliche amministrazioni”[21].

Va dato atto, comunque, che nella scarsa giurisprudenza formatasi finora, con riferimento al dissenso manifestato da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, l’illegittimità dell’esito negativo della conferenza è stato dichiarata soprattutto in casi di totale assenza di indicazione delle modifiche progettuali necessarie da parte dell’amministrazione dissenziente [22].

Si registrano nondimeno interessanti sviluppi, censurandosi il diniego “non costruttivo” del rilascio di un'autorizzazione integrata ambientale relativa a un progetto di discarica, anche dove il dissenso sia in realtà solo rispetto al privato istante, ma resti pur sempre privo di quella propositività che l'articolo 14-quater richiede, “intendendo il legislatore evitare la duplicazione di procedimenti laddove il recepimento di modificazioni possa dar luogo ad un provvedimento favorevole. Tale regola si applica non solo ai dinieghi delle singole amministrazioni ma anche ai dinieghi collettivi, come si desume dal riferimento a “più amministrazioni” e logicamente anche alla decisione finale della conferenza, quando il parere negativo sia stato condiviso da tutte le amministrazioni” [23].

Nel confermare la posizione del giudice di prime cure nello stesso caso, il Consiglio di Stato ha ulteriormente rilevato che, in presenza di dissensi correlati a specifici aspetti progettuali, come emersi nella conferenza di servizi, l’autorità competente avrebbe dovuto segnalarli puntualmente e, comunque, non avrebbe potuto esimersi dal sottoporre le modifiche progettuali formulate dal privato proponente, a seguito del preavviso di diniego, ad esame, mediante riconvocazione della conferenza di servizi.

Anche per i giudici di Palazzo Spada, dunque, “la motivazione e la coeva individuazione, ove possibili, di modifiche progettuali atte a superare i profili ostativi al rilascio del provvedimento (nella specie, dell’autorizzazione integrata ambientale), mirano ad evitare una duplicazione di procedimenti, la dilatazione dei tempi di definizione, la stessa insorgenza di contenziosi amministrativi e giurisdizionali, in ossequio ai principi generali di economicità, di efficacia e di pubblicità già enunciati nel testo originario dell’art. 1 della legge n. 241/1990, ora “implementati” con il richiamo, peraltro già desumibile dai principi generali costituzionali sull’attività amministrativa, ex art. 97 Cost., a quelli di imparzialità e trasparenza.

Peraltro, lo stesso modulo procedimentale della conferenza di servizi rispecchia finalità di economicità, efficacia, pubblicità, con la concentrazione, in un unico luogo procedimentale, di tutti i pareri, nullaosta, atti di assenso, in funzione di un esame complessivo, bilanciato e contemperato, di tutti gli interessi pubblici coinvolti dall’emanazione del provvedimento finale, come espressi dai vari enti e organi invitati e titolati a parteciparvi in funzione della cura loro istituzionalmente attribuita di quegli interessi, nonché del costruttivo confronto con gli stessi dell’interesse del privato all’emanazione del provvedimento” [24].

Non diversamente, sempre il Consiglio di Stato ha negato che possa essere qualificato come diniego formale al rilascio dell'autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico l'obiezione svolta in conferenza di servizi dall’amministrazione comunale, nel cui territorio sia destinata ad essere realizzata l’opera, circa la mancata precisazione della titolarità del terreno in cui insiste l'impianto e di quello in cui devono passare i cavidotti, dal momento che una mera opposizione al progetto è insufficiente a concretare quel dissenso motivato e costruttivo che solo può integrare il requisito di cui all'articolo 14-quater, comma 1 [25].

Peraltro, per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, la possibilità di esprimere il dissenso vale comunque “fermo restando quanto previsto dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, quindi con conseguente applicazione del potere sostitutivo statale previsto dal comma 2 di tale disposizione in caso amministrazioni competenti anche all’adozione di valutazioni di impatto ambientale [26].

In funzione di tutela dell’ambiente si pone poi l’esigenza di un controllo più rigoroso sui dissensi espressi in sede di conferenza quando questa verta su un’opera sottoposta a valutazione di impatto ambientale e la decisione sia negativa, il che può spiegare perché la Legge n. 122/2010 non abbia espunto la previsione del quinto comma dell’articolo 14-quater – inserita dalla Legge n. 240/2000 – che in tale ipotesi dispone l’applicazione dell’articolo 12, comma 2, del Decreto Legislativo n. 303/1999, ai sensi del quale il Presidente del Consiglio dei Ministri “può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.

A quanto consta, tale disposizione è stata applicata – nell'ambito di un dissenso manifestato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in sede di V.I.A. – per l'approvazione del prolungamento dell'autostrada A/31 “Valdastico”, avvenuta con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 16 maggio 2003 [27]. Il Decreto, impugnato da alcune associazioni ambientaliste e dai proprietari delle aree oggetto di esproprio, è stato ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato, che ha qualificato tale modalità approvativa come “atto di alta amministrazione” e, in quanto tale, impugnabile solo per motivi di legittimità formale [28].

 

 

[1] Cfr. V. CERULLI IRELLI, “Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa. Un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241»”, in ASTRID Rassegna”, n. 5 del 10 marzo 2005, www.astrid-online.it/La-giustiz/Dossier--i1/Note-e-con/CERULLI_L-241_1990-per-Rassegna.pdf, pp. 18 s.

[2] Cfr. D. D’ORSOGNA, sub art. 14-quater, in A. BARTOLINI–S. FANTINI–G. FERRARI (a cura di), “Codice dell’azione amministrativa e delle responsabilità”, Roma, 2010, pp. 390 ss., p. 395 e G. PAGLIARI, “Gli effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi”, in M.A. SANDULLI (a cura di), “Codice dell’azione amministrativa”, Milano, 2011, pp. 665 ss., p. 666.

[3] Cfr. A. CHIAUZZI, “L’evoluzione del procedimento di valutazione di impatto ambientale e le nuove regole della Conferenza di servizi: quale futuro per la VIA?”, in “Riv. amm.”, 2006, pp. 609 ss., p. 630.

[4] Cfr. SCUOLA SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, “Le modifiche alla conferenza di servizi”, 2010, in www.sspa.it/wp-content/uploads/2010/04/modificheconferenzaserv.pdf, pp. 19 s.

[5] Esula ovviamente dalla presente disamina l’analisi del meccanismo di superamento del dissenso manifestato da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, perché non riguarda appunto gli interessi a tutela rinforzata di tipo categoriale.

[6] Cfr. R. BIN, “Dissensi in conferenza di servizi e incauto deferimento della decisione alle "Conferenze" intergovernative: le incongruenze della legge 15/2005”, in www.forumcostituzionale.it/site/index.php?option=com_file_index&key=827&name=927.pdf, 2005, p. 1 e E. CASETTA, “Manuale di diritto amministrativo”, 9a ed., Milano, 2007, p. 480.

[7] Cfr. Cons. Stato, sez. I, 13 luglio 2005, n. 2140 (par.), in “Cons. Stato”, 2005, pt. I, pp. 1694 ss. Sul punto cfr. M. TALANI, sub art. 14–quater, in F. CARINGELLA–D. GIANNINI (a cura di), “Codice del procedimento amministrativo commentato con dottrina e giurisprudenza”, Roma, 2010, pp. 257 ss., p. 262. Sui problemi applicativi suscitati dal sistema concertativo–conferenziale di soluzione del dissenso cfr. partic. M. SANTINI, “Sui meccanismi di superamento del dissenso qualificato in conferenza di servizi”, in “Urb. e app.”, 2007, pp. 1325 ss., pp. 1329 s.

[8] Si veda il nostro “Tutela degli interessi ambientali e qualificati e superamento del dissenso nella disciplina generale della conferenza di servizi: dalla legge n. 241/1990 alla legge n. 340/2000”, pubblicato in questa rivista.

[9] Cfr. GOVERNO ITALIANO, DIPARTIMENTO PER IL COORDINAMENTO AMMINISTRATIVO, “Linee guida operative per la rimessione al Consiglio dei Ministri, Legge 7 agosto 1990, n. 241, 14-quater, comma 3”, in www.governo.it/Presidenza/DICA/art_14_quater_legge_241_1990/linee_guida_14_quater.pdf, 10 gennaio 2013, punto 2.2.

[10] Id., punto 2.3.

[11] Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 maggio 2008, n. 1079, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. anche TALANI, sub art. 14–quater, cit., p. 261.

[12] Cfr. Corte cost., 11 luglio 2012, n. 179, n. 5.2.1 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

[13] PAGLIARI, op. cit., p. 671.

[14] Cfr. A. CIMELLARO-A. FERRUTI, "La (nuova) conferenza di servizi. Prime osservazioni sulla riforma introdotta dal decreto-legge n. 78/2010", in LexItalia.it, n. 6/2010, par. 5.

[15] Cfr. F. CARINGELLA, “Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali”, 6a ed., Milano, 2011, vol. II, p. 1872 e TALANI, op. cit., p. 264.

[16] G. SCIULLO, “La Conferenza di servizi come meccanismo di decisione”, in “Giorn. dir. amm.”, 2011, pp. 1138 ss., p. 1139.

[17] Con conseguente nullità del parere postumo per carenza di potere, su cui cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13 maggio 2008, n. 1371, in www.giustizia-amministrativa.it, nonché T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 27 gennaio 2010, n. 45, ove è stato evidenziato che «il legislatore – pur con terminologia atecnica e di matrice processuale (parlando di “inammissibilità” del c.d. parere postumo) – ha inteso prevedere sanzionare con la nullità per carenza di potere i pareri espressi fuori dalla conferenza dei servizi, trattandosi di uno dei non molti casi in cui la legge stabilisce che il potere deve essere esercitato entro un termine tassativo, a pena di consumazione». Sul punto cfr. C. POLIDORI, “La ponderazione degli interessi nelle conferenze di servizi per approvazione dei progetti di opere pubbliche”, in www.ordineavvocati.bz.it/filesfree/uploads/Polidori_relazione%20II%20CGD.pdf, 2013, p. 30.

[18] Sul punto cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 dicembre 2008, n. 6161, in www.giustizia-amministrativa.it.

[19] Cfr. PAGLIARI, op. cit., p. 666.

[20] Cfr. M.A. QUAGLIA, “La conferenza di servizi come strumento di semplificazione e di coordinamento degli interessi nel procedimento amministrativo”, in “Quad. reg.”, 2006, pp. 39 ss., p. 63.

[21] Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2011, n. 2099, in www.giustizia-amministrativa.it.

[22] Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 26 maggio 2008, n. 1217, in www.giustizia-amministrativa.it. Per altri casi di dissenso manifestato da amministrazioni non preposte alla tutela ambientale, ma con analoga posizione assunta dalla giurisprudenza, cfr. T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 22 dicembre 2009, n. 1343, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4450, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. L. CORTI, “Autorizzazioni integrate ambientali per discariche per lo smaltimento di rifiuti: caratteri del dissenso manifestato dalla P.A. in conferenza di servizi e questioni attinenti alla localizzazione della discarica in presenza di vincolo paesaggistico in itinere”, in “Riv. giur. amb.”, 2011, pp. 293 ss.

[23] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 28 ottobre 2010, n. 7148, in www.giustizia-amministrativa.it.

[24] Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2836, in www.giustizia-amministrativa.it.

[25] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 gennaio 2013, n. 434, in www.giustizia-amministrativa.it.

[26] Ai sensi dell’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, l’inutile decorso del termine di centocinquanta giorni dalla presentazione dell’istanza del proponente senza che l’amministrazione abbia concluso con provvedimento motivato il procedimento di valutazione di impatto ambientale, o del successivo periodo di sessanta giorni, in caso di proroga dettata dalla particolare complessità degli accertamenti e delle indagini da effettuare, «implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni».

[27] Cfr. D.P.C.M. 16 maggio 2003, “Realizzazione del progetto dell'autostrada A31 Valdastico, completamento a Sud”, in G.U., serie gen., n. 129 del 6 giugno 2003, pp. 40 ss. e in www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/allegati/Decreti_VIA/2003_DPCM.pdf.

[28] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2006, n. 129, in www.giustizia-amministrativa.it. In tale ipotesi, nello scrutinio della verifica di legittimità degli atti governativi, «occorre tenere presente che l’esercizio del potere discrezionale, impinguendo nel merito dell’azione amministrativa, soggiace al sindacato del giudice solo ove sia affetto ictu oculi dal vizio di eccesso di potere nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento, illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta, dell’arbitrarietà, ovvero dell’irragionevolezza della scelta adottata. Si tratta, inoltre, di provvedimenti assunti in esito a complessi ed articolati procedimenti ampiamente partecipati, nel corso dei quali erano state acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse alla realizzazione dell’opera pubblica e conciliati tutti i dissensi manifestati al riguardo. In tale prospettiva, l’indagine di verifica della legittimità implica l’ulteriore necessità che dei singoli atti della serie procedimentale deve operarsi una valutazione non limitata al solo accertamento dell’eventuale loro specifica contrarietà alla legge, ma che giustifichi anche un’eventuale ricaduta della ritenuta illegittimità sull’intero procedimento, in modo da invalidare anche la scelta finale dell’organo decidente, che resta di alta amministrazione». Sul punto cfr. CIMELLARO-FERRUTI, op. cit., par. 5.

  Nell’evoluzione normativa dei meccanismi di superamento del dissenso espresso nella conferenza di servizi da amministrazioni preposte alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi qualificati, particolarmente incisive sono la riforme apportate dalla Legge n. 15/2005, che ampliano le categorie di interessi qualificati alla tutela della pubblica incolumità e consentono la composizione del dissenso anche ove espresso in sede di conferenza preliminare, oltre ad introdurre la prima volta la tutela dei dissensi istituzionali (tra amministrazioni statali, statali e regionali o regionali).

Per quanto riguarda l'inserimento del nuovo interesse qualificato della tutela della pubblica incolumità, si tratta di un settore dal contenuto assai ampio, coinvolgendo tutte le situazioni di pericolo in cui le persone possono trovarsi, da quelle concernenti fatti di ordine e sicurezza pubblica a quelle concernenti calamità naturali, o incidenti prodotti dall’uomo, o da opere dell’uomo, incendi, crolli di edifici, rottura di argini e così via. La norma perciò apre il dissenso qualificato a molteplici amministrazioni, dalle forze dell’ordine ai vigili del fuoco, dal Corpo forestale dello Stato agli uffici della protezione civile e così via [1]. Proprio per i confini imprecisi e vaghi della nozione in esame, è subito emerso il rischio di una dilatazione eccessiva dell'area dei dissensi qualificati e, con essa, delle decisioni da rimettere alle sedi deputate alle valutazioni di secondo livello [2].

Per quanto riguarda la conferenza preliminare, il nuovo comma 3-bis dell’articolo 14-bis stabilisce infatti che il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da un’amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, tra cui quelli ambientali, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina ordinaria per il superamento del dissenso in sede di conferenza decisoria prevista dall’articolo 14-quater, comma 3.

Al di là delle critiche avanzate circa l’opportunità di una valutazione politica su una scelta essenzialmente tecnica [3], la disposizione è stata dettata dalla considerazione che posizioni contrarie di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, riproposte in sede di conferenza decisoria, porterebbero comunque all’attivazione della procedura aggravata per il superamento del dissenso. Quindi, considerato il contenuto sicuramente impegnativo che assumono in conferenza preliminare le pronunce di tali amministrazioni, è apparso inutile, e in contrasto con il principio di economicità, consentire la prosecuzione dell’iter sino alla conferenza decisoria.

Peraltro, la disposizione del comma 3-bis fa esplicito riferimento alle sole opere interregionali, delimitando il campo di intervento della norma alle opere di maggiore impatto territoriale. Restano in tal modo fuori dalla disciplina le opere pubbliche di minori dimensioni, anche se non può escludersi “a priori” la presenza di opere di dimensioni territoriali inferiori ma di maggiore impatto ambientale o su altri interessi sensibili. In siffatta ipotesi, non potendo azionarsi la procedura aggravata di superamento del dissenso, perché non contemplata espressamente dal comma 3-bis per tali opere minori, la conferenza preliminare deve concludere i propri lavori secondo l’ordinaria procedura, fatto salvo, poi, quanto successivamente si verificherà in sede di conferenza decisoria [4].

Per quanto riguarda la disciplina dell’articolo 14-quater, mentre in base all’assetto previgente il motivato dissenso, espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi qualificati, determinava automaticamente la rimessione della decisione al Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione dissenziente o quella procedente fossero un’amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali nelle altre ipotesi, adesso la disciplina è articolata molto più in dettaglio. Entro dieci giorni, infatti, l’amministrazione procedente è tenuta a rimettere la decisione al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; alla Conferenza Stato-Regioni, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; o, infine, alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali (articolo 14-quater, comma 3).

In entrambi i meccanismi di superamento del dissenso – categoriale o istituzionale [5] –, qualora la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza unificata non provvedano entro i termini legali, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri o alle competenti Giunte delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano se la materia non rientra nella potestà legislativa statale esclusiva. Qualora la Giunta regionale non provveda ulteriormente, la decisione è comunque rimessa in via definitiva al Consiglio dei Ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni interessate.

La devoluzione della composizione del dissenso alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Unificata è stata criticata anzitutto per la sostituzione di un'istanza politica nella difesa delle valutazioni espresse in termini di giudizi tecnici dalle amministrazioni che hanno in cura interessi per sua natura privilegiati [6].

Inoltre, il sistema ha evidenziato anche i problemi di adeguata rappresentatività degli interessi dissenzienti nel livello decisionale superiore perché, come ha chiarito la giurisprudenza, non è richiesta una coincidenza necessaria tra amministrazioni dissenzienti alla conferenza di servizi ed organi istituzionali che compongono la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza Unificata, in quanto i collegi deputati alla decisione sostitutiva sono stati indicati come tali dalla legge non in quanto capaci, per la propria composizione, di garantire la presenza di tutte gli enti partecipanti alla conferenza di servizi, quanto piuttosto per la loro idoneità a rappresentare ed assicurare adeguatamente la ponderazione degli interessi in gioco. Inoltre, la composizione tanto della Conferenza Stato-Regioni quanto della Conferenza Unificata non può che essere quella istituzionalmente prevista dal Decreto Legislativo n. 281/1997, per cui la rappresentanza di amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi ma eventualmente non presenti alle due Conferenze dovrà essere assunta da soggetti istituzionali che compongono quest'ultime [7].

La Legge n. 122/2010 modifica nuovamente il meccanismo di superamento del dissenso manifestato da amministrazioni preposte alla cura degli interessi a tutela rinforzata, prevedendo che, pur nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, l’amministrazione procedente rimetta la decisione al Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l’intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata.

Più esattamente, come si è visto già nel quadro del sistema delineato a partire dalla Legge n. 241/1990 [8], ove alla conferenza di servizi partecipi un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico‐territoriale, del patrimonio storico‐artistico, della salute o della pubblica incolumità e la posizione di dissenso da essa manifestata rientri tra le posizioni prevalenti, la conferenza si conclude con l’adozione da parte dell’amministrazione procedente della determinazione motivata di conclusione del procedimento come previsto dall’articolo 14-ter, comma 6-bis, senza attivare la rimessione al Consiglio dei ministri. Qualora invece la posizione di dissenso sia espressione di una posizione minoritaria rispetto alle altre amministrazioni coinvolte, l’amministrazione procedente deve rimettere la questione al Consiglio dei ministri ex articolo 14-quater, comma 3, per il superamento del dissenso manifestato.

La “ratio” della norma in esame è infatti di evitare che la conferenza di servizi, in presenza di interessi particolarmente rilevanti, si concluda in base al criterio della prevalenza con possibile pregiudizio di valori quali l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico-artistico, la salute e la pubblica incolumità.

Qualora nella conferenza di servizi l’amministrazione portatrice di interesse qualificato sia annoverata tra le amministrazioni prevalenti, il dissenso sulla materia oggetto della conferenza di servizi manifestato da un’amministrazione portatrice di cd “interessi sensibili” non assume invece specifica rilevanza e, pertanto, non è necessaria l’attivazione della procedura davanti al Consiglio dei Ministri [9].

In ogni caso, perché ricorra la fattispecie cui all’articolo 14-quater, comma 3, il dissenso manifestato in conferenza di servizi non deve solo provenire da un’amministrazione istituzionalmente deputata dalla normativa vigente alla tutela dell’ambiente o degli altri interessi qualificati riconosciuti dalla disposizione, ma deve anche essere espresso nell’esercizio di un potere previsto da disposizioni normative specificatamente individuate per la tutela di tali interessi e devi avere ad oggetto la tutela delle categorie di interessi espressamente contemplate dal terzo comma, con esclusione delle altre materie comunque attinenti alla gestione del territorio ma non afferenti agli interessi in oggetto [10].

Del resto, come ha chiarito la giurisprudenza, la nozione di “amministrazioni preposte alla tutela di interessi” di cui all’articolo 14-quater, comma 3, è cosa diversa da quella di “amministrazioni competenti” nelle cinque materie in esse indicate, perché “la competenza è criterio (d’identità) per individuare le amministrazioni che devono essere invitate alla conferenza, la titolarità di poteri di tutela indica un quid pluris specifico (di funzione), non affatto ricompreso nella prima” [11].

Peraltro, ai sensi della disposizione stessa, la rimessione è comunque preclusa qualora la questione sia oggetto di intese raggiunte tra le Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 8, della Costituzione, dello specifico procedimento relativo alle infrastrutture strategiche di rilevanza nazionale disciplinato dall’articolo 165 del Codice degli appalti o del procedimento di cui all’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 383/1994 in materia di localizzazione delle opere di interesse statale.

L’eliminazione del sistema delle conferenze autonomiche ha ovviamente riguardato anche l’altra tipologia di dissenso, manifestabile da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, nel qual caso il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Sul punto è però intervenuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 179/2012 ha dichiarato l’illegittimità dell’ultimo periodo del terzo comma dell’articolo 14-quater, sia perché il termine di trenta giorni è così esiguo da rendere oltremodo complesso e difficoltoso lo svolgimento di qualsivoglia trattativa, sia, soprattutto, perché l’intervento unilaterale dello Stato viene prefigurato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa, per cui risulta violato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio delle sfere di competenza regionale, dovendosi escludere che l’intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche quella del superamento del dissenso all’interno di essa, sia riconducibile ad una materia di competenza statale esclusiva, tenuto conto della varietà dei settori coinvolti, molti dei quali – tra cui la valorizzazione del beni ambientali – sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali [12].

A seguito di tale pronuncia, e in coerenza con essa, la Legge n. 221/2012 ha aggiunto al comma 3 una sorta di procedura di “codecisione”, volta a individuare una soluzione condivisa nel caso in cui il dissenso sia espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza. Si tratta di un procedimento più articolato di quello ordinario, in quanto prevede fino a tre fasi di trattativa, della durata di trenta giorni ciascuna, nel corso delle quali le amministrazioni debbono compiere ogni sforzo per giungere a una soluzione condivisa, nel rispetto delle competenze sia dello Stato sia delle Regioni e delle Province autonome. Solo in caso di conclamata e documentata impossibilità di giungere a un’intesa la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

In definitiva, con la rimessione della gestione finale del dissenso al Consiglio dei Ministri, il quadro finale che il legislatore ci consegna al termine dell’evoluzione sommariamente descritta è parso “una nuova tappa del processo strisciante di accentramento operato dal legislatore in questi anni e di avocazione governativa delle questioni in materia ambientale” [13].

In effetti, in senso critico si è rilevato che, al di fuori dei casi in cui sussistano intese raggiunte tra le Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 8, della Costituzione, dello specifico procedimento relativo alle infrastrutture strategiche di rilevanza nazionale disciplinato dall’articolo 165 del Codice degli appalti o del procedimento di cui all’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 383/1994 in materia di localizzazione delle opere di interesse statale, la riforma ha rimesso al Consiglio dei Ministri la decisione finale in tutti i casi in cui sia espresso un dissenso da parte delle amministrazioni preposte alla tutela delle cinque categorie di interessi qualificati specificati dalla disposizione [14].

Senz’altro, il sistema concertativo delle conferenze autonomiche, delineato dalla Legge n. 15/2005, pur rispettoso del principio di sussidiarietà, aveva mostrato i suoi limiti nel non assicurare un efficace snellimento dell’attività amministrativa [15].

Nondimeno, la complessità delle questioni aperte e delle problematiche sollevate dall’epilogo del legislatore, con riferimento al superamento del dissenso manifestato dalle amministrazioni preposte alla cura di interessi a tutela rinforzata, fa pensare che “dopo le modifiche introdotte con il d.l. n. 78/2010 la configurazione normativa della conferenza di servizi sembra essere pervenuta ad un approdo difficilmente superabile in un quadro di compatibilità con il sistema costituzionale», perché, almeno «nel suo tipo più rilevante (quello con carattere “decisorio”), la conferenza si presenta ormai come meccanismo, ad applicazione generale, che permette l’assunzione di decisioni amministrazione nonostante l’inerzia o il dissenso anche delle amministrazioni portatrici di interessi pubblici particolarmente significativi (o “sensibili”)”, di chiaro rango costituzionale [16].

La Legge n. 122/2010, in parallelo a quanto disposto in tema di silenzio-assenso procedimentale, ha sottoposto anche le amministrazioni deputate alla tutela degli interessi ambientali e delle altre categorie di interessi sensibili al regime rigoroso del “dissenso propositivo” già previsto in via ordinaria per le altre amministrazioni. Anche per tali amministrazioni, dunque, il dissenso, a pena di inammissibilità, deve essere regolarmente espresso all’interno della conferenza [17], deve essere sorretto da congrua motivazione, deve essere fondato su motivi riguardanti la fattispecie oggetto della conferenza e non su aspetti connessi ma non all’esame, e soprattutto deve contenere il “dissenso costruttivo”, cioè l’indicazione in modo specifico delle modifiche progettuali necessarie al superamento del dissenso [18].

Proprio quest’ultimo requisito delinea il carattere particolarmente restrittivo del dissenso, perché l’obbligo della critica “construens” rende il dissenso prodromico all’assenso, attenuandone quindi la sua tradizionale funzione [19]. Non assume, rilievo, cioè, tanto l’indicazione degli elementi ostativi all’adozione della deliberazione quanto la precisazione dei rimedi [20]. Nondimeno, esso “è conforme non solo all’esigenza dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di accelerazione dell’azione amministrativa, ma anche nell’ottica dell’altro principio di leale collaborazione cui pure devono essere improntati i rapporti tra le varie pubbliche amministrazioni”[21].

Va dato atto, comunque, che nella scarsa giurisprudenza formatasi finora, con riferimento al dissenso manifestato da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, l’illegittimità dell’esito negativo della conferenza è stato dichiarata soprattutto in casi di totale assenza di indicazione delle modifiche progettuali necessarie da parte dell’amministrazione dissenziente [22].

Si registrano nondimeno interessanti sviluppi, censurandosi il diniego “non costruttivo” del rilascio di un'autorizzazione integrata ambientale relativa a un progetto di discarica, anche dove il dissenso sia in realtà solo rispetto al privato istante, ma resti pur sempre privo di quella propositività che l'articolo 14-quater richiede, “intendendo il legislatore evitare la duplicazione di procedimenti laddove il recepimento di modificazioni possa dar luogo ad un provvedimento favorevole. Tale regola si applica non solo ai dinieghi delle singole amministrazioni ma anche ai dinieghi collettivi, come si desume dal riferimento a “più amministrazioni” e logicamente anche alla decisione finale della conferenza, quando il parere negativo sia stato condiviso da tutte le amministrazioni” [23].

Nel confermare la posizione del giudice di prime cure nello stesso caso, il Consiglio di Stato ha ulteriormente rilevato che, in presenza di dissensi correlati a specifici aspetti progettuali, come emersi nella conferenza di servizi, l’autorità competente avrebbe dovuto segnalarli puntualmente e, comunque, non avrebbe potuto esimersi dal sottoporre le modifiche progettuali formulate dal privato proponente, a seguito del preavviso di diniego, ad esame, mediante riconvocazione della conferenza di servizi.

Anche per i giudici di Palazzo Spada, dunque, “la motivazione e la coeva individuazione, ove possibili, di modifiche progettuali atte a superare i profili ostativi al rilascio del provvedimento (nella specie, dell’autorizzazione integrata ambientale), mirano ad evitare una duplicazione di procedimenti, la dilatazione dei tempi di definizione, la stessa insorgenza di contenziosi amministrativi e giurisdizionali, in ossequio ai principi generali di economicità, di efficacia e di pubblicità già enunciati nel testo originario dell’art. 1 della legge n. 241/1990, ora “implementati” con il richiamo, peraltro già desumibile dai principi generali costituzionali sull’attività amministrativa, ex art. 97 Cost., a quelli di imparzialità e trasparenza.

Peraltro, lo stesso modulo procedimentale della conferenza di servizi rispecchia finalità di economicità, efficacia, pubblicità, con la concentrazione, in un unico luogo procedimentale, di tutti i pareri, nullaosta, atti di assenso, in funzione di un esame complessivo, bilanciato e contemperato, di tutti gli interessi pubblici coinvolti dall’emanazione del provvedimento finale, come espressi dai vari enti e organi invitati e titolati a parteciparvi in funzione della cura loro istituzionalmente attribuita di quegli interessi, nonché del costruttivo confronto con gli stessi dell’interesse del privato all’emanazione del provvedimento” [24].

Non diversamente, sempre il Consiglio di Stato ha negato che possa essere qualificato come diniego formale al rilascio dell'autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico l'obiezione svolta in conferenza di servizi dall’amministrazione comunale, nel cui territorio sia destinata ad essere realizzata l’opera, circa la mancata precisazione della titolarità del terreno in cui insiste l'impianto e di quello in cui devono passare i cavidotti, dal momento che una mera opposizione al progetto è insufficiente a concretare quel dissenso motivato e costruttivo che solo può integrare il requisito di cui all'articolo 14-quater, comma 1 [25].

Peraltro, per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, la possibilità di esprimere il dissenso vale comunque “fermo restando quanto previsto dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, quindi con conseguente applicazione del potere sostitutivo statale previsto dal comma 2 di tale disposizione in caso amministrazioni competenti anche all’adozione di valutazioni di impatto ambientale [26].

In funzione di tutela dell’ambiente si pone poi l’esigenza di un controllo più rigoroso sui dissensi espressi in sede di conferenza quando questa verta su un’opera sottoposta a valutazione di impatto ambientale e la decisione sia negativa, il che può spiegare perché la Legge n. 122/2010 non abbia espunto la previsione del quinto comma dell’articolo 14-quater – inserita dalla Legge n. 240/2000 – che in tale ipotesi dispone l’applicazione dell’articolo 12, comma 2, del Decreto Legislativo n. 303/1999, ai sensi del quale il Presidente del Consiglio dei Ministri “può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.

A quanto consta, tale disposizione è stata applicata – nell'ambito di un dissenso manifestato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in sede di V.I.A. – per l'approvazione del prolungamento dell'autostrada A/31 “Valdastico”, avvenuta con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 16 maggio 2003 [27]. Il Decreto, impugnato da alcune associazioni ambientaliste e dai proprietari delle aree oggetto di esproprio, è stato ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato, che ha qualificato tale modalità approvativa come “atto di alta amministrazione” e, in quanto tale, impugnabile solo per motivi di legittimità formale [28].

 

 

[1] Cfr. V. CERULLI IRELLI, “Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa. Un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241»”, in ASTRID Rassegna”, n. 5 del 10 marzo 2005, www.astrid-online.it/La-giustiz/Dossier--i1/Note-e-con/CERULLI_L-241_1990-per-Rassegna.pdf, pp. 18 s.

[2] Cfr. D. D’ORSOGNA, sub art. 14-quater, in A. BARTOLINI–S. FANTINI–G. FERRARI (a cura di), “Codice dell’azione amministrativa e delle responsabilità”, Roma, 2010, pp. 390 ss., p. 395 e G. PAGLIARI, “Gli effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi”, in M.A. SANDULLI (a cura di), “Codice dell’azione amministrativa”, Milano, 2011, pp. 665 ss., p. 666.

[3] Cfr. A. CHIAUZZI, “L’evoluzione del procedimento di valutazione di impatto ambientale e le nuove regole della Conferenza di servizi: quale futuro per la VIA?”, in “Riv. amm.”, 2006, pp. 609 ss., p. 630.

[4] Cfr. SCUOLA SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, “Le modifiche alla conferenza di servizi”, 2010, in www.sspa.it/wp-content/uploads/2010/04/modificheconferenzaserv.pdf, pp. 19 s.

[5] Esula ovviamente dalla presente disamina l’analisi del meccanismo di superamento del dissenso manifestato da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, perché non riguarda appunto gli interessi a tutela rinforzata di tipo categoriale.

[6] Cfr. R. BIN, “Dissensi in conferenza di servizi e incauto deferimento della decisione alle "Conferenze" intergovernative: le incongruenze della legge 15/2005”, in www.forumcostituzionale.it/site/index.php?option=com_file_index&key=827&name=927.pdf, 2005, p. 1 e E. CASETTA, “Manuale di diritto amministrativo”, 9a ed., Milano, 2007, p. 480.

[7] Cfr. Cons. Stato, sez. I, 13 luglio 2005, n. 2140 (par.), in “Cons. Stato”, 2005, pt. I, pp. 1694 ss. Sul punto cfr. M. TALANI, sub art. 14–quater, in F. CARINGELLA–D. GIANNINI (a cura di), “Codice del procedimento amministrativo commentato con dottrina e giurisprudenza”, Roma, 2010, pp. 257 ss., p. 262. Sui problemi applicativi suscitati dal sistema concertativo–conferenziale di soluzione del dissenso cfr. partic. M. SANTINI, “Sui meccanismi di superamento del dissenso qualificato in conferenza di servizi”, in “Urb. e app.”, 2007, pp. 1325 ss., pp. 1329 s.

[8] Si veda il nostro “Tutela degli interessi ambientali e qualificati e superamento del dissenso nella disciplina generale della conferenza di servizi: dalla legge n. 241/1990 alla legge n. 340/2000”, pubblicato in questa rivista.

[9] Cfr. GOVERNO ITALIANO, DIPARTIMENTO PER IL COORDINAMENTO AMMINISTRATIVO, “Linee guida operative per la rimessione al Consiglio dei Ministri, Legge 7 agosto 1990, n. 241, 14-quater, comma 3”, in www.governo.it/Presidenza/DICA/art_14_quater_legge_241_1990/linee_guida_14_quater.pdf, 10 gennaio 2013, punto 2.2.

[10] Id., punto 2.3.

[11] Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 maggio 2008, n. 1079, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. anche TALANI, sub art. 14–quater, cit., p. 261.

[12] Cfr. Corte cost., 11 luglio 2012, n. 179, n. 5.2.1 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

[13] PAGLIARI, op. cit., p. 671.

[14] Cfr. A. CIMELLARO-A. FERRUTI, "La (nuova) conferenza di servizi. Prime osservazioni sulla riforma introdotta dal decreto-legge n. 78/2010", in LexItalia.it, n. 6/2010, par. 5.

[15] Cfr. F. CARINGELLA, “Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali”, 6a ed., Milano, 2011, vol. II, p. 1872 e TALANI, op. cit., p. 264.

[16] G. SCIULLO, “La Conferenza di servizi come meccanismo di decisione”, in “Giorn. dir. amm.”, 2011, pp. 1138 ss., p. 1139.

[17] Con conseguente nullità del parere postumo per carenza di potere, su cui cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13 maggio 2008, n. 1371, in www.giustizia-amministrativa.it, nonché T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 27 gennaio 2010, n. 45, ove è stato evidenziato che «il legislatore – pur con terminologia atecnica e di matrice processuale (parlando di “inammissibilità” del c.d. parere postumo) – ha inteso prevedere sanzionare con la nullità per carenza di potere i pareri espressi fuori dalla conferenza dei servizi, trattandosi di uno dei non molti casi in cui la legge stabilisce che il potere deve essere esercitato entro un termine tassativo, a pena di consumazione». Sul punto cfr. C. POLIDORI, “La ponderazione degli interessi nelle conferenze di servizi per approvazione dei progetti di opere pubbliche”, in www.ordineavvocati.bz.it/filesfree/uploads/Polidori_relazione%20II%20CGD.pdf, 2013, p. 30.

[18] Sul punto cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 dicembre 2008, n. 6161, in www.giustizia-amministrativa.it.

[19] Cfr. PAGLIARI, op. cit., p. 666.

[20] Cfr. M.A. QUAGLIA, “La conferenza di servizi come strumento di semplificazione e di coordinamento degli interessi nel procedimento amministrativo”, in “Quad. reg.”, 2006, pp. 39 ss., p. 63.

[21] Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2011, n. 2099, in www.giustizia-amministrativa.it.

[22] Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 26 maggio 2008, n. 1217, in www.giustizia-amministrativa.it. Per altri casi di dissenso manifestato da amministrazioni non preposte alla tutela ambientale, ma con analoga posizione assunta dalla giurisprudenza, cfr. T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 22 dicembre 2009, n. 1343, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4450, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. L. CORTI, “Autorizzazioni integrate ambientali per discariche per lo smaltimento di rifiuti: caratteri del dissenso manifestato dalla P.A. in conferenza di servizi e questioni attinenti alla localizzazione della discarica in presenza di vincolo paesaggistico in itinere”, in “Riv. giur. amb.”, 2011, pp. 293 ss.

[23] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 28 ottobre 2010, n. 7148, in www.giustizia-amministrativa.it.

[24] Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2836, in www.giustizia-amministrativa.it.

[25] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 gennaio 2013, n. 434, in www.giustizia-amministrativa.it.

[26] Ai sensi dell’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, l’inutile decorso del termine di centocinquanta giorni dalla presentazione dell’istanza del proponente senza che l’amministrazione abbia concluso con provvedimento motivato il procedimento di valutazione di impatto ambientale, o del successivo periodo di sessanta giorni, in caso di proroga dettata dalla particolare complessità degli accertamenti e delle indagini da effettuare, «implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni».

[27] Cfr. D.P.C.M. 16 maggio 2003, “Realizzazione del progetto dell'autostrada A31 Valdastico, completamento a Sud”, in G.U., serie gen., n. 129 del 6 giugno 2003, pp. 40 ss. e in www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/allegati/Decreti_VIA/2003_DPCM.pdf.

[28] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2006, n. 129, in www.giustizia-amministrativa.it. In tale ipotesi, nello scrutinio della verifica di legittimità degli atti governativi, «occorre tenere presente che l’esercizio del potere discrezionale, impinguendo nel merito dell’azione amministrativa, soggiace al sindacato del giudice solo ove sia affetto ictu oculi dal vizio di eccesso di potere nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento, illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta, dell’arbitrarietà, ovvero dell’irragionevolezza della scelta adottata. Si tratta, inoltre, di provvedimenti assunti in esito a complessi ed articolati procedimenti ampiamente partecipati, nel corso dei quali erano state acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse alla realizzazione dell’opera pubblica e conciliati tutti i dissensi manifestati al riguardo. In tale prospettiva, l’indagine di verifica della legittimità implica l’ulteriore necessità che dei singoli atti della serie procedimentale deve operarsi una valutazione non limitata al solo accertamento dell’eventuale loro specifica contrarietà alla legge, ma che giustifichi anche un’eventuale ricaduta della ritenuta illegittimità sull’intero procedimento, in modo da invalidare anche la scelta finale dell’organo decidente, che resta di alta amministrazione». Sul punto cfr. CIMELLARO-FERRUTI, op. cit., par. 5.