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Il passaggio coattivo nel fondo intercluso relativo

Il diritto reale è, come dice lo stesso nomen ricorrente in tutta una serie di disposizioni contenute nel Codice Civile, diritto su una cosa. Pertanto, si attua in tal guisa la compressione che il diritto maggiore subisce ad opera del diritto minore concorrente sullo stesso bene, senza che ciò si traduca in una sorta di sottrazione della facoltà di godimento dal contenuto del primo ad opera del secondo.

I diritti reali minori sono diritti reali gravanti su una cosa altrui cosiddetta iura in re aliena e hanno un contenuto più ristretto rispetto alla proprietà. Essi si distinguono in diritti di godimento e di garanzia.

I diritti reali di godimento sono: la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione e le servitù, mentre quelli di garanzia sono il pegno e l’ipoteca.

I diritti reali minori gravano su beni che sono posti a vantaggio di soggetti diversi dai proprietari degli stessi, i quali vedono pertanto limitato il proprio diritto.

Il requisito dell’altruità della cosa viene però meno allorché il titolare del diritto reale minore diventi anche proprietario. Si assisterà dunque alla estinzione del diritto reale minore attraverso la cosiddetta consolidazione, la quale opera allo stesso modo dell’accrescimento delle quote dei coeredi.

Anche i diritti reali minori hanno le caratteristiche proprie dei diritti reali. Si allude alla loro assolutezza, all’inerenza alla cosa, ossia al particolare nesso tra il bene e il diritto, alla tipicità dei diritti reali, nel senso che gli stessi sono in numero chiuso, cioè sono solo quelli previsti per legge, ed infine alla loro elasticità.

A differenza della proprietà, che è sempre perpetua, i diritti reali minori possono essere perpetui oppure a tempo determinato.

Tutti i diritti reali di godimento si estinguono comunque per non uso, se quest’ultimo si protrae per venti anni.

La servitù è un diritto reale di godimento su cosa altrui il cui contenuto a mente dell’articolo 1027 del Codice Civile consiste nel peso imposto su di un fondo, detto servente, per l’utilità di un altro, detto dominante, appartenente ad un diverso proprietario.

Il diritto di servitù è per sua natura indivisibile in quanto inerente a tutto il fondo sia dal lato attivo sia dal lato passivo, quindi non può formare oggetto di comunione.

Come testè scritto, la servitù gravante sul fondo servente è imposta al fine di apportare utilità al fondo dominante e va commisurata alla limitazione del diritto di proprietà del fondo servente ovvero deve soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.

L’elemento della contiguità tra due fondi cosiddetta vicinitas non essendo stabilito e previsto da alcuna norma quale requisito essenziale della servitù prediale, è ritenuto un elemento di fatto, derivante dall’intima essenza della servitù, ossia dal criterio dell’uso e dell’utilità, avente valore nel senso di un rapporto tra i due fondi che si trovino in tale reciproca situazione da rendere possibile la sussistenza di una relazione di servizio tra i medesimi.

A norma dell’articolo 1031 del Codice Civile le servitù prediali posso essere costituite coattivamente o volontariamente, oltre che per usucapione e per destinazione del padre di famiglia.

Riguardo alle servitù prediali volontarie la Corte di Cassazione, Sentenza 27 luglio 2006, n. 17121, ha affermato che esse non costituiscono un numerus clausus mentre per converso con Sentenza 25 gennaio 1992, n. 820 aveva ritenuto che quelle coattive formavano un numerus clausus, in quanto tipiche, avendo ognuna un contenuto preordinato per legge.

Nel caso in cui si ha un fondo intercluso da terreni altrui, con una sola uscita pedonale per accedere alla pubblica via, al fine di verificare la sussistenza dell’interclusione per la costituzione di una servitù di passaggio coattivo ex articolo 1051 del Codice Civile occorre che il fondo venga considerato nella sua unitarietà e non per parti separate, distinguendo, poi, l’interclusione in assoluta e relativa.

L’interclusione è assoluta quando si ha l’impossibilità di accedere al fondo, atteso che la Cassazione con Sentenza 30 gennaio 1992, n. 1012, ha ritenuto sussistere l’interclusione assoluta nel caso in cui l’impossibilità di accedere ad un fondo era dipesa dall’impraticabilità della via pubblica a cui esso era collegato, salvo che si fosse trattato di una situazione meramente transitoria o accidentale.

L’interclusione è relativa, quando l’accesso alla pubblica via, pur se strutturalmente possibile, dia luogo ad un dispendio eccessivo al fine di renderlo praticabile.

Nel caso in cui un fondo sia servito di una servitù di passaggio a piedi, che permette l’accesso alla pubblica via, ma non permette il transito degli autoveicoli attese le ridotte dimensioni, occorrerebbe ampliare il suddetto passaggio coattivo onde poter realizzare un passo carrabile, affinché si possa raggiungere con gli autoveicoli il predetto fondo dalla via pubblica.

La Suprema Corte con Sentenza 7 maggio 1997, n. 3979, ha rilevato, al riguardo, i seguenti presupposti, legittimanti la richiesta di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui: a) che l’istante, proprietario del fondo dominante una servitù diretta, utilizzabile per i veicoli; b) che l’ampliamento non rappresenti una mera comodità per il fondo dominante, ma serva a rendere possibile il conveniente uso del fondo stesso, nella destinazione preesistente o in quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare; c) che preesista una servitù di passaggio e sussista la possibilità del passaggio stesso, nel senso di allargamento del tracciato esistente e non in quello della creazione di un nuovo più ampio tracciato attraverso il fondo servente; d) che sia possibile ottenere l’ampliamento in modo da arrecare il minor danno al fondo servente.

Pertanto, il diritto all’ampliamento del passaggio coattivo, in termini di necessità, va collegato quindi ad esigenze del fondo dominante, con riguardo a concrete possibilità di un più intenso sfruttamento ed una migliore utilizzazione.

La Cassazione con la Sentenza n. 12340/08 ha statuito che nel caso in cui l’originario tracciato non consenta il transito di veicoli anche a trazione meccanica, l’articolo 1052 del Codice Civile consente l’imposizione di un’analoga servitù ex novo quando il proprietario di un fondo abbia accesso alla pubblica via, ma esso si rivela insufficiente ai bisogni dello stesso, valutati alla luce dell’esigenze dell’agricoltura e dell’industria.

Il diritto reale è, come dice lo stesso nomen ricorrente in tutta una serie di disposizioni contenute nel Codice Civile, diritto su una cosa. Pertanto, si attua in tal guisa la compressione che il diritto maggiore subisce ad opera del diritto minore concorrente sullo stesso bene, senza che ciò si traduca in una sorta di sottrazione della facoltà di godimento dal contenuto del primo ad opera del secondo.

I diritti reali minori sono diritti reali gravanti su una cosa altrui cosiddetta iura in re aliena e hanno un contenuto più ristretto rispetto alla proprietà. Essi si distinguono in diritti di godimento e di garanzia.

I diritti reali di godimento sono: la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione e le servitù, mentre quelli di garanzia sono il pegno e l’ipoteca.

I diritti reali minori gravano su beni che sono posti a vantaggio di soggetti diversi dai proprietari degli stessi, i quali vedono pertanto limitato il proprio diritto.

Il requisito dell’altruità della cosa viene però meno allorché il titolare del diritto reale minore diventi anche proprietario. Si assisterà dunque alla estinzione del diritto reale minore attraverso la cosiddetta consolidazione, la quale opera allo stesso modo dell’accrescimento delle quote dei coeredi.

Anche i diritti reali minori hanno le caratteristiche proprie dei diritti reali. Si allude alla loro assolutezza, all’inerenza alla cosa, ossia al particolare nesso tra il bene e il diritto, alla tipicità dei diritti reali, nel senso che gli stessi sono in numero chiuso, cioè sono solo quelli previsti per legge, ed infine alla loro elasticità.

A differenza della proprietà, che è sempre perpetua, i diritti reali minori possono essere perpetui oppure a tempo determinato.

Tutti i diritti reali di godimento si estinguono comunque per non uso, se quest’ultimo si protrae per venti anni.

La servitù è un diritto reale di godimento su cosa altrui il cui contenuto a mente dell’articolo 1027 del Codice Civile consiste nel peso imposto su di un fondo, detto servente, per l’utilità di un altro, detto dominante, appartenente ad un diverso proprietario.

Il diritto di servitù è per sua natura indivisibile in quanto inerente a tutto il fondo sia dal lato attivo sia dal lato passivo, quindi non può formare oggetto di comunione.

Come testè scritto, la servitù gravante sul fondo servente è imposta al fine di apportare utilità al fondo dominante e va commisurata alla limitazione del diritto di proprietà del fondo servente ovvero deve soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.

L’elemento della contiguità tra due fondi cosiddetta vicinitas non essendo stabilito e previsto da alcuna norma quale requisito essenziale della servitù prediale, è ritenuto un elemento di fatto, derivante dall’intima essenza della servitù, ossia dal criterio dell’uso e dell’utilità, avente valore nel senso di un rapporto tra i due fondi che si trovino in tale reciproca situazione da rendere possibile la sussistenza di una relazione di servizio tra i medesimi.

A norma dell’articolo 1031 del Codice Civile le servitù prediali posso essere costituite coattivamente o volontariamente, oltre che per usucapione e per destinazione del padre di famiglia.

Riguardo alle servitù prediali volontarie la Corte di Cassazione, Sentenza 27 luglio 2006, n. 17121, ha affermato che esse non costituiscono un numerus clausus mentre per converso con Sentenza 25 gennaio 1992, n. 820 aveva ritenuto che quelle coattive formavano un numerus clausus, in quanto tipiche, avendo ognuna un contenuto preordinato per legge.

Nel caso in cui si ha un fondo intercluso da terreni altrui, con una sola uscita pedonale per accedere alla pubblica via, al fine di verificare la sussistenza dell’interclusione per la costituzione di una servitù di passaggio coattivo ex articolo 1051 del Codice Civile occorre che il fondo venga considerato nella sua unitarietà e non per parti separate, distinguendo, poi, l’interclusione in assoluta e relativa.

L’interclusione è assoluta quando si ha l’impossibilità di accedere al fondo, atteso che la Cassazione con Sentenza 30 gennaio 1992, n. 1012, ha ritenuto sussistere l’interclusione assoluta nel caso in cui l’impossibilità di accedere ad un fondo era dipesa dall’impraticabilità della via pubblica a cui esso era collegato, salvo che si fosse trattato di una situazione meramente transitoria o accidentale.

L’interclusione è relativa, quando l’accesso alla pubblica via, pur se strutturalmente possibile, dia luogo ad un dispendio eccessivo al fine di renderlo praticabile.

Nel caso in cui un fondo sia servito di una servitù di passaggio a piedi, che permette l’accesso alla pubblica via, ma non permette il transito degli autoveicoli attese le ridotte dimensioni, occorrerebbe ampliare il suddetto passaggio coattivo onde poter realizzare un passo carrabile, affinché si possa raggiungere con gli autoveicoli il predetto fondo dalla via pubblica.

La Suprema Corte con Sentenza 7 maggio 1997, n. 3979, ha rilevato, al riguardo, i seguenti presupposti, legittimanti la richiesta di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui: a) che l’istante, proprietario del fondo dominante una servitù diretta, utilizzabile per i veicoli; b) che l’ampliamento non rappresenti una mera comodità per il fondo dominante, ma serva a rendere possibile il conveniente uso del fondo stesso, nella destinazione preesistente o in quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare; c) che preesista una servitù di passaggio e sussista la possibilità del passaggio stesso, nel senso di allargamento del tracciato esistente e non in quello della creazione di un nuovo più ampio tracciato attraverso il fondo servente; d) che sia possibile ottenere l’ampliamento in modo da arrecare il minor danno al fondo servente.

Pertanto, il diritto all’ampliamento del passaggio coattivo, in termini di necessità, va collegato quindi ad esigenze del fondo dominante, con riguardo a concrete possibilità di un più intenso sfruttamento ed una migliore utilizzazione.

La Cassazione con la Sentenza n. 12340/08 ha statuito che nel caso in cui l’originario tracciato non consenta il transito di veicoli anche a trazione meccanica, l’articolo 1052 del Codice Civile consente l’imposizione di un’analoga servitù ex novo quando il proprietario di un fondo abbia accesso alla pubblica via, ma esso si rivela insufficiente ai bisogni dello stesso, valutati alla luce dell’esigenze dell’agricoltura e dell’industria.