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In discussione il controverso schema di decreto di recepimento della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

Il 13 agosto 2012, come noto, è entrata in vigore la nuova Direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che ha abrogato la storica Direttiva 2002/96/CE (recepita in Italia con il Decreto Legislativo 151/2005).

Gli Stati Membri erano tenuti ad adottare i provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarvisi entro lo scorso 14 febbraio.

A tal scopo, lo Stato italiano ha solo di recente adottato uno Schema di decreto legislativo recante attuazione della Direttiva 2012/19/Ue sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Atto del Governo n. 69 trasmesso al Senato il 13 dicembre 2013 per il prescritto parere), il quale, tuttavia, appare per il momento caratterizzarsi per alcuni rilevanti limiti. Vale la pena di menzionare, in particolare, le previsioni relative ai sistemi individuali e collettivi.

Il Considerando (23) della Direttiva rileva che, ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dalla Direttiva, “il produttore dovrebbe poter scegliere di adempiere tale obbligo o individualmente o aderendo ad un regime collettivo”. L’articolo 12, comma 3 della Direttiva stabilisce, pertanto, che “gli Stati membri provvedono affinché ciascun produttore, allorché immette un prodotto sul mercato, fornisca una garanzia che dimostri che la gestione di tutti i RAEE sarà finanziata (…). La garanzia può assumere la forma di una partecipazione del produttore a regimi adeguati per il finanziamento della gestione dei RAEE, di un'assicurazione di riciclaggio o di un conto bancario vincolato”.

Lo Schema di decreto disciplina, quindi, tra le altre cose, anche i modelli di gestione attraverso i quali i produttori possono adempiere agli obblighi sui medesimi ricadenti, avuto riguardo, per un verso, al principio della responsabilità estesa del produttore del bene e, per altro verso, anche all’esigenza di garantire un’adeguata tutela del mercato.

Ai sensi dell’articolo 8 dello Schema di decreto, al fine di tracciare e gestire i RAEE che derivano dal consumo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) dai medesimi immesse al consumo, i produttori possono aderire ad un sistema collettivo organizzato in forma consortile o, in alternativa, predisporre un sistema autosufficiente operante in modo uniforme sull’intero territorio nazionale e chiederne il riconoscimento al Ministero dell’Ambiente.

Ai fini del riconoscimento di un sistema individuale, la norma richiede la produzione di una rilevante mole di documentazione comprovante il possesso di stringenti requisiti e volta, in particolare, ad assicurare l’efficacia, l’effettività, l’economicità e la trasparenza del sistema.

I produttori dovranno dimostrare che il sistema proposto è in grado di intercettare tutti i RAEE generati  dalle proprie AEE sull’intero territorio nazionale attraverso la predisposizione di un efficiente sistema di restituzione dei RAEE generati dalle proprie AEE o, in alternativa, mediante la stipula di apposite convenzioni con i soggetti responsabili della raccolta sull’intero territorio nazionale (e.g. Centro di Coordinamento e Anci).

Non è prevista una procedura analoga di riconoscimento ai fini dell’accertamento della capacità dei sistemi collettivi di provvedere alla corretta gestione dei RAEE ritirati dal mercato. Siffatta incisiva differenziazione tra la disciplina dedicata alla partecipazione a sistemi collettivi e quella dei sistemi individuali non appare, tuttavia, giustificata da specifiche esigenze di tutela dell’ambiente.

Essa appare, invece, preludere alle problematiche già emerse, nel contesto italiano, con riferimento alla disciplina della gestione degli imballaggi, la quale si caratterizza per un analogo favore per l’adesione da parte dei singoli produttori al sistema consortile, rischiando di determinare distorsioni della concorrenza senza assicurare una protezione dell’ambiente necessariamente più efficace.

La prescrizione del modello consortile quale struttura organizzativa obbligatoria per i sistemi collettivi, del resto, è a sua volta intesa a consentire al Ministero dell’Ambiente di esplicare un’incisiva attività di vigilanza sull’organizzazione dei sistemi medesimi.

Infatti, i consorzi, per quanto enti di diritto privato, “operano – secondo lo Schema di decreto – sotto la vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico che entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo approvano lo statuto-tipo” (articolo 10).

In base alla disposizione citata (che pure è stata oggetto di osservazioni), in altre parole, i consorzi sarebbero tenuti a conformare od adeguare il loro statuto allo statuto-tipo predisposto dai Ministeri suddetti ed a sottoporlo all’approvazione del Ministero dell’Ambiente.

L’approvazione dello statuto costituisce condizione essenziale ai fini dell’iscrizione al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE di cui all’articolo 29 del medesimo Schema di decreto.

Tali previsioni risultano discutibili sia sotto il profilo della tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa economica di cui i consorzi godono, sia sotto il profilo del rispetto dei principi di eguaglianza e della parità di trattamento rispetto a settori, come quello delle batterie e degli pneumatici, in cui analoghi controlli non sono previsti sia, infine, sotto quello della compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con la Direttiva 2012/19/UE di cui lo Schema di decreto in discorso costituisce il recepimento.

 

Il 13 agosto 2012, come noto, è entrata in vigore la nuova Direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che ha abrogato la storica Direttiva 2002/96/CE (recepita in Italia con il Decreto Legislativo 151/2005).

Gli Stati Membri erano tenuti ad adottare i provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarvisi entro lo scorso 14 febbraio.

A tal scopo, lo Stato italiano ha solo di recente adottato uno Schema di decreto legislativo recante attuazione della Direttiva 2012/19/Ue sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Atto del Governo n. 69 trasmesso al Senato il 13 dicembre 2013 per il prescritto parere), il quale, tuttavia, appare per il momento caratterizzarsi per alcuni rilevanti limiti. Vale la pena di menzionare, in particolare, le previsioni relative ai sistemi individuali e collettivi.

Il Considerando (23) della Direttiva rileva che, ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dalla Direttiva, “il produttore dovrebbe poter scegliere di adempiere tale obbligo o individualmente o aderendo ad un regime collettivo”. L’articolo 12, comma 3 della Direttiva stabilisce, pertanto, che “gli Stati membri provvedono affinché ciascun produttore, allorché immette un prodotto sul mercato, fornisca una garanzia che dimostri che la gestione di tutti i RAEE sarà finanziata (…). La garanzia può assumere la forma di una partecipazione del produttore a regimi adeguati per il finanziamento della gestione dei RAEE, di un'assicurazione di riciclaggio o di un conto bancario vincolato”.

Lo Schema di decreto disciplina, quindi, tra le altre cose, anche i modelli di gestione attraverso i quali i produttori possono adempiere agli obblighi sui medesimi ricadenti, avuto riguardo, per un verso, al principio della responsabilità estesa del produttore del bene e, per altro verso, anche all’esigenza di garantire un’adeguata tutela del mercato.

Ai sensi dell’articolo 8 dello Schema di decreto, al fine di tracciare e gestire i RAEE che derivano dal consumo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) dai medesimi immesse al consumo, i produttori possono aderire ad un sistema collettivo organizzato in forma consortile o, in alternativa, predisporre un sistema autosufficiente operante in modo uniforme sull’intero territorio nazionale e chiederne il riconoscimento al Ministero dell’Ambiente.

Ai fini del riconoscimento di un sistema individuale, la norma richiede la produzione di una rilevante mole di documentazione comprovante il possesso di stringenti requisiti e volta, in particolare, ad assicurare l’efficacia, l’effettività, l’economicità e la trasparenza del sistema.

I produttori dovranno dimostrare che il sistema proposto è in grado di intercettare tutti i RAEE generati  dalle proprie AEE sull’intero territorio nazionale attraverso la predisposizione di un efficiente sistema di restituzione dei RAEE generati dalle proprie AEE o, in alternativa, mediante la stipula di apposite convenzioni con i soggetti responsabili della raccolta sull’intero territorio nazionale (e.g. Centro di Coordinamento e Anci).

Non è prevista una procedura analoga di riconoscimento ai fini dell’accertamento della capacità dei sistemi collettivi di provvedere alla corretta gestione dei RAEE ritirati dal mercato. Siffatta incisiva differenziazione tra la disciplina dedicata alla partecipazione a sistemi collettivi e quella dei sistemi individuali non appare, tuttavia, giustificata da specifiche esigenze di tutela dell’ambiente.

Essa appare, invece, preludere alle problematiche già emerse, nel contesto italiano, con riferimento alla disciplina della gestione degli imballaggi, la quale si caratterizza per un analogo favore per l’adesione da parte dei singoli produttori al sistema consortile, rischiando di determinare distorsioni della concorrenza senza assicurare una protezione dell’ambiente necessariamente più efficace.

La prescrizione del modello consortile quale struttura organizzativa obbligatoria per i sistemi collettivi, del resto, è a sua volta intesa a consentire al Ministero dell’Ambiente di esplicare un’incisiva attività di vigilanza sull’organizzazione dei sistemi medesimi.

Infatti, i consorzi, per quanto enti di diritto privato, “operano – secondo lo Schema di decreto – sotto la vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico che entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo approvano lo statuto-tipo” (articolo 10).

In base alla disposizione citata (che pure è stata oggetto di osservazioni), in altre parole, i consorzi sarebbero tenuti a conformare od adeguare il loro statuto allo statuto-tipo predisposto dai Ministeri suddetti ed a sottoporlo all’approvazione del Ministero dell’Ambiente.

L’approvazione dello statuto costituisce condizione essenziale ai fini dell’iscrizione al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE di cui all’articolo 29 del medesimo Schema di decreto.

Tali previsioni risultano discutibili sia sotto il profilo della tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa economica di cui i consorzi godono, sia sotto il profilo del rispetto dei principi di eguaglianza e della parità di trattamento rispetto a settori, come quello delle batterie e degli pneumatici, in cui analoghi controlli non sono previsti sia, infine, sotto quello della compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con la Direttiva 2012/19/UE di cui lo Schema di decreto in discorso costituisce il recepimento.