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L’attraversamento imprudente da parte del minore: regole di circolazione e responsabilità dei genitori

1. Le massime

I. In caso di investimento di pedone, il conducente è esonerato da responsabilità quando provi che non vi era, da parte sua, alcuna possibilità di prevenire l'evento; tale situazione ricorre allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l'automobilista, pur rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e, comunque, di osservarne tempestivamente i movimenti.

II. Il conducente che impegni un incrocio regolato da semaforo con "luce verde" in suo favore, non è esonerato dall’obbligo di diligenza nella condotta di guida che, pur non potendo essere richiesta nel massimo, stante la situazione di affidamento generata dal semaforo, deve tuttavia tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell'incrocio; il conducente, più in particolare, dovrà usare la dovuta attenzione nell'attraversamento dell’incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, i quali non si attengano al segnale di arresto o di precedenza.

III. La responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente può essere esclusa soltanto ove essi dimostrino di aver impartito al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze – quali l'età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute – idonee ad escludere l'obbligo di vigilare sul minore (culpa in vigilando), dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della culpa in educando.

IV. I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono sia nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, in relazione al quale potere-dovere assume rilievo determinante il perdurare della coabitazione; sia anche e soprattutto nell'obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari; in quest'ultimo ambito rientrano i danni provocati dalle manifestazioni di indisciplina, negligenza o irresponsabilità, nello svolgimento di attività suscettibili di arrecare danno a terzi, fra cui in particolare l'inosservanza delle norme della circolazione stradale.

2. Il caso

La sedicenne Tizietta attraversava il passaggio pedonale, pur essendovi il semaforo rosso per i pedoni, proprio mentre sopraggiungeva la moto condotta da Caio, di proprietà della Alfa s.a.s.; si verificava una collisione tra la moto e Tizietta. Per il risarcimento agivano sia Caio sia la società Alfa nei confronti di Tizietta e dei suoi genitori, evocati anche in proprio quali responsabili dei danni cagionati dalla figlia minore. Caio e la società Alfa deducevano che era stato il pedone a investire la moto. Tizietta spiegava domanda riconvenzionale per i danni subiti nell’incidente, anche nei confronti della Beta Assicurazioni, assicuratrice della moto e chiamata in causa. Il Tribunale di Roma dichiarava l’esclusiva responsabilità di Tizietta nella verificazione dell’incidente occorso e condannava la stessa, in solido con i genitori, responsabili ai sensi dell’art. 2048 c.c., al pagamento dei danni subiti da Caio e dalla società Alfa, nonché al pagamento delle spese processuali.

I soccombenti spiegavano appello; Caio e la Alfa s.a.s. spiegavano appello incidentale. La Corte di appello di Roma così riformava la sentenza di primo grado: rigettava la domanda proposta da Caio e dalla società Alfa nei confronti dei genitori di Tizietta a titolo di responsabilità ex articolo 2048 del Codice Civile e, ritenuta la colpa concorrente del motociclista e del pedone, condannava Tizietta al risarcimento dei danni subiti da Caio e dalla società Alfa; condannava, inoltre, la società Alfa, nonché l’assicuratrice Beta, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti da Tizietta; compensava, infine, le spese del doppio grado tra le parti.

Quanto all’accertamento della responsabilità del sinistro, il giudice di appello aveva osservato che la circostanza che la minorenne avesse intrapreso repentinamente l'attraversamento delle strisce pedonali con il semaforo rosso per i pedoni non esauriva la prova liberatoria, a carico di Caio, “di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno” (così, l’articolo 2054 del Codice Civile), giacché occorreva valutare anche il comportamento del conducente Caio. Dagli accertamenti compiuti dalla Polizia municipale, la Corte di appello desumeva che la velocità del motoveicolo non era adeguata alle condizioni della strada, in pieno centro, in una zona di attraversamento pedonale, in una giornata piovosa. Quanto alla responsabilità dei genitori, secondo i giudici di appello l'età della minore presupponeva una consapevolezza più che adeguata di circolare da sola, mentre la violazione della norma che vieta di attraversare con il rosso rientrava in quelle violazioni che non possono assumere di per sè un indice di pericolosità o di inadeguatezza tale da poter imputare ai genitori manchevolezze oggettive nel processo educativo della figlia, ben potendo essere stato determinato dalla pioggia, dal ritardo a scuola o da altro elemento occasionale, che la minore non era riuscita a controllare.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Caio, nonchè la società Alfa, svolgendo quattro motivi, incentrati su due punti della decisione di appello e, segnatamente:

- sull'accertamento della colpa concorrente delle parti interessate nell'incidente;

- sul rigetto della domanda di responsabilità per fatto proprio, ex articolo 2048 del Codice Civile, nei confronti dei genitori di Tizietta, minorenne all'epoca del fatto. Con controricorso, resistevano Tizietta ed i suoi genitori.

3. La decisione

La Corte riafferma il consolidato principio per cui, nel caso in cui sia investito un pedone, il conducente può andare esente da responsabilità solo ove dia prova che non vi era, da parte sua, alcuna possibilità di prevenire l’evento. Tanto accade quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede in modo regolare sulla strada, nel rispetto di tutte le norme della circolazione stradale e di quelle dettate dalla prodenza e dalla diligenza.

Il Supremo Collegio precisa, poi, come un simile obbligo di diligenza permanga, in capo al conducente, anche nel caso in cui questi impegni un incrocio regolato da semaforo con "luce verde" in suo favore. Se, infatti, il semaforo verde genera un situazione di affidamento, al conducente è comunque richiesta la necessaria cautela imposta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell’incrocio. Il solo fatto che un conducente goda del diritto di precedenza non lo esonera dall'obbligo di usare la dovuta attenzione nell'attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, che non si attengano al segnale di arresto o di precedenza.

I giudici della terza Sezione ritengono che la Corte territoriale si sia attenuta ai principi esposti, nel ritenere che il repentino attraversamento, con semaforo rosso, da parte di Tizietta, non consentisse di ritenere superata la presunzione di colpa di Caio; sicché correttamente la Corte ha proceduto a verificare se la condotta del conducente fosse stata adeguata a quella richiesta nella concreta situazione della circolazione. La prevedibilità del comportamento di Tizietta è, in particolare, ritenuto sussistente con riferimento a una situazione di tempo e di luogo come quella descritta nella sentenza impugnata.

Nello stabilire se il conducente, nell'occasione, abbia adottato quella diligenza e prudenza nella guida che - pur tenuto conto della negligenza del pedone - gli avrebbe consentito di prevenire l'evento, la Corte di appello ha utilizzato una serie di elementi indiziari per ritenere, con motivazione immune da censure, che sussista il concorso di colpa di Caio nella produzione dell'evento, per non avere tenuto una velocità adeguata.

Quanto alla responsabilità dei genitori ai sensi dell’articolo 2048 del Codice Civile, la Suprema Corte rammenta che la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico dall'articolo 147 del Codice Civile. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono dimostrare di aver impartito al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità.

I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono, dunque, simultaneamente:

1) nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, in relazione al quale potere-dovere assume rilievo determinante il perdurare della coabitazione;

2) nell’obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari. In quest'ultimo ambito rientrano anche i danni provocati dall'inosservanza delle norme della circolazione.

Il Collegio dà continuità a siffatti principi, pur nella consapevolezza del rigore con cui si viene a valutare la responsabilità dei genitori in relazione al fatto illecito del figlio, soprattutto se prossimo alla maggiore età, ritenendo questo rigore giustificato. Esso, per un verso, ingenera il possibile interesse anche economico dei genitori ad impartire ai figli un'educazione che li induca a percepire il disvalore sociale dei comportamenti pericolosi per gli altri, mentre, per altro verso, è in sé idoneo a sollecitare la precauzione dei minori allo stesso fine, anche per il timore della possibile reazione dei genitori che fossero chiamati a rispondere delle conseguenze dei loro atti illeciti in danno dei terzi.

L'obbligo di vigilanza dei genitori, osserva sempre il giudice di legittimità, in caso di minore prossimo alla maggiore età, non viene annullato, ma assume contorni diversi. Anche la circostanza che l’ordinamento consenta al minore, raggiunta una determinata età, di circolare in motorino o guidare un’auto elettrica non fa venire meno in capo ai genitori la responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza dalle regole di circolazione da parte dei figli ma, anzi, esige che i genitori abbiano impartito al figlio quegli insegnamenti necessari e sufficienti alla piena consapevolezza dei pericoli che derivano dalla circolazione e all'osservanza delle regole della strada.

L’articolo 2048 del Codice Civile si riferisce, perciò, al soggetto comunque minorenne e se l'illecito comportamento del figlio è riconducibile, non già all'omissione della contingente e quotidiana sorveglianza sul comportamento di lui (non esigibile, in genere, nei confronti di un sedicenne), bensì alle carenze educative, ha poco senso discettare sull'età del minore, per desumerne che tali carenze devono presumersi inesistenti. D'altra parte l'assenza di culpa in vigilando non giova ai genitori convenuti con l'azione di risarcimento se vi è stata culpa in educando (e viceversa).

Inoltre la norma postula un fatto illecito, prescindendo dalla sua gravità, nella considerazione che la contravvenzione alle regole del vivere sociale da parte del minore sia ascrivibile, salvo prova contraria, all'inosservanza dei compiti educativi e/o di sorveglianza gravanti sui genitori.

Diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di appello, non è dato escludere la colpa dei genitori sulla base della mera considerazione delle modalità del fatto, in sé non particolarmente grave, perché un'opzione di tal genere, forzando la lettera dell'articolo 2048 del Codice Civile, condizionerebbe la sussistenza dell'onere della prova liberatoria alla gravità del fatto. Sotto questo profilo, il giudice di legittimità ravvisa nel provvedimento impugnato evidenti errori di prospettiva, che si traducono in errori logico-motivazionali, ma anche in un errore di diritto, giacché, nella considerazione che esigere dai genitori una prova diversa e ulteriore avrebbe significato richiedergli una "prova diabolica" (essi avevano solamente prodotto in giudizio il certificato scolastico di iscrizione di Tizietta), la Corte di appello ha, di fatto, esonerato i genitori dall'onere ad essi incombente.

La sentenza è, pertanto, in accoglimento parziale del ricorso, cassata con rinvio.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima delle massime enunciate, si vedano: Cassazione 3 maggio 2011, n. 9683; Cassazione 29 settembre 2006, n. 21249; Cassazione 16 giugno 2003, n. 9620.

Sulla necessità, per il conducente, di tenere conto anche dei pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, che non si attengano al segnale di arresto o di precedenza, si veda Cassazione 27 giugno 2000, n. 8744.  La Cassazione 12 gennaio 2011, n. 524 ha enunciato il principio per cui la condotta anomala del pedone, ove nel caso concreto ragionevolmente prevedibile dal conducente, non vale ad escludere la responsabilità di quest’ultimo.

Di segno conforme alla terza massima, si veda Cassazione 22 aprile 2009, n. 9556.

Principio analogo a quello enunciato nella quarta ed ultima massima è anche rinvenibile in Cassazione 14 marzo 2008, n. 7050.

1. Le massime

I. In caso di investimento di pedone, il conducente è esonerato da responsabilità quando provi che non vi era, da parte sua, alcuna possibilità di prevenire l'evento; tale situazione ricorre allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l'automobilista, pur rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e, comunque, di osservarne tempestivamente i movimenti.

II. Il conducente che impegni un incrocio regolato da semaforo con "luce verde" in suo favore, non è esonerato dall’obbligo di diligenza nella condotta di guida che, pur non potendo essere richiesta nel massimo, stante la situazione di affidamento generata dal semaforo, deve tuttavia tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell'incrocio; il conducente, più in particolare, dovrà usare la dovuta attenzione nell'attraversamento dell’incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, i quali non si attengano al segnale di arresto o di precedenza.

III. La responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente può essere esclusa soltanto ove essi dimostrino di aver impartito al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze – quali l'età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute – idonee ad escludere l'obbligo di vigilare sul minore (culpa in vigilando), dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della culpa in educando.

IV. I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono sia nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, in relazione al quale potere-dovere assume rilievo determinante il perdurare della coabitazione; sia anche e soprattutto nell'obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari; in quest'ultimo ambito rientrano i danni provocati dalle manifestazioni di indisciplina, negligenza o irresponsabilità, nello svolgimento di attività suscettibili di arrecare danno a terzi, fra cui in particolare l'inosservanza delle norme della circolazione stradale.

2. Il caso

La sedicenne Tizietta attraversava il passaggio pedonale, pur essendovi il semaforo rosso per i pedoni, proprio mentre sopraggiungeva la moto condotta da Caio, di proprietà della Alfa s.a.s.; si verificava una collisione tra la moto e Tizietta. Per il risarcimento agivano sia Caio sia la società Alfa nei confronti di Tizietta e dei suoi genitori, evocati anche in proprio quali responsabili dei danni cagionati dalla figlia minore. Caio e la società Alfa deducevano che era stato il pedone a investire la moto. Tizietta spiegava domanda riconvenzionale per i danni subiti nell’incidente, anche nei confronti della Beta Assicurazioni, assicuratrice della moto e chiamata in causa. Il Tribunale di Roma dichiarava l’esclusiva responsabilità di Tizietta nella verificazione dell’incidente occorso e condannava la stessa, in solido con i genitori, responsabili ai sensi dell’art. 2048 c.c., al pagamento dei danni subiti da Caio e dalla società Alfa, nonché al pagamento delle spese processuali.

I soccombenti spiegavano appello; Caio e la Alfa s.a.s. spiegavano appello incidentale. La Corte di appello di Roma così riformava la sentenza di primo grado: rigettava la domanda proposta da Caio e dalla società Alfa nei confronti dei genitori di Tizietta a titolo di responsabilità ex articolo 2048 del Codice Civile e, ritenuta la colpa concorrente del motociclista e del pedone, condannava Tizietta al risarcimento dei danni subiti da Caio e dalla società Alfa; condannava, inoltre, la società Alfa, nonché l’assicuratrice Beta, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti da Tizietta; compensava, infine, le spese del doppio grado tra le parti.

Quanto all’accertamento della responsabilità del sinistro, il giudice di appello aveva osservato che la circostanza che la minorenne avesse intrapreso repentinamente l'attraversamento delle strisce pedonali con il semaforo rosso per i pedoni non esauriva la prova liberatoria, a carico di Caio, “di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno” (così, l’articolo 2054 del Codice Civile), giacché occorreva valutare anche il comportamento del conducente Caio. Dagli accertamenti compiuti dalla Polizia municipale, la Corte di appello desumeva che la velocità del motoveicolo non era adeguata alle condizioni della strada, in pieno centro, in una zona di attraversamento pedonale, in una giornata piovosa. Quanto alla responsabilità dei genitori, secondo i giudici di appello l'età della minore presupponeva una consapevolezza più che adeguata di circolare da sola, mentre la violazione della norma che vieta di attraversare con il rosso rientrava in quelle violazioni che non possono assumere di per sè un indice di pericolosità o di inadeguatezza tale da poter imputare ai genitori manchevolezze oggettive nel processo educativo della figlia, ben potendo essere stato determinato dalla pioggia, dal ritardo a scuola o da altro elemento occasionale, che la minore non era riuscita a controllare.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Caio, nonchè la società Alfa, svolgendo quattro motivi, incentrati su due punti della decisione di appello e, segnatamente:

- sull'accertamento della colpa concorrente delle parti interessate nell'incidente;

- sul rigetto della domanda di responsabilità per fatto proprio, ex articolo 2048 del Codice Civile, nei confronti dei genitori di Tizietta, minorenne all'epoca del fatto. Con controricorso, resistevano Tizietta ed i suoi genitori.

3. La decisione

La Corte riafferma il consolidato principio per cui, nel caso in cui sia investito un pedone, il conducente può andare esente da responsabilità solo ove dia prova che non vi era, da parte sua, alcuna possibilità di prevenire l’evento. Tanto accade quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede in modo regolare sulla strada, nel rispetto di tutte le norme della circolazione stradale e di quelle dettate dalla prodenza e dalla diligenza.

Il Supremo Collegio precisa, poi, come un simile obbligo di diligenza permanga, in capo al conducente, anche nel caso in cui questi impegni un incrocio regolato da semaforo con "luce verde" in suo favore. Se, infatti, il semaforo verde genera un situazione di affidamento, al conducente è comunque richiesta la necessaria cautela imposta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell’incrocio. Il solo fatto che un conducente goda del diritto di precedenza non lo esonera dall'obbligo di usare la dovuta attenzione nell'attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, che non si attengano al segnale di arresto o di precedenza.

I giudici della terza Sezione ritengono che la Corte territoriale si sia attenuta ai principi esposti, nel ritenere che il repentino attraversamento, con semaforo rosso, da parte di Tizietta, non consentisse di ritenere superata la presunzione di colpa di Caio; sicché correttamente la Corte ha proceduto a verificare se la condotta del conducente fosse stata adeguata a quella richiesta nella concreta situazione della circolazione. La prevedibilità del comportamento di Tizietta è, in particolare, ritenuto sussistente con riferimento a una situazione di tempo e di luogo come quella descritta nella sentenza impugnata.

Nello stabilire se il conducente, nell'occasione, abbia adottato quella diligenza e prudenza nella guida che - pur tenuto conto della negligenza del pedone - gli avrebbe consentito di prevenire l'evento, la Corte di appello ha utilizzato una serie di elementi indiziari per ritenere, con motivazione immune da censure, che sussista il concorso di colpa di Caio nella produzione dell'evento, per non avere tenuto una velocità adeguata.

Quanto alla responsabilità dei genitori ai sensi dell’articolo 2048 del Codice Civile, la Suprema Corte rammenta che la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico dall'articolo 147 del Codice Civile. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono dimostrare di aver impartito al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità.

I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono, dunque, simultaneamente:

1) nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, in relazione al quale potere-dovere assume rilievo determinante il perdurare della coabitazione;

2) nell’obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari. In quest'ultimo ambito rientrano anche i danni provocati dall'inosservanza delle norme della circolazione.

Il Collegio dà continuità a siffatti principi, pur nella consapevolezza del rigore con cui si viene a valutare la responsabilità dei genitori in relazione al fatto illecito del figlio, soprattutto se prossimo alla maggiore età, ritenendo questo rigore giustificato. Esso, per un verso, ingenera il possibile interesse anche economico dei genitori ad impartire ai figli un'educazione che li induca a percepire il disvalore sociale dei comportamenti pericolosi per gli altri, mentre, per altro verso, è in sé idoneo a sollecitare la precauzione dei minori allo stesso fine, anche per il timore della possibile reazione dei genitori che fossero chiamati a rispondere delle conseguenze dei loro atti illeciti in danno dei terzi.

L'obbligo di vigilanza dei genitori, osserva sempre il giudice di legittimità, in caso di minore prossimo alla maggiore età, non viene annullato, ma assume contorni diversi. Anche la circostanza che l’ordinamento consenta al minore, raggiunta una determinata età, di circolare in motorino o guidare un’auto elettrica non fa venire meno in capo ai genitori la responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza dalle regole di circolazione da parte dei figli ma, anzi, esige che i genitori abbiano impartito al figlio quegli insegnamenti necessari e sufficienti alla piena consapevolezza dei pericoli che derivano dalla circolazione e all'osservanza delle regole della strada.

L’articolo 2048 del Codice Civile si riferisce, perciò, al soggetto comunque minorenne e se l'illecito comportamento del figlio è riconducibile, non già all'omissione della contingente e quotidiana sorveglianza sul comportamento di lui (non esigibile, in genere, nei confronti di un sedicenne), bensì alle carenze educative, ha poco senso discettare sull'età del minore, per desumerne che tali carenze devono presumersi inesistenti. D'altra parte l'assenza di culpa in vigilando non giova ai genitori convenuti con l'azione di risarcimento se vi è stata culpa in educando (e viceversa).

Inoltre la norma postula un fatto illecito, prescindendo dalla sua gravità, nella considerazione che la contravvenzione alle regole del vivere sociale da parte del minore sia ascrivibile, salvo prova contraria, all'inosservanza dei compiti educativi e/o di sorveglianza gravanti sui genitori.

Diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di appello, non è dato escludere la colpa dei genitori sulla base della mera considerazione delle modalità del fatto, in sé non particolarmente grave, perché un'opzione di tal genere, forzando la lettera dell'articolo 2048 del Codice Civile, condizionerebbe la sussistenza dell'onere della prova liberatoria alla gravità del fatto. Sotto questo profilo, il giudice di legittimità ravvisa nel provvedimento impugnato evidenti errori di prospettiva, che si traducono in errori logico-motivazionali, ma anche in un errore di diritto, giacché, nella considerazione che esigere dai genitori una prova diversa e ulteriore avrebbe significato richiedergli una "prova diabolica" (essi avevano solamente prodotto in giudizio il certificato scolastico di iscrizione di Tizietta), la Corte di appello ha, di fatto, esonerato i genitori dall'onere ad essi incombente.

La sentenza è, pertanto, in accoglimento parziale del ricorso, cassata con rinvio.

4. I precedenti

In senso conforme alla prima delle massime enunciate, si vedano: Cassazione 3 maggio 2011, n. 9683; Cassazione 29 settembre 2006, n. 21249; Cassazione 16 giugno 2003, n. 9620.

Sulla necessità, per il conducente, di tenere conto anche dei pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, che non si attengano al segnale di arresto o di precedenza, si veda Cassazione 27 giugno 2000, n. 8744.  La Cassazione 12 gennaio 2011, n. 524 ha enunciato il principio per cui la condotta anomala del pedone, ove nel caso concreto ragionevolmente prevedibile dal conducente, non vale ad escludere la responsabilità di quest’ultimo.

Di segno conforme alla terza massima, si veda Cassazione 22 aprile 2009, n. 9556.

Principio analogo a quello enunciato nella quarta ed ultima massima è anche rinvenibile in Cassazione 14 marzo 2008, n. 7050.