x

x

Contratto di intermediazione finanziaria: nullo in assenza di forma scritta e sottoscrizione

Con la sentenza in oggetto il Tribunale di Gela, in composizione monocratica, ha accolto la domanda di accertamento della nullità delle operazioni di investimento finanziario poste in essere dagli attori, coniugi e titolari di un rapporto di conto corrente bancario intrattenuto con e presso un noto Istituto bancario, per “difetto di forma e mancanza del consenso del contratto di intermediazione finanziaria (c.d. Master agreement o contratto quadro) non essendo lo stesso concluso per iscritto come stabilito ex art.23 T.U.F., né risultando altrimenti stipulato fra le parti”.

Di conseguenza, ha condannato l’intermediario  alla restituzione, ai sensi dell’articolo 2033 del Codice Civile, delle minusvalenze prodottesi a seguito di operazioni di investimento azionario (cosiddetto Trading on line) effettuate dai risparmiatori.

La complessità della materia oggetto del presente procedimento e la particolare rilevanza delle questioni giuridiche sottese, nonché l’innovatività, sotto molteplici aspetti, della soluzione giuridica adottata impongono una riflessione sulla delicata materia dell’intermediazione finanziaria mobiliare.

Il procedimento, conclusosi in primo grado con la sentenza oggetto del presente commento, veniva instaurato dagli attori con atto di citazione volto ad ottenere la declaratoria di nullità degli investimenti finanziari, operati dagli stessi, e il conseguente obbligo restitutorio delle minusvalenze (o perdite finanziarie) derivate in conseguenza delle somme investite.

All’esito dell’attività istruttoria svoltasi, gli attori concludevano chiedendo l’accoglimento della domanda proposta, assumendo svariati profili di invalidità delle operazione finanziarie in concreto poste in essere, lamentando il difetto del contratto di intermediazione finanziaria per  mancanza della forma scritta ai sensi degli articoli 1325 del Codice Civile e 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), la violazione della disposizione di cui all’articolo 33, comma 2, lettera l) del Decreto Legislativo n. 205/2006 (Codice del Consumo), in quanto, con la sottoscrizione dell’atto di apertura del rapporto di conto corrente, si estendeva illegittimamente l’adesione dei sottoscrittori al contratto di intermediazione finanziaria, prevedente clausole e condizioni che gli stessi non avevano conosciuto, essendo privi di sottoscrizione specifica.

Le difese della Banca miravano essenzialmente a  contestare le domande attoree, chiedendone il rigetto.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Gela ha statuito in ordine alla fondatezza della domanda attorea, accertando e dichiarando la nullità del contratto quadro per difetto di forma ex articolo 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998 e per mancanza del consenso, non essendo stato il suddetto contratto concluso per iscritto, difettando la specifica sottoscrizione del documento, richiamato nel modulo denominato “richiesta di apertura rapporti” e costituente, dal punto di vista contenutistico e secondo l’opinione del Giudicante, il “contratto quadro”.

Nel caso di specie, infatti, le parti avevano intrattenuto sia un rapporto di conto corrente bancario che un contratto di intermediazione finanziaria senza la previa ed imprescindibile sottoscrizione del contratto quadro, vale a dire del documento contenente il regolamento contrattuale da applicarsi alle singole operazioni di investimento.

Ciò in violazione del disposto di cui alla norma richiamata, la quale, prescrivendo il requisito della forma scritta ad substantiam, vale a dire ai fini della sua validità, implica necessariamente che la formazione dell’accordo debba essere consacrata per iscritto.

Come noto, la prova del contratto, nel caso di contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiam, può essere data solo mediante la produzione in giudizio del documento dal quale risulti l’accettazione da parte di entrambe le parti contraenti.

Nella fattispecie concreta, l’intermediario ha prodotto in giudizio il documento contenente le norme regolanti i servizi bancari e finanziari dalla stessa applicati, il quale, tuttavia, era privo della sottoscrizione specifica tanto degli investitori tanto dell’intermediario.

Ne è derivato che tale documento, denominato “Norme sui servizi bancari e finanziari”, pur presentando, da un punto di vista sostanziale e secondo il costrutto logico-giuridico seguito dal Tribunale, il contenuto tipico del contratto di intermediazione finanziaria (cosiddetto contratto quadro, il quale, come noto, regolamenta in via generale il rapporto intercorrente tra il cliente e l’intermediario)  è nullo, non essendo stato sottoscritto dalle parti, le quali si erano limitate a sottoscrivere il cosiddetto “contratto di apertura rapporti”.

Il Tribunale non ha ritenuto sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam previsto dalla legge ai fini della validità del suddetto contratto, la clausola, contenuta nell’ulteriore documento, prodotto dalla Banca convenuta e denominato “Richiesta di apertura rapporti”, sottoscritto dagli attori, con la quale veniva estesa l’accettazione degli investitori ad altri documenti integranti il modulo di apertura dei rapporti di investimento.

Con tale clausola questi ultimi testualmente dichiaravano “[…] di avere ricevuto, visionato ed accettato tutte le “Norme contrattuali che regolano i servizi bancari e finanziari prestati da Banca […] S.p.A.” compresi, in particolare, il “Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”, la “Comunicazione informativa sulle principali regole di comportamento del promotore finanziario nei confronti dell’investitore” e le “Informazioni sulla tutela della privacy e dei dati personali” da Voi messi a disposizione […], che sono parte fondante ed integrante di questo modulo e di dichiarano di avere copia”.

Ed invero, secondo la decisione del Tribunale, la mera indicazione dei siffatti documenti nella clausola sopra richiamata non basta ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam, in quanto i documenti ivi richiamati, contenenti nello specifico il regolamento contrattuale del rapporto di intermediazione finanziaria, sono risultati provvisti di apposita sottoscrizione.

È solo con la sottoscrizione, infatti, che le parti – tanto i clienti tanto gli intermediari – accettano il regolamento contrattuale ivi previsto e regolante i futuri rapporti.

Di converso, dalla mancata sottoscrizione del contratto quadro, contenuto, nel caso di specie, nel distinto e separato documento rispetto tanto al contratto di conto corrente tanto alla richiesta di apertura rapporti deriva, quale logica conseguenza, la mancata formazione del consenso sul regolamento contrattuale, requisito necessario ai sensi dell’articolo 1325 del Codice Civile, oltre che il difetto della forma scritta prescritta ad substantiam dalla norma specifica di cui all’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998.

Tale soluzione è stata adottata alla luce del generale principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, ed applicato dal Tribunale al caso di specie, secondo il quale qualora il contenuto di un negozio, da stipularsi per iscritto ai fini della sua validità (cosiddetto negozio formale), debba essere integrato da ulteriori documenti distinti e separati, occorrono due condizioni:

1. l’espressa menzione di siffatti documenti nell’accordo contrattuale;

2. la specifica sottoscrizione di tali documenti da parte di entrambe le parti contrattuali, in quanto è solo con la specifica sottoscrizione che le parti “fanno proprio” il regolamento contrattuale.

Sulla base delle suddette considerazioni giuridiche, quindi, il Tribunale ha accertato e dichiarato la nullità del contratto di intermediazione finanziaria per difetto di forma scritta e, a cascata, la nullità di tutti gli ordini di investimento impartiti, nel corso del tempo, dagli attori.

Per l’effetto ha condannato il convenuto intermediario finanziario a restituire, ai sensi dell’articolo 2033 del Codice Civile, le somme investite dai risparmiatori, previa decurtazione delle somme dagli stessi percepite a titolo di controvalore della vendita dei titoli  e delle cosiddette cedole, trattandosi, in ogni caso, di proventi riferiti a titoli acquistati in virtù di negozi nulli, in assenza, quindi, di una valida causa negoziale giustificativa.

È evidente il pregio giuridico della pronuncia in commento, la quale, nel dirimere una controversia inerente materia complessa e controversa, coinvolgente interessi concreti di particolare delicatezza, considerata anche la posizione di “debolezza” in cui sempre più spesso viene a trovarsi il risparmiatore, ha posto l’accento sulla necessità di rispettare gli obblighi formali connessi alla natura formale dei relativi contratti, così come imposto dalla normativa di settore.

Con la sentenza in oggetto il Tribunale di Gela, in composizione monocratica, ha accolto la domanda di accertamento della nullità delle operazioni di investimento finanziario poste in essere dagli attori, coniugi e titolari di un rapporto di conto corrente bancario intrattenuto con e presso un noto Istituto bancario, per “difetto di forma e mancanza del consenso del contratto di intermediazione finanziaria (c.d. Master agreement o contratto quadro) non essendo lo stesso concluso per iscritto come stabilito ex art.23 T.U.F., né risultando altrimenti stipulato fra le parti”.

Di conseguenza, ha condannato l’intermediario  alla restituzione, ai sensi dell’articolo 2033 del Codice Civile, delle minusvalenze prodottesi a seguito di operazioni di investimento azionario (cosiddetto Trading on line) effettuate dai risparmiatori.

La complessità della materia oggetto del presente procedimento e la particolare rilevanza delle questioni giuridiche sottese, nonché l’innovatività, sotto molteplici aspetti, della soluzione giuridica adottata impongono una riflessione sulla delicata materia dell’intermediazione finanziaria mobiliare.

Il procedimento, conclusosi in primo grado con la sentenza oggetto del presente commento, veniva instaurato dagli attori con atto di citazione volto ad ottenere la declaratoria di nullità degli investimenti finanziari, operati dagli stessi, e il conseguente obbligo restitutorio delle minusvalenze (o perdite finanziarie) derivate in conseguenza delle somme investite.

All’esito dell’attività istruttoria svoltasi, gli attori concludevano chiedendo l’accoglimento della domanda proposta, assumendo svariati profili di invalidità delle operazione finanziarie in concreto poste in essere, lamentando il difetto del contratto di intermediazione finanziaria per  mancanza della forma scritta ai sensi degli articoli 1325 del Codice Civile e 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), la violazione della disposizione di cui all’articolo 33, comma 2, lettera l) del Decreto Legislativo n. 205/2006 (Codice del Consumo), in quanto, con la sottoscrizione dell’atto di apertura del rapporto di conto corrente, si estendeva illegittimamente l’adesione dei sottoscrittori al contratto di intermediazione finanziaria, prevedente clausole e condizioni che gli stessi non avevano conosciuto, essendo privi di sottoscrizione specifica.

Le difese della Banca miravano essenzialmente a  contestare le domande attoree, chiedendone il rigetto.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Gela ha statuito in ordine alla fondatezza della domanda attorea, accertando e dichiarando la nullità del contratto quadro per difetto di forma ex articolo 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998 e per mancanza del consenso, non essendo stato il suddetto contratto concluso per iscritto, difettando la specifica sottoscrizione del documento, richiamato nel modulo denominato “richiesta di apertura rapporti” e costituente, dal punto di vista contenutistico e secondo l’opinione del Giudicante, il “contratto quadro”.

Nel caso di specie, infatti, le parti avevano intrattenuto sia un rapporto di conto corrente bancario che un contratto di intermediazione finanziaria senza la previa ed imprescindibile sottoscrizione del contratto quadro, vale a dire del documento contenente il regolamento contrattuale da applicarsi alle singole operazioni di investimento.

Ciò in violazione del disposto di cui alla norma richiamata, la quale, prescrivendo il requisito della forma scritta ad substantiam, vale a dire ai fini della sua validità, implica necessariamente che la formazione dell’accordo debba essere consacrata per iscritto.

Come noto, la prova del contratto, nel caso di contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiam, può essere data solo mediante la produzione in giudizio del documento dal quale risulti l’accettazione da parte di entrambe le parti contraenti.

Nella fattispecie concreta, l’intermediario ha prodotto in giudizio il documento contenente le norme regolanti i servizi bancari e finanziari dalla stessa applicati, il quale, tuttavia, era privo della sottoscrizione specifica tanto degli investitori tanto dell’intermediario.

Ne è derivato che tale documento, denominato “Norme sui servizi bancari e finanziari”, pur presentando, da un punto di vista sostanziale e secondo il costrutto logico-giuridico seguito dal Tribunale, il contenuto tipico del contratto di intermediazione finanziaria (cosiddetto contratto quadro, il quale, come noto, regolamenta in via generale il rapporto intercorrente tra il cliente e l’intermediario)  è nullo, non essendo stato sottoscritto dalle parti, le quali si erano limitate a sottoscrivere il cosiddetto “contratto di apertura rapporti”.

Il Tribunale non ha ritenuto sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam previsto dalla legge ai fini della validità del suddetto contratto, la clausola, contenuta nell’ulteriore documento, prodotto dalla Banca convenuta e denominato “Richiesta di apertura rapporti”, sottoscritto dagli attori, con la quale veniva estesa l’accettazione degli investitori ad altri documenti integranti il modulo di apertura dei rapporti di investimento.

Con tale clausola questi ultimi testualmente dichiaravano “[…] di avere ricevuto, visionato ed accettato tutte le “Norme contrattuali che regolano i servizi bancari e finanziari prestati da Banca […] S.p.A.” compresi, in particolare, il “Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”, la “Comunicazione informativa sulle principali regole di comportamento del promotore finanziario nei confronti dell’investitore” e le “Informazioni sulla tutela della privacy e dei dati personali” da Voi messi a disposizione […], che sono parte fondante ed integrante di questo modulo e di dichiarano di avere copia”.

Ed invero, secondo la decisione del Tribunale, la mera indicazione dei siffatti documenti nella clausola sopra richiamata non basta ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam, in quanto i documenti ivi richiamati, contenenti nello specifico il regolamento contrattuale del rapporto di intermediazione finanziaria, sono risultati provvisti di apposita sottoscrizione.

È solo con la sottoscrizione, infatti, che le parti – tanto i clienti tanto gli intermediari – accettano il regolamento contrattuale ivi previsto e regolante i futuri rapporti.

Di converso, dalla mancata sottoscrizione del contratto quadro, contenuto, nel caso di specie, nel distinto e separato documento rispetto tanto al contratto di conto corrente tanto alla richiesta di apertura rapporti deriva, quale logica conseguenza, la mancata formazione del consenso sul regolamento contrattuale, requisito necessario ai sensi dell’articolo 1325 del Codice Civile, oltre che il difetto della forma scritta prescritta ad substantiam dalla norma specifica di cui all’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 58/1998.

Tale soluzione è stata adottata alla luce del generale principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, ed applicato dal Tribunale al caso di specie, secondo il quale qualora il contenuto di un negozio, da stipularsi per iscritto ai fini della sua validità (cosiddetto negozio formale), debba essere integrato da ulteriori documenti distinti e separati, occorrono due condizioni:

1. l’espressa menzione di siffatti documenti nell’accordo contrattuale;

2. la specifica sottoscrizione di tali documenti da parte di entrambe le parti contrattuali, in quanto è solo con la specifica sottoscrizione che le parti “fanno proprio” il regolamento contrattuale.

Sulla base delle suddette considerazioni giuridiche, quindi, il Tribunale ha accertato e dichiarato la nullità del contratto di intermediazione finanziaria per difetto di forma scritta e, a cascata, la nullità di tutti gli ordini di investimento impartiti, nel corso del tempo, dagli attori.

Per l’effetto ha condannato il convenuto intermediario finanziario a restituire, ai sensi dell’articolo 2033 del Codice Civile, le somme investite dai risparmiatori, previa decurtazione delle somme dagli stessi percepite a titolo di controvalore della vendita dei titoli  e delle cosiddette cedole, trattandosi, in ogni caso, di proventi riferiti a titoli acquistati in virtù di negozi nulli, in assenza, quindi, di una valida causa negoziale giustificativa.

È evidente il pregio giuridico della pronuncia in commento, la quale, nel dirimere una controversia inerente materia complessa e controversa, coinvolgente interessi concreti di particolare delicatezza, considerata anche la posizione di “debolezza” in cui sempre più spesso viene a trovarsi il risparmiatore, ha posto l’accento sulla necessità di rispettare gli obblighi formali connessi alla natura formale dei relativi contratti, così come imposto dalla normativa di settore.