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Liquidazione coatta amministrativa e fallimento: criteri di assoggettabilità

L’Ordinamento prevede, per determinate imprese, una speciale procedura concorsuale a carattere liquidatorio, la “liquidazione coatta amministrativa” o per l’interesse nazionale di esse, il cui dissesto causerebbe notevoli ripercussioni o perché lo Stato è direttamente coinvolto (articolo 194 e seguenti Legge Fallimentare).

Tale procedura, infatti, ha come fine ultimo principalmente un interesse pubblico e solo in seconda istanza l'interesse privato dei creditori, svolgendosi, pertanto, in modo prevalente sotto la guida di organi amministrativi.

Le imprese soggette alla liquidazione coatta amministrativa sono determinate dall’articolo 2 Legge Fallimentare, ma a differenza di alcune di esse (ad esempio le banche) che possono essere soggette solo alla stessa procedura, altre, come le cooperative possono essere soggette sia alla liquidazione coatta amministrativa sia al fallimento.

Fattispecie prevista dall’articolo 196 Legge Fallimentare (richiamato anche dall’articolo 2 Legge Fallimentare) rubricato “Concorso fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa” che disciplina l’ipotesi in cui la legge non esclude la assoggettabilità dell’impresa alla sola procedura fallimentare, tuttavia decreta il principio della prevenzione. L’apertura di una delle due procedure, quindi, preclude l’altra e viceversa.

La liquidazione coatta amministrativa è un istituto simile a quello del “fallimento”, applicabile quando in una società si riscontri l'attività d'impresa, ma se ne discosta per l'organo competente a disporla (autorità amministrativa al posto del Tribunale) e per i presupposti necessari per l'adozione del provvedimento di liquidazione. In questo caso, infatti, è necessario che si verifichino alcuni presupposti previsti dalle leggi speciali che non si limitano al solo stato d'insolvenza, ma riguardino anche violazione di norme o atti amministrativi che comportino gravi irregolarità di gestione e, come sopra menzionato, ragioni di pubblico interesse.

Non è invece sottoponibile a fallimento, ad esempio, la società che dimostri la finalità mutualistica pura della propria attività, priva di fatto del carattere della commercialità.

Le cooperative, quindi, vengono assoggettate a liquidazione coatta amministrativa e solo quando svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento, per cui l'indagine preliminare che va svolta per dichiarare il fallimento è la natura della cooperativa stessa.

Tale analisi, non è sempre facile, perché essa non è comparabile a quella tra cooperative a mutualità prevalente, ex articolo 2512 cc e seguenti, e a mutualità non prevalente in quanto lo scopo mutualistico che contraddistingue le società cooperative è compatibile con l'esercizio da parte delle stesse di attività commerciale.

Dunque l'esercizio commerciale della cooperativa scaturisce solo dall'esistenza dello scopo di lucro che  può essere contemporanea a quello mutualistico indipendentemente, dal predominio dell'uno sull'altro e dalla possibilità che la natura commerciale sia stata messa in essere prima della circostanza vagliata ai fini del fallimento. Occorre quindi valutare il tipo di attività svolta e il fine per accertare se ad una cooperativa si può applicare la procedura fallimentare.

Nel caso di specie, una società cooperativa veniva dichiarata assoggettabile a procedura di fallimento dal Tribunale di Foggia in primo grado e confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bari.

Avverso tale sentenza, la cooperativa proponeva ricorso, lamentando l'inapplicabilità della procedura fallimentare negando la propria qualità di imprenditore commerciale e data appunto la finalità mutualistica della stessa.

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, la prova di esercizio di primaria attività mutualistica non sarebbe stata raggiunta né in primo né in secondo grado di giudizio. Grava infatti sull'istante "l'onere di provare gli elementi integranti il fatto costitutivo, ovvero la qualità di imprenditore commerciale del soggetto da dichiararsi fallito e lo stato di insolvenza; mentre grava sul fallendo la prova degli elementi impeditivi, estintivi e modificativi, quali la sussistenza delle esclusioni legate al limite dimensionale di fallibilità".

Infatti, come sopra riportato, la società cooperativa soggiace al fallimento in caso di insolvenza qualora svolga una attività commerciale articolo 2540 Legge del Codice Civile. secondo il criterio discretivo della prevenzione, che stabilisce “…la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa..” articolo 196 Legge Fallimentare. Lo stesso articolo 2545 terdecies del Codice di Procedura Civile stabilisce che “le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette “anche” al fallimento”.

Secondo la Corte “il fine mutualistico non esclude la natura di imprenditore commerciale di un cooperativa, in quanto lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse…Dunque l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico..”.

La cooperativa, per escludere il proprio fallimento, avrebbe dovuto provare la propria natura non commerciale o la mutualità della propria attività. Non essendo stata raggiunta piena prova in alcuno dei vari gradi di giudizio, emergendo al contrario il fine ultimo del profitto, la Cassazione ha respinto il ricorso confermando la sentenza impugnata.

L’Ordinamento prevede, per determinate imprese, una speciale procedura concorsuale a carattere liquidatorio, la “liquidazione coatta amministrativa” o per l’interesse nazionale di esse, il cui dissesto causerebbe notevoli ripercussioni o perché lo Stato è direttamente coinvolto (articolo 194 e seguenti Legge Fallimentare).

Tale procedura, infatti, ha come fine ultimo principalmente un interesse pubblico e solo in seconda istanza l'interesse privato dei creditori, svolgendosi, pertanto, in modo prevalente sotto la guida di organi amministrativi.

Le imprese soggette alla liquidazione coatta amministrativa sono determinate dall’articolo 2 Legge Fallimentare, ma a differenza di alcune di esse (ad esempio le banche) che possono essere soggette solo alla stessa procedura, altre, come le cooperative possono essere soggette sia alla liquidazione coatta amministrativa sia al fallimento.

Fattispecie prevista dall’articolo 196 Legge Fallimentare (richiamato anche dall’articolo 2 Legge Fallimentare) rubricato “Concorso fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa” che disciplina l’ipotesi in cui la legge non esclude la assoggettabilità dell’impresa alla sola procedura fallimentare, tuttavia decreta il principio della prevenzione. L’apertura di una delle due procedure, quindi, preclude l’altra e viceversa.

La liquidazione coatta amministrativa è un istituto simile a quello del “fallimento”, applicabile quando in una società si riscontri l'attività d'impresa, ma se ne discosta per l'organo competente a disporla (autorità amministrativa al posto del Tribunale) e per i presupposti necessari per l'adozione del provvedimento di liquidazione. In questo caso, infatti, è necessario che si verifichino alcuni presupposti previsti dalle leggi speciali che non si limitano al solo stato d'insolvenza, ma riguardino anche violazione di norme o atti amministrativi che comportino gravi irregolarità di gestione e, come sopra menzionato, ragioni di pubblico interesse.

Non è invece sottoponibile a fallimento, ad esempio, la società che dimostri la finalità mutualistica pura della propria attività, priva di fatto del carattere della commercialità.

Le cooperative, quindi, vengono assoggettate a liquidazione coatta amministrativa e solo quando svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento, per cui l'indagine preliminare che va svolta per dichiarare il fallimento è la natura della cooperativa stessa.

Tale analisi, non è sempre facile, perché essa non è comparabile a quella tra cooperative a mutualità prevalente, ex articolo 2512 cc e seguenti, e a mutualità non prevalente in quanto lo scopo mutualistico che contraddistingue le società cooperative è compatibile con l'esercizio da parte delle stesse di attività commerciale.

Dunque l'esercizio commerciale della cooperativa scaturisce solo dall'esistenza dello scopo di lucro che  può essere contemporanea a quello mutualistico indipendentemente, dal predominio dell'uno sull'altro e dalla possibilità che la natura commerciale sia stata messa in essere prima della circostanza vagliata ai fini del fallimento. Occorre quindi valutare il tipo di attività svolta e il fine per accertare se ad una cooperativa si può applicare la procedura fallimentare.

Nel caso di specie, una società cooperativa veniva dichiarata assoggettabile a procedura di fallimento dal Tribunale di Foggia in primo grado e confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bari.

Avverso tale sentenza, la cooperativa proponeva ricorso, lamentando l'inapplicabilità della procedura fallimentare negando la propria qualità di imprenditore commerciale e data appunto la finalità mutualistica della stessa.

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, la prova di esercizio di primaria attività mutualistica non sarebbe stata raggiunta né in primo né in secondo grado di giudizio. Grava infatti sull'istante "l'onere di provare gli elementi integranti il fatto costitutivo, ovvero la qualità di imprenditore commerciale del soggetto da dichiararsi fallito e lo stato di insolvenza; mentre grava sul fallendo la prova degli elementi impeditivi, estintivi e modificativi, quali la sussistenza delle esclusioni legate al limite dimensionale di fallibilità".

Infatti, come sopra riportato, la società cooperativa soggiace al fallimento in caso di insolvenza qualora svolga una attività commerciale articolo 2540 Legge del Codice Civile. secondo il criterio discretivo della prevenzione, che stabilisce “…la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa..” articolo 196 Legge Fallimentare. Lo stesso articolo 2545 terdecies del Codice di Procedura Civile stabilisce che “le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette “anche” al fallimento”.

Secondo la Corte “il fine mutualistico non esclude la natura di imprenditore commerciale di un cooperativa, in quanto lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse…Dunque l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico..”.

La cooperativa, per escludere il proprio fallimento, avrebbe dovuto provare la propria natura non commerciale o la mutualità della propria attività. Non essendo stata raggiunta piena prova in alcuno dei vari gradi di giudizio, emergendo al contrario il fine ultimo del profitto, la Cassazione ha respinto il ricorso confermando la sentenza impugnata.