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Trust: note sintetiche in tema di utilizzo nei procedimenti di separazione e di divorzio

Il trust in generale

Il trust è un negozio giuridico per il quale un soggetto (settlor) trasferisce uno o più beni ad un altro soggetto (trustee) affinché li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario (beneficiary) o per il perseguimento di uno scopo.

L’istituto, di origine anglosassone, è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 9 ottobre 1989 n. 364 (entrata in vigore l’1 gennaio 1992), che ha recepito la Convenzione dell’Aja dell’1 luglio 1985.

I beni conferiti in trust, pur essendo di proprietà del trustee, costituiscono patrimonio separato rispetto agli altri del medesimo. Gli stessi escono dal patrimonio del soggetto destinante, ma non si confondono col patrimonio del soggetto gestore. La proprietà del trustee, per i vincoli che la caratterizzano, è puramente gestoria e rivolta all’interesse altrui.

Le vicende personali delle parti coinvolte  non incidono sulla situazione giuridica dei beni ed i loro creditori  non possono aggredire il patrimonio del trust, che così rimane salvo anche in caso di un eventuale fallimento. I beni “segregati” risponderanno solo delle obbligazioni assunte nella gestione del trust stesso, sia in via contrattuale che extracontrattuale.

Nel trust possono confluire beni di ogni sorta: denaro, mobili semplici, mobili registrati, immobili, diritti reali immobiliari, royalties di brevetti,  canoni di locazione.

Il trustee amministra il patrimonio del trust sotto la propria responsabilità e nell’interesse dei beneficiari. Può essere anche disposta la nomina di un guardiano (protector) che vigila sul comportamento del trustee, affinché le sue azioni siano dirette al conseguimento del fine indicato nell’atto costitutivo.

Ai sensi dell’articolo 6 della citata Convenzione, il disponente può scegliere la legge dalla quale il trust sarà disciplinato, oggi una legge straniera, dato che l’Italia non dispone ancora di una disciplina propria che regoli l’istituto.

Il trust nei rapporti familiari

Il trust, in considerazione della sua duttilità e dell’effetto segregativo che produce, può essere proficuamente utilizzato nei rapporti familiari, molto influenzati dai continui mutamenti del costume sociale. In essi trova uno dei suoi terreni di massima elezione, incontrando comunque un limite nelle norme imperative.

L’istituto può servire a tutelare soggetti incapaci quali minori, interdetti, inabilitati o sottoposti all’amministrazione di sostegno, può essere disposto a vantaggio di soggetti deboli quali malati, tossicodipendenti, alcolisti, prodighi. Consente anche di provvedere alla assistenza della persona svantaggiata dopo la scomparsa della famiglia di origine.

Il trust può essere un mezzo per  pianificare il passaggio intergenerazionale della ricchezza, come quando  si vuole disciplinare il subentro nell’azienda familiare. L’istituto può regolare anche i rapporti economici tra conviventi, a cui è peraltro precluso l’utilizzo del fondo patrimoniale, riservato dalla legge alle coppie sposate.

Anche in questi casi il trust svolge la funzione di colmare lacune nel diritto positivo, dando protezione ad interessi meritevoli di tutela, che non trovano in tutto o in parte riconoscimento negli istituti tradizionali di diritto civile (cfr. M. Lupoi, Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Rivista del notariato 2001, 1168).  Il trust diventa una sorta di “abito su misura” che si modella sul caso da regolare.

L’utilizzo del trust nei procedimenti di separazione e di divorzio

Nei procedimenti di separazione e di divorzio, in particolare, il trust può servire per  dare una sistemazione ai beni comuni, risolvendo le controversie insorte circa l’intestazione e l’utilizzo degli stessi, con lo scopo anche di garantire il mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell’indipendenza economica (cfr. M. Dogliotti, F. Piccaluga, I trust nella crisi della famiglia, in Fam. e dir. 2003, 301) .

Col trust si possono isolare le risorse del coniuge obbligato al mantenimento o agli alimenti in modo tale che non possano essere distolte dall’adempimento di queste obbligazioni. Vi è un obbiettivo interesse da parte del coniuge creditore ad ottenere certezza affinché gli obblighi patrimoniali siano adempiuti alle scadenze pattuite, senza dover affrontare i tempi ed i costi delle azioni esecutive. Il coniuge obbligato, a sua volta, può contare attraverso la creazione del trust di contenere le richieste economiche dell’altro.

La segregazione, peculiare caratteristica del trust, evita che il patrimonio vincolato possa essere aggredito dai creditori (salva l’eventualità dell’esercizio di azioni revocatorie; si veda Tribunale di Reggio Emilia 5 novembre 2013, in Famiglia e diritto 2014, 362), impedendo altresì al trustee il compimento di atti di disposizione lesivi degli interessi protetti.

L’istituzione di un trust può essere inserita nel verbale di separazione consensuale dei coniugi, soggetto poi all’omologazione, o nel ricorso congiunto di divorzio e  confermato  nella successiva sentenza del tribunale.

Tutto ciò trova riconoscimento nell’autonomia negoziale dei coniugi quale mezzo di risoluzione delle controversie economiche nelle crisi matrimoniali. Gli accordi di separazione, frutto della libera autodeterminazione dei coniugi, sono diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela ex articolo 1322 del Codice Civile (Cassazione 16 giugno 2004 n. 11342; Cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, Milano, 1999). L’intervento del giudice è infatti esclusivamente finalizzato a far sì che gli effetti del trust incidano sul rapporto sottostante, salva la verifica della corrispondenza del contenuto dell’accordo all’interesse dei figli minorenni.

La giurisprudenza ha ammesso, negli accordi di separazione e di divorzio, la validità di clausole, che prevedono il trasferimenti di diritti immobiliari (Cassazione 15 maggio 1997 n. 4306) o il riconoscimento da parte di un coniuge nei confronti dell’altro della proprietà esclusiva di determinati beni (Cassazione 2 novembre 1992 n. 12110).

Diventa per contro difficilmente configurabile un trust imposto  dal giudice nel corso dei procedimenti di separazione o di divorzio contenziosi (come invece è diffuso nei paesi a common law nella forma del constructive trust). Secondo un principio consolidato nel nostro ordinamento, sia in dottrina che in giurisprudenza, il giudice non può infatti disporre d’ufficio la corresponsione di un ammontare di denaro, o un complesso di beni, con funzione solutoria, essendo questa scelta riservata alla disponibilità delle parti.

L’unica tipologia che sarebbe ammissibile al riguardo è il trust di garanzia, con il fine di assicurare gli obblighi di adempimento (in tal senso A. Tonelli, Il trust familiare e la tutela del minore, in www.diritto.net). I trust potrebbero essere compresi nell’ampia nozione di “idonea garanzia reale e personale” che il giudice può stabilire a carico dell’obbligato, ai sensi dell’articolo 156, comma 3 del Codice Civile e dell’art. 8, comma 1 della Legge n. 898/1970.

I casi di giurisprudenza sotto riportati (ne risultano pochi editi) dimostrano come il trust sia uno strumento versatile idoneo a risolvere situazioni, anche complesse, che coinvolgono le parti interessate, mediando e trovando una sintesi tra interessi contrapposti.

Casistica giurisprudenziale

Il Tribunale di Siracusa con Decreto del 17 aprile 2013 (in Trust 2014, 189), su parere favorevole del PM, ha omologato la separazione dei coniugi che contestualmente istituiscono un trust a favore delle loro figlie minori, conferendovi il bene immobile, unitamente ad i relativi arredi, di cui sono entrambi proprietari e che in sede di separazione è stato assegnato alla moglie affinché vi coabiti con le minori (sul caso, si veda  l’analisi critica di M. Lupoi, L’interazione fra diritto civile e diritto straniero in un originale atto istitutivo di trust, in Vita not. 2013, 1049).

La casa conferita in trust, regolato dalla legge del Jersey, esce così in via definitiva dal patrimonio dei disponenti. Il trust, in cui l’ufficio di trustee è affidato alla madre, mira a salvaguardare il  soddisfacimento delle esigenze abitative delle minori e il loro mantenimento fino al completamento del ciclo di studi ed al raggiungimento dell’autosufficienza economica e, comunque, fino al compimento del ventiseiesimo anno di età della figlia più giovane.

Così viene ribadito che la casa e gli altri beni mobili conferiti  potranno restare “indenni dalle conseguenze pregiudizievoli suscettibili di derivare dalle vicende personali e patrimoniali relative ai due coniugi titolari”. Tra queste, le eventuali nuove nozze, un decesso prematuro, la sottoposizione a procedure concorsuali.

Sebbene la moglie assuma la veste di trustee, vale a dire titolare dei diritti e degli obblighi riguardanti la gestione dei beni, viene stabilito che i frutti derivanti dall’immobile siano destinati in via esclusiva alle figlie. Al trustee è attribuito anche il potere di alienare i beni in trust, con l’obbligo  comunque di reimpiego del ricavato nell’acquisto di altro immobile da destinarsi alla stessa funzione e sul quale si trasferirà in modo automatico il vincolo segregativo.

Caso analogo al precedente è quello del Tribunale di Milano che con Decreto dell’8 marzo 2005 (in Trust 2005, 585) ha omologato il verbale di separazione consensuale fra coniugi, nell’ambito del quale è prevista l’istituzione di un trust, a favore della figlia, del padre disponente, proprietario dell’alloggio adibito a casa coniugale. Lo scopo dichiarato del trust è quello di soddisfare le esigenze abitative della figlia, tramite il godimento dell’ immobile, che le verrebbe poi  trasferito in piena proprietà, alla data del compimento  del trentesimo anno di età.

La caratteristica del trust in questione è la mancanza del trasferimento di proprietà dell’immobile segregato, dato che lo stesso resta di proprietà del padre disponente, rivestendo lo stesso la qualità di trustee (trust autodichiarato). Il padre continua ad essere proprietario dell’immobile, ma a titolo diverso, restando vincolato a quanto indicato nell’atto istitutivo del trust, concordato con la moglie.  Nel caso di sua morte nel vigore del trust, l’immobile “segregato” sarà escluso dalla successione ereditaria, trasferendosi al nuovo trustee, in attesa di passare in proprietà alla figlia beneficiaria alla scadenza indicata.

In un altra decisione, il Tribunale di Milano con Decreto del 7 giugno 2006 ( in Trust 2006, 575) ha disposto l’omologazione dell’accordo di separazione nel quale è contemplata l’istituzione di un trust autodichiarato dagli stessi coniugi con lo scopo di segregare i beni, conferiti in precedenza  in un fondo patrimoniale ed altri cespiti che, per loro natura, non era possibile includere nel fondo. I coniugi, in previsione della fine della loro unione, manifestano la volontà  di mantenere un vincolo di destinazione sui beni diretto al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, utilizzando un istituto giuridico diverso, il trust, compatibile con lo scioglimento del matrimonio.

Il Tribunale di Pordenone con Decreto del  20 dicembre 2005 (in Trust 2006, 247) ha omologato l’accordo di separazione consensuale fra coniugi che prevede la costituzione di un trust nel quale vengono conferiti gli immobili acquistati in costanza di matrimonio, segregati a favore dei figli della coppia. La proprietà dei beni viene trasferita ad un trustee, persona di fiducia di entrambe le parti.

Ancora il Tribunale di Genova con Decreto del 1 aprile 2008  (in Trust 2008, 392) ha omologato l’accordo di separazione per mezzo del quale alcuni beni (immobili in comproprietà dei coniugi e altri di proprietà esclusiva di uno di essi) vengono apportati in trust a favore dei figli, con la moglie nominata trustee, accordo soggetto alla condizione sospensiva dell’omologazione del verbale di separazione. L’atto istitutivo del trust, contenente lo statuto e la disciplina dello stesso, non viene a costituire parte integrante del verbale di udienza presidenziale, essendo redatto precedentemente con separata scrittura, condizionata all’omologa della separazione. Nel suddetto verbale, invece, i coniugi dispongono il trasferimento della proprietà dei beni al trustee,  affinché li amministri nell’interesse dei beneficiari.

Il primo caso di trust contenuto in una sentenza di divorzio è quello del Tribunale di Torino del 31 marzo 2009 (in Trust 2009, 413). L’atto istitutivo del trust è incluso nelle condizioni dell’istanza congiunta di divorzio. Lo stesso, oltre a prevedere la nomina a trustee della madre, fissa la dotazione del fondo in trust in una cifra simbolica. I coniugi si impegnano poi, con successivo atto notarile, a trasferire nel trust l’immobile di proprietà comune. Viene anche prevista la nomina di un guardiano, un professionista di fiducia di entrambi i genitori, con il compito di controllare l’operato della madre trustee in vista del raggiungimento degli scopi del trust, tra i quali, primariamente, l’interesse dei figli minori di fruire di un’abitazione per il tempo necessario per concludere gli studi e rendersi economicamente autonomi.

Il trust, nelle pronunce sopra esaminate, attraverso una “sterilizzazione” delle vicende patrimoniali e personali dei disponenti, sortisce un duplice effetto: da un lato garantisce l’adempimento delle obbligazioni assunte dai coniugi, dall’altro tutela gli interessi dei figli.

 

Il trust in generale

Il trust è un negozio giuridico per il quale un soggetto (settlor) trasferisce uno o più beni ad un altro soggetto (trustee) affinché li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario (beneficiary) o per il perseguimento di uno scopo.

L’istituto, di origine anglosassone, è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 9 ottobre 1989 n. 364 (entrata in vigore l’1 gennaio 1992), che ha recepito la Convenzione dell’Aja dell’1 luglio 1985.

I beni conferiti in trust, pur essendo di proprietà del trustee, costituiscono patrimonio separato rispetto agli altri del medesimo. Gli stessi escono dal patrimonio del soggetto destinante, ma non si confondono col patrimonio del soggetto gestore. La proprietà del trustee, per i vincoli che la caratterizzano, è puramente gestoria e rivolta all’interesse altrui.

Le vicende personali delle parti coinvolte  non incidono sulla situazione giuridica dei beni ed i loro creditori  non possono aggredire il patrimonio del trust, che così rimane salvo anche in caso di un eventuale fallimento. I beni “segregati” risponderanno solo delle obbligazioni assunte nella gestione del trust stesso, sia in via contrattuale che extracontrattuale.

Nel trust possono confluire beni di ogni sorta: denaro, mobili semplici, mobili registrati, immobili, diritti reali immobiliari, royalties di brevetti,  canoni di locazione.

Il trustee amministra il patrimonio del trust sotto la propria responsabilità e nell’interesse dei beneficiari. Può essere anche disposta la nomina di un guardiano (protector) che vigila sul comportamento del trustee, affinché le sue azioni siano dirette al conseguimento del fine indicato nell’atto costitutivo.

Ai sensi dell’articolo 6 della citata Convenzione, il disponente può scegliere la legge dalla quale il trust sarà disciplinato, oggi una legge straniera, dato che l’Italia non dispone ancora di una disciplina propria che regoli l’istituto.

Il trust nei rapporti familiari

Il trust, in considerazione della sua duttilità e dell’effetto segregativo che produce, può essere proficuamente utilizzato nei rapporti familiari, molto influenzati dai continui mutamenti del costume sociale. In essi trova uno dei suoi terreni di massima elezione, incontrando comunque un limite nelle norme imperative.

L’istituto può servire a tutelare soggetti incapaci quali minori, interdetti, inabilitati o sottoposti all’amministrazione di sostegno, può essere disposto a vantaggio di soggetti deboli quali malati, tossicodipendenti, alcolisti, prodighi. Consente anche di provvedere alla assistenza della persona svantaggiata dopo la scomparsa della famiglia di origine.

Il trust può essere un mezzo per  pianificare il passaggio intergenerazionale della ricchezza, come quando  si vuole disciplinare il subentro nell’azienda familiare. L’istituto può regolare anche i rapporti economici tra conviventi, a cui è peraltro precluso l’utilizzo del fondo patrimoniale, riservato dalla legge alle coppie sposate.

Anche in questi casi il trust svolge la funzione di colmare lacune nel diritto positivo, dando protezione ad interessi meritevoli di tutela, che non trovano in tutto o in parte riconoscimento negli istituti tradizionali di diritto civile (cfr. M. Lupoi, Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Rivista del notariato 2001, 1168).  Il trust diventa una sorta di “abito su misura” che si modella sul caso da regolare.

L’utilizzo del trust nei procedimenti di separazione e di divorzio

Nei procedimenti di separazione e di divorzio, in particolare, il trust può servire per  dare una sistemazione ai beni comuni, risolvendo le controversie insorte circa l’intestazione e l’utilizzo degli stessi, con lo scopo anche di garantire il mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell’indipendenza economica (cfr. M. Dogliotti, F. Piccaluga, I trust nella crisi della famiglia, in Fam. e dir. 2003, 301) .

Col trust si possono isolare le risorse del coniuge obbligato al mantenimento o agli alimenti in modo tale che non possano essere distolte dall’adempimento di queste obbligazioni. Vi è un obbiettivo interesse da parte del coniuge creditore ad ottenere certezza affinché gli obblighi patrimoniali siano adempiuti alle scadenze pattuite, senza dover affrontare i tempi ed i costi delle azioni esecutive. Il coniuge obbligato, a sua volta, può contare attraverso la creazione del trust di contenere le richieste economiche dell’altro.

La segregazione, peculiare caratteristica del trust, evita che il patrimonio vincolato possa essere aggredito dai creditori (salva l’eventualità dell’esercizio di azioni revocatorie; si veda Tribunale di Reggio Emilia 5 novembre 2013, in Famiglia e diritto 2014, 362), impedendo altresì al trustee il compimento di atti di disposizione lesivi degli interessi protetti.

L’istituzione di un trust può essere inserita nel verbale di separazione consensuale dei coniugi, soggetto poi all’omologazione, o nel ricorso congiunto di divorzio e  confermato  nella successiva sentenza del tribunale.

Tutto ciò trova riconoscimento nell’autonomia negoziale dei coniugi quale mezzo di risoluzione delle controversie economiche nelle crisi matrimoniali. Gli accordi di separazione, frutto della libera autodeterminazione dei coniugi, sono diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela ex articolo 1322 del Codice Civile (Cassazione 16 giugno 2004 n. 11342; Cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, Milano, 1999). L’intervento del giudice è infatti esclusivamente finalizzato a far sì che gli effetti del trust incidano sul rapporto sottostante, salva la verifica della corrispondenza del contenuto dell’accordo all’interesse dei figli minorenni.

La giurisprudenza ha ammesso, negli accordi di separazione e di divorzio, la validità di clausole, che prevedono il trasferimenti di diritti immobiliari (Cassazione 15 maggio 1997 n. 4306) o il riconoscimento da parte di un coniuge nei confronti dell’altro della proprietà esclusiva di determinati beni (Cassazione 2 novembre 1992 n. 12110).

Diventa per contro difficilmente configurabile un trust imposto  dal giudice nel corso dei procedimenti di separazione o di divorzio contenziosi (come invece è diffuso nei paesi a common law nella forma del constructive trust). Secondo un principio consolidato nel nostro ordinamento, sia in dottrina che in giurisprudenza, il giudice non può infatti disporre d’ufficio la corresponsione di un ammontare di denaro, o un complesso di beni, con funzione solutoria, essendo questa scelta riservata alla disponibilità delle parti.

L’unica tipologia che sarebbe ammissibile al riguardo è il trust di garanzia, con il fine di assicurare gli obblighi di adempimento (in tal senso A. Tonelli, Il trust familiare e la tutela del minore, in www.diritto.net). I trust potrebbero essere compresi nell’ampia nozione di “idonea garanzia reale e personale” che il giudice può stabilire a carico dell’obbligato, ai sensi dell’articolo 156, comma 3 del Codice Civile e dell’art. 8, comma 1 della Legge n. 898/1970.

I casi di giurisprudenza sotto riportati (ne risultano pochi editi) dimostrano come il trust sia uno strumento versatile idoneo a risolvere situazioni, anche complesse, che coinvolgono le parti interessate, mediando e trovando una sintesi tra interessi contrapposti.

Casistica giurisprudenziale

Il Tribunale di Siracusa con Decreto del 17 aprile 2013 (in Trust 2014, 189), su parere favorevole del PM, ha omologato la separazione dei coniugi che contestualmente istituiscono un trust a favore delle loro figlie minori, conferendovi il bene immobile, unitamente ad i relativi arredi, di cui sono entrambi proprietari e che in sede di separazione è stato assegnato alla moglie affinché vi coabiti con le minori (sul caso, si veda  l’analisi critica di M. Lupoi, L’interazione fra diritto civile e diritto straniero in un originale atto istitutivo di trust, in Vita not. 2013, 1049).

La casa conferita in trust, regolato dalla legge del Jersey, esce così in via definitiva dal patrimonio dei disponenti. Il trust, in cui l’ufficio di trustee è affidato alla madre, mira a salvaguardare il  soddisfacimento delle esigenze abitative delle minori e il loro mantenimento fino al completamento del ciclo di studi ed al raggiungimento dell’autosufficienza economica e, comunque, fino al compimento del ventiseiesimo anno di età della figlia più giovane.

Così viene ribadito che la casa e gli altri beni mobili conferiti  potranno restare “indenni dalle conseguenze pregiudizievoli suscettibili di derivare dalle vicende personali e patrimoniali relative ai due coniugi titolari”. Tra queste, le eventuali nuove nozze, un decesso prematuro, la sottoposizione a procedure concorsuali.

Sebbene la moglie assuma la veste di trustee, vale a dire titolare dei diritti e degli obblighi riguardanti la gestione dei beni, viene stabilito che i frutti derivanti dall’immobile siano destinati in via esclusiva alle figlie. Al trustee è attribuito anche il potere di alienare i beni in trust, con l’obbligo  comunque di reimpiego del ricavato nell’acquisto di altro immobile da destinarsi alla stessa funzione e sul quale si trasferirà in modo automatico il vincolo segregativo.

Caso analogo al precedente è quello del Tribunale di Milano che con Decreto dell’8 marzo 2005 (in Trust 2005, 585) ha omologato il verbale di separazione consensuale fra coniugi, nell’ambito del quale è prevista l’istituzione di un trust, a favore della figlia, del padre disponente, proprietario dell’alloggio adibito a casa coniugale. Lo scopo dichiarato del trust è quello di soddisfare le esigenze abitative della figlia, tramite il godimento dell’ immobile, che le verrebbe poi  trasferito in piena proprietà, alla data del compimento  del trentesimo anno di età.

La caratteristica del trust in questione è la mancanza del trasferimento di proprietà dell’immobile segregato, dato che lo stesso resta di proprietà del padre disponente, rivestendo lo stesso la qualità di trustee (trust autodichiarato). Il padre continua ad essere proprietario dell’immobile, ma a titolo diverso, restando vincolato a quanto indicato nell’atto istitutivo del trust, concordato con la moglie.  Nel caso di sua morte nel vigore del trust, l’immobile “segregato” sarà escluso dalla successione ereditaria, trasferendosi al nuovo trustee, in attesa di passare in proprietà alla figlia beneficiaria alla scadenza indicata.

In un altra decisione, il Tribunale di Milano con Decreto del 7 giugno 2006 ( in Trust 2006, 575) ha disposto l’omologazione dell’accordo di separazione nel quale è contemplata l’istituzione di un trust autodichiarato dagli stessi coniugi con lo scopo di segregare i beni, conferiti in precedenza  in un fondo patrimoniale ed altri cespiti che, per loro natura, non era possibile includere nel fondo. I coniugi, in previsione della fine della loro unione, manifestano la volontà  di mantenere un vincolo di destinazione sui beni diretto al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, utilizzando un istituto giuridico diverso, il trust, compatibile con lo scioglimento del matrimonio.

Il Tribunale di Pordenone con Decreto del  20 dicembre 2005 (in Trust 2006, 247) ha omologato l’accordo di separazione consensuale fra coniugi che prevede la costituzione di un trust nel quale vengono conferiti gli immobili acquistati in costanza di matrimonio, segregati a favore dei figli della coppia. La proprietà dei beni viene trasferita ad un trustee, persona di fiducia di entrambe le parti.

Ancora il Tribunale di Genova con Decreto del 1 aprile 2008  (in Trust 2008, 392) ha omologato l’accordo di separazione per mezzo del quale alcuni beni (immobili in comproprietà dei coniugi e altri di proprietà esclusiva di uno di essi) vengono apportati in trust a favore dei figli, con la moglie nominata trustee, accordo soggetto alla condizione sospensiva dell’omologazione del verbale di separazione. L’atto istitutivo del trust, contenente lo statuto e la disciplina dello stesso, non viene a costituire parte integrante del verbale di udienza presidenziale, essendo redatto precedentemente con separata scrittura, condizionata all’omologa della separazione. Nel suddetto verbale, invece, i coniugi dispongono il trasferimento della proprietà dei beni al trustee,  affinché li amministri nell’interesse dei beneficiari.

Il primo caso di trust contenuto in una sentenza di divorzio è quello del Tribunale di Torino del 31 marzo 2009 (in Trust 2009, 413). L’atto istitutivo del trust è incluso nelle condizioni dell’istanza congiunta di divorzio. Lo stesso, oltre a prevedere la nomina a trustee della madre, fissa la dotazione del fondo in trust in una cifra simbolica. I coniugi si impegnano poi, con successivo atto notarile, a trasferire nel trust l’immobile di proprietà comune. Viene anche prevista la nomina di un guardiano, un professionista di fiducia di entrambi i genitori, con il compito di controllare l’operato della madre trustee in vista del raggiungimento degli scopi del trust, tra i quali, primariamente, l’interesse dei figli minori di fruire di un’abitazione per il tempo necessario per concludere gli studi e rendersi economicamente autonomi.

Il trust, nelle pronunce sopra esaminate, attraverso una “sterilizzazione” delle vicende patrimoniali e personali dei disponenti, sortisce un duplice effetto: da un lato garantisce l’adempimento delle obbligazioni assunte dai coniugi, dall’altro tutela gli interessi dei figli.