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Nullità del pignoramento di crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione da parte di Equitalia , ex art. 72 bis D.P.R. 602/73

Eseguita una prestazione professionale in favore di un ente pubblico, un professionista emetteva fattura al fine di ottenere la liquidazione delle competenze, pattuite in misura di poco superiore ad € 10.000.

L’ente pubblico debitore, dovendo attenersi a quanto disposto dall’articolo 48 bis, comma 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 - introdotto dalla Legge n. 286/2006, - il quale prevede una previa verifica da compiersi da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti di soggettibeneficiari di pagamenti, a qualunque titolo, di somme superiori a 10.000 euro -  formulava richiesta ad Equitalia S.p.A. (e, per essa, a Riscossione Sicilia S.p.A.) al fine di accertare eventuali inadempimenti da parte del committente.

La società di riscossione  riscontrava la richiesta comunicando che, secondo le loro verifiche, sussistevano posizioni debitorie da parte del professionista, sicché l’Ente pubblico tenuto al pagamento della parcella disponeva la sospensione provvisoria del pagamento della stessa.

Il professionista, reso edotto di quanto sopra dall’Ente suo debitore, prontamente contestava per iscritto la debenza di somme alla Società Riscossione Sicilia (che gestisce in detta Regione il servizio di Riscossione dei Tributi), richiedendo, contestualmente, l’accesso agli atti che lo riguardavano in merito all’asserito inadempimento tributario.

Parenteticamente si osserva che il “blocco” dei crediti verso la Pubblica Amministrazione avviene tramite mere comunicazioni interne tra le pubbliche amministrazioni e Equitalia, senza che il privato creditore sia portato a conoscenza di tale corrispondenza e, in ipotesi, senza nemmeno poter conoscere le risultanze di Equitalia nonché la propria esposizione debitoria verso l’Erario.

Tornando al caso in esame, accade che la Società di Riscossione, incurante della contestazione da parte del “presunto debitore”, notificava al contribuente, subito dopo la comunicazione ricevuta dalla Pubblica Amministrazione tenuta al pagamento della fattura per la prestazione professionale, intimazione di pagamento in virtù di n. 18 titoli, indicati  genericamente ed in maniera incomprensibile, ovvero per il tramite di un numerino composto da diverse cifre, ricollegabili, secondo una “legenda” meramente interna a cartelle di pagamento e/o intimazioni.

In concreto, era estremamente difficoltosa - se non impossibile - per il professionista individuare l’esposizione debitoria indicata dall’esattore, giacché l’intimazione di pagamento risultava sprovvista del titolo di pagamento afferente ciascuna cartella sottostante alla stessa (es. imposte dirette, indirette, tasse, contributi, sanzioni amministrative, etc.).

Occorreva, viceversa, allegare all’intimazione di pagamento le cartelle di pagamento e le relate di notifica: invece non si allegava alcunché e neanche l’anno di riferimento del tributo risultava precisato, inficiandosi, in tal modo, la regolarità formale della procedura esecutiva.

Ulteriore profilo di illegittimità della procedura erariale di captazione del credito, tale da comportare un radicale giudizio di nullità da parte del Giudice tributario in seguito adito, è consistito nella violazione, da parte dell’Ente esattore, dei termini previsti dalla normativa speciale, così come previsto dall’articolo 50, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73 il quale così recita: “Se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”.

Siffatta violazione aveva valenza decisiva ai fini della nullità della procedura esecutiva intrapresa, giacché la notifica dell’atto di pignoramento di crediti verso terzi fatta al Comune debitore avveniva in data antecedente rispetto alla notifica dell’intimazione ad adempiere da notificare al privato esecutato, al quale, in virtù dell’articolo 50 suddetto, va dato il termine di cinque giorni dalla notifica per l’eventuale adempimento.

Invece Equitalia notificava al Comune atto di pignoramento di crediti verso terzi ed emetteva, contestualmente, ordine di pagamento diretto, redatto dal procuratore speciale ex articolo 72 del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/1973, riscuotendo de plano il presunto credito.

Tutto ciò avveniva, si ripete, senza alcuna previa notifica dell’intimazione di adempimento al contribuente. Al quale non si consentiva un effettivo e concreto controllo della propria posizione debitoria verso l’Erario.

Peraltro, la procedura di espropriazione forzata prevista dall’articolo 72 bis del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/73, qualora correttamente eseguita sotto il profilo formale (ma non è quel che è accaduto nella fattispecie in esame) non consente, a parere di chi scrive, alcun concreto e tempestivo diritto di difesa da parte del contribuente, sebbene la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale, ha dichiarato l’inammissibilità della questione sollevata (Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n.393 del 28.11.2008), senza tuttavia accedere al merito della questione e non esprimendo un giudizio sostanziale sull’articolo 72 bis succitato.

Per concludere l’esposizione della fattispecie in analisi, va aggiunto che l’esattore, incurante delle contestazioni formulate, richiedeva all’Ente pubblico l’accredito dell’intera somma portata nella fattura emessa dal professionista, ancor prima di procedere alla notifica dell’intimazione ad adempiere: difatti l’atto di pignoramento adottato ex articolo 72 bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 veniva comunicato al ricorrente – ed all’ente pubblico debitore del primo - il 13 giugno 2012, ovvero in data anteriore rispetto alla stessa intimazione di pagamento, che avveniva il 14 giugno 2012.

Ritenendo nullo l’atto di pignoramento del proprio credito verso la Pubblica Amministrazione, il professionista-contribuente si rivolgeva alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, rilevando che l’atto esecutivo poteva essere adottato solo dopo il decorso di cinque giorni dalla notifica dell’atto di intimazione di pagamento, come previsto dall’articolo 50, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, e non, come avveniva nella fattispecie, in maniera inversa.

Nello specifico, la società di riscossione esponeva nell’ordine di pagamento/atto di pignoramento di crediti verso terzi, in totale, n.15 titoli, che venivano contestati partitamente, sebbene in via subordinata, essendo l’eccezione di nullità sopra esposta assorbente del merito della questione.

Decidendo la controversia, la Commissione Tributaria Provinciale stabiliva l’illegittimità dell’intrapresa procedura, poiché “…L’articolo 50, comma secondo, del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/73 prevede, invece, che ‘…l’espropriazione… deve essere preceduta dalla notifica… di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni…’. In conseguenza, la procedura espropriativa non può che ritenersi viziata poiché, nella specie, l’atto di pignoramento è intervenuto addirittura prima dell’intimazione ad adempiere che è risultata quindi integralmente privata della propria funzione” (cfr. sentenza n. 169/1/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, depositata il 21.3.2013).

Si è stabilito, quindi, il carattere cogente dell’articolo 50 sopra citato, il mancato rispetto del quale ha comportato la nullità degli atti impugnati.

Corollario di quanto sopra, de iure, è l’obbligo restitutorio della somma illegittimamente incamerata da parte dell’Esattore, il quale, pur godendo di una legislazione di favore, non ha osservato neppure le elementari regole procedurali volte a delineare un  apparente diritto di difesa del cittadino.

 

Eseguita una prestazione professionale in favore di un ente pubblico, un professionista emetteva fattura al fine di ottenere la liquidazione delle competenze, pattuite in misura di poco superiore ad € 10.000.

L’ente pubblico debitore, dovendo attenersi a quanto disposto dall’articolo 48 bis, comma 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 - introdotto dalla Legge n. 286/2006, - il quale prevede una previa verifica da compiersi da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti di soggettibeneficiari di pagamenti, a qualunque titolo, di somme superiori a 10.000 euro -  formulava richiesta ad Equitalia S.p.A. (e, per essa, a Riscossione Sicilia S.p.A.) al fine di accertare eventuali inadempimenti da parte del committente.

La società di riscossione  riscontrava la richiesta comunicando che, secondo le loro verifiche, sussistevano posizioni debitorie da parte del professionista, sicché l’Ente pubblico tenuto al pagamento della parcella disponeva la sospensione provvisoria del pagamento della stessa.

Il professionista, reso edotto di quanto sopra dall’Ente suo debitore, prontamente contestava per iscritto la debenza di somme alla Società Riscossione Sicilia (che gestisce in detta Regione il servizio di Riscossione dei Tributi), richiedendo, contestualmente, l’accesso agli atti che lo riguardavano in merito all’asserito inadempimento tributario.

Parenteticamente si osserva che il “blocco” dei crediti verso la Pubblica Amministrazione avviene tramite mere comunicazioni interne tra le pubbliche amministrazioni e Equitalia, senza che il privato creditore sia portato a conoscenza di tale corrispondenza e, in ipotesi, senza nemmeno poter conoscere le risultanze di Equitalia nonché la propria esposizione debitoria verso l’Erario.

Tornando al caso in esame, accade che la Società di Riscossione, incurante della contestazione da parte del “presunto debitore”, notificava al contribuente, subito dopo la comunicazione ricevuta dalla Pubblica Amministrazione tenuta al pagamento della fattura per la prestazione professionale, intimazione di pagamento in virtù di n. 18 titoli, indicati  genericamente ed in maniera incomprensibile, ovvero per il tramite di un numerino composto da diverse cifre, ricollegabili, secondo una “legenda” meramente interna a cartelle di pagamento e/o intimazioni.

In concreto, era estremamente difficoltosa - se non impossibile - per il professionista individuare l’esposizione debitoria indicata dall’esattore, giacché l’intimazione di pagamento risultava sprovvista del titolo di pagamento afferente ciascuna cartella sottostante alla stessa (es. imposte dirette, indirette, tasse, contributi, sanzioni amministrative, etc.).

Occorreva, viceversa, allegare all’intimazione di pagamento le cartelle di pagamento e le relate di notifica: invece non si allegava alcunché e neanche l’anno di riferimento del tributo risultava precisato, inficiandosi, in tal modo, la regolarità formale della procedura esecutiva.

Ulteriore profilo di illegittimità della procedura erariale di captazione del credito, tale da comportare un radicale giudizio di nullità da parte del Giudice tributario in seguito adito, è consistito nella violazione, da parte dell’Ente esattore, dei termini previsti dalla normativa speciale, così come previsto dall’articolo 50, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73 il quale così recita: “Se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”.

Siffatta violazione aveva valenza decisiva ai fini della nullità della procedura esecutiva intrapresa, giacché la notifica dell’atto di pignoramento di crediti verso terzi fatta al Comune debitore avveniva in data antecedente rispetto alla notifica dell’intimazione ad adempiere da notificare al privato esecutato, al quale, in virtù dell’articolo 50 suddetto, va dato il termine di cinque giorni dalla notifica per l’eventuale adempimento.

Invece Equitalia notificava al Comune atto di pignoramento di crediti verso terzi ed emetteva, contestualmente, ordine di pagamento diretto, redatto dal procuratore speciale ex articolo 72 del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/1973, riscuotendo de plano il presunto credito.

Tutto ciò avveniva, si ripete, senza alcuna previa notifica dell’intimazione di adempimento al contribuente. Al quale non si consentiva un effettivo e concreto controllo della propria posizione debitoria verso l’Erario.

Peraltro, la procedura di espropriazione forzata prevista dall’articolo 72 bis del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/73, qualora correttamente eseguita sotto il profilo formale (ma non è quel che è accaduto nella fattispecie in esame) non consente, a parere di chi scrive, alcun concreto e tempestivo diritto di difesa da parte del contribuente, sebbene la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale, ha dichiarato l’inammissibilità della questione sollevata (Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n.393 del 28.11.2008), senza tuttavia accedere al merito della questione e non esprimendo un giudizio sostanziale sull’articolo 72 bis succitato.

Per concludere l’esposizione della fattispecie in analisi, va aggiunto che l’esattore, incurante delle contestazioni formulate, richiedeva all’Ente pubblico l’accredito dell’intera somma portata nella fattura emessa dal professionista, ancor prima di procedere alla notifica dell’intimazione ad adempiere: difatti l’atto di pignoramento adottato ex articolo 72 bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 veniva comunicato al ricorrente – ed all’ente pubblico debitore del primo - il 13 giugno 2012, ovvero in data anteriore rispetto alla stessa intimazione di pagamento, che avveniva il 14 giugno 2012.

Ritenendo nullo l’atto di pignoramento del proprio credito verso la Pubblica Amministrazione, il professionista-contribuente si rivolgeva alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, rilevando che l’atto esecutivo poteva essere adottato solo dopo il decorso di cinque giorni dalla notifica dell’atto di intimazione di pagamento, come previsto dall’articolo 50, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, e non, come avveniva nella fattispecie, in maniera inversa.

Nello specifico, la società di riscossione esponeva nell’ordine di pagamento/atto di pignoramento di crediti verso terzi, in totale, n.15 titoli, che venivano contestati partitamente, sebbene in via subordinata, essendo l’eccezione di nullità sopra esposta assorbente del merito della questione.

Decidendo la controversia, la Commissione Tributaria Provinciale stabiliva l’illegittimità dell’intrapresa procedura, poiché “…L’articolo 50, comma secondo, del Decreto del Presidente della Repubblica n.602/73 prevede, invece, che ‘…l’espropriazione… deve essere preceduta dalla notifica… di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni…’. In conseguenza, la procedura espropriativa non può che ritenersi viziata poiché, nella specie, l’atto di pignoramento è intervenuto addirittura prima dell’intimazione ad adempiere che è risultata quindi integralmente privata della propria funzione” (cfr. sentenza n. 169/1/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, depositata il 21.3.2013).

Si è stabilito, quindi, il carattere cogente dell’articolo 50 sopra citato, il mancato rispetto del quale ha comportato la nullità degli atti impugnati.

Corollario di quanto sopra, de iure, è l’obbligo restitutorio della somma illegittimamente incamerata da parte dell’Esattore, il quale, pur godendo di una legislazione di favore, non ha osservato neppure le elementari regole procedurali volte a delineare un  apparente diritto di difesa del cittadino.