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Nuove frontiere dell’espropriazione mobiliare: Il pignoramento del dominio internet

[Nota - Gli autori hanno compiuto ogni ragionevole sforzo per assicurare che i materiali ed i contenuti della presente pubblicazione fossero attentamente vagliati ed analizzati. Tuttavia errori, inesattezze ed omissioni sono possibili. Si declina, pertanto, qualsiasi responsabilità per errori, inesattezze ed omissioni eventualmente presenti. Nessuna responsabilità viene assunta in relazione al contenuto di quanto pubblicato ed all’uso che terzi ne potranno fare.

Le sentenze, le note dottrinali e i riferimenti internet sono di proprietà dei giustiziaitaliana.it e sono contenuti nella propria banca dati. Il loro uso è libero se non fatto a scopo commerciale.

La presente pubblicazione è liberamente consultabile e distribuibile. Ne è vietata la vendita. L’inosservanza di tale volontà degli autori sarà perseguita a norma di legge.]

 

Sommario - Premessa - 1 La qualificazione come bene del dominio internet - 2 La pignorabilità - 3 Quale forma di esecuzione - 4 Conclusioni

Premessa  

Lo sviluppo della rete Internet sta facendo sorgere nuove problematiche giuridiche. Una di queste, attualmente molto dibattuta, riguarda la tutela giuridica dei nomi di dominio. La questione, stante l’assenza riferimenti normativi è stata risolta dalla giurisprudenza mediante l’estensione, alla fattispecie, della normativa a tutela dei segni distintivi dell’impresa ed, in particolare, della Legge Marchi del ‘42 (Regio Decreto 21 giugno 1942, n. 929 e successive modifiche). Il domain name svolge nel web una funzione distintiva e questo lo rende idoneo ad essere oggetto di azioni esecutive dato il suo valore, appunto, distintivo e dal quale deriva un valore economico.

Prima di affrontare la questione della qualificazione del nome a dominio e del suo inquadramento fra i possibili beni da staggire, spieghiamo, brevemente, cos’è un nome a dominio.

Il nome di dominio (detto anche domain name o host name) è l’indirizzo di un sito internet in formato alfabetico (ad esempio, www.giustiziaitaliana.it), dunque potenzialmente assai semplice da ricordare, al contrario dell’indirizzo IP (IP Address), che è espresso in forma numerica.

 Si può affermare che anche il nome a dominio rientra nella categoria dei beni pignorabili? 

1 - La questione del pignoramento del nome a domino, ha incontrato, nel passato, rarissime analisi, sia dottrinali sia giurisprudenziali e non trova, nell’ordinamento vigente, una disciplina specifica. Per risolvere la problematica, quindi, bisogna fare riferimento alle procedure esecutive disponibili ed, in particolare, l’espropriazione forzata sui beni immateriali, provando a ricomprendere fra questi il nome a dominio.

La dottrina ha avuto occasione di svolgere una qualche indagine circa la qualificazione del nome a dominio con particolare riferimento alle sue analogie e differenze rispetto al marchio[1]. Tale  analisi suggerisce che per una corretta definizione giuridica del nome a dominio, specie in considerazione del suo valore economico e degli effetti giuridici del suo utilizzo, è opportuno fare riferimento alla teoria delle cose e dei beni.

Questa ha affermato che nella definizione giuridica di bene non rientra solo il quello materiale, ma anche quello immateriale, come risulta dalla distinzione del diritto romano, secondo il quale un bene veniva considerato res corporales o res incorporales[2]  ove si fosse in presenza o meno del requisito della tangibilità[3].

Nella categoria dei beni immateriali rientrano le opere dell’ingegno, le invenzioni e i modelli industriali. Rientra, pertanto, nella nozione di bene immateriale anche il nome a dominio.

La pignorabilità 

2 - Fatte queste premesse, ci poniamo la domanda se il diritto all’uso del nome a dominio possa anche essere oggetto di espropriazione forzata.

Esistono diversi riferimenti normativi alla espropriazione dei diritti immateriali. Ad esempio, il Regio Decreto 1127/39 stabilisce che i diritti patrimoniali in materia di brevetti possono formare oggetto di esecuzione forzata, con specifico rinvio alle disposizioni previste dal codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili anche se norma richiamata non prevede, però, la diretta espropriabilità del bene immateriale ma unicamente quella dei diritti patrimoniali derivanti dall’utilizzo economico di tale invenzione.

Analoga disciplina è prevista dalla Legge 633/41 per le opere dell’ingegno secondo cui i diritti di utilizzazione dell’opera, non possono formare oggetto di pignoramento ed esecuzione forzata, almeno finché spettano personalmente all’autore; al contrario, possono essere liberamente pignorati i proventi derivanti dall’utilizzazione dell’opera.

Si può notare, pertanto, che la mancanza del requisito della corporalità dei beni immateriali non esclude possano essere assoggettabili alla esecuzione forzata.

Per dovere di completezza, occorre rilevare che esistono teorie che rifiutano la possibilità di sottoporre il nome a dominio ad una procedura esecutiva.

Tali teorie - da un lato - configurano il diritto sul nome a dominio come un diritto personalissimo dell’individuo equiparato al diritto al nome, nonché - dall’altro - lo stesso nome a dominio non sarebbe “ceduto in proprietà” al titolare, ma piuttosto “dato in concessione” quasi come l’autorizzazione amministrativa[4] dimodoché non si parla di “vendita di domini”, ma piuttosto di cessione dei diritti sul nome a dominio[5]. Tale ultima obiezione, però, è da ritenersi inconsistente poiché se non fosse possibile ritenere di proprietà del registrante il nome a dominio, risulterebbero nulle tutte le vendite dei nomi a dominio per “impossibilità dell’oggetto”.

Anche la giurisprudenza si è divisa su questo argomento.

Il tribunale di Firenze ha ritenuto “la funzione del domain name system è quella di consentire a chiunque di raggiungere una pagina web e, in quanto mezzo operativo e tecnologico, non può porsi con riguardo a tale sistema un problema di violazione dei segni distintivi aziendali altrui come il marchio, la denominazione sociale o altri segni distintivi”[6]; viceversa, il tribunale di Napoli ha ritenuto il nome a dominio compreso tra i segni distintivi atipici e quindi nella famiglia dei diritti di proprietà intellettuale. In tal modo si consente il superamento di quelle teorie che vedevano nel domain name un mero numero telefonico privo di qualsiasi capacità distintiva e utilità commerciale o promozionale[7].

L’unica vera pronuncia rinvenuta sulla pignorabilità del nome a dominio è quella del tribunale di Bologna del 22 marzo 2000 che, alla fine e con argomentazioni alquanto confuse, ha concluso per la sua impignorabilita[8] sulla base della considerazione che il domain name è “un indirizzo internet con la funzione di individuare un computer allacciato alla rete... Che, d’altro canto lo stesso ha natura giuridica non ben individuata, non essendo un diritto reale, né tantomeno un diritto di credito, ma essendo prevalente il profilo distintivo dell’utilizzatore del sito internet, che presenta maggiori affinità con la figura dell’insegna”.

Senza entrare nello specifico di questa ordinanza, va rilevato che essa, con argomenti un po’ confusi sul tema della natura giuridica dei nomi a dominio, ne esclude la pignorabilità sulla base di un collegamento con il soggetto utilizzatore, da cui deriverebbe l’utilizzabilità esclusiva da parte di tale soggetto.

Tale conclusione, alquanto superficiale, potrebbe essere smentita da tutte le ipotesi in cui determinati soggetti abbiano registrato un nome di dominio per poi cederlo a terzi (domain grabbing) nonché dallo stesso regolamento di registrazione dei nomi di dominio, il quale prevede che il trasferimento e la modifica della registrazione di un nome di dominio assegnato possa essere effettuato nei casi di trasferimento per accordo tra le parti, trasferimento a seguito di procedura di riassegnazione, successione mortis causa a titolo particolare o universale, trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, trasformazione, incorporazione o fusione societaria[9].

2.1 La possibilità di poter sottoporre ad esecuzione forzata il nome a dominio è dettata da evidenti ragioni di equità che inducono a ritenerli pignorabili in virtù del loro rilevante valore economico. Si pensi al valore di mercato di un domain name riconducibile a grandi aziende, di gran lunga superiore rispetto al loro costo di registrazione.

Va evidenziato che i codici non mettono a disposizione validi riferimenti da cui ricavare la possibilità di assoggettare alle procedure esecutive tali beni anche se l’articolo 2910 del codice civile, norma base in tema di espropriazione forzata, dispone: “Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni  debitore...”, il quale, ai sensi dell’articolo 2740 del codice civile, risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i propri “beni” presenti e futuri. Appare possibile, quindi, una procedura espropriativa su ogni bene del debitore e ciò prescindendo dal requisito della materialità o immaterialità degli stessi.

Ma se l’articolo 2910 del codice civile parla di beni, viceversa l’articolo 492 del codice di procedura civile, in materia di pignoramento, dopo aver disposto che “il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi”, nel descrivere la procedura, parla di  “cose”. Un bel problema per l’interprete!

Proviamo, per quanto possibile, a dare una lettura sistematica. Da tale lettura possiamo rilevare che non è il requisito dell’immaterialità ad ostare all’esecuzione, avendo previsto, il legislatore, alcune ipotesi in tal senso. I richiamati  Regio Decreto 29 giugno 1939, n. 1127 e Regio Decreto 25 agosto 1940, n. 1411, sono confluiti nel codice della proprietà industriale il quale, all’articolo 137, prevede: “I diritti patrimoniali di proprietà industriale possono formare oggetto di esecuzione forzata. All’esecuzione si applicano le norme stabilite dal codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili”.

Quale esecuzione?                     

3 - È indubbio, quindi, che trattasi di esecuzione mobiliare e a tale forma bisogna fare riferimento.

Bisogna porsi, a questo punto,  il problema di quale tipo di esecuzione mobiliare porre in essere: se quella presso il debitore o quella presso terzi.

La registrazione del nome a dominio avviene, a seconda dell’estensione (es. xxxx.it o xxxx.com ecc.) presso organismi terzi rispetto a colui che ne chiede la registrazione[10].

Sostiene il collega Francesco Laquidara[11]: “Nel caso in esame non c’è né la cosa né il credito. C’è un bene immateriale contenente un certo valore economico. Ergo! È questo che va pignorato. Il pignoramento, dice l’articolo 492 del codice di procedura civile, “..... consiste in un’ingiunzione che l’u.g. fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione ....”. I beni, ripeto i beni materiali o immateriali che abbiano valore economico. Ecco la questione sta proprio qui! L’impostazione del discorso di Orazio Melita[12], molto puntuale, mi pare tocchi alcuni punti i quali, in definitiva, possono riassumersi nella conclusione che nel caso di specie può procedersi con pignoramento “cosiddetto diretto” cioè pignoramento mobiliare mediante notifica dell’atto al debitore sulla falsariga - sia chiaro con i dovuti distinguo - del riformato “pignoramento equa riparazione”, “della testata giornalistica”, “del cartellino del calciatore”, “del brevetto”, “della licenza commerciale” e di quant’altro, in definitiva, possa farsi rientrare nella fattispecie di bene immateriale avente valore commerciale o comunque economico. Le forme di pignoramento appena citate e, credo, anche il pignoramento del dominio in esame, sono tutte da collocare fra i pignoramenti mobiliari e si eseguono mediante notifica di un atto in cui sostanzialmente si indica il bene che si intende pignorare e successiva iscrizione o trascrizione dell’eseguito pignoramento presso l’ente depositario del relativo registro”.

3.1 La competenza territoriale. Si è concluso che, nel caso di pignoramento del nome a dominio, si rientra nell’ipotesi del pignoramento del bene mobile. Orbene il libro I titolo I capo I sezione II del codice di procedura civile reca della competenza per materia e per valore. All’articolo 26 del codice di procedura civile, troviamo la disciplina sul foro dell’esecuzione forzata, definito dalla dottrina, “foro esclusivo”[13]. E qui si legge “ per l’esecuzione forzata su cose mobili......è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano”.

3.1.1 Tecnicamente, l’individuazione del tribunale competente per l’esecuzione grava sull’ufficiale giudiziario incaricato del pignoramento, il quale deve depositare il processo verbale, il titolo esecutivo e l’atto di precetto presso la cancelleria del tribunale al fine di permettere al cancelliere di formare il fascicolo dell’esecuzione (articolo 519 del codice di procedura civile.)[14]

La qualificazione del nome a domino quale bene immateriale, circostanzia il fatto che, per questo in particolare, si possa arrivare alla [assurda] conclusione che esso si trovi in una sorta di “non luogo” quale è la rete internet[15].

A specifico quesito posto allo IIT abbiamo ricevuta la seguente risposta: “Il nome a dominio peraltro non é “localizzato” nel senso convenzionale del termine, come invece potrebbe essere un sito web; difatti esso costituisce una risorsa a disposizione dell’utente affinché questi possa essere raggiunto in qualsiasi parte del globo purché vi sia un collegamento ad Internet. A tale scopo il nome a dominio viene utilizzato dal sistema di database distribuito DNS, che trova la localizzazione della sua funzione apicale (“authoritative dns”) negli USA, e viene utilizzato a cascata da ogni computer collegato ad Internet nella gestione della ricerca della correlazione tra dominio ed indirizzo ip della risorsa alla quale si vuole accedere. Lo IIT fa parte della gestione del DNS per i domini .it sulla base della delega ricevuta da IANA/ICANN, l’organismo non governativo incaricato della gestione del DNS dal governo degli USA.

Quindi le regole generali sulla competenza territoriale, al fine dell’individuazione del giudice abilitato a decidere del caso di specie, non possono venire soddisfatte con riferimento al quesito della localizzazione del nome a dominio, ossia del bene eventualmente in contestazione, bensì avranno riguardo al domicilio del convenuto o agli altri criteri stabiliti dal codice di procedura civile, ove il domicilio del convenuto fosse sconosciuto.

3.2 La custodia. Come per ogni bene mobile pignorato, anche per il dominio internet deve essere disposta la custodia.

Non appare, prima facie, semplice risolvere tale problematica poiché, come detto in precedenza, la legge non si occupa in maniera specifica di tale fattispecie. Proviamo, dunque, a ragionare per analogie.

Sostiene sempre il collega Francesco Laquidara[16]: Custode viene nominato ex lege lo stesso debitore. Si tratta di custodia c.d. “implicita”, come quella di cui all’articolo 559 del codice di procedura civile, anche se virtuale sebbene garantita dalla intrasferibilità del bene pignorato in virtù della trascrizione o iscrizione del pignoramento presso l’ente depositario del registro”.

Conclusioni

4 - Non abbiamo la pretesa di aver esaurito l’argomento. Questioni pregnanti e di non semplice risoluzione riguardano la successiva vendita del bene staggito o, in alternativa, la sua assegnazione al creditore procedente.

Non possiamo trascurare, infine, che si possono registrare diversi nomi a dominio e con diverse estensioni (es. .it o . com o . biz ecc.) tutti facilmente riconducibili al debitore, rendendo, di fatto, inutile l’azione svilendone il valore commerciale.

Va considerato, però, che potremmo trovarci difronte ad una simile eventualità e  non è poi tanto remota la possibilità che qualcuno ci chieda di pignorare un dominio internet.

Non possiamo neppure  trascurare che il legislatore dovrebbe preoccuparsi di emanare una disciplina esecutiva unitaria che riguardi tutti i beni immateriali agendo, in tal senso, sulle norme previste dal libro III del codice di procedura civile.

 

[1]Per una panoramica generale delle problematiche che i domain names hanno sottoposto all'inerprete si rinvia a Aa.Vv., Nomi di dominio, marchi e copyright: proprietà intellettuale e industriale su internet, a cura di C. Vaccà, Milano, 2005; R. Ferorelli, Le reti dei beni nel sistema dei servizi. Teoria e prassi delle nuove risorse immateriali, Bari, 2006, spec. 238-310; P. Sammarco, Il regime giuridico dei "nomi a dominio", Milano, 2002; C. Galli, I domain names nella giurisprudenza, Milano, 2001; P. Varì, La natura giuridica dei nomi di dominio, Padova, 2001; G. Cassano, Diritto dell'internet. Il sistema di tutele della persona, Milano, 2005, spec. 223-283; C.E. Mayr, I domain names e i diritti sui segni distintivi: una coesistenza problematica, in AIDA, 1996, 223-250.

[2] Anche se, secondo Giovanni Pugliese, le categorie “res incorporales” e “beni immateriali” non sono congruenti. Dalle «res incorporales» del diritto romano ai beni immateriali di alcuni sistemi giuridici odierni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1982, 1137-1198.

[3] La distinzione tra “cose corporali” e “cose senza corpo” è nitidamente posta da Gaio nelle Institutiones

[4] Ogni dominio è soggetto a rinnovo e, in caso di mancata riconferma prima della scadenza, lo stesso può liberamente essere registrato da altri soggetti sulla base del principio “first come, first served” (chi arriva prima è servito prima), senza fare prima una verifica dell'esistenza di diritti di terzi sul nome richiesto come dicitura per il dominio

[5] A conforto di tale tesi basti notare che la registrazione di un nome a dominio ha una scadenza e non può essere perpetua(cioè fatta sine die).Infatti è possibile che alla scadenza non rinnovata chiunque può ri-registrare il nome senza dover chiedere autorizzazioni al registrante precedente.

[6] Tribunale di Firenze, 29 luglio 2000

7 Tribunale di Napoli, 26 febbraio 2002

[8]  Sul punto cfr. C. Fimiani, Esecuzione forzata sul marchio e sul nome a dominio, secondo cui "l'ordinanza in epigrafe, nell'affrontare il tema della pignorabilità del nome a dominio, riflette l'incertezza della giurisprudenza italiana in materia: da un lato, infatti, lo definisce "indirizzo telematico", avente la funzione di individuare un computer allacciato alla rete, dall'altro, escludendo che si tratti di un diritto reale o di credito per la prevalenza del profilo distintivo del soggetto utente di internet, aderisce alla tesi di coloro che lo assimilano alla figura dell'insegna, quale luogo virtuale di reperibilità dell'imprenditore".

[9] A. Palazzolo, Alcuni spunti in tema di regolamentazione di nomi a dominio: la pignorabilità, il potere di disposizione del titolare registrante ela disciplina pubblicistica.

[10] Le attività di assegnazione e del mantenimento dei nomi a dominio nel country code Top Level Domain "it" e “eu” sono svolte dal Registro del ccTLD.it che è amministrato dall'Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IIT-CNR), sulla base di idonea delega rilasciatagli nel 1987 da IANA/ICANN. Per conoscere gli organismi titolari dell'assegnazione del nome a dominio diversi da .it e .eu, è sufficiente fare una breve ricerca in rete.

[11]  Cfr – Dibattito sull'argomento nel gruppo facebook del portale giustiziaitaliana.it, 24 marzo 2014

[12]  Innanzi tutto non ogni “bene” può essere considerato “cosa” (di cui all'art. 543 c.p.c.), ad esempio, l'avviamento è un bene economico che può essere di rilevante interesse, può essere oggetto di contrattazione e può essere addirittura iscritto a bilancio, ma non può essere certo soggetto ad apprensione (unilaterale in quanto forzata), si potrebbe fare lo stesso discorso con il bene azienda inteso come universitas (iuris o facti, ancora si discute), con il bene eredità (anch'esso lecitamente oggetto di cessione, v. artt. 1542 - 1547 cod. civ.) ed i c.d. diritti di sfruttamento dell'immagine (quando non rientrano per altro verso nel diritto d'autore ove vale la specifica disciplina) e del proprio corpo. In tutti questi casi (ma me ne stanno di sicuro sfuggendo altri) in realtà siamo piuttosto davanti ad un fascio di rapporti di cui alcuni consistono in un pati, altri in vere attività che contrattualmente devono positivamente essere poste in essere. Il codice civile infatti distingue la cessione del credito (artt. 1260 - 1267 cod. civ.) dalla cessione di contratto (artt. 1406 - 1410 cod. civ.), nel primo caso non è necessario il consenso del debitore ceduto, nel secondo è invece necessario il consenso del contraente ceduto. Per quel che ho capito, per registrare il sito www.oraziomelita.it devo stipulare con una società ad hoc un contratto di prestazione continuativa di servizi dove tra me e questa società c'è un sinallagma del tipo do ut facias, un mio creditore che ritenesse tale nome di rilevante valore economico, non potrebbe sostituirsi con un pignoramento presso terzi nel rapporto contrattuale tra me e tale società perché sarebbe necessario il preventivo consenso del contraente ceduto (la società che gestisce il dominio). C'è tuttavia un caso in cui anche un contratto può circolare come un qualunque credito, ovvero il caso in cui a mente dell'art. 1407 c.c. una parte abbia consentito preventivamente la sostituzione nel rapporto contrattuale, in questo caso non c'è ragione, credo, per non applicare le regole del pignoramento presso terzi in quanto il contratto di fatto è reso dalla volontà delle parti circolante come un qualsiasi credito. Bisogna quindi vedere se in caso di nome di dominio sia contrattualmente prevista questa circolazione. Orazio Melita – Ufficiale Giudiziario,  Dibattito sull'argomento nel gruppo facebook cit.

[13] Trattasi di competenza inderogabile per accordo tra le parti (art. 28 c.p.c.)

[14] MANDRIOLI, Diritto processuale civile, 16a ed., IV, Torino, 2004, 65

[15] Bisogna, infatti, non confondere il nome a dominio con lo spazio web fisico(cioè il server) dove vengono “immagazzinati” i files del sito web o della posta elettronica

[16]Cfr, Dibattito facebook cit.

[Nota - Gli autori hanno compiuto ogni ragionevole sforzo per assicurare che i materiali ed i contenuti della presente pubblicazione fossero attentamente vagliati ed analizzati. Tuttavia errori, inesattezze ed omissioni sono possibili. Si declina, pertanto, qualsiasi responsabilità per errori, inesattezze ed omissioni eventualmente presenti. Nessuna responsabilità viene assunta in relazione al contenuto di quanto pubblicato ed all’uso che terzi ne potranno fare.

Le sentenze, le note dottrinali e i riferimenti internet sono di proprietà dei giustiziaitaliana.it e sono contenuti nella propria banca dati. Il loro uso è libero se non fatto a scopo commerciale.

La presente pubblicazione è liberamente consultabile e distribuibile. Ne è vietata la vendita. L’inosservanza di tale volontà degli autori sarà perseguita a norma di legge.]

 

Sommario - Premessa - 1 La qualificazione come bene del dominio internet - 2 La pignorabilità - 3 Quale forma di esecuzione - 4 Conclusioni

Premessa  

Lo sviluppo della rete Internet sta facendo sorgere nuove problematiche giuridiche. Una di queste, attualmente molto dibattuta, riguarda la tutela giuridica dei nomi di dominio. La questione, stante l’assenza riferimenti normativi è stata risolta dalla giurisprudenza mediante l’estensione, alla fattispecie, della normativa a tutela dei segni distintivi dell’impresa ed, in particolare, della Legge Marchi del ‘42 (Regio Decreto 21 giugno 1942, n. 929 e successive modifiche). Il domain name svolge nel web una funzione distintiva e questo lo rende idoneo ad essere oggetto di azioni esecutive dato il suo valore, appunto, distintivo e dal quale deriva un valore economico.

Prima di affrontare la questione della qualificazione del nome a dominio e del suo inquadramento fra i possibili beni da staggire, spieghiamo, brevemente, cos’è un nome a dominio.

Il nome di dominio (detto anche domain name o host name) è l’indirizzo di un sito internet in formato alfabetico (ad esempio, www.giustiziaitaliana.it), dunque potenzialmente assai semplice da ricordare, al contrario dell’indirizzo IP (IP Address), che è espresso in forma numerica.

 Si può affermare che anche il nome a dominio rientra nella categoria dei beni pignorabili? 

1 - La questione del pignoramento del nome a domino, ha incontrato, nel passato, rarissime analisi, sia dottrinali sia giurisprudenziali e non trova, nell’ordinamento vigente, una disciplina specifica. Per risolvere la problematica, quindi, bisogna fare riferimento alle procedure esecutive disponibili ed, in particolare, l’espropriazione forzata sui beni immateriali, provando a ricomprendere fra questi il nome a dominio.

La dottrina ha avuto occasione di svolgere una qualche indagine circa la qualificazione del nome a dominio con particolare riferimento alle sue analogie e differenze rispetto al marchio[1]. Tale  analisi suggerisce che per una corretta definizione giuridica del nome a dominio, specie in considerazione del suo valore economico e degli effetti giuridici del suo utilizzo, è opportuno fare riferimento alla teoria delle cose e dei beni.

Questa ha affermato che nella definizione giuridica di bene non rientra solo il quello materiale, ma anche quello immateriale, come risulta dalla distinzione del diritto romano, secondo il quale un bene veniva considerato res corporales o res incorporales[2]  ove si fosse in presenza o meno del requisito della tangibilità[3].

Nella categoria dei beni immateriali rientrano le opere dell’ingegno, le invenzioni e i modelli industriali. Rientra, pertanto, nella nozione di bene immateriale anche il nome a dominio.

La pignorabilità 

2 - Fatte queste premesse, ci poniamo la domanda se il diritto all’uso del nome a dominio possa anche essere oggetto di espropriazione forzata.

Esistono diversi riferimenti normativi alla espropriazione dei diritti immateriali. Ad esempio, il Regio Decreto 1127/39 stabilisce che i diritti patrimoniali in materia di brevetti possono formare oggetto di esecuzione forzata, con specifico rinvio alle disposizioni previste dal codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili anche se norma richiamata non prevede, però, la diretta espropriabilità del bene immateriale ma unicamente quella dei diritti patrimoniali derivanti dall’utilizzo economico di tale invenzione.

Analoga disciplina è prevista dalla Legge 633/41 per le opere dell’ingegno secondo cui i diritti di utilizzazione dell’opera, non possono formare oggetto di pignoramento ed esecuzione forzata, almeno finché spettano personalmente all’autore; al contrario, possono essere liberamente pignorati i proventi derivanti dall’utilizzazione dell’opera.

Si può notare, pertanto, che la mancanza del requisito della corporalità dei beni immateriali non esclude possano essere assoggettabili alla esecuzione forzata.

Per dovere di completezza, occorre rilevare che esistono teorie che rifiutano la possibilità di sottoporre il nome a dominio ad una procedura esecutiva.

Tali teorie - da un lato - configurano il diritto sul nome a dominio come un diritto personalissimo dell’individuo equiparato al diritto al nome, nonché - dall’altro - lo stesso nome a dominio non sarebbe “ceduto in proprietà” al titolare, ma piuttosto “dato in concessione” quasi come l’autorizzazione amministrativa[4] dimodoché non si parla di “vendita di domini”, ma piuttosto di cessione dei diritti sul nome a dominio[5]. Tale ultima obiezione, però, è da ritenersi inconsistente poiché se non fosse possibile ritenere di proprietà del registrante il nome a dominio, risulterebbero nulle tutte le vendite dei nomi a dominio per “impossibilità dell’oggetto”.

Anche la giurisprudenza si è divisa su questo argomento.

Il tribunale di Firenze ha ritenuto “la funzione del domain name system è quella di consentire a chiunque di raggiungere una pagina web e, in quanto mezzo operativo e tecnologico, non può porsi con riguardo a tale sistema un problema di violazione dei segni distintivi aziendali altrui come il marchio, la denominazione sociale o altri segni distintivi”[6]; viceversa, il tribunale di Napoli ha ritenuto il nome a dominio compreso tra i segni distintivi atipici e quindi nella famiglia dei diritti di proprietà intellettuale. In tal modo si consente il superamento di quelle teorie che vedevano nel domain name un mero numero telefonico privo di qualsiasi capacità distintiva e utilità commerciale o promozionale[7].

L’unica vera pronuncia rinvenuta sulla pignorabilità del nome a dominio è quella del tribunale di Bologna del 22 marzo 2000 che, alla fine e con argomentazioni alquanto confuse, ha concluso per la sua impignorabilita[8] sulla base della considerazione che il domain name è “un indirizzo internet con la funzione di individuare un computer allacciato alla rete... Che, d’altro canto lo stesso ha natura giuridica non ben individuata, non essendo un diritto reale, né tantomeno un diritto di credito, ma essendo prevalente il profilo distintivo dell’utilizzatore del sito internet, che presenta maggiori affinità con la figura dell’insegna”.

Senza entrare nello specifico di questa ordinanza, va rilevato che essa, con argomenti un po’ confusi sul tema della natura giuridica dei nomi a dominio, ne esclude la pignorabilità sulla base di un collegamento con il soggetto utilizzatore, da cui deriverebbe l’utilizzabilità esclusiva da parte di tale soggetto.

Tale conclusione, alquanto superficiale, potrebbe essere smentita da tutte le ipotesi in cui determinati soggetti abbiano registrato un nome di dominio per poi cederlo a terzi (domain grabbing) nonché dallo stesso regolamento di registrazione dei nomi di dominio, il quale prevede che il trasferimento e la modifica della registrazione di un nome di dominio assegnato possa essere effettuato nei casi di trasferimento per accordo tra le parti, trasferimento a seguito di procedura di riassegnazione, successione mortis causa a titolo particolare o universale, trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, trasformazione, incorporazione o fusione societaria[9].

2.1 La possibilità di poter sottoporre ad esecuzione forzata il nome a dominio è dettata da evidenti ragioni di equità che inducono a ritenerli pignorabili in virtù del loro rilevante valore economico. Si pensi al valore di mercato di un domain name riconducibile a grandi aziende, di gran lunga superiore rispetto al loro costo di registrazione.

Va evidenziato che i codici non mettono a disposizione validi riferimenti da cui ricavare la possibilità di assoggettare alle procedure esecutive tali beni anche se l’articolo 2910 del codice civile, norma base in tema di espropriazione forzata, dispone: “Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni  debitore...”, il quale, ai sensi dell’articolo 2740 del codice civile, risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i propri “beni” presenti e futuri. Appare possibile, quindi, una procedura espropriativa su ogni bene del debitore e ciò prescindendo dal requisito della materialità o immaterialità degli stessi.

Ma se l’articolo 2910 del codice civile parla di beni, viceversa l’articolo 492 del codice di procedura civile, in materia di pignoramento, dopo aver disposto che “il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi”, nel descrivere la procedura, parla di  “cose”. Un bel problema per l’interprete!

Proviamo, per quanto possibile, a dare una lettura sistematica. Da tale lettura possiamo rilevare che non è il requisito dell’immaterialità ad ostare all’esecuzione, avendo previsto, il legislatore, alcune ipotesi in tal senso. I richiamati  Regio Decreto 29 giugno 1939, n. 1127 e Regio Decreto 25 agosto 1940, n. 1411, sono confluiti nel codice della proprietà industriale il quale, all’articolo 137, prevede: “I diritti patrimoniali di proprietà industriale possono formare oggetto di esecuzione forzata. All’esecuzione si applicano le norme stabilite dal codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili”.

Quale esecuzione?                     

3 - È indubbio, quindi, che trattasi di esecuzione mobiliare e a tale forma bisogna fare riferimento.

Bisogna porsi, a questo punto,  il problema di quale tipo di esecuzione mobiliare porre in essere: se quella presso il debitore o quella presso terzi.

La registrazione del nome a dominio avviene, a seconda dell’estensione (es. xxxx.it o xxxx.com ecc.) presso organismi terzi rispetto a colui che ne chiede la registrazione[10].

Sostiene il collega Francesco Laquidara[11]: “Nel caso in esame non c’è né la cosa né il credito. C’è un bene immateriale contenente un certo valore economico. Ergo! È questo che va pignorato. Il pignoramento, dice l’articolo 492 del codice di procedura civile, “..... consiste in un’ingiunzione che l’u.g. fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione ....”. I beni, ripeto i beni materiali o immateriali che abbiano valore economico. Ecco la questione sta proprio qui! L’impostazione del discorso di Orazio Melita[12], molto puntuale, mi pare tocchi alcuni punti i quali, in definitiva, possono riassumersi nella conclusione che nel caso di specie può procedersi con pignoramento “cosiddetto diretto” cioè pignoramento mobiliare mediante notifica dell’atto al debitore sulla falsariga - sia chiaro con i dovuti distinguo - del riformato “pignoramento equa riparazione”, “della testata giornalistica”, “del cartellino del calciatore”, “del brevetto”, “della licenza commerciale” e di quant’altro, in definitiva, possa farsi rientrare nella fattispecie di bene immateriale avente valore commerciale o comunque economico. Le forme di pignoramento appena citate e, credo, anche il pignoramento del dominio in esame, sono tutte da collocare fra i pignoramenti mobiliari e si eseguono mediante notifica di un atto in cui sostanzialmente si indica il bene che si intende pignorare e successiva iscrizione o trascrizione dell’eseguito pignoramento presso l’ente depositario del relativo registro”.

3.1 La competenza territoriale. Si è concluso che, nel caso di pignoramento del nome a dominio, si rientra nell’ipotesi del pignoramento del bene mobile. Orbene il libro I titolo I capo I sezione II del codice di procedura civile reca della competenza per materia e per valore. All’articolo 26 del codice di procedura civile, troviamo la disciplina sul foro dell’esecuzione forzata, definito dalla dottrina, “foro esclusivo”[13]. E qui si legge “ per l’esecuzione forzata su cose mobili......è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano”.

3.1.1 Tecnicamente, l’individuazione del tribunale competente per l’esecuzione grava sull’ufficiale giudiziario incaricato del pignoramento, il quale deve depositare il processo verbale, il titolo esecutivo e l’atto di precetto presso la cancelleria del tribunale al fine di permettere al cancelliere di formare il fascicolo dell’esecuzione (articolo 519 del codice di procedura civile.)[14]

La qualificazione del nome a domino quale bene immateriale, circostanzia il fatto che, per questo in particolare, si possa arrivare alla [assurda] conclusione che esso si trovi in una sorta di “non luogo” quale è la rete internet[15].

A specifico quesito posto allo IIT abbiamo ricevuta la seguente risposta: “Il nome a dominio peraltro non é “localizzato” nel senso convenzionale del termine, come invece potrebbe essere un sito web; difatti esso costituisce una risorsa a disposizione dell’utente affinché questi possa essere raggiunto in qualsiasi parte del globo purché vi sia un collegamento ad Internet. A tale scopo il nome a dominio viene utilizzato dal sistema di database distribuito DNS, che trova la localizzazione della sua funzione apicale (“authoritative dns”) negli USA, e viene utilizzato a cascata da ogni computer collegato ad Internet nella gestione della ricerca della correlazione tra dominio ed indirizzo ip della risorsa alla quale si vuole accedere. Lo IIT fa parte della gestione del DNS per i domini .it sulla base della delega ricevuta da IANA/ICANN, l’organismo non governativo incaricato della gestione del DNS dal governo degli USA.

Quindi le regole generali sulla competenza territoriale, al fine dell’individuazione del giudice abilitato a decidere del caso di specie, non possono venire soddisfatte con riferimento al quesito della localizzazione del nome a dominio, ossia del bene eventualmente in contestazione, bensì avranno riguardo al domicilio del convenuto o agli altri criteri stabiliti dal codice di procedura civile, ove il domicilio del convenuto fosse sconosciuto.

3.2 La custodia. Come per ogni bene mobile pignorato, anche per il dominio internet deve essere disposta la custodia.

Non appare, prima facie, semplice risolvere tale problematica poiché, come detto in precedenza, la legge non si occupa in maniera specifica di tale fattispecie. Proviamo, dunque, a ragionare per analogie.

Sostiene sempre il collega Francesco Laquidara[16]: Custode viene nominato ex lege lo stesso debitore. Si tratta di custodia c.d. “implicita”, come quella di cui all’articolo 559 del codice di procedura civile, anche se virtuale sebbene garantita dalla intrasferibilità del bene pignorato in virtù della trascrizione o iscrizione del pignoramento presso l’ente depositario del registro”.

Conclusioni

4 - Non abbiamo la pretesa di aver esaurito l’argomento. Questioni pregnanti e di non semplice risoluzione riguardano la successiva vendita del bene staggito o, in alternativa, la sua assegnazione al creditore procedente.

Non possiamo trascurare, infine, che si possono registrare diversi nomi a dominio e con diverse estensioni (es. .it o . com o . biz ecc.) tutti facilmente riconducibili al debitore, rendendo, di fatto, inutile l’azione svilendone il valore commerciale.

Va considerato, però, che potremmo trovarci difronte ad una simile eventualità e  non è poi tanto remota la possibilità che qualcuno ci chieda di pignorare un dominio internet.

Non possiamo neppure  trascurare che il legislatore dovrebbe preoccuparsi di emanare una disciplina esecutiva unitaria che riguardi tutti i beni immateriali agendo, in tal senso, sulle norme previste dal libro III del codice di procedura civile.

 

[1]Per una panoramica generale delle problematiche che i domain names hanno sottoposto all'inerprete si rinvia a Aa.Vv., Nomi di dominio, marchi e copyright: proprietà intellettuale e industriale su internet, a cura di C. Vaccà, Milano, 2005; R. Ferorelli, Le reti dei beni nel sistema dei servizi. Teoria e prassi delle nuove risorse immateriali, Bari, 2006, spec. 238-310; P. Sammarco, Il regime giuridico dei "nomi a dominio", Milano, 2002; C. Galli, I domain names nella giurisprudenza, Milano, 2001; P. Varì, La natura giuridica dei nomi di dominio, Padova, 2001; G. Cassano, Diritto dell'internet. Il sistema di tutele della persona, Milano, 2005, spec. 223-283; C.E. Mayr, I domain names e i diritti sui segni distintivi: una coesistenza problematica, in AIDA, 1996, 223-250.

[2] Anche se, secondo Giovanni Pugliese, le categorie “res incorporales” e “beni immateriali” non sono congruenti. Dalle «res incorporales» del diritto romano ai beni immateriali di alcuni sistemi giuridici odierni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1982, 1137-1198.

[3] La distinzione tra “cose corporali” e “cose senza corpo” è nitidamente posta da Gaio nelle Institutiones

[4] Ogni dominio è soggetto a rinnovo e, in caso di mancata riconferma prima della scadenza, lo stesso può liberamente essere registrato da altri soggetti sulla base del principio “first come, first served” (chi arriva prima è servito prima), senza fare prima una verifica dell'esistenza di diritti di terzi sul nome richiesto come dicitura per il dominio

[5] A conforto di tale tesi basti notare che la registrazione di un nome a dominio ha una scadenza e non può essere perpetua(cioè fatta sine die).Infatti è possibile che alla scadenza non rinnovata chiunque può ri-registrare il nome senza dover chiedere autorizzazioni al registrante precedente.

[6] Tribunale di Firenze, 29 luglio 2000

7 Tribunale di Napoli, 26 febbraio 2002

[8]  Sul punto cfr. C. Fimiani, Esecuzione forzata sul marchio e sul nome a dominio, secondo cui "l'ordinanza in epigrafe, nell'affrontare il tema della pignorabilità del nome a dominio, riflette l'incertezza della giurisprudenza italiana in materia: da un lato, infatti, lo definisce "indirizzo telematico", avente la funzione di individuare un computer allacciato alla rete, dall'altro, escludendo che si tratti di un diritto reale o di credito per la prevalenza del profilo distintivo del soggetto utente di internet, aderisce alla tesi di coloro che lo assimilano alla figura dell'insegna, quale luogo virtuale di reperibilità dell'imprenditore".

[9] A. Palazzolo, Alcuni spunti in tema di regolamentazione di nomi a dominio: la pignorabilità, il potere di disposizione del titolare registrante ela disciplina pubblicistica.

[10] Le attività di assegnazione e del mantenimento dei nomi a dominio nel country code Top Level Domain "it" e “eu” sono svolte dal Registro del ccTLD.it che è amministrato dall'Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IIT-CNR), sulla base di idonea delega rilasciatagli nel 1987 da IANA/ICANN. Per conoscere gli organismi titolari dell'assegnazione del nome a dominio diversi da .it e .eu, è sufficiente fare una breve ricerca in rete.

[11]  Cfr – Dibattito sull'argomento nel gruppo facebook del portale giustiziaitaliana.it, 24 marzo 2014

[12]  Innanzi tutto non ogni “bene” può essere considerato “cosa” (di cui all'art. 543 c.p.c.), ad esempio, l'avviamento è un bene economico che può essere di rilevante interesse, può essere oggetto di contrattazione e può essere addirittura iscritto a bilancio, ma non può essere certo soggetto ad apprensione (unilaterale in quanto forzata), si potrebbe fare lo stesso discorso con il bene azienda inteso come universitas (iuris o facti, ancora si discute), con il bene eredità (anch'esso lecitamente oggetto di cessione, v. artt. 1542 - 1547 cod. civ.) ed i c.d. diritti di sfruttamento dell'immagine (quando non rientrano per altro verso nel diritto d'autore ove vale la specifica disciplina) e del proprio corpo. In tutti questi casi (ma me ne stanno di sicuro sfuggendo altri) in realtà siamo piuttosto davanti ad un fascio di rapporti di cui alcuni consistono in un pati, altri in vere attività che contrattualmente devono positivamente essere poste in essere. Il codice civile infatti distingue la cessione del credito (artt. 1260 - 1267 cod. civ.) dalla cessione di contratto (artt. 1406 - 1410 cod. civ.), nel primo caso non è necessario il consenso del debitore ceduto, nel secondo è invece necessario il consenso del contraente ceduto. Per quel che ho capito, per registrare il sito www.oraziomelita.it devo stipulare con una società ad hoc un contratto di prestazione continuativa di servizi dove tra me e questa società c'è un sinallagma del tipo do ut facias, un mio creditore che ritenesse tale nome di rilevante valore economico, non potrebbe sostituirsi con un pignoramento presso terzi nel rapporto contrattuale tra me e tale società perché sarebbe necessario il preventivo consenso del contraente ceduto (la società che gestisce il dominio). C'è tuttavia un caso in cui anche un contratto può circolare come un qualunque credito, ovvero il caso in cui a mente dell'art. 1407 c.c. una parte abbia consentito preventivamente la sostituzione nel rapporto contrattuale, in questo caso non c'è ragione, credo, per non applicare le regole del pignoramento presso terzi in quanto il contratto di fatto è reso dalla volontà delle parti circolante come un qualsiasi credito. Bisogna quindi vedere se in caso di nome di dominio sia contrattualmente prevista questa circolazione. Orazio Melita – Ufficiale Giudiziario,  Dibattito sull'argomento nel gruppo facebook cit.

[13] Trattasi di competenza inderogabile per accordo tra le parti (art. 28 c.p.c.)

[14] MANDRIOLI, Diritto processuale civile, 16a ed., IV, Torino, 2004, 65

[15] Bisogna, infatti, non confondere il nome a dominio con lo spazio web fisico(cioè il server) dove vengono “immagazzinati” i files del sito web o della posta elettronica

[16]Cfr, Dibattito facebook cit.