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I rapporti tra la valutazione di impatto ambientale e le procedure valutative di impatti ambientali

Sommario: 1. I rapporti tra la VIA e l’AIA: il provvedimento unitario; 2. I rapporti tra la VIA e la VAS: strumenti di pianificazione; 3. La VIA e le procedure ambientali minori

 

1. I rapporti tra la VIA e l’AIA: il provvedimento unitario

L’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 introduce “norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti”. La norma ha l’obiettivo di prevenire e risolvere le eventuali sovrapposizioni, e dunque aggravi del procedimento, che potrebbero scaturire dalla sottoposizione di una stessa opera non solo a VIA, ma anche ad altre procedure di compatibilità ambientale, a livello di pianificazione territoriale (VAS) o di ingerenza su aree protette (Valutazione d’incidenza), evidenziando che, con il Decreto Legislativo n. 59 del 2005, alcune attività di tipo industriale necessitano dell’autorizzazione integrata ambientale[1] (AIA), che ne permette l’esercizio in una situazione verificabile di prevenzione e riduzione dell’inquinamento (IPPC, acronimo per “Integrated Pollution Prevention and Control”).

L’AIA costituisce il provvedimento che autorizza l’esercizio di un’attività o di parte di essa sotto specifiche condizioni, così come codificato dapprima dal Decreto Legislativo n. 59 del 2005 (di recepimento della direttiva 96/61/CE) e successivamente dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, grazie all’introduzione, da parte del correttivo del 2010, del nuovo Titolo III bis, interamente dedicato all’autorizzazione ambientale integrata. VIA e AIA presentano numerosi punti di contatto: entrambe costituiscono mezzi di tutela preventiva dell’ambiente (globalmente inteso); l’ambito oggettivo di applicazione delle procedure in esame spesso coincide, in quando gli insediamenti industriali, la cui localizzazione è sottoposta a valutazione di impatto ambientale, sono automaticamente soggetti anche ad AIA, per la messa in esercizio; l’iter procedurale, per entrambe, prevede le medesime fasi; la documentazione istruttoria, a cura del proponente, in molti casi è coincidente[2].

L’esigenza di integrazione dei due procedimenti, onde prevenire inutili duplicazioni procedurali (che sarebbero in palese contrasto con i principi di efficienza, economicità e semplificazione amministrativa ex articolo 97 della Costiruzione), ha spinto il legislatore nazionale ad operare scelte normative mirate alla definitiva sintesi dei suddetti processi di valutazione ambientale: del resto anche la disciplina comunitaria si è avveduta circa la possibilità di una fusione procedimentale di VIA e AIA, prevedendo, nella Direttiva 97/11/CE, che “gli Stati membri possono prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della presente direttiva e quelli della Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e il controllo integrati dell’inquinamento”.

Inizialmente, i rapporti tra VIA e AIA sono stati disciplinati dall’articolo 34 del Codice dell’ambiente, nel quale si stabiliva che, per le opere e i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale e rientranti nell’elenco delle attività soggette ad autorizzazione ambientale integrata, “è facoltà del proponente ottenere che la procedura di valutazione dell’impatto ambientale sia integrata nel procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale”. Integrazione, dunque, facoltativa e applicabile a discrezione dei soggetti interessati. Quanto all’iter processuale, il legislatore aveva preferito, all’accorpamento in un unico procedimento, la strada dell’unificazione delle fasi procedurali maggiori: la fase pubblicitaria, di partecipazione del pubblico e istruttoria.

In seguito all’istruttoria comune, VIA e AIA avrebbero dovuto riprendere il loro iter ordinario, concludendosi con due provvedimenti autonomi, emanati dalle rispettive Autorità competenti[3]. Dunque, nell’originaria formulazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, si riscontrava una relativa degradazione della procedura di valutazione di impatto ambientale a fase endoprocedimentale dell’AIA, senza costituire però un vero e proprio assorbimento tra le due autorizzazioni. Con il Decreto Legislativo n. 4 del 2008, il legislatore riscrive la Parte II al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, dedicando una più specifica disposizione normativa al fine dell’integrazione tra le due procedure[4]: il neo articolo 10, infatti, prevede che, in caso di opere sottoposte sia a valutazione di impatto ambientale che ad autorizzazione ambientale integrata, il provvedimento di VIA “fa luogo dell’autorizzazione unica ambientale”, e, a tal fine, sia lo studio di impatto ambientale che gli elaborati progettuali dovranno contenere, oltre alle informazioni relative al rilascio della VIA, anche quelle prescritte per l’AIA.

In questo modo l’autorizzazione ambientale si fonde completamente con l’iter procedurale della VIA, perdendo la sua autonomia[5]: si ottiene in tal modo un unico iter procedimentale che terminerà, per i progetti di competenza statale, con un solo provvedimento, di VIA, emanato dall’Autorità competente (il Ministero dell’ambiente), il quale definirà la compatibilità ambientale dell’opera e le condizioni ambientali alle quali è autorizzata la gestione della stessa[6]. Diversamente, viene affidato alle Regioni, per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale regionale, il compito di garantire il coordinamento tra i due procedimenti ambientali: l’articolo 10, comma 2, dispone infatti che, in tale ipotesi, Regioni e Province autonome assicurino che “la procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell’ambito del procedimento di VIA”.

Sempre con riferimento alla VIA regionale, il suddetto comma prevede anche che le Regioni “possono prevedere che il provvedimento di valutazione di impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione”, qualora l’amministrazione competente in materia di VIA corrisponda a quella per l’autorizzazione integrata ambientale. Quanto alle modalità con le quali effettuare l’integrazione da parte delle Regioni, non viene specificata nessuna soluzione vincolante, limitandosi il Codice ad affermare che “è in ogni caso assicurata l’unicità della consultazione del pubblico per le due procedure”[7]. In pendenza della procedura di valutazione di impatto ambientale, il procedimento di AIA, eventualmente avviato, viene sospeso fino al raggiungimento del giudizio di compatibilità ambientale (l’iter valutativo di AIA dovrà comunque tenere in considerazione delle prescrizioni e condizioni imposte all’opera in sede di VIA).

Per l’esercizio dell’attività, il soggetto proponente dovrà comunque attendere la conclusione del procedimento di autorizzazione integrata ambientale: è facoltà del medesimo, comunque, anticipare la costruzione delle opere civili (es. la struttura di un capannone), ottenuto l’esito positivo della procedura di VIA. A tal proposito, si evidenzia il parere n. 1001 del 2009 del Consiglio di Stato (Sezione II) che ha ulteriormente specificato i rapporti tra VIA ed AIA: la riflessione nasce da una precedente pronuncia del Consiglio (Sentenza n. 5715 del 2004) che, in relazione al caso in cui un’opera soggetta sia a VIA che AIA statali, realizzata e messa in esercizio da autorizzazioni rilasciate in mancanza, giustificata, di VIA, sanciva l’obbligo di valutazione di impatto ambientale in occasione del rinnovo dell’autorizzazione.

La sentenza ha specificato che la VIA è inerente alla tutela dell’ambiente, mentre l’AIA si occupa della prevenzione dall’inquinamento: l’autorizzazione integrata ambientale va richiesta solo per attività nuove o per modifiche sostanziali a opere esistenti; se in questa occasione è richiesta anche la VIA, le informazioni e le conclusioni pertinenti, risultanti dal procedimento di valutazione di impatto ambientale, devono obbligatoriamente essere prese in considerazione per il rilascio dell’autorizzazione. Diversamente, qualora gli impianti per cui è obbligatoria l’AIA sono già esistenti e realizzati quando la VIA non era necessaria, la procedura di valutazione di impatto ambientale non deve essere promossa in occasione del rilascio dell’AIA, fino a quando la precedente autorizzazione non sia arrivata a naturale scadenza. In conclusione, la disciplina sul tema stabilisce un’integrazione interprocedimentale tra AIA e VIA obbligatoria per le opere sottoposte a valutazione di impatto ambientale statale (ciò comportando un’unica fase pubblicitaria, unica fase di consultazione ed unico provvedimento finale, con un notevole snellimento degli adempimenti procedurali); facoltativa nel caso di procedure regionali.

2. I rapporti tra la VIA e la VAS: strumenti di pianificazione

Prima di procedere all’analisi dei rapporti intercorrenti la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica, è opportuno evidenziare come la VAS, introdotta dalla direttiva 42/2001/CE, sia un processo giuridico-amministrativo attraverso cui vengono analizzati gli impatti significativi sull’ambiente globalmente inteso, che possono scaturire dall’attuazione di determinati piani e programmi. Nonostante presenti numerosi punti di contatto con la VIA, in merito a finalità, natura giuridica e specifici profili procedurali (come la partecipazione del pubblico e il regime di pubblicità), la VAS se ne discosta quanto ad ambito applicativo[8]: quest’ultima, infatti, mira alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche[9], anticipando lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare[10].

Nel Codice dell’ambiente, così come modificato dai correttivi del 2008 e del 2010, si fa riferimento ai rapporti VIA-VAS nell’articolo 10, comma 4, che recita: “la verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale”. Disposizione che prevede la possibilità di integrazione della procedura preliminare alla valutazione di impatto ambientale (lo screening) nell’ambito del macro procedimento di valutazione ambientale strategica[11]. Va precisato che, poiché i due procedimenti si svolgono in relazione ad oggetti diversi (nello specifico la VAS tratta di piani e programmi, mentre lo screening di progetti preliminari), è ipotizzabile che l’integrazione si sostanzi nell’avvio contestuale dei due iter procedurali (che rimarrebbero comunque autonomi) e nello svolgimento di una comune, e dunque unica, fase pubblicitaria: integrazione che, sulla base del medesimo articolo 10 del Codice, si risolverebbe, dunque, nella pubblicazione di un unico avviso a mezzo stampa e sul web dell’avvio congiunto di VAS e verifica di assoggettabilità.

Sempre l’articolo 10, al comma 5, afferma che “nella redazione dello studio di impatto ambientale […] relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzati le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale[12]”; e ancora il comma 5 prevede che “nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS”[13]. Rispetto all’abrogato articolo 33 del Codice, che stabiliva che tutti gli elementi positivamente valutati in sede VAS costituiscono dati acquisiti ai fini della valutazione di impatto ambientale, la nuova norma prevede invece che tutte le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale possono, eventualmente, essere adoperate nel procedimento di VIA e per la redazione del SIA.

Viene eliminata, in questo modo, l’automatica trasposizione di dati dalla VAS alla VIA, poiché se è pur vero che i documenti e le conclusioni prodotte in sede di valutazione ambientale strategica sono tenute in considerazione nell’istruttoria di VIA, sarà comunque compito dell’Autorità competente vagliarne l’esattezza (con la possibilità di dissentire da quanto recepito dalla precedente procedura di VAS)[14]. Diversamente da questa impostazione, il correttivo del 2010 ha ipotizzato una specifica e curiosa disapplicazione della norma, nel dettato del nuovo comma 3 ter dell’articolo 6, dedicato alle aree portuali. Nel dettaglio, la disposizione prevede chiaramente che per i progetti di opere da sottoporre a VIA, nell’ambito di Piani Regolatori Portuali (PRP) già valutati in sede di valutazione ambientale strategica, “costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano Regolatore Portuale”.

In questo caso particolare, la discrezionalità lasciata (e prevista) all’Autorità competente, nella valutazione dei dati della precedente valutazione ambientale strategica, non è presente ed è sostituita, al contrario, dalla trasposizione automatica dei dati VAS nella procedura di valutazione di impatto ambientale. Non deve, tuttavia, trarre in inganno un’ulteriore previsione del suddetto comma 3 ter, in cui si afferma che “qualora il PRP ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste alla Parte II del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento”.

Non si sostiene una sostituzione della VIA alla VAS: il Piano Regolatore Portuale è uno strumento di pianificazione molto complesso (dal contenuto ampio e variegato, come del resto i Piani Aeroportuali), che si completa anche con previsioni di interventi molto specifici, come infrastrutture stradali e ferrovie, indispensabili per il funzionamento e l’assetto del porto[15]. La disposizione del comma 3 ter si riferisce, pertanto, a questi particolari aspetti, e non a quelli generali pianificatori, legati alla “destinazione funzionale delle aree interessate” (ex articolo 5 della Legge 84 del 1994). E in questa direzione sembra portare la previsione finale del suddetto comma, in cui si stabilisce l’integrazione in sede VAS (e non di VIA) degli “eventuali contenuti di pianificazione del Piano Regolatore Portuale”. Sulla base delle norme in materia, si può sicuramente sostenere che la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica restano procedimenti distinti e non sovrapponibili: non possono essere considerate l’una prosecuzione dell’altra.

3. La VIA e le procedure ambientali minori 

L’articolo 10, comma 3, del Codice dell’ambiente, si occupa, inoltre, del rapporto tra valutazione di impatto ambientale con la valutazione d’incidenza, precisando che “le procedure di valutazione d’incidenza di cui all’articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997” sono comprese nel procedimento di VIA (e di VAS)[16]: a tal proposito “lo studio preliminare ambientale o lo studio d’impatto ambientale contengono gli elementi di cui all’Allegato G dello stesso Decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell’Autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d’incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione d’incidenza”. Va sottolineato che la VI è il procedimento, preventivo, al quale è obbligatorio sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa presentare incidenze significative su un sito già definito o soltanto proposto come parte della rete “Natura 2000”[17], singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e considerando gli obiettivi di conservazione del sito medesimo.

Gli Stati dell’Unione Europea sono tenuti all’individuazione di alcune zone, dette Siti di Importanza Comunitaria (SIC, i quali già possono usufruire di alcune forme preliminari di tutela nel momento in cui vengono proposti come tali alla Commissione, denominati, in questo caso, pSIC): le aree SIC verranno poi trasformate in ZSC (Zone Speciali di Conservazione), non appena saranno concretizzate tutte le misure di conservazione e protezione e formulati i piani di gestione in un’ottica di sviluppo sostenibile ed integrazione tra attività umane ed esigenze ambientali[18]. La norma suddetta, dunque, oltre ad occuparsi del momento procedurale, la redazione del SIA, in cui analizzare eventuali impatti significativi su pSIC, SIC, ZSC e ZPS dell’opera da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ha il merito di aver provveduto ad una corretta integrazione tra i due procedimenti di VIA e VI.

Integrazione già prevista, del resto, dal citato articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, il quale, nell’ipotesi di sovrapposizioni tra le procedure in esame, per il caso di “progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale […] che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione”, disponeva (dispone, dato che la norma non è stata abrogata) che “la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera ance gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tal fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’Allegato G”.

Le disposizioni in materia di valutazione d’incidenza possono ritrovarsi anche, indirettamente, nell’articolo 20 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, laddove si consente all’Autorità competente in materia di VIA di verificare l’assoggettabilità di alcuni progetti (ex Allegato V alla Parte II del Codice) in base anche alla localizzazione delle opere, considerando, in particolare, le zone eventualmente classificate o tutelate dalla legislazione degli Stati membri e le “zone protette speciali designate dagli Stati in base alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CE[19]”. Si può sostenere, dunque, che, come avviene nei casi di sottoposizione della medesima attività sia a VIA che ad AIA, anche in questa ipotesi vi sarà un unico provvedimento di valutazione di impatto ambientale[20], il quale terrà in considerazione l’incidenza del progetto sulle zone oggetto di tutela speciale. Ulteriore intreccio procedimentale con la VIA può aversi con l’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili (detta “autorizzazione unica”), ex articolo 12 del Decreto Legislativo n. 387 del 2003[21].

Il rapporto tra le due procedure non è previsto né specificato dal Codice dell’ambiente: si tratta, comunque, dell’interazione tra due provvedimenti amministrativi (di VIA e di autorizzazione unica) caratterizzati da una comune matrice di tipo ambientale. Il citato articolo 12, al comma 4, disciplina il rilascio dell’autorizzazione, figurando un procedimento al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, che “costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto […]. Il termine massimo per la conclusione della procedura non può comunque essere superiore a 180 giorni”. L’autorizzazione unica si caratterizza, quindi, per valutazioni molto affini, se non uguali, a quelle svolte in sede di VIA: tuttavia, a tale coincidenza procedurale non corrisponde un’altrettanta integrazione di iter e provvedimenti tra i due procedimenti ambientali[22].

La giurisprudenza amministrativa ha provveduto, in qualche modo, a definirne meglio i punti di contatto: in particolare il Consiglio di Stato (Sezione VI), con Sentenza n. 6656 del 2007, ha dichiarato che “il decorso del termine di 180 giorni per l’ottenimento dell’autorizzazione unica configura una fattispecie di silenzio assenso”; affermando questo, il Giudice amministrativo ha però precisato che “qualora nel termine di durata della procedura di autorizzazione unica non sia intervenuto il provvedimento di VIA relativo all’impianto, non potrà validamente formarsi il suddetto silenzio assenso”, stabilendo, in via indiretta, che l’autorizzazione unica non può sostituire in nessun modo la valutazione di impatto ambientale, restando le due procedure indipendenti ed autonome tra loro[23].

Inoltre il procedimento di VIA deve concludersi sempre con un provvedimento espresso e motivato[24]: dunque, nel caso di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sottoposti a VIA e ad autorizzazione unica, quest’ultima potrà essere rilasciata solo successivamente all’acquisizione di un provvedimento espresso e motivato di compatibilità ambientale del progetto. Infine, si citano gli strumenti di gestione ambientale volontaria, come EMAS (sistema comunitario di ecogestione e audit) e ECOLABEL (marchio di qualità ecologica di prodotto/servizio), certificazioni ambientali che rispondono a specifici criteri tecnici ambientali per il loro rilascio. A differenza di VIA e VAS, procedure ex ante obbligatorie, questi strumenti rappresentano processi ex post e di carattere volontario (generati dalla Comunità Europea, che ne disciplina i principi con appositi regolamenti[25]). La valutazione di impatto ambientale, in relazione alle successive fasi di controllo e monitoraggio, ben si sposa con questo tipo di riconoscimenti previsti per garantire l’eccellenza ecologica.

Il marchio ECOLABEL contraddistingue prodotti e servizi che abbiano un ridotto impatto ambientale nel loro intero ciclo di vita, garantendo nonostante tutto prestazioni ottimali ed equivalenti a quelle del mercato; gli impatti ambientali sono valutati sulla base delle interazioni tra prodotto e ambiente, con un approccio definito “from cradle to grave” (dalla culla alla tomba), considerando anche l’uso di energia e delle risorse naturali per la fabbricazione del prodotto o l’utilizzo del servizio: le metodologie e le tecniche utilizzate fanno dell’ECOLABEL una sorta di VIA di prodotto. Notevoli analogie con la valutazione di impatto ambientale si possono riscontrare anche con il Regolamento EMAS (che evidenzia il ruolo e le responsabilità ambientali delle imprese, nonché guida pratica per le organizzazioni alla realizzazione del principio dello sviluppo sostenibile) e con ISO 14000[26] (applicabile ad ogni organizzazione desiderosa di attuare e migliorare un dato sistema di gestione ambientale, SGA, creando una “mission” ambientale aziendale basata su un’analisi ambientale iniziale, AAI, che valuta la posizione corrente dell’organizzazione rispetto all’ambiente) con riguardo, nello specifico, alla logica della prevenzione e del miglioramento continuo, allo stimolo alle innovazioni tecnologiche, di processo e organizzative, e allo sviluppo sostenibile.

 

[1] L’autorizzazione ambientale integrata, si sottolinea, incide in modo specifico sugli aspetti gestionali dell’attività, mentre il procedimento di valutazione di impatto ambientale investe principalmente gli aspetti localizzativi e strutturali. A tal proposito, TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, sentenza n. 3365 del 2007: “L’AIA è il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto o di una parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti del d.lgs. n. 59 del 2005 […]. Si tratta dunque di un provvedimento che incide specificamente sugli aspetti gestionali dell’impianto, a differenza della valutazione di impatto ambientale. Perciò, se anche nel caso di specie l’esito positivo della VIA costituisce il presupposto dell’AIA impugnata, quest’ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata, a prescindere dall’impugnazione della VIA, da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione”

[2] La localizzazione, l’impatto ambientale: VIA e VAS, P. Dell’Anno, pag. 285, in A. Crosetti, a cura di, La disciplina delle opere pubbliche, Maggioli, Rimini, 2007

[3] Ex art. 34 del Codice, onde evitare discordanze tra i due provvedimenti, si disponeva che il parere di valutazione di impatto ambientale fosse integrato “da quanto riguarda gli aspetti connessi alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento” e che gli esiti dell’istruttoria rilevabili nel provvedimento di VIA fossero considerati in maniera quasi vincolante dall’Autorità competente in materia di AIA, in sede di rilascio della relativa autorizzazione

[4] TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sentenza n. 211 del 2010: “Nell’impostazione originaria del d.p.r. 12 aprile 1996, l’impatto ambientale di un’opera era misurato esclusivamente attraverso la procedura di VIA. Alla decisione sulla VIA si collegavano poi le singole autorizzazioni necessarie per la realizzazione o il funzionamento dell’impianto. Con l’introduzione dell’AIA, tutte queste autorizzazioni sono state raggruppate in un giudizio complessivo […]. Formalmente è rimasta autonoma la procedura di VIA, che deve precedere il rilascio dell’AIA e ne condiziona il contenuto. E’ però evidente che l’ampiezza delle valutazioni svolte in relazione all’AIA si riflette sulla procedura di VIA, nella quale assumono rilievo necessariamente anche gli studi effettuati in vista del rilascio dell’AIA. L’impatto ambientale di un’opera o di un impianto non potrebbe infatti essere compiutamente inquadrato senza prendere in considerazione gli approfondimenti tecnici che conducono al rilascio dell’AIA e alla contestuale formulazione dei limiti relativi alla produzione di inquinanti”

[5] Autonomia che l’AIA riacquista se la valutazione di impatto ambientale non è necessaria, come nel caso di screening negativo. Diversamente, l’unione tra le due procedure, di VIA e AIA, si riscontra ancora in un altro elemento introdotto dal correttivo del 2010: e cioè l’integrazione del SIA con elementi caratteristici dell’AIA (comma 1 bis, art. 10 del Codice dell’ambiente) o anche il monitoraggio e i controlli (Nuovo manuale di diritto e gestione dell’ambiente, A. Pierobon, pag. 1234, Maggioli, Rimini, 2012)

[6] Ai sensi dell’art. 26, comma 4, del d.lgs. n. 4 del 2008, il provvedimento di VIA sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera e interventi ad essa inclusi. Questo aspetto pone un problema operativo per quanto riguarda il rinnovo autorizzativo quinquennale nell’ipotesi che la VIA assorba l’AIA, e per quel che concerne l’applicazione delle sanzioni evidentemente difformi nelle due procedure (Studi e procedure di valutazione di impatto ambientale, V. Torretta, pag. 36, Flaccovio Editore, Palermo, 2010)

[7] Il legislatore, al fine di semplificare l’iter procedimentale e diminuire la tempistica dell’istruttoria, ha inteso affermare e sottolineare l’imprescindibile necessità di una consultazione unitaria, anche qualora i due processi ambientali non si concludano con un provvedimento unico

[8] In effetti è lo stesso approccio metodologico di base ad essere molto differente: nello specifico, la VAS presenta un approccio per aree; è integrata nella pianificazione; è una procedura interna all’ente responsabile del piano; prevede una consultazione ed una partecipazione attiva; descrive dettagliatamente le alternative più ragionevoli. La VIA, al contrario, prevede un approccio per aree singole; è separata dalla progettazione; l’autorizzazione formale è ad opera di un ente comunque esterno al progetto; la consultazione e la partecipazione sono generalmente passive; presenta descrizioni solo parziali delle principali alternative all’opera (Diritto dell’ambiente, S. Maglia, pag. 128, Ipsoa, II ed., Milano, 2011)

[9] Distinzione ripresa anche dal TAR Campania, Napoli, Sez. I, nella sentenza n. 2135 del 2008, nella quale si legge che “mentre la VIA si riferisce ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di progetti, la VAS riguarda invece l’attività di pianificazione e programmazione”

[10] Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 133 del 2011: “L’Autorità competente alla VAS non deve necessariamente essere individuata in una P.A. diversa da quella avente qualità di Autorità procedente; se dalle definizioni di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 152 del 2006 risulta infatti chiaro che entrambe le autorità de quibus sono sempre Amministrazioni pubbliche, in nessuna definizione del Testo Unico Ambientale si trova affermato in maniera esplicita che debba necessariamente trattarsi di Amministrazioni diverse o separate. Tale conclusione appare confortata dalle modifiche apportate al d.lgs. n. 152 del 2006 dal recentissimo d.lgs. n. 128 del 2010, laddove già a livello definitorio si distingue tra il parere motivato che conclude la fase di VAS e il provvedimento di VIA: a conferma che solo nel secondo caso, e non nel primo, si è in presenza di una sequenza procedimentale logicamente e ontologicamente autonoma”

[11] La norma, tuttavia, non chiarisce secondo quali modalità deve verificarsi l’integrazione procedurale tra la suddetta verifica di assoggettabilità nel processo di VAS

[12] Il rapporto ambientale costituisce il documento che deve essere redatto, insieme al relativo piano o programma, per la sottoposizione a VAS

[13] Apparentemente, la disposizione è simile a quella contenuta nell’abrogato art. 33 del Codice dell’ambiente, secondo cui “per i progetti di opere ed interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale strategica, e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta la valutazione di impatto ambientale, in sede di esperimento di quest’ultima costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente valutati in sede di valutazione di impatto strategico o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma”

[14] Si sottolinea che, poiché l’organo deputato all’istruttoria tecnica è in entrambi i casi la Commissione VIA-VAS, difficilmente il medesimo istituto si discosterà dalle risultanze dell’istruttoria che esso stesso ha già eseguito in sede di VAS (Valutazione ambientale strategica, A. Cimellaro – A. Scialò, pagg. 56-57, Dei, II ed., Roma, 2010)

[15] Cfr. TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza n. 536 del 2004

[16] La valutazione d’incidenza termina entro 60 giorni dal ricevimento dell’apposita istanza. La suddetta tempistica è sostanzialmente congrua con quella inerente l’espletamento di un procedimento di valutazione di impatto ambientale, mentre complesso appare l’adeguamento della VI alla VAS, anche per la natura stessa della valutazione ambientale strategica. Nello specifico, la relazione per la valutazione d’incidenza rischierebbe di non essere sufficientemente documentata, qualora dovesse coincidere con un rapporto ambientale di VAS troppo preliminare

[17] “Natura 2000” è il nome che il Consiglio UE ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una “rete”) di aree destinate alla conservazione della biodiversità presente nel territorio dell’Unione, in particolare di habitat e di varie specie animali e vegetali (Valutazione ambientale e processi di decisione, A. Zeppetella – M. Bresso – G. Gamba, pag. 74, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 2006)

[18] Lo stesso tipo di tutela si estende a quelle aree di protezione speciale (ZPS), al cui interno sono protette le specie volatili migratorie (Ibidem.)

[19] Le direttive suddette rappresentano gli atti comunitari che hanno istituito le aree protette di cui al d.p.r. n. 357 del 1997

[20] Ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 6831 del 2006 e TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sentenza n. 583 del 2010

[21] L’autorizzazione unica per gli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili (siano esse eoliche, solari, geotermiche, del moto ondoso ecc.) viene rilasciata dalla Regione, secondo la normativa vigente in tema di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico

[22] TAR Toscana, Sez. II, sentenza n. 986 del 2010: “Il procedimento di VIA è per sua natura e per sua configurazione normativa, uno strumento preventivo di tutela dell’ambiente, che si svolge prima dell’approvazione del progetto, il quale dovrà essere modificato secondo le prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l’incidenza negativa per l’ambiente, a condizione che ciò sia possibile e che non si imponga il radicale diniego di approvazione del progetto. L’eventuale illegittimità del procedimento di autorizzazione unica, ex art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, non può dispiegare alcuna illegittimità derivata sulla valutazione negativa di compatibilità ambientale, stante l’autonoma funzione di quest’ultima”. Sul punto si veda anche TAR Liguria, Genova, Sez. I, sentenza n. 563 del 2006

[23] TAR Puglia, Lecce, Sez. I, sentenza n. 59 del 2008: “Nell’ambito delle procedure autorizzatorie per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse, rifiuti non pericolosi e CDR, la procedura di VIA costituisce un procedimento autonomo rispetto a quello finalizzato all’autorizzazione dell’impianto nel suo complesso, se pure le determinazioni adottate all’esito del primo (endo)procedimento risultano necessarie e strumentali ai fini dell’adozione delle determinazioni conclusive del diverso procedimento autorizzativo”

[24] Cfr. TAR Calabria, Sez. I, sentenza n. 548 del 2005 e Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 5169 del 2001

[25] In Italia, l’organismo competente per il rilascio delle certificazioni ECOLABEL e EMAS è il Ministero dell’ambiente, supportato dal Comitato ECOLABEL-ECOAUDIT dell’ISPRA

[26] La fase di monitoraggio presenta molti punti di contatto con la VIA: la verifica individua le eventuali non conformità (NC), in caso di non soddisfacimento di un requisito; le azioni correttive (AC) per eliminare una NC; le azioni preventive (AP) per eliminare la causa di una NC potenziale. Il rilevamento di una NC passerà attraverso l’analisi della causa; l’identificazione e l’attuazione di una AC; la valutazione delle esigenze per prevenire la NC; l’eventuale definizione e attuazione di una AP (VIA, indicatori e scale di qualità, R. Vismara, pagg. 43-44, Pitagora Editore, Bologna, 2005)

Sommario: 1. I rapporti tra la VIA e l’AIA: il provvedimento unitario; 2. I rapporti tra la VIA e la VAS: strumenti di pianificazione; 3. La VIA e le procedure ambientali minori

 

1. I rapporti tra la VIA e l’AIA: il provvedimento unitario

L’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 introduce “norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti”. La norma ha l’obiettivo di prevenire e risolvere le eventuali sovrapposizioni, e dunque aggravi del procedimento, che potrebbero scaturire dalla sottoposizione di una stessa opera non solo a VIA, ma anche ad altre procedure di compatibilità ambientale, a livello di pianificazione territoriale (VAS) o di ingerenza su aree protette (Valutazione d’incidenza), evidenziando che, con il Decreto Legislativo n. 59 del 2005, alcune attività di tipo industriale necessitano dell’autorizzazione integrata ambientale[1] (AIA), che ne permette l’esercizio in una situazione verificabile di prevenzione e riduzione dell’inquinamento (IPPC, acronimo per “Integrated Pollution Prevention and Control”).

L’AIA costituisce il provvedimento che autorizza l’esercizio di un’attività o di parte di essa sotto specifiche condizioni, così come codificato dapprima dal Decreto Legislativo n. 59 del 2005 (di recepimento della direttiva 96/61/CE) e successivamente dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, grazie all’introduzione, da parte del correttivo del 2010, del nuovo Titolo III bis, interamente dedicato all’autorizzazione ambientale integrata. VIA e AIA presentano numerosi punti di contatto: entrambe costituiscono mezzi di tutela preventiva dell’ambiente (globalmente inteso); l’ambito oggettivo di applicazione delle procedure in esame spesso coincide, in quando gli insediamenti industriali, la cui localizzazione è sottoposta a valutazione di impatto ambientale, sono automaticamente soggetti anche ad AIA, per la messa in esercizio; l’iter procedurale, per entrambe, prevede le medesime fasi; la documentazione istruttoria, a cura del proponente, in molti casi è coincidente[2].

L’esigenza di integrazione dei due procedimenti, onde prevenire inutili duplicazioni procedurali (che sarebbero in palese contrasto con i principi di efficienza, economicità e semplificazione amministrativa ex articolo 97 della Costiruzione), ha spinto il legislatore nazionale ad operare scelte normative mirate alla definitiva sintesi dei suddetti processi di valutazione ambientale: del resto anche la disciplina comunitaria si è avveduta circa la possibilità di una fusione procedimentale di VIA e AIA, prevedendo, nella Direttiva 97/11/CE, che “gli Stati membri possono prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della presente direttiva e quelli della Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e il controllo integrati dell’inquinamento”.

Inizialmente, i rapporti tra VIA e AIA sono stati disciplinati dall’articolo 34 del Codice dell’ambiente, nel quale si stabiliva che, per le opere e i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale e rientranti nell’elenco delle attività soggette ad autorizzazione ambientale integrata, “è facoltà del proponente ottenere che la procedura di valutazione dell’impatto ambientale sia integrata nel procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale”. Integrazione, dunque, facoltativa e applicabile a discrezione dei soggetti interessati. Quanto all’iter processuale, il legislatore aveva preferito, all’accorpamento in un unico procedimento, la strada dell’unificazione delle fasi procedurali maggiori: la fase pubblicitaria, di partecipazione del pubblico e istruttoria.

In seguito all’istruttoria comune, VIA e AIA avrebbero dovuto riprendere il loro iter ordinario, concludendosi con due provvedimenti autonomi, emanati dalle rispettive Autorità competenti[3]. Dunque, nell’originaria formulazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, si riscontrava una relativa degradazione della procedura di valutazione di impatto ambientale a fase endoprocedimentale dell’AIA, senza costituire però un vero e proprio assorbimento tra le due autorizzazioni. Con il Decreto Legislativo n. 4 del 2008, il legislatore riscrive la Parte II al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, dedicando una più specifica disposizione normativa al fine dell’integrazione tra le due procedure[4]: il neo articolo 10, infatti, prevede che, in caso di opere sottoposte sia a valutazione di impatto ambientale che ad autorizzazione ambientale integrata, il provvedimento di VIA “fa luogo dell’autorizzazione unica ambientale”, e, a tal fine, sia lo studio di impatto ambientale che gli elaborati progettuali dovranno contenere, oltre alle informazioni relative al rilascio della VIA, anche quelle prescritte per l’AIA.

In questo modo l’autorizzazione ambientale si fonde completamente con l’iter procedurale della VIA, perdendo la sua autonomia[5]: si ottiene in tal modo un unico iter procedimentale che terminerà, per i progetti di competenza statale, con un solo provvedimento, di VIA, emanato dall’Autorità competente (il Ministero dell’ambiente), il quale definirà la compatibilità ambientale dell’opera e le condizioni ambientali alle quali è autorizzata la gestione della stessa[6]. Diversamente, viene affidato alle Regioni, per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale regionale, il compito di garantire il coordinamento tra i due procedimenti ambientali: l’articolo 10, comma 2, dispone infatti che, in tale ipotesi, Regioni e Province autonome assicurino che “la procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell’ambito del procedimento di VIA”.

Sempre con riferimento alla VIA regionale, il suddetto comma prevede anche che le Regioni “possono prevedere che il provvedimento di valutazione di impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione”, qualora l’amministrazione competente in materia di VIA corrisponda a quella per l’autorizzazione integrata ambientale. Quanto alle modalità con le quali effettuare l’integrazione da parte delle Regioni, non viene specificata nessuna soluzione vincolante, limitandosi il Codice ad affermare che “è in ogni caso assicurata l’unicità della consultazione del pubblico per le due procedure”[7]. In pendenza della procedura di valutazione di impatto ambientale, il procedimento di AIA, eventualmente avviato, viene sospeso fino al raggiungimento del giudizio di compatibilità ambientale (l’iter valutativo di AIA dovrà comunque tenere in considerazione delle prescrizioni e condizioni imposte all’opera in sede di VIA).

Per l’esercizio dell’attività, il soggetto proponente dovrà comunque attendere la conclusione del procedimento di autorizzazione integrata ambientale: è facoltà del medesimo, comunque, anticipare la costruzione delle opere civili (es. la struttura di un capannone), ottenuto l’esito positivo della procedura di VIA. A tal proposito, si evidenzia il parere n. 1001 del 2009 del Consiglio di Stato (Sezione II) che ha ulteriormente specificato i rapporti tra VIA ed AIA: la riflessione nasce da una precedente pronuncia del Consiglio (Sentenza n. 5715 del 2004) che, in relazione al caso in cui un’opera soggetta sia a VIA che AIA statali, realizzata e messa in esercizio da autorizzazioni rilasciate in mancanza, giustificata, di VIA, sanciva l’obbligo di valutazione di impatto ambientale in occasione del rinnovo dell’autorizzazione.

La sentenza ha specificato che la VIA è inerente alla tutela dell’ambiente, mentre l’AIA si occupa della prevenzione dall’inquinamento: l’autorizzazione integrata ambientale va richiesta solo per attività nuove o per modifiche sostanziali a opere esistenti; se in questa occasione è richiesta anche la VIA, le informazioni e le conclusioni pertinenti, risultanti dal procedimento di valutazione di impatto ambientale, devono obbligatoriamente essere prese in considerazione per il rilascio dell’autorizzazione. Diversamente, qualora gli impianti per cui è obbligatoria l’AIA sono già esistenti e realizzati quando la VIA non era necessaria, la procedura di valutazione di impatto ambientale non deve essere promossa in occasione del rilascio dell’AIA, fino a quando la precedente autorizzazione non sia arrivata a naturale scadenza. In conclusione, la disciplina sul tema stabilisce un’integrazione interprocedimentale tra AIA e VIA obbligatoria per le opere sottoposte a valutazione di impatto ambientale statale (ciò comportando un’unica fase pubblicitaria, unica fase di consultazione ed unico provvedimento finale, con un notevole snellimento degli adempimenti procedurali); facoltativa nel caso di procedure regionali.

2. I rapporti tra la VIA e la VAS: strumenti di pianificazione

Prima di procedere all’analisi dei rapporti intercorrenti la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica, è opportuno evidenziare come la VAS, introdotta dalla direttiva 42/2001/CE, sia un processo giuridico-amministrativo attraverso cui vengono analizzati gli impatti significativi sull’ambiente globalmente inteso, che possono scaturire dall’attuazione di determinati piani e programmi. Nonostante presenti numerosi punti di contatto con la VIA, in merito a finalità, natura giuridica e specifici profili procedurali (come la partecipazione del pubblico e il regime di pubblicità), la VAS se ne discosta quanto ad ambito applicativo[8]: quest’ultima, infatti, mira alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche[9], anticipando lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare[10].

Nel Codice dell’ambiente, così come modificato dai correttivi del 2008 e del 2010, si fa riferimento ai rapporti VIA-VAS nell’articolo 10, comma 4, che recita: “la verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale”. Disposizione che prevede la possibilità di integrazione della procedura preliminare alla valutazione di impatto ambientale (lo screening) nell’ambito del macro procedimento di valutazione ambientale strategica[11]. Va precisato che, poiché i due procedimenti si svolgono in relazione ad oggetti diversi (nello specifico la VAS tratta di piani e programmi, mentre lo screening di progetti preliminari), è ipotizzabile che l’integrazione si sostanzi nell’avvio contestuale dei due iter procedurali (che rimarrebbero comunque autonomi) e nello svolgimento di una comune, e dunque unica, fase pubblicitaria: integrazione che, sulla base del medesimo articolo 10 del Codice, si risolverebbe, dunque, nella pubblicazione di un unico avviso a mezzo stampa e sul web dell’avvio congiunto di VAS e verifica di assoggettabilità.

Sempre l’articolo 10, al comma 5, afferma che “nella redazione dello studio di impatto ambientale […] relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzati le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale[12]”; e ancora il comma 5 prevede che “nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS”[13]. Rispetto all’abrogato articolo 33 del Codice, che stabiliva che tutti gli elementi positivamente valutati in sede VAS costituiscono dati acquisiti ai fini della valutazione di impatto ambientale, la nuova norma prevede invece che tutte le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale possono, eventualmente, essere adoperate nel procedimento di VIA e per la redazione del SIA.

Viene eliminata, in questo modo, l’automatica trasposizione di dati dalla VAS alla VIA, poiché se è pur vero che i documenti e le conclusioni prodotte in sede di valutazione ambientale strategica sono tenute in considerazione nell’istruttoria di VIA, sarà comunque compito dell’Autorità competente vagliarne l’esattezza (con la possibilità di dissentire da quanto recepito dalla precedente procedura di VAS)[14]. Diversamente da questa impostazione, il correttivo del 2010 ha ipotizzato una specifica e curiosa disapplicazione della norma, nel dettato del nuovo comma 3 ter dell’articolo 6, dedicato alle aree portuali. Nel dettaglio, la disposizione prevede chiaramente che per i progetti di opere da sottoporre a VIA, nell’ambito di Piani Regolatori Portuali (PRP) già valutati in sede di valutazione ambientale strategica, “costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano Regolatore Portuale”.

In questo caso particolare, la discrezionalità lasciata (e prevista) all’Autorità competente, nella valutazione dei dati della precedente valutazione ambientale strategica, non è presente ed è sostituita, al contrario, dalla trasposizione automatica dei dati VAS nella procedura di valutazione di impatto ambientale. Non deve, tuttavia, trarre in inganno un’ulteriore previsione del suddetto comma 3 ter, in cui si afferma che “qualora il PRP ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste alla Parte II del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento”.

Non si sostiene una sostituzione della VIA alla VAS: il Piano Regolatore Portuale è uno strumento di pianificazione molto complesso (dal contenuto ampio e variegato, come del resto i Piani Aeroportuali), che si completa anche con previsioni di interventi molto specifici, come infrastrutture stradali e ferrovie, indispensabili per il funzionamento e l’assetto del porto[15]. La disposizione del comma 3 ter si riferisce, pertanto, a questi particolari aspetti, e non a quelli generali pianificatori, legati alla “destinazione funzionale delle aree interessate” (ex articolo 5 della Legge 84 del 1994). E in questa direzione sembra portare la previsione finale del suddetto comma, in cui si stabilisce l’integrazione in sede VAS (e non di VIA) degli “eventuali contenuti di pianificazione del Piano Regolatore Portuale”. Sulla base delle norme in materia, si può sicuramente sostenere che la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica restano procedimenti distinti e non sovrapponibili: non possono essere considerate l’una prosecuzione dell’altra.

3. La VIA e le procedure ambientali minori 

L’articolo 10, comma 3, del Codice dell’ambiente, si occupa, inoltre, del rapporto tra valutazione di impatto ambientale con la valutazione d’incidenza, precisando che “le procedure di valutazione d’incidenza di cui all’articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997” sono comprese nel procedimento di VIA (e di VAS)[16]: a tal proposito “lo studio preliminare ambientale o lo studio d’impatto ambientale contengono gli elementi di cui all’Allegato G dello stesso Decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell’Autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d’incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione d’incidenza”. Va sottolineato che la VI è il procedimento, preventivo, al quale è obbligatorio sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa presentare incidenze significative su un sito già definito o soltanto proposto come parte della rete “Natura 2000”[17], singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e considerando gli obiettivi di conservazione del sito medesimo.

Gli Stati dell’Unione Europea sono tenuti all’individuazione di alcune zone, dette Siti di Importanza Comunitaria (SIC, i quali già possono usufruire di alcune forme preliminari di tutela nel momento in cui vengono proposti come tali alla Commissione, denominati, in questo caso, pSIC): le aree SIC verranno poi trasformate in ZSC (Zone Speciali di Conservazione), non appena saranno concretizzate tutte le misure di conservazione e protezione e formulati i piani di gestione in un’ottica di sviluppo sostenibile ed integrazione tra attività umane ed esigenze ambientali[18]. La norma suddetta, dunque, oltre ad occuparsi del momento procedurale, la redazione del SIA, in cui analizzare eventuali impatti significativi su pSIC, SIC, ZSC e ZPS dell’opera da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ha il merito di aver provveduto ad una corretta integrazione tra i due procedimenti di VIA e VI.

Integrazione già prevista, del resto, dal citato articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, il quale, nell’ipotesi di sovrapposizioni tra le procedure in esame, per il caso di “progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale […] che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione”, disponeva (dispone, dato che la norma non è stata abrogata) che “la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera ance gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tal fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’Allegato G”.

Le disposizioni in materia di valutazione d’incidenza possono ritrovarsi anche, indirettamente, nell’articolo 20 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, laddove si consente all’Autorità competente in materia di VIA di verificare l’assoggettabilità di alcuni progetti (ex Allegato V alla Parte II del Codice) in base anche alla localizzazione delle opere, considerando, in particolare, le zone eventualmente classificate o tutelate dalla legislazione degli Stati membri e le “zone protette speciali designate dagli Stati in base alle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CE[19]”. Si può sostenere, dunque, che, come avviene nei casi di sottoposizione della medesima attività sia a VIA che ad AIA, anche in questa ipotesi vi sarà un unico provvedimento di valutazione di impatto ambientale[20], il quale terrà in considerazione l’incidenza del progetto sulle zone oggetto di tutela speciale. Ulteriore intreccio procedimentale con la VIA può aversi con l’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili (detta “autorizzazione unica”), ex articolo 12 del Decreto Legislativo n. 387 del 2003[21].

Il rapporto tra le due procedure non è previsto né specificato dal Codice dell’ambiente: si tratta, comunque, dell’interazione tra due provvedimenti amministrativi (di VIA e di autorizzazione unica) caratterizzati da una comune matrice di tipo ambientale. Il citato articolo 12, al comma 4, disciplina il rilascio dell’autorizzazione, figurando un procedimento al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, che “costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto […]. Il termine massimo per la conclusione della procedura non può comunque essere superiore a 180 giorni”. L’autorizzazione unica si caratterizza, quindi, per valutazioni molto affini, se non uguali, a quelle svolte in sede di VIA: tuttavia, a tale coincidenza procedurale non corrisponde un’altrettanta integrazione di iter e provvedimenti tra i due procedimenti ambientali[22].

La giurisprudenza amministrativa ha provveduto, in qualche modo, a definirne meglio i punti di contatto: in particolare il Consiglio di Stato (Sezione VI), con Sentenza n. 6656 del 2007, ha dichiarato che “il decorso del termine di 180 giorni per l’ottenimento dell’autorizzazione unica configura una fattispecie di silenzio assenso”; affermando questo, il Giudice amministrativo ha però precisato che “qualora nel termine di durata della procedura di autorizzazione unica non sia intervenuto il provvedimento di VIA relativo all’impianto, non potrà validamente formarsi il suddetto silenzio assenso”, stabilendo, in via indiretta, che l’autorizzazione unica non può sostituire in nessun modo la valutazione di impatto ambientale, restando le due procedure indipendenti ed autonome tra loro[23].

Inoltre il procedimento di VIA deve concludersi sempre con un provvedimento espresso e motivato[24]: dunque, nel caso di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sottoposti a VIA e ad autorizzazione unica, quest’ultima potrà essere rilasciata solo successivamente all’acquisizione di un provvedimento espresso e motivato di compatibilità ambientale del progetto. Infine, si citano gli strumenti di gestione ambientale volontaria, come EMAS (sistema comunitario di ecogestione e audit) e ECOLABEL (marchio di qualità ecologica di prodotto/servizio), certificazioni ambientali che rispondono a specifici criteri tecnici ambientali per il loro rilascio. A differenza di VIA e VAS, procedure ex ante obbligatorie, questi strumenti rappresentano processi ex post e di carattere volontario (generati dalla Comunità Europea, che ne disciplina i principi con appositi regolamenti[25]). La valutazione di impatto ambientale, in relazione alle successive fasi di controllo e monitoraggio, ben si sposa con questo tipo di riconoscimenti previsti per garantire l’eccellenza ecologica.

Il marchio ECOLABEL contraddistingue prodotti e servizi che abbiano un ridotto impatto ambientale nel loro intero ciclo di vita, garantendo nonostante tutto prestazioni ottimali ed equivalenti a quelle del mercato; gli impatti ambientali sono valutati sulla base delle interazioni tra prodotto e ambiente, con un approccio definito “from cradle to grave” (dalla culla alla tomba), considerando anche l’uso di energia e delle risorse naturali per la fabbricazione del prodotto o l’utilizzo del servizio: le metodologie e le tecniche utilizzate fanno dell’ECOLABEL una sorta di VIA di prodotto. Notevoli analogie con la valutazione di impatto ambientale si possono riscontrare anche con il Regolamento EMAS (che evidenzia il ruolo e le responsabilità ambientali delle imprese, nonché guida pratica per le organizzazioni alla realizzazione del principio dello sviluppo sostenibile) e con ISO 14000[26] (applicabile ad ogni organizzazione desiderosa di attuare e migliorare un dato sistema di gestione ambientale, SGA, creando una “mission” ambientale aziendale basata su un’analisi ambientale iniziale, AAI, che valuta la posizione corrente dell’organizzazione rispetto all’ambiente) con riguardo, nello specifico, alla logica della prevenzione e del miglioramento continuo, allo stimolo alle innovazioni tecnologiche, di processo e organizzative, e allo sviluppo sostenibile.

 

[1] L’autorizzazione ambientale integrata, si sottolinea, incide in modo specifico sugli aspetti gestionali dell’attività, mentre il procedimento di valutazione di impatto ambientale investe principalmente gli aspetti localizzativi e strutturali. A tal proposito, TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, sentenza n. 3365 del 2007: “L’AIA è il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto o di una parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti del d.lgs. n. 59 del 2005 […]. Si tratta dunque di un provvedimento che incide specificamente sugli aspetti gestionali dell’impianto, a differenza della valutazione di impatto ambientale. Perciò, se anche nel caso di specie l’esito positivo della VIA costituisce il presupposto dell’AIA impugnata, quest’ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata, a prescindere dall’impugnazione della VIA, da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione”

[2] La localizzazione, l’impatto ambientale: VIA e VAS, P. Dell’Anno, pag. 285, in A. Crosetti, a cura di, La disciplina delle opere pubbliche, Maggioli, Rimini, 2007

[3] Ex art. 34 del Codice, onde evitare discordanze tra i due provvedimenti, si disponeva che il parere di valutazione di impatto ambientale fosse integrato “da quanto riguarda gli aspetti connessi alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento” e che gli esiti dell’istruttoria rilevabili nel provvedimento di VIA fossero considerati in maniera quasi vincolante dall’Autorità competente in materia di AIA, in sede di rilascio della relativa autorizzazione

[4] TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sentenza n. 211 del 2010: “Nell’impostazione originaria del d.p.r. 12 aprile 1996, l’impatto ambientale di un’opera era misurato esclusivamente attraverso la procedura di VIA. Alla decisione sulla VIA si collegavano poi le singole autorizzazioni necessarie per la realizzazione o il funzionamento dell’impianto. Con l’introduzione dell’AIA, tutte queste autorizzazioni sono state raggruppate in un giudizio complessivo […]. Formalmente è rimasta autonoma la procedura di VIA, che deve precedere il rilascio dell’AIA e ne condiziona il contenuto. E’ però evidente che l’ampiezza delle valutazioni svolte in relazione all’AIA si riflette sulla procedura di VIA, nella quale assumono rilievo necessariamente anche gli studi effettuati in vista del rilascio dell’AIA. L’impatto ambientale di un’opera o di un impianto non potrebbe infatti essere compiutamente inquadrato senza prendere in considerazione gli approfondimenti tecnici che conducono al rilascio dell’AIA e alla contestuale formulazione dei limiti relativi alla produzione di inquinanti”

[5] Autonomia che l’AIA riacquista se la valutazione di impatto ambientale non è necessaria, come nel caso di screening negativo. Diversamente, l’unione tra le due procedure, di VIA e AIA, si riscontra ancora in un altro elemento introdotto dal correttivo del 2010: e cioè l’integrazione del SIA con elementi caratteristici dell’AIA (comma 1 bis, art. 10 del Codice dell’ambiente) o anche il monitoraggio e i controlli (Nuovo manuale di diritto e gestione dell’ambiente, A. Pierobon, pag. 1234, Maggioli, Rimini, 2012)

[6] Ai sensi dell’art. 26, comma 4, del d.lgs. n. 4 del 2008, il provvedimento di VIA sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera e interventi ad essa inclusi. Questo aspetto pone un problema operativo per quanto riguarda il rinnovo autorizzativo quinquennale nell’ipotesi che la VIA assorba l’AIA, e per quel che concerne l’applicazione delle sanzioni evidentemente difformi nelle due procedure (Studi e procedure di valutazione di impatto ambientale, V. Torretta, pag. 36, Flaccovio Editore, Palermo, 2010)

[7] Il legislatore, al fine di semplificare l’iter procedimentale e diminuire la tempistica dell’istruttoria, ha inteso affermare e sottolineare l’imprescindibile necessità di una consultazione unitaria, anche qualora i due processi ambientali non si concludano con un provvedimento unico

[8] In effetti è lo stesso approccio metodologico di base ad essere molto differente: nello specifico, la VAS presenta un approccio per aree; è integrata nella pianificazione; è una procedura interna all’ente responsabile del piano; prevede una consultazione ed una partecipazione attiva; descrive dettagliatamente le alternative più ragionevoli. La VIA, al contrario, prevede un approccio per aree singole; è separata dalla progettazione; l’autorizzazione formale è ad opera di un ente comunque esterno al progetto; la consultazione e la partecipazione sono generalmente passive; presenta descrizioni solo parziali delle principali alternative all’opera (Diritto dell’ambiente, S. Maglia, pag. 128, Ipsoa, II ed., Milano, 2011)

[9] Distinzione ripresa anche dal TAR Campania, Napoli, Sez. I, nella sentenza n. 2135 del 2008, nella quale si legge che “mentre la VIA si riferisce ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di progetti, la VAS riguarda invece l’attività di pianificazione e programmazione”

[10] Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 133 del 2011: “L’Autorità competente alla VAS non deve necessariamente essere individuata in una P.A. diversa da quella avente qualità di Autorità procedente; se dalle definizioni di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 152 del 2006 risulta infatti chiaro che entrambe le autorità de quibus sono sempre Amministrazioni pubbliche, in nessuna definizione del Testo Unico Ambientale si trova affermato in maniera esplicita che debba necessariamente trattarsi di Amministrazioni diverse o separate. Tale conclusione appare confortata dalle modifiche apportate al d.lgs. n. 152 del 2006 dal recentissimo d.lgs. n. 128 del 2010, laddove già a livello definitorio si distingue tra il parere motivato che conclude la fase di VAS e il provvedimento di VIA: a conferma che solo nel secondo caso, e non nel primo, si è in presenza di una sequenza procedimentale logicamente e ontologicamente autonoma”

[11] La norma, tuttavia, non chiarisce secondo quali modalità deve verificarsi l’integrazione procedurale tra la suddetta verifica di assoggettabilità nel processo di VAS

[12] Il rapporto ambientale costituisce il documento che deve essere redatto, insieme al relativo piano o programma, per la sottoposizione a VAS

[13] Apparentemente, la disposizione è simile a quella contenuta nell’abrogato art. 33 del Codice dell’ambiente, secondo cui “per i progetti di opere ed interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale strategica, e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta la valutazione di impatto ambientale, in sede di esperimento di quest’ultima costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente valutati in sede di valutazione di impatto strategico o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma”

[14] Si sottolinea che, poiché l’organo deputato all’istruttoria tecnica è in entrambi i casi la Commissione VIA-VAS, difficilmente il medesimo istituto si discosterà dalle risultanze dell’istruttoria che esso stesso ha già eseguito in sede di VAS (Valutazione ambientale strategica, A. Cimellaro – A. Scialò, pagg. 56-57, Dei, II ed., Roma, 2010)

[15] Cfr. TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza n. 536 del 2004

[16] La valutazione d’incidenza termina entro 60 giorni dal ricevimento dell’apposita istanza. La suddetta tempistica è sostanzialmente congrua con quella inerente l’espletamento di un procedimento di valutazione di impatto ambientale, mentre complesso appare l’adeguamento della VI alla VAS, anche per la natura stessa della valutazione ambientale strategica. Nello specifico, la relazione per la valutazione d’incidenza rischierebbe di non essere sufficientemente documentata, qualora dovesse coincidere con un rapporto ambientale di VAS troppo preliminare

[17] “Natura 2000” è il nome che il Consiglio UE ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una “rete”) di aree destinate alla conservazione della biodiversità presente nel territorio dell’Unione, in particolare di habitat e di varie specie animali e vegetali (Valutazione ambientale e processi di decisione, A. Zeppetella – M. Bresso – G. Gamba, pag. 74, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 2006)

[18] Lo stesso tipo di tutela si estende a quelle aree di protezione speciale (ZPS), al cui interno sono protette le specie volatili migratorie (Ibidem.)

[19] Le direttive suddette rappresentano gli atti comunitari che hanno istituito le aree protette di cui al d.p.r. n. 357 del 1997

[20] Ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 6831 del 2006 e TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sentenza n. 583 del 2010

[21] L’autorizzazione unica per gli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili (siano esse eoliche, solari, geotermiche, del moto ondoso ecc.) viene rilasciata dalla Regione, secondo la normativa vigente in tema di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico

[22] TAR Toscana, Sez. II, sentenza n. 986 del 2010: “Il procedimento di VIA è per sua natura e per sua configurazione normativa, uno strumento preventivo di tutela dell’ambiente, che si svolge prima dell’approvazione del progetto, il quale dovrà essere modificato secondo le prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l’incidenza negativa per l’ambiente, a condizione che ciò sia possibile e che non si imponga il radicale diniego di approvazione del progetto. L’eventuale illegittimità del procedimento di autorizzazione unica, ex art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, non può dispiegare alcuna illegittimità derivata sulla valutazione negativa di compatibilità ambientale, stante l’autonoma funzione di quest’ultima”. Sul punto si veda anche TAR Liguria, Genova, Sez. I, sentenza n. 563 del 2006

[23] TAR Puglia, Lecce, Sez. I, sentenza n. 59 del 2008: “Nell’ambito delle procedure autorizzatorie per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse, rifiuti non pericolosi e CDR, la procedura di VIA costituisce un procedimento autonomo rispetto a quello finalizzato all’autorizzazione dell’impianto nel suo complesso, se pure le determinazioni adottate all’esito del primo (endo)procedimento risultano necessarie e strumentali ai fini dell’adozione delle determinazioni conclusive del diverso procedimento autorizzativo”

[24] Cfr. TAR Calabria, Sez. I, sentenza n. 548 del 2005 e Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 5169 del 2001

[25] In Italia, l’organismo competente per il rilascio delle certificazioni ECOLABEL e EMAS è il Ministero dell’ambiente, supportato dal Comitato ECOLABEL-ECOAUDIT dell’ISPRA

[26] La fase di monitoraggio presenta molti punti di contatto con la VIA: la verifica individua le eventuali non conformità (NC), in caso di non soddisfacimento di un requisito; le azioni correttive (AC) per eliminare una NC; le azioni preventive (AP) per eliminare la causa di una NC potenziale. Il rilevamento di una NC passerà attraverso l’analisi della causa; l’identificazione e l’attuazione di una AC; la valutazione delle esigenze per prevenire la NC; l’eventuale definizione e attuazione di una AP (VIA, indicatori e scale di qualità, R. Vismara, pagg. 43-44, Pitagora Editore, Bologna, 2005)