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Il termine di prescrizione dei crediti delle cartelle di pagamento

Il termine di prescrizione dei crediti delle cartelle di pagamento
Il termine di prescrizione dei crediti delle cartelle di pagamento

L’incremento esponenziale delle sanzioni amministrative correlate a violazioni del codice della strada, aumentate del 987% nel periodo 2009 - 2014 secondo i dati forniti dalla stampa e dalle associazioni dei consumatori, rischia di assestare un durissimo colpo alle già disagiate condizioni economiche di milioni di famiglie italiane.

Quest’ultime, per non avere tempestivamente pagato le multe comminate dai solerti controllori delle amministrazioni miranti a fare cassa, sono costrette a subire procedure esecutive estremamente vessatorie e per importi multipli rispetto a quelli originariamente ascritti.

Subire una multa può diventare un fatto anche drammatico, soprattutto quando non si è nelle condizioni di versare il dovuto tempestivamente o si dimentica l’adempimento, determinandosi, per effetto del ritardo, un notevole ricarico dell’addebito.

D’altra parte è notorio che la notifica di una cartella di pagamento determina, soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, un disequilibrio nella gestione dei pagamenti correnti di un nucleo familiare, costituendo un ulteriore (e per lo più imprevisto) balzello che si aggiunge alle quotidiane spese con le quali quotidianamente debbono fare i conti i contribuenti italiani, costretti a fronteggiare un molok chiamato Equitalia, fornito di affilate armi giuridiche ricevute in dote dai vari governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni alla guida del Paese e che hanno sostanzialmente adottato le medesime politiche fiscali volte a impinguare sempre più le finanze dello stato e alimentare una spesa pubblica caratterizzata da enormi sprechi e palesi inefficienze in ogni settore della macchina statuale.

L’esattore, difatti, può pignorare autovetture, quinto dello stipendio e della pensione, acquisire informazioni su conti bancari, bloccare pagamenti dovuti a professionisti e imprese dalla P.A. e quanto altro previsto dalla normativa tributaria in materia di riscossione.

Dinanzi a questo strapotere dell’agente della riscossione, i cittadini vedono ogni giorno di più arretrare l’asticella dei loro diritti fondamentali, dalla privacy al diritto all’integrità patrimoniale.

E non è solo sul versante fiscale che si registra un arretramento dei diritti fondamentali del cittadino, poiché lo stesso avviene nell’ambito dei diritti dei prestatori di lavoro e in quello del diritto allo studio, e così via: cittadini trattati sempre più alla stregua di sudditi di epoche remote, incapaci di reagire a una compressione dei loro diritti fondamentali sanciti dalla stessa carta costituzionale.

Quasi certamente la iattanza del legislatore nel comprimere diritti basilari è dovuta all’incredibile capacità di sopportazione degli italiani, inclini più a trovare scappatoie, escamotage, cavilli giuridici, petizioni volte alla concessione di dilazioni o raccomandazioni (per lo più meri palliativi), piuttosto che reagire con mobilitazioni generali o con movimenti politici di rottura rispetto alle azioni di sistema - generati dai governi di centro destra o centro sinistra che si sono succeduti nella guida del Paese senza soluzione di continuità negli ultimi venti anni - volte ad annientare il fondamentale principio della “dignità dell’uomo” consacrato nell’articolo 2 della carta fondamentale, adottando le medesime politiche, in ogni ambito, segnatamente nel settore economico finanziario.

A volte, però, l’imperversare delle esecuzioni esattoriali può essere arginato ricorrendo all’autorità giudiziaria, la quale, applicando elementari regole giuridiche, sanziona le procedure esecutive intraprese in violazione di legge.

È il caso della Sentenza emessa dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezione V, n. 12263 del 25.5.2007, la quale ha qualificato la cartella esattoriale quale atto di natura amministrativa, che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto ed è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 2953 del codice civile.

Corollario del suddetto principio è che la mancata impugnazione dell’ingiunzione non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto della irretrattabilità del credito, con la conseguente inapplicabilità della norma predetta ai fini della prescrizione, la quale, come noto, stabilisce il termine decennale di prescrizione per le sentenze di condanna passate in giudicato.

Tradotto in altri termini, il principio di diritto contenuto nella sentenza della Suprema Corte consente ai cittadini che non abbiano impugnato l’ingiunzione nei termini previsti per impugnarla, di usufruire comunque del termine “breve” (e non decennale) per la prescrizione e, quindi, qualora l’esattore non provveda, dopo la notifica dell’ingiunzione, al compimento di idonei atti interruttivi, il contribuente potrà far valere la intervenuta prescrizione della pretesa creditoria vantata in essa, impugnando i conseguenziali atti esecutivi, quali, ad esempio, le intimazioni di pagamento, gli estratti di ruolo, le cartelle di pagamento notificate da Equitalia per chiedere di dichiarare la prescrizione dell’ingiunzione fiscale e/o della sanzione al codice della strada, per la quale si applica il termine di prescrizione quinquennale.

In buona sostanza, una cartella di pagamento non è assimilabile ad una sentenza passata in giudicato.

Applicando il principio di diritto stabilito dalla Suprema Corte nella citata sentenza n. 12263/2007, il Giudice di Pace di Gela, con la recente sentenza n.141 depositata il 4.3.2015, ha dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo inerente una violazione al Codice della strada, annullando l’intimazione di pagamento notificata da Riscossione Sicilia S.p.A. dopo il termine quinquennale dalla notifica della cartella di pagamento, sicché il contribuente si è liberato di una multa al C.d.s. comminatagli nel remoto 2003.

È proprio il caso di dire che, a volte, è bene pensarci su prima di prestare acquiescenza alle richieste di Equitalia, soprattutto quando riguardano crediti maturati in periodi risalenti.

L’incremento esponenziale delle sanzioni amministrative correlate a violazioni del codice della strada, aumentate del 987% nel periodo 2009 - 2014 secondo i dati forniti dalla stampa e dalle associazioni dei consumatori, rischia di assestare un durissimo colpo alle già disagiate condizioni economiche di milioni di famiglie italiane.

Quest’ultime, per non avere tempestivamente pagato le multe comminate dai solerti controllori delle amministrazioni miranti a fare cassa, sono costrette a subire procedure esecutive estremamente vessatorie e per importi multipli rispetto a quelli originariamente ascritti.

Subire una multa può diventare un fatto anche drammatico, soprattutto quando non si è nelle condizioni di versare il dovuto tempestivamente o si dimentica l’adempimento, determinandosi, per effetto del ritardo, un notevole ricarico dell’addebito.

D’altra parte è notorio che la notifica di una cartella di pagamento determina, soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, un disequilibrio nella gestione dei pagamenti correnti di un nucleo familiare, costituendo un ulteriore (e per lo più imprevisto) balzello che si aggiunge alle quotidiane spese con le quali quotidianamente debbono fare i conti i contribuenti italiani, costretti a fronteggiare un molok chiamato Equitalia, fornito di affilate armi giuridiche ricevute in dote dai vari governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni alla guida del Paese e che hanno sostanzialmente adottato le medesime politiche fiscali volte a impinguare sempre più le finanze dello stato e alimentare una spesa pubblica caratterizzata da enormi sprechi e palesi inefficienze in ogni settore della macchina statuale.

L’esattore, difatti, può pignorare autovetture, quinto dello stipendio e della pensione, acquisire informazioni su conti bancari, bloccare pagamenti dovuti a professionisti e imprese dalla P.A. e quanto altro previsto dalla normativa tributaria in materia di riscossione.

Dinanzi a questo strapotere dell’agente della riscossione, i cittadini vedono ogni giorno di più arretrare l’asticella dei loro diritti fondamentali, dalla privacy al diritto all’integrità patrimoniale.

E non è solo sul versante fiscale che si registra un arretramento dei diritti fondamentali del cittadino, poiché lo stesso avviene nell’ambito dei diritti dei prestatori di lavoro e in quello del diritto allo studio, e così via: cittadini trattati sempre più alla stregua di sudditi di epoche remote, incapaci di reagire a una compressione dei loro diritti fondamentali sanciti dalla stessa carta costituzionale.

Quasi certamente la iattanza del legislatore nel comprimere diritti basilari è dovuta all’incredibile capacità di sopportazione degli italiani, inclini più a trovare scappatoie, escamotage, cavilli giuridici, petizioni volte alla concessione di dilazioni o raccomandazioni (per lo più meri palliativi), piuttosto che reagire con mobilitazioni generali o con movimenti politici di rottura rispetto alle azioni di sistema - generati dai governi di centro destra o centro sinistra che si sono succeduti nella guida del Paese senza soluzione di continuità negli ultimi venti anni - volte ad annientare il fondamentale principio della “dignità dell’uomo” consacrato nell’articolo 2 della carta fondamentale, adottando le medesime politiche, in ogni ambito, segnatamente nel settore economico finanziario.

A volte, però, l’imperversare delle esecuzioni esattoriali può essere arginato ricorrendo all’autorità giudiziaria, la quale, applicando elementari regole giuridiche, sanziona le procedure esecutive intraprese in violazione di legge.

È il caso della Sentenza emessa dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezione V, n. 12263 del 25.5.2007, la quale ha qualificato la cartella esattoriale quale atto di natura amministrativa, che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto ed è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 2953 del codice civile.

Corollario del suddetto principio è che la mancata impugnazione dell’ingiunzione non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto della irretrattabilità del credito, con la conseguente inapplicabilità della norma predetta ai fini della prescrizione, la quale, come noto, stabilisce il termine decennale di prescrizione per le sentenze di condanna passate in giudicato.

Tradotto in altri termini, il principio di diritto contenuto nella sentenza della Suprema Corte consente ai cittadini che non abbiano impugnato l’ingiunzione nei termini previsti per impugnarla, di usufruire comunque del termine “breve” (e non decennale) per la prescrizione e, quindi, qualora l’esattore non provveda, dopo la notifica dell’ingiunzione, al compimento di idonei atti interruttivi, il contribuente potrà far valere la intervenuta prescrizione della pretesa creditoria vantata in essa, impugnando i conseguenziali atti esecutivi, quali, ad esempio, le intimazioni di pagamento, gli estratti di ruolo, le cartelle di pagamento notificate da Equitalia per chiedere di dichiarare la prescrizione dell’ingiunzione fiscale e/o della sanzione al codice della strada, per la quale si applica il termine di prescrizione quinquennale.

In buona sostanza, una cartella di pagamento non è assimilabile ad una sentenza passata in giudicato.

Applicando il principio di diritto stabilito dalla Suprema Corte nella citata sentenza n. 12263/2007, il Giudice di Pace di Gela, con la recente sentenza n.141 depositata il 4.3.2015, ha dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo inerente una violazione al Codice della strada, annullando l’intimazione di pagamento notificata da Riscossione Sicilia S.p.A. dopo il termine quinquennale dalla notifica della cartella di pagamento, sicché il contribuente si è liberato di una multa al C.d.s. comminatagli nel remoto 2003.

È proprio il caso di dire che, a volte, è bene pensarci su prima di prestare acquiescenza alle richieste di Equitalia, soprattutto quando riguardano crediti maturati in periodi risalenti.