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L’accordo transattivo raggiunto con il medico non pregiudica la richiesta di risarcimento nei confronti della struttura ospedaliera

Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 19541/15 - depositata il 30 settembre
L’accordo transattivo raggiunto con il medico non pregiudica la richiesta di risarcimento nei confronti della struttura ospedaliera
L’accordo transattivo raggiunto con il medico non pregiudica la richiesta di risarcimento nei confronti della struttura ospedaliera

1. Il decisum

La sentenza in commento verte in tema di transazione e responsabilità contrattuale dell’azienda sanitaria.

Nella vicenda in esame gli eredi del paziente deceduto in ospedale ottengono parziale risarcimento dei danni subiti dal medico, in virtù dell’accordo transattivo sottoscritto tra le parti, a cui la struttura sanitaria dichiara di non volerne profittare.

Nel merito gli eredi della vittima convengono in giudizio l’azienda ospedaliera richiedendo il risarcimento dei danni subiti. Le Corti territoriali accolgono la domanda degli attori basandosi sul presupposto che la responsabilità della struttura sanitaria è di natura contrattuale ed, inoltre, la transazione parziale raggiunta con il medico non è altresì assorbente della sfera giuridica ospedaliera, perché l’accordo opera solo tra le parti che decidono di addivenire ad un bonario componimento della lite.

La questione approda dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione che conferma l’operato dei giudici di merito.

2. Sulla natura contrattuale della responsabilità medica

Una delle fattispecie più controverse del diritto civile attiene alla responsabilità medica, d’altronde ogni attività risarcitoria nei confronti del medico può essere sostenuta, purché sussista il nesso di causa tra la condotta dell’agente e il danno lamentato dal paziente, poiché la responsabilità del medico deve essere accertata in assenza di particolari difficoltà che hanno reso impossibile la prestazione d’opera del sanitario, ai sensi dell’articolo 2236 del codice civile, per problemi tecnici-scientifici che il medico non poteva risolvere.

Tout court, siccome il caso della sentenza in commento esclude la presenza dei presupposti indicati all’articolo 2236 del codice civile resta da qualificare la natura del rapporto che il paziente instaura con la struttura ospedaliera.

Da un analisi iniziale concernente l’articolo 1228 del codice civile, prima ancora dell’articolo 1218, sembrerebbe sussistere una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, in quanto l’ospedale che si avvale della collaborazione di medici professionisti è tenuto a rispondere in sede di risarcimento del comportamento di quest’ultimi nei confronti dei pazienti.

In linea di principio c’è sempre un filo conduttore tra i due contratti stipulati, il primo concernente il rapporto medico-paziente e il secondo riguardante il rapporto paziente-ospedale, dove nel primo l’oggetto dell’obbligazione richiede prestazioni di natura medica da parte del professionista intellettuale, mentre nel secondo l’oggetto del contatto sociale ha natura assistenziale o per meglio dire rapporto di spedalità.

Nel corso degli anni, la responsabilità medica è stata oggetto di numerosi studi e pronunciamenti in dottrina e giurisprudenza, di certo, la sua natura contrattuale era già presente nel codice dell’anno 1865, ma con l’entrata in vigore del codice civile nell’anno 1942, sulla circostanza che il paziente stipuli contratto solo con la struttura ospedaliera, dottrina e giurisprudenza hanno supportato la tesi dell’illecito aquiliano sino all’anno 1999 con l’introduzione della regola del contatto sociale, il quale funge nel perseguimento dell’obiettivo affidamento del paziente alle cure del sanitario.

A ben vedere, l’unica voce fuori dal coro che ha rivisitato, in un certo qual modo, l’illecito aquiliano nella condotta professionale del medico si è avuta con l’approvazione del decreto successivamente convertito nella legge numero 189 nell’anno 2012, meglio conosciuta come “Decreto Balduzzi”. Tale disposizione legislativa ha posto il dubbio sulla natura contrattuale o meno della responsabilità medica, in quanto all’articolo 3 della predetta legge viene precisato che nelle ipotesi di colpa lieve, il medico, pur rispettando nello svolgimento dell’attività professionale le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, provochi al paziente un danno resta comunque ferma l’applicazione dell’articolo 2043 del codice civile, riconsiderando e mettendo in discussione tutte le precedenti teorie dottrinali e giurisprudenziali oramai consolidate negli anni. Ciò posto, a confutazione di tale norma vi sono state le prime pronunce giurisprudenziali e, fra tutte, si ricorda la sentenza numero 4030 dell’anno 2013 della Suprema Corte di Cassazione che riconosce la responsabilità contrattuale, ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile, nel rapporto medico-paziente. Di conseguenza la Legge Balduzzi non ha trovato una lettura univoca in giurisprudenza con l’applicazione dell’antica regola, ovvero, l’illecito aquiliano nel rapporto medico-paziente, ma il richiamo, nel riferimento normativo, all’articolo 2043 del codice civile si può ricondurre ad un mero refuso del Legislatore.

A tale stregua l’evento dannoso deve essere sempre provato, ma il richiamo dell’articolo 1218 del codice civile nel rapporto fissa la natura della prova sull’esistenza del contratto intervenuto tra le parti coinvolte.

3. Il ruolo dell’accordo transattivo

L’accordo transattivo è disciplinato nel codice civile all’articolo 1965 definendolo come un contratto idoneo a produrre effetti tra le parti che decidono di sottoscriverlo, i quali facendosi reciproche concessioni pongono fine ad una lite.

Nella vicenda in esame soltanto il medico definiva bonariamente la propria posizione con gli eredi della vittima, mentre la struttura ospedaliera decideva di non volerne profittare.

A ben vedere se uno dei condebitori decide di trovare un accordo con il creditore per il bonario componimento della lite, ciò comporta lo scioglimento della solidarietà tra medico e struttura ospedaliera. Difatti, la transazione eseguita dagli eredi della vittima con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti dell’altro, se questi non dichiara di volerne profittare.

In tale prospettiva, la disposizione di cui all’articolo 1304, primo comma, del codice civile stabilisce che, in tema di transazione, l’accordo raggiunto tra uno dei debitori solidali resta salvo, mentre nei confronti degli altri, i quali dichiarano di non volerne profittare, permane l’obbligo, nei limiti della loro quota, con i parenti della vittima e conseguentemente vi è lo scioglimento del vincolo solidale fra il medico stipulante e l’ospedale (condebitrice).

A fondamento di tale ragionamento si evidenza che la definizione bonaria della lite raggiunta dal sanitario non si estende a riguardo dell’azienda ospedaliera, la quale dichiara di non volerne profittare e, pertanto, continua autonomamente il proprio rapporto obbligatorio con i medesimi creditori.

Ne consegue che, secondo tale impostazione, l’autonomia privata dei soggetti che hanno raggiunto l’accordo transattivo deve rimanere salva e non può estendersi a terzi estranei alla stipula. A riguardo giova rilevare che non può costituire motivo ostativo al predetto riconoscimento la possibilità, da parte dei parenti della vittima, di convenire in giudizio l’azienda ospedaliera che ha dichiarato di non voler profittare dell’accordo transattivo concluso.

4. Conclusioni

La sentenza in commento ha il pregio di porre l’attenzione sul contratto di spedalità intercorrente tra il paziente e la struttura sanitaria, oltreché evidenziare i profili e gli effetti dell’accordo transattivo raggiunto tra gli eredi della vittima e il medico.

Tout court, alla luce di quanto sopra evidenziato il paziente risulta creditore della prestazione sanitaria nel momento in cui si affida alle cure di un ospedale instaurando così un rapporto di assistenza. Ciò comporta la conclusione di una prestazione d’opera atipica di spedalità, in base alla quale la struttura sanitaria ha il compito di eseguire la propria prestazione contrattuale mettendo a disposizione del paziente il proprio personale medico scelto e qualificato, oltreché fornire a disposizione dei suoi dipendenti tutte le strutture idonee per la cura e l’assistenza dell’ammalato. Di conseguenza, la responsabilità contrattuale dell’azienda ospedaliera è fondata sull’articolo 1228 del codice civile, in quanto l’ospedale si avvale della collaborazione di medici professionisti e, pertanto, è tenuto a rispondere in sede di risarcimento del comportamento di quest’ultimi nei confronti dei pazienti.

Le superiori considerazioni trovano conferma nell’esercizio della facoltà dei singoli condebitori della prestazione di transigere autonomamente la propria posizione giuridica con gli eredi della vittima e, quindi, l’assenza di volontà dell’azienda ospedaliera di volerne profittare determina lo scioglimento del vincolo solidaristico tra medico e ospedale, in quanto nei confronti della struttura sanitaria può essere legittimamente richiesta la domanda giudiziale di risarcimento danni a seguito del mancato raggiungimento dell’accordo transattivo.

Una lettura diversa può essere data dalla mancanza di volontà dei creditori di sottoscrivere siffatto accordo, tuttavia, a meno che non si siano estinte le posizioni debitorie di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto, l’obbligazione non può definirsi conclusa.

1. Il decisum

La sentenza in commento verte in tema di transazione e responsabilità contrattuale dell’azienda sanitaria.

Nella vicenda in esame gli eredi del paziente deceduto in ospedale ottengono parziale risarcimento dei danni subiti dal medico, in virtù dell’accordo transattivo sottoscritto tra le parti, a cui la struttura sanitaria dichiara di non volerne profittare.

Nel merito gli eredi della vittima convengono in giudizio l’azienda ospedaliera richiedendo il risarcimento dei danni subiti. Le Corti territoriali accolgono la domanda degli attori basandosi sul presupposto che la responsabilità della struttura sanitaria è di natura contrattuale ed, inoltre, la transazione parziale raggiunta con il medico non è altresì assorbente della sfera giuridica ospedaliera, perché l’accordo opera solo tra le parti che decidono di addivenire ad un bonario componimento della lite.

La questione approda dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione che conferma l’operato dei giudici di merito.

2. Sulla natura contrattuale della responsabilità medica

Una delle fattispecie più controverse del diritto civile attiene alla responsabilità medica, d’altronde ogni attività risarcitoria nei confronti del medico può essere sostenuta, purché sussista il nesso di causa tra la condotta dell’agente e il danno lamentato dal paziente, poiché la responsabilità del medico deve essere accertata in assenza di particolari difficoltà che hanno reso impossibile la prestazione d’opera del sanitario, ai sensi dell’articolo 2236 del codice civile, per problemi tecnici-scientifici che il medico non poteva risolvere.

Tout court, siccome il caso della sentenza in commento esclude la presenza dei presupposti indicati all’articolo 2236 del codice civile resta da qualificare la natura del rapporto che il paziente instaura con la struttura ospedaliera.

Da un analisi iniziale concernente l’articolo 1228 del codice civile, prima ancora dell’articolo 1218, sembrerebbe sussistere una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, in quanto l’ospedale che si avvale della collaborazione di medici professionisti è tenuto a rispondere in sede di risarcimento del comportamento di quest’ultimi nei confronti dei pazienti.

In linea di principio c’è sempre un filo conduttore tra i due contratti stipulati, il primo concernente il rapporto medico-paziente e il secondo riguardante il rapporto paziente-ospedale, dove nel primo l’oggetto dell’obbligazione richiede prestazioni di natura medica da parte del professionista intellettuale, mentre nel secondo l’oggetto del contatto sociale ha natura assistenziale o per meglio dire rapporto di spedalità.

Nel corso degli anni, la responsabilità medica è stata oggetto di numerosi studi e pronunciamenti in dottrina e giurisprudenza, di certo, la sua natura contrattuale era già presente nel codice dell’anno 1865, ma con l’entrata in vigore del codice civile nell’anno 1942, sulla circostanza che il paziente stipuli contratto solo con la struttura ospedaliera, dottrina e giurisprudenza hanno supportato la tesi dell’illecito aquiliano sino all’anno 1999 con l’introduzione della regola del contatto sociale, il quale funge nel perseguimento dell’obiettivo affidamento del paziente alle cure del sanitario.

A ben vedere, l’unica voce fuori dal coro che ha rivisitato, in un certo qual modo, l’illecito aquiliano nella condotta professionale del medico si è avuta con l’approvazione del decreto successivamente convertito nella legge numero 189 nell’anno 2012, meglio conosciuta come “Decreto Balduzzi”. Tale disposizione legislativa ha posto il dubbio sulla natura contrattuale o meno della responsabilità medica, in quanto all’articolo 3 della predetta legge viene precisato che nelle ipotesi di colpa lieve, il medico, pur rispettando nello svolgimento dell’attività professionale le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, provochi al paziente un danno resta comunque ferma l’applicazione dell’articolo 2043 del codice civile, riconsiderando e mettendo in discussione tutte le precedenti teorie dottrinali e giurisprudenziali oramai consolidate negli anni. Ciò posto, a confutazione di tale norma vi sono state le prime pronunce giurisprudenziali e, fra tutte, si ricorda la sentenza numero 4030 dell’anno 2013 della Suprema Corte di Cassazione che riconosce la responsabilità contrattuale, ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile, nel rapporto medico-paziente. Di conseguenza la Legge Balduzzi non ha trovato una lettura univoca in giurisprudenza con l’applicazione dell’antica regola, ovvero, l’illecito aquiliano nel rapporto medico-paziente, ma il richiamo, nel riferimento normativo, all’articolo 2043 del codice civile si può ricondurre ad un mero refuso del Legislatore.

A tale stregua l’evento dannoso deve essere sempre provato, ma il richiamo dell’articolo 1218 del codice civile nel rapporto fissa la natura della prova sull’esistenza del contratto intervenuto tra le parti coinvolte.

3. Il ruolo dell’accordo transattivo

L’accordo transattivo è disciplinato nel codice civile all’articolo 1965 definendolo come un contratto idoneo a produrre effetti tra le parti che decidono di sottoscriverlo, i quali facendosi reciproche concessioni pongono fine ad una lite.

Nella vicenda in esame soltanto il medico definiva bonariamente la propria posizione con gli eredi della vittima, mentre la struttura ospedaliera decideva di non volerne profittare.

A ben vedere se uno dei condebitori decide di trovare un accordo con il creditore per il bonario componimento della lite, ciò comporta lo scioglimento della solidarietà tra medico e struttura ospedaliera. Difatti, la transazione eseguita dagli eredi della vittima con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti dell’altro, se questi non dichiara di volerne profittare.

In tale prospettiva, la disposizione di cui all’articolo 1304, primo comma, del codice civile stabilisce che, in tema di transazione, l’accordo raggiunto tra uno dei debitori solidali resta salvo, mentre nei confronti degli altri, i quali dichiarano di non volerne profittare, permane l’obbligo, nei limiti della loro quota, con i parenti della vittima e conseguentemente vi è lo scioglimento del vincolo solidale fra il medico stipulante e l’ospedale (condebitrice).

A fondamento di tale ragionamento si evidenza che la definizione bonaria della lite raggiunta dal sanitario non si estende a riguardo dell’azienda ospedaliera, la quale dichiara di non volerne profittare e, pertanto, continua autonomamente il proprio rapporto obbligatorio con i medesimi creditori.

Ne consegue che, secondo tale impostazione, l’autonomia privata dei soggetti che hanno raggiunto l’accordo transattivo deve rimanere salva e non può estendersi a terzi estranei alla stipula. A riguardo giova rilevare che non può costituire motivo ostativo al predetto riconoscimento la possibilità, da parte dei parenti della vittima, di convenire in giudizio l’azienda ospedaliera che ha dichiarato di non voler profittare dell’accordo transattivo concluso.

4. Conclusioni

La sentenza in commento ha il pregio di porre l’attenzione sul contratto di spedalità intercorrente tra il paziente e la struttura sanitaria, oltreché evidenziare i profili e gli effetti dell’accordo transattivo raggiunto tra gli eredi della vittima e il medico.

Tout court, alla luce di quanto sopra evidenziato il paziente risulta creditore della prestazione sanitaria nel momento in cui si affida alle cure di un ospedale instaurando così un rapporto di assistenza. Ciò comporta la conclusione di una prestazione d’opera atipica di spedalità, in base alla quale la struttura sanitaria ha il compito di eseguire la propria prestazione contrattuale mettendo a disposizione del paziente il proprio personale medico scelto e qualificato, oltreché fornire a disposizione dei suoi dipendenti tutte le strutture idonee per la cura e l’assistenza dell’ammalato. Di conseguenza, la responsabilità contrattuale dell’azienda ospedaliera è fondata sull’articolo 1228 del codice civile, in quanto l’ospedale si avvale della collaborazione di medici professionisti e, pertanto, è tenuto a rispondere in sede di risarcimento del comportamento di quest’ultimi nei confronti dei pazienti.

Le superiori considerazioni trovano conferma nell’esercizio della facoltà dei singoli condebitori della prestazione di transigere autonomamente la propria posizione giuridica con gli eredi della vittima e, quindi, l’assenza di volontà dell’azienda ospedaliera di volerne profittare determina lo scioglimento del vincolo solidaristico tra medico e ospedale, in quanto nei confronti della struttura sanitaria può essere legittimamente richiesta la domanda giudiziale di risarcimento danni a seguito del mancato raggiungimento dell’accordo transattivo.

Una lettura diversa può essere data dalla mancanza di volontà dei creditori di sottoscrivere siffatto accordo, tuttavia, a meno che non si siano estinte le posizioni debitorie di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto, l’obbligazione non può definirsi conclusa.