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Avviso di accertamento - Irrilevanza, ai fini della validità dell’atto, della Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015

Avviso di accertamento - Irrilevanza, ai fini della validità dell’atto, della Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015
Avviso di accertamento - Irrilevanza, ai fini della validità dell’atto, della Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015

La Corte di Cassazione Sezione Tributaria con la recente Sentenza n. 22810 del 9/11/2015, in tema di accertamento tributario, ha affermato, che ai sensi dell’articolo 42 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, l’atto deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto delle agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005), di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, sicché non incide sulla sua validità la declaratoria d’incostituzionalità dell’articolo 8, comma 24, del Decreto Legge n. 16 del 2012, convertito nella Legge n. 44 del 2012.

Una sentenza che innova l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in questi mesi. Cosa ha spinto la Corte, con la sentenza in commento, ad esprimersi in tal senso?

La Corte, partendo dal principio stabilito dalla Corte Costituzionale con Sentenza 37/2015, in base al quale è

necessaria la qualifica dirigenziale anche del delegato alla firma dell’atto, sostiene che tale presupposto non è giustificato da nessun dato normativo e, quindi, non è corretto.

Infatti, secondo la Corte, l’articolo 42 del Decreto del Presidente della Repubblica 603/73 si limita a prevedere che gli atti impositivi devono essere firmati dal “capo ufficio” o “da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Pertanto, la Corte sostiene che la norma non richiede la funzione dirigenziale del “capo ufficio” e gli atti di accertamento sono validi indipendentemente dal ruolo dirigenziale ricoperto dal delegato.….poiché il terzo comma dell’articolo 42 postula l’esistenza del vizio invalidante in relazione al non essere l’atto fiscale proveniente da chi abbia titolo ad agire in nome e per conto dell’amministrazione e poiché colui che vanta questo titolo è il funzionario di carriera direttiva che sia stato messo a capo dell’ufficio ovvero che sia stato da questi delegato, la conseguenza è che rimane irrilevante, ai fini specifici, la sopravvenuta decisione n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale. In definitiva, i principi espressi nella sentenza in commento sono:

1) il Decreto del Presidente della Repubblica 600/73 non richiede la funzione dirigenziale del capo ufficio o del delegato;

2) sono impiegati della carriera direttiva i funzionari di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali fissato per il 2002-2005.

In  base  a  questi  principi,  la  sorte  degli  atti  impositivi  formati  prima  della  decisione  della  Corte Costituzionale non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui all’articolo 8 del Decreto Legge 16/2012.

Sicuramente è un indirizzo giurisprudenziale innovativo. Infatti, ci sono molte pronunce che, nel recente passato, hanno stabilito un indirizzo diverso e che, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale, hanno statuito l’illegittimità degli atti firmati dal funzionario non appartenente alla carriera direttiva. È proprio in virtù di tali sentenze che molti contribuenti hanno proposto ricorso e molti ricorsi hanno avuto esito positivo. In base alla recente sentenza, però, molti giudizi potrebbero vedere ribaltato l’esito conseguito.

In precedenza, il Tar, con Sentenze n. 6884 del 25 maggio 2011 e n. 7636 del 6 luglio 2011, ha ritenuto illegittimo le nomine dei dirigenti e funzionari che non abbiano superato un concorso pubblico. A seguito di appello da parte del Ministero, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5451 del 18 novembre 2013 ha confermato le decisioni del Tar, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionali che con sentenza n. 37/2015 dichiarava l’illegittimità costituzionale della legge. E così, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza del 31 agosto 2015 n. 3699 ha dichiarato illegittimo il provvedimento firmato dal funzionario non dirigente. Cosi come la Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 3222/25/15 del 10 aprile 2015; Commissione Tributaria Provinciale di Napoli con sentenza n. 3818/15; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce con sentenza 1790/02/15 del 21 maggio 2015; Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone con sentenza n. 414/02/15; Commissione Tributaria Provinciale di Brescia  con  sentenza  n.  277/01/15;  Commissione  Tributaria  Regionale  di  Milano  con  sentenza  n. 2148/13/15.

In effetti, a norma degli articoli 66, 67 e 68 del Decreto Legge 300/1999, “gli atti dell’Agenzia delle Entrate devono essere sottoscritti dal direttore che legittimamente la rappresenta, le cui attribuzioni dirigenziali, a norma dell’art. 4 del Decreto Legislativo 165/2001, possono essere derogate espressamente e solamente in forza di legge. Inoltre, a norma del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, è necessario conformarsi ai principi della Legge 241/1990”. Applicando queste norme, le Commissioni Tributarie hanno deciso favorevolmente ed in base a queste norme ed al principio espresso dalla Corte Costituzionale che i Giudici di Merito hanno fatto prevalere i diritti e gli interessi dei contribuenti.

Se possiamo esprimere un parere, la norma è chiara ed esplicita, in quanto richiede che il capo ufficio, che in base all’organizzazione amministrativa deve rivestire una funzione dirigenziale, può delegare altro impiegato sempre della carriera direttiva e, quindi, dirigenziale.

Non è il caso di aggiungere che la sentenza in commento stravolgerà i sicuri giudizi di secondo grado e i contribuenti vedranno di colpo svanire ogni loro speranza di vedersi riconosciuto un loro legittimo diritto.

La Corte di Cassazione Sezione Tributaria con la recente Sentenza n. 22810 del 9/11/2015, in tema di accertamento tributario, ha affermato, che ai sensi dell’articolo 42 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, l’atto deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto delle agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005), di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, sicché non incide sulla sua validità la declaratoria d’incostituzionalità dell’articolo 8, comma 24, del Decreto Legge n. 16 del 2012, convertito nella Legge n. 44 del 2012.

Una sentenza che innova l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in questi mesi. Cosa ha spinto la Corte, con la sentenza in commento, ad esprimersi in tal senso?

La Corte, partendo dal principio stabilito dalla Corte Costituzionale con Sentenza 37/2015, in base al quale è

necessaria la qualifica dirigenziale anche del delegato alla firma dell’atto, sostiene che tale presupposto non è giustificato da nessun dato normativo e, quindi, non è corretto.

Infatti, secondo la Corte, l’articolo 42 del Decreto del Presidente della Repubblica 603/73 si limita a prevedere che gli atti impositivi devono essere firmati dal “capo ufficio” o “da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Pertanto, la Corte sostiene che la norma non richiede la funzione dirigenziale del “capo ufficio” e gli atti di accertamento sono validi indipendentemente dal ruolo dirigenziale ricoperto dal delegato.….poiché il terzo comma dell’articolo 42 postula l’esistenza del vizio invalidante in relazione al non essere l’atto fiscale proveniente da chi abbia titolo ad agire in nome e per conto dell’amministrazione e poiché colui che vanta questo titolo è il funzionario di carriera direttiva che sia stato messo a capo dell’ufficio ovvero che sia stato da questi delegato, la conseguenza è che rimane irrilevante, ai fini specifici, la sopravvenuta decisione n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale. In definitiva, i principi espressi nella sentenza in commento sono:

1) il Decreto del Presidente della Repubblica 600/73 non richiede la funzione dirigenziale del capo ufficio o del delegato;

2) sono impiegati della carriera direttiva i funzionari di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali fissato per il 2002-2005.

In  base  a  questi  principi,  la  sorte  degli  atti  impositivi  formati  prima  della  decisione  della  Corte Costituzionale non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui all’articolo 8 del Decreto Legge 16/2012.

Sicuramente è un indirizzo giurisprudenziale innovativo. Infatti, ci sono molte pronunce che, nel recente passato, hanno stabilito un indirizzo diverso e che, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale, hanno statuito l’illegittimità degli atti firmati dal funzionario non appartenente alla carriera direttiva. È proprio in virtù di tali sentenze che molti contribuenti hanno proposto ricorso e molti ricorsi hanno avuto esito positivo. In base alla recente sentenza, però, molti giudizi potrebbero vedere ribaltato l’esito conseguito.

In precedenza, il Tar, con Sentenze n. 6884 del 25 maggio 2011 e n. 7636 del 6 luglio 2011, ha ritenuto illegittimo le nomine dei dirigenti e funzionari che non abbiano superato un concorso pubblico. A seguito di appello da parte del Ministero, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5451 del 18 novembre 2013 ha confermato le decisioni del Tar, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionali che con sentenza n. 37/2015 dichiarava l’illegittimità costituzionale della legge. E così, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza del 31 agosto 2015 n. 3699 ha dichiarato illegittimo il provvedimento firmato dal funzionario non dirigente. Cosi come la Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 3222/25/15 del 10 aprile 2015; Commissione Tributaria Provinciale di Napoli con sentenza n. 3818/15; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce con sentenza 1790/02/15 del 21 maggio 2015; Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone con sentenza n. 414/02/15; Commissione Tributaria Provinciale di Brescia  con  sentenza  n.  277/01/15;  Commissione  Tributaria  Regionale  di  Milano  con  sentenza  n. 2148/13/15.

In effetti, a norma degli articoli 66, 67 e 68 del Decreto Legge 300/1999, “gli atti dell’Agenzia delle Entrate devono essere sottoscritti dal direttore che legittimamente la rappresenta, le cui attribuzioni dirigenziali, a norma dell’art. 4 del Decreto Legislativo 165/2001, possono essere derogate espressamente e solamente in forza di legge. Inoltre, a norma del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, è necessario conformarsi ai principi della Legge 241/1990”. Applicando queste norme, le Commissioni Tributarie hanno deciso favorevolmente ed in base a queste norme ed al principio espresso dalla Corte Costituzionale che i Giudici di Merito hanno fatto prevalere i diritti e gli interessi dei contribuenti.

Se possiamo esprimere un parere, la norma è chiara ed esplicita, in quanto richiede che il capo ufficio, che in base all’organizzazione amministrativa deve rivestire una funzione dirigenziale, può delegare altro impiegato sempre della carriera direttiva e, quindi, dirigenziale.

Non è il caso di aggiungere che la sentenza in commento stravolgerà i sicuri giudizi di secondo grado e i contribuenti vedranno di colpo svanire ogni loro speranza di vedersi riconosciuto un loro legittimo diritto.