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Registri di carico e scarico: cade il dogma dello scarico “fittizio”, non è vero che ad “ogni carico corrisponde uno scarico”

Un’occasione di riflessione - Tribunale di Venezia n. 622/2015
Registri di carico e scarico: cade il dogma dello scarico “fittizio”, non è vero che ad “ogni carico corrisponde uno scarico”
Registri di carico e scarico: cade il dogma dello scarico “fittizio”, non è vero che ad “ogni carico corrisponde uno scarico”

La sentenza del Tribunale di Venezia n. 622/2015 ha il merito di aver affrontato questione di grande importanza applicativa a fronte dell’irrisorio valore della sanzione inflitta.

Scrive il Giudice in sentenza: “ ..La questione del regime giuridico applicabile al “materiale” in oggetto ovvero il prodotto di “sfalci e potature” derivanti dal verde pubblico e privato in relazione alle modalità di corretta tenuta del registro di carico e scarico, appare effettivamente piuttosto complessa..”

Con riferimento agli adempimenti relativi al Registro di carico e scarico, il Tribunale sancisce la caduta del dogma dello “scarico fittizio” ovvero della scarico non imposto dalla legge ma ugualmente sanzionato dalla P.A.; la caduta del dogma che ad “ogni carico corrisponde uno scarico”.

1) RIFLESSIONI

Sono utili alcune brevi riflessioni.

- Bisogna dare merito alla parte (ricorrente) che ha comunque deciso di azionare il contenzioso avanti al Tribunale nonostante la modica somma inflitta (€ 260) dalla ordinanza ingiunzione della pubblica amministrazione.

A fronte di una sanzione amministrativa di € 260 è ormai luogo comune considerare che il contenzioso, con tutte le variabili che comporta, “costa più” del pagamento della sanzione[1].

Ed invece, parte ricorrente, consapevole che il pagamento della sanzione  non avrebbe comunque risolto un problema annoso, affrontato dalla stessa pubblica amministrazione con incertezza, ha deciso di bussare alla porta della magistratura ottenendo insperata giustizia.

- Altro e non minore merito deve essere attribuito al Giudice che ha risolto il casus belli senza fermare il suo pensiero alla  questione preliminare assorbente che vedeva l’azione della pubblica amministrazione decaduta per decorso del termine di notifica della contestazione oltre i 90 giorni ex articolo 14 Legge 689/81.

Il  Giudice  poteva  legittimamente,  come  accade,  chiudere  la  vicenda  annullando l’ordinanza ingiunzione per motivi preliminari che non attengono però al merito della questione; e ciò  avrebbe  portato  beneficio  alla  parte  ricorrente  ma  non  la soddisfazione dovuta e soprattutto non avrebbe risolto il problema.

Il  Giudice,  pur  sollecitato  dalla  difesa,  ha  avuto  la  sensibilità  di  comprendere l’importanza pratica della questione la cui soluzione esigeva l’intervento; e soprattutto non è stato cedevole alla legittima scelta di non affrontare una questione ambientale spinosa, nuova, complessa non risolta dalla giurisprudenza ed anzi complicata dalla prassi ingiustificata della pubblica amministrazione.

Così scrive il Giudice:” …A tale riguardo parte ricorrente ha argomentato esplicitando una serie di considerazioni in fatto ed in diritto in ordine alla ritenuta illegittimità del provvedimento sanzionatorio e ciò non solo per la tardività della contestazione ex articolo 14 Legge 689/81 ma soprattutto in considerazione di una questione di diritto piuttosto complessa e con risvolti pratici di non facile soluzione, tanto che neppure l’amministrazione era stata in grado di fornire adeguate risposte alle richieste formulate dal ricorrente sia prima che dopo l’ingiunzione di pagamento…”.

- Ultima osservazione e riflessione riguarda il trascorrere di ben 8 anni (dal 2007 al 2015) dal momento della contestazione dell’illecito con il verbale dell’ARPAV nel 2007, alla sentenza del Tribunale di Venezia nel 2015.

Quattro anni per ottenere l’Ordinanza ingiunzione nel 2011 e quattro anni per ottenere la sentenza del Tribunale nel 2015.

Vicenda  che  poteva  concludersi  quantomeno  nel  2011  con  un’ ordinanza  di archiviazione per la pacifica decadenza del termine ex articolo 14 Legge 6689/81 …e forse non doveva neppure iniziare.

***

2) Tardività della contestazione.

La prima questione affrontata dal Giudice è relativa alla tardività della contestazione in violazione dell’articolo 14 Legge 689/81. La contestazione è stata effettuata oltre i 90 giorni dal momento dell’accertamento.

Il Giudice avvalla la giurisprudenza, ormai monolitica sul punto, che afferma la semplicità dell’accertamento sui Registri e Formulari; accertamento che non richiede complesse indagini come ribadito anche da Sentenza del Tribunale di Venezia n. 8267/2012 .

La Cassazione precisa che “…la decorrenza dall’accertamento (questo il termine usato dall’articolo 14, comma 2, cit.) non coincide né con la data di consumazione, né con la mera percezione del fatto, ma con il compimento di tutte le indagini ritenute necessarie da parte degli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa inflitta nel caso concreto, oppure degli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria” (Cass. Civile 18 marzo 2005, n. 5921, Cass. civ. 9311/2007) .

Tale affermazione deve essere applicata al caso di specie in cui l’unica attività di indagine da svolgere era il semplice controllo dei Registri.

Il trasgressore sosteneva che l’acquisizione e verifica dei registri di carico e scarico era avvenuta già nel gennaio del 2007 mentre la contestazione era avvenuta ben 9 mesi dopo, nel dicembre 2007.

Il Giudice riconosce che il termine per la contestazione è spirato e precisa: “ …deve ritenersi che il termine per la contestazione in ordine alla tenuta dei registri di carico e scarico (RCS) andasse così a decorrere dal 15.1.2007 e non dal 3.10.2007.

Continua il Giudice precisando che: “ Si condivide la consolidata giurisprudenza di legittimità che si è formata al riguardo (così ex multis Cass. civ. 539/2006 “in tema di sanzioni amministrative…..il termine di 90 giorni entro i quali può utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, può iniziare a decorrere anche in tempo successivo al primo verbale di accertamento qualora i fatti da accertare, non semplici ed evidenti, richiedano ulteriori indagini..).

Il Giudice afferma dunque la semplicità della valutazione dei RCS che non richiede particolare istruttoria né accertamento complesso.

La sentenza chiude l’inciso e afferma: “..il motivo di opposizione va pertanto accolto ed assorbe quello proposto nel merito che va in ogni caso affrontato..”

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3) Il Caso: omessa indicazione dello Scarico nel Registro di Carico e Scarico (RCS). Veniamo ora alla vicenda che nasce nel 2007 a seguito di verbale dell’ARPAV che contesta al presunto trasgressore la violazione dell’articolo 258 comma 5[2], Decreto Legislativo 152/2006 ovvero l’inesatta/incompleta  compilazione dei registri di carico e scarico (RCS) in quanto nel Registro è presente il carico del materiale ma non il relativo scarico...”

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Attività del ricorrente

È opportuno descrivere brevemente l’attività del ricorrente che si occupa del recupero di ramaglie e sfalci destinati al compostaggio[3].

Il ricorrente[4]  viene chiamato, ad esempio, da un Comune per la potatura di alberi o sfalcio di erba. La ditta si reca con i propri macchinari sul luogo ed inizia la potatura o lo sfalcio (sono due attività diverse); i rami e/o l’erba viene triturata/macinata spesso sul luogo di raccolta attraverso macchinari appositi (il camion che raccoglie lo sfalcio è dotato di trituratore). Finita la triturazione o macinazione la ditta inizia il viaggio verso la destinazione con apposito FIR[5]. La destinazione coincide con l’impianto di Recupero dello stesso ricorrente che Registra e Carica, appunto, con R3[6] il materiale in ingresso e annota (nella quinta colonna del registro) che tale materia è “prodotto in proprio” ovvero destinato all’utilizzo per la propria azienda agricola.

Il materiale giunto a destinazione viene depositato in cumuli separati per sfalcio o potatura; viene tenuto per un certo tempo sul luogo, girato, vagliato   fino alla maceratura ovvero fino a quando si tramuta in compost.

Il compost ottenuto non viene venduto, non viene trasportato in altri siti (non esiste nuovo FIR), rimane presso l’azienda (interno) e utilizzato come concime nei propri siti.

Il compost è, diviene, materia prima secondaria (MPS) ovvero un rifiuto che proprio attraverso un processo di recupero perde la natura di rifiuto e diviene un bene che viene utilizzato.

****

Il Registro di Carico non viene compilato al momento dello sfalcio e triturazione sul camion, ma al momento in cui arriva a destinazione (azienda del ricorrente) che carica il rifiuto già triturato. Il bene entra nell’impianto (viene caricato dall’azienda) e lì rimane e muore, non esce dall’impianto (con altro formulario).

Il materiale (sfalcio) viene caricato per essere destinato al recupero e viaggia fino a destinazione.

Ebbene l’amministrazione in corso di causa sosteneva che siccome il rifiuto non può essere “riutilizzato immediatamente” deve subire processo di recupero “..e pertanto conclusa l’attività di recupero sarà necessario apporre sul modulo il conseguente scarico…”.

Vero è che il compost deriva proprio (e solo) dall’attività di recupero, altrimenti non ci si troverebbe di fronte a MPS[7].

Il Verde arriva all’impianto “già triturato e posto direttamente a maturazione” con destinazione diretta R3 e viene caricato di conseguenza.

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Omesso scarico nel RCS - scarico fittizio

Il ricorrente registrava correttamente il Carico ma non indicava lo Scarico in quanto il rifiuto in ingresso (caricato), recuperato, aveva perso la sua identità.

È questo l’oggetto della contestazione: l’omesso scarico nel Registro.

Nessuno “scarico” è dovuto perché non esiste il RIFIUTO, non esiste il viaggio. Secondo l’amministrazione invece “ad ogni carico deve corrispondere uno scarico”.

Tale affermazione è priva di fondamento ma leggibile anche in autorevoli siti che si occupano di materia ambientale; affermazione infondata che assurge a dogma e viene applicata dalla amministrazione come se fosse sancita dalla Legge.

Vero è che l’infondatezza di tale affermazione era palese anche all’ amministrazione.

Il Giudice cita in sentenza una nota dell’ARPAV di Treviso del 2007, reperita dalla difesa e prodotta in giudizio, che recita:”…le annotazioni sul registro di carico e scarico riguardano pertanto solo i rifiuti. Le materie prime secondarie ottenute a seguito delle operazioni di recupero e destinate alla vendita, nella fattispecie l’ammendante compostato verde che rispetti le caratteristiche negli allegati Decreto Legislativo 276/2006 essendo escluse dall’ambito dei rifiuti devono essere conferite con regolare fattura e trasportate con bolla di accompagnamento….”.

Dopo questa  premessa l’amministrazione conclude però:  “…Pur nonessendo l’ammendante un rifiuto...al fine di evitare errori e mantenere la coerenza con la procedura..debba essere comunque effettuata anche l’annotazione di scarico”. L’amministrazione è consapevole che lo scarico non è dovuto ma impone ugualmente l’annotazione ovvero il cosiddetto “scarico  fittizio” ovvero uno scarico non dovuto per legge ma imposto solo dalla pubblica amministrazione; scarico che può essere suggerito ma, certo, non può essere sanzionato.

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Il “Rifiuto che viaggia”

Il Giudice, nel caso in esame, si concentra sulla mancanza del requisito primario ovvero sul fatto che il bene non è rifiuto (quale presupposto per la non applicazione della normativa sui rifiuti e dunque dei RCS).

Vero è che tra le righe della sentenza il Giudice annota altra importante caratteristica e funzione dei RCS laddove indica che “…il compost… non va considerato rifiuto bensì appunto materia prima secondaria che nella fattispecie concreta non viene venduta o trasportata in altri siti…”.

Ed infatti la funzione del Registro di Carico e Scarico (RCS) presuppone non solo l’esistenza del rifiuto ma anche il viaggio dello stesso.

È il “rifiuto che viaggia” l’oggetto dell’attenzione del legislatore e del controllo dovuto; legislatore che associa, lega, il Registro al formulario d’ identificazione dei rifiuti (FIR), documento che viaggia assieme al rifiuto[8].

RCS e FIR dialogano tra loro e non esiste RCS senza FIR e viceversa[9].

Lo scarico, in particolare, va annotato quando il rifiuto esce, viaggia per essere trasferito, smaltito altrove[10].

La lettura in combinato disposto degli articoli 190, 193 Decreto Legislativo 152/2006 e del DM 148/98 stabilisce che in fase di scarico devono essere annotati sul Registro il numero di formulario e la data di effettuazione del Trasporto.

L’allegato C-C1 III del DM 148/1998 prevede che nella prima colonna debba essere contrassegnata l’operazione di carico o scarico, in senso disgiuntivo, ed inoltre “.. nel caso di scaricodevono essere indicati il numero di formulario, la data di effettuazione del trasporto ed il riferimento alla registrazione di carico dei rifiuti cui il trasposto si riferisce.…”.

La formulazione letterale del DM 148/1998 non impone, dunque, l’obbligo di annotazione dello scarico in quanto esistono ipotesi in cui lo scarico non è necessario; come nel caso in cui il materiale compostabile non è rifiuto bensì si trasforma in prodotto.

Giunto a destinazione il rifiuto recuperato  in MPS non viaggia e quindi non è accompagnato dal Formulario; l’operazione di scarico non è possibile ed è bastevole l’indicazione nel campo “annotazioni” (quinta colonna) della indicazione che rilevi la presenza di MPS.

Così ha agito Il ricorrente indicando il carico in R3 e annotando la “produzione in proprio”. Il ricorrente infatti ha effettuato il carico, registrato, e compilato il FIR per il viaggio fino alla destinazione.

Diversamente  Il ricorrente avrebbe dovuto compilare uno scarico nel RCS senza annotare il numero di formulario (il viaggio non c’è) esponendosi alla sanzione per omessa indicazione del numero di …formulario! RCS e FIR sono collegati per legge, non esiste l’uno senza l’altro.

Nel presente caso nessuno smaltimento, nessun trasporto (che si riferisce alla fase di scarico) è avvenuto bensì e solo il Recupero in R3 del rifiuto, trasformato in compost nel sito del recuperatore (il ricorrente) e utilizzato per i propri terreni in concimazione.

Il compost, che alla fine del processo di recupero non è più rifiuto  viene utilizzato in sede.

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“Deposito” come “scarico”

All’operazione di carico non segue necessariamente uno scarico.

Bisogna infatti individuare i casi in cui lo scarico non è possibile e non è dovuto. Spesso si confonde lo “scarico” con l’operazione di “deposito/stoccaggio” quasi a dire che il deposito stesso del materiale in azienda costituisce lo scarico richiesto.

Frutto di confusione è l’assimilazione del “deposito” con lo “scarico”.

Tuttavia lo “Scarico” richiesto dal legislatore non è assimilato al “deposito”; nessuna indicazione normativa è rinvenibile in proposito e pertanto tale posizione è frutto di errata comprensione della funzione del RCS.

 

Altro caso: Inceneritori

Il percorso  del rifiuto,  nel caso  degli  inceneritori,  rappresenta  altra  ipotesi  che conferma l’esistenza di casi in cui non è possibile registrare lo “scarico” e costituisce esempio della confusa coincidenza tra “deposito[11]” e “scarico”.

Si pensi alle ipotesi in cui il rifiuto viene caricato (RCS) nell’inceneritore e trasformato in energia.

Il Rifiuto entra in impianto (Carico) con un determinato  CER e viene introdotto nell’inceneritore il quale “brucia” quel rifiuto.

All’uscita del processo quel rifiuto con quel CER non esiste più perché sono state prodotte ceneri che hanno altro e diverso CER.

Il rifiuto in ingresso non esiste più e non viaggia.

Il rifiuto in uscita acquista un nuovo nome, un nuovo CER che deve essere pertanto nuovamente caricato nel Registro per prepararsi al suo viaggio.

Ecco che si realizza nuovo carico del nuovo rifiuto con diverso CER munito di regolare

FIR che viene trasportato allo smaltimento.

Anche in questo caso l’amministrazione locale si aggrappa al dogma che “ad ogni carico corrisponde uno scarico” e sostiene che lo scarico deve essere annotato in quanto il rifiuto in ingresso viene depositato prima dell’incenerimento, prima del carico sulla tramoggia.

Ancora la confusione tra deposito/stoccaggio e scarico.

Il deposito del materiale non comporta lo scarico del materiale sul Registro di carico e scarico.

Lo scarico avviene solo in presenza di un rifiuto che viaggia.

Il viaggio del rifiuto è l’oggetto della tutela del legislatore e scaricare non significa depositare. Ciò significa che esistono dei casi in cui lo scarico non può e non deve essere effettuato proprio perché manca uno dei due requisiti od entrambi (qualifica di rifiuto e viaggio).

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Conclusioni

A dire il vero tali questioni potrebbero essere risolte alla radice avanti alla amministrazione.

Non sempre abbiamo il caso fortunato di risolvere una questione spinosa, senza precedenti giurisprudenziali, e soprattutto dal valore economico irrisorio[12].

Ebbene grazie alla contingenza di vari fattori favorevoli si auspica di veder riconosciute alle amministrazioni le ipotesi in cui lo scarico non è dovuto.

 

[1] Da tempo infatti il nostro legislatore ha creato un reticolo di opportunità e benefici tesi anche a scoraggiare il cittadino all’azione, al contenzioso. Si pensi alle sanzioni in violazione del codice della strada il cui pagamento entro 5 giorni dalla contestazione beneficia della riduzione del 5% dell’importo dovuto.

Il legislatore si è premurato di alzare i costi del contenzioso e nel contempo di beneficiare il cittadino con la riduzione delle sanzioni a fronte del pagamento immediato delle stesse; pagamento immediato e senza contestazioni.

[2] Art. 258 comma 5 vigente al 2007: “.. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

[3] In regime di procedura semplificata ovvero ai sensi del DM 5/2/1998.

[4] Il ricorrente è autorizzato al Recupero (R3) per il codice 200201 - come indicato nel DM 5.2.1998 ovvero: “rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale”.

[5] Formulario  di Identificazione  del Rifiuto. La Provincia  depositava  copia di alcuni FIR che recavano l’ intestazione del produttore, trasportatore e destinatario nella ditta del ricorrente.

[6] R3 indica che il materiale è destinato al recupero per compostaggio.

[7] Materie prime secondarie. Non si affronta in questa sede la questione relativa alle MPS che all’epoca della contestazione  trovavano disciplina nell’art. 181 Dlgs. 152/2006. Solo con la riforma del Dlgs. 4/2008 veniva inserito l’art. 181 bis (Materie, sostanze e prodotti secondari).

[8] Recita l’art. 190 comma 3 vigente al 2007: “…I  registri   integrati    con  i  formulari  di cui all’articolo  193  relativi  al trasporto dei rifiuti sono conservati per  cinque  anni  dalla

data dell’ultima registrazione…”

[9] Per comprendere la questione sollevata bisogna chiarire che : “la funzione dei registri è quella di consentire  un controllo  sulla natura e sulla qualità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati o smaltiti, ai fini di adottare le dovute cautele nelle relative operazioni” (Cass. civ. Sez. II Sent., 26-11-2008, n. 28236).

[10] Art. 193 comma 9 Dlgs. 152/2006. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

[11] Deposito inteso letteralmente.

[12] L’instaurazione di una causa dal valore economico irrisorio provoca di per se’, ormai, un atteggiamento di disfavore, di rimprovero implicito verso il difensore.

La sentenza del Tribunale di Venezia n. 622/2015 ha il merito di aver affrontato questione di grande importanza applicativa a fronte dell’irrisorio valore della sanzione inflitta.

Scrive il Giudice in sentenza: “ ..La questione del regime giuridico applicabile al “materiale” in oggetto ovvero il prodotto di “sfalci e potature” derivanti dal verde pubblico e privato in relazione alle modalità di corretta tenuta del registro di carico e scarico, appare effettivamente piuttosto complessa..”

Con riferimento agli adempimenti relativi al Registro di carico e scarico, il Tribunale sancisce la caduta del dogma dello “scarico fittizio” ovvero della scarico non imposto dalla legge ma ugualmente sanzionato dalla P.A.; la caduta del dogma che ad “ogni carico corrisponde uno scarico”.

1) RIFLESSIONI

Sono utili alcune brevi riflessioni.

- Bisogna dare merito alla parte (ricorrente) che ha comunque deciso di azionare il contenzioso avanti al Tribunale nonostante la modica somma inflitta (€ 260) dalla ordinanza ingiunzione della pubblica amministrazione.

A fronte di una sanzione amministrativa di € 260 è ormai luogo comune considerare che il contenzioso, con tutte le variabili che comporta, “costa più” del pagamento della sanzione[1].

Ed invece, parte ricorrente, consapevole che il pagamento della sanzione  non avrebbe comunque risolto un problema annoso, affrontato dalla stessa pubblica amministrazione con incertezza, ha deciso di bussare alla porta della magistratura ottenendo insperata giustizia.

- Altro e non minore merito deve essere attribuito al Giudice che ha risolto il casus belli senza fermare il suo pensiero alla  questione preliminare assorbente che vedeva l’azione della pubblica amministrazione decaduta per decorso del termine di notifica della contestazione oltre i 90 giorni ex articolo 14 Legge 689/81.

Il  Giudice  poteva  legittimamente,  come  accade,  chiudere  la  vicenda  annullando l’ordinanza ingiunzione per motivi preliminari che non attengono però al merito della questione; e ciò  avrebbe  portato  beneficio  alla  parte  ricorrente  ma  non  la soddisfazione dovuta e soprattutto non avrebbe risolto il problema.

Il  Giudice,  pur  sollecitato  dalla  difesa,  ha  avuto  la  sensibilità  di  comprendere l’importanza pratica della questione la cui soluzione esigeva l’intervento; e soprattutto non è stato cedevole alla legittima scelta di non affrontare una questione ambientale spinosa, nuova, complessa non risolta dalla giurisprudenza ed anzi complicata dalla prassi ingiustificata della pubblica amministrazione.

Così scrive il Giudice:” …A tale riguardo parte ricorrente ha argomentato esplicitando una serie di considerazioni in fatto ed in diritto in ordine alla ritenuta illegittimità del provvedimento sanzionatorio e ciò non solo per la tardività della contestazione ex articolo 14 Legge 689/81 ma soprattutto in considerazione di una questione di diritto piuttosto complessa e con risvolti pratici di non facile soluzione, tanto che neppure l’amministrazione era stata in grado di fornire adeguate risposte alle richieste formulate dal ricorrente sia prima che dopo l’ingiunzione di pagamento…”.

- Ultima osservazione e riflessione riguarda il trascorrere di ben 8 anni (dal 2007 al 2015) dal momento della contestazione dell’illecito con il verbale dell’ARPAV nel 2007, alla sentenza del Tribunale di Venezia nel 2015.

Quattro anni per ottenere l’Ordinanza ingiunzione nel 2011 e quattro anni per ottenere la sentenza del Tribunale nel 2015.

Vicenda  che  poteva  concludersi  quantomeno  nel  2011  con  un’ ordinanza  di archiviazione per la pacifica decadenza del termine ex articolo 14 Legge 6689/81 …e forse non doveva neppure iniziare.

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2) Tardività della contestazione.

La prima questione affrontata dal Giudice è relativa alla tardività della contestazione in violazione dell’articolo 14 Legge 689/81. La contestazione è stata effettuata oltre i 90 giorni dal momento dell’accertamento.

Il Giudice avvalla la giurisprudenza, ormai monolitica sul punto, che afferma la semplicità dell’accertamento sui Registri e Formulari; accertamento che non richiede complesse indagini come ribadito anche da Sentenza del Tribunale di Venezia n. 8267/2012 .

La Cassazione precisa che “…la decorrenza dall’accertamento (questo il termine usato dall’articolo 14, comma 2, cit.) non coincide né con la data di consumazione, né con la mera percezione del fatto, ma con il compimento di tutte le indagini ritenute necessarie da parte degli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa inflitta nel caso concreto, oppure degli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria” (Cass. Civile 18 marzo 2005, n. 5921, Cass. civ. 9311/2007) .

Tale affermazione deve essere applicata al caso di specie in cui l’unica attività di indagine da svolgere era il semplice controllo dei Registri.

Il trasgressore sosteneva che l’acquisizione e verifica dei registri di carico e scarico era avvenuta già nel gennaio del 2007 mentre la contestazione era avvenuta ben 9 mesi dopo, nel dicembre 2007.

Il Giudice riconosce che il termine per la contestazione è spirato e precisa: “ …deve ritenersi che il termine per la contestazione in ordine alla tenuta dei registri di carico e scarico (RCS) andasse così a decorrere dal 15.1.2007 e non dal 3.10.2007.

Continua il Giudice precisando che: “ Si condivide la consolidata giurisprudenza di legittimità che si è formata al riguardo (così ex multis Cass. civ. 539/2006 “in tema di sanzioni amministrative…..il termine di 90 giorni entro i quali può utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, può iniziare a decorrere anche in tempo successivo al primo verbale di accertamento qualora i fatti da accertare, non semplici ed evidenti, richiedano ulteriori indagini..).

Il Giudice afferma dunque la semplicità della valutazione dei RCS che non richiede particolare istruttoria né accertamento complesso.

La sentenza chiude l’inciso e afferma: “..il motivo di opposizione va pertanto accolto ed assorbe quello proposto nel merito che va in ogni caso affrontato..”

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3) Il Caso: omessa indicazione dello Scarico nel Registro di Carico e Scarico (RCS). Veniamo ora alla vicenda che nasce nel 2007 a seguito di verbale dell’ARPAV che contesta al presunto trasgressore la violazione dell’articolo 258 comma 5[2], Decreto Legislativo 152/2006 ovvero l’inesatta/incompleta  compilazione dei registri di carico e scarico (RCS) in quanto nel Registro è presente il carico del materiale ma non il relativo scarico...”

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Attività del ricorrente

È opportuno descrivere brevemente l’attività del ricorrente che si occupa del recupero di ramaglie e sfalci destinati al compostaggio[3].

Il ricorrente[4]  viene chiamato, ad esempio, da un Comune per la potatura di alberi o sfalcio di erba. La ditta si reca con i propri macchinari sul luogo ed inizia la potatura o lo sfalcio (sono due attività diverse); i rami e/o l’erba viene triturata/macinata spesso sul luogo di raccolta attraverso macchinari appositi (il camion che raccoglie lo sfalcio è dotato di trituratore). Finita la triturazione o macinazione la ditta inizia il viaggio verso la destinazione con apposito FIR[5]. La destinazione coincide con l’impianto di Recupero dello stesso ricorrente che Registra e Carica, appunto, con R3[6] il materiale in ingresso e annota (nella quinta colonna del registro) che tale materia è “prodotto in proprio” ovvero destinato all’utilizzo per la propria azienda agricola.

Il materiale giunto a destinazione viene depositato in cumuli separati per sfalcio o potatura; viene tenuto per un certo tempo sul luogo, girato, vagliato   fino alla maceratura ovvero fino a quando si tramuta in compost.

Il compost ottenuto non viene venduto, non viene trasportato in altri siti (non esiste nuovo FIR), rimane presso l’azienda (interno) e utilizzato come concime nei propri siti.

Il compost è, diviene, materia prima secondaria (MPS) ovvero un rifiuto che proprio attraverso un processo di recupero perde la natura di rifiuto e diviene un bene che viene utilizzato.

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Il Registro di Carico non viene compilato al momento dello sfalcio e triturazione sul camion, ma al momento in cui arriva a destinazione (azienda del ricorrente) che carica il rifiuto già triturato. Il bene entra nell’impianto (viene caricato dall’azienda) e lì rimane e muore, non esce dall’impianto (con altro formulario).

Il materiale (sfalcio) viene caricato per essere destinato al recupero e viaggia fino a destinazione.

Ebbene l’amministrazione in corso di causa sosteneva che siccome il rifiuto non può essere “riutilizzato immediatamente” deve subire processo di recupero “..e pertanto conclusa l’attività di recupero sarà necessario apporre sul modulo il conseguente scarico…”.

Vero è che il compost deriva proprio (e solo) dall’attività di recupero, altrimenti non ci si troverebbe di fronte a MPS[7].

Il Verde arriva all’impianto “già triturato e posto direttamente a maturazione” con destinazione diretta R3 e viene caricato di conseguenza.

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Omesso scarico nel RCS - scarico fittizio

Il ricorrente registrava correttamente il Carico ma non indicava lo Scarico in quanto il rifiuto in ingresso (caricato), recuperato, aveva perso la sua identità.

È questo l’oggetto della contestazione: l’omesso scarico nel Registro.

Nessuno “scarico” è dovuto perché non esiste il RIFIUTO, non esiste il viaggio. Secondo l’amministrazione invece “ad ogni carico deve corrispondere uno scarico”.

Tale affermazione è priva di fondamento ma leggibile anche in autorevoli siti che si occupano di materia ambientale; affermazione infondata che assurge a dogma e viene applicata dalla amministrazione come se fosse sancita dalla Legge.

Vero è che l’infondatezza di tale affermazione era palese anche all’ amministrazione.

Il Giudice cita in sentenza una nota dell’ARPAV di Treviso del 2007, reperita dalla difesa e prodotta in giudizio, che recita:”…le annotazioni sul registro di carico e scarico riguardano pertanto solo i rifiuti. Le materie prime secondarie ottenute a seguito delle operazioni di recupero e destinate alla vendita, nella fattispecie l’ammendante compostato verde che rispetti le caratteristiche negli allegati Decreto Legislativo 276/2006 essendo escluse dall’ambito dei rifiuti devono essere conferite con regolare fattura e trasportate con bolla di accompagnamento….”.

Dopo questa  premessa l’amministrazione conclude però:  “…Pur nonessendo l’ammendante un rifiuto...al fine di evitare errori e mantenere la coerenza con la procedura..debba essere comunque effettuata anche l’annotazione di scarico”. L’amministrazione è consapevole che lo scarico non è dovuto ma impone ugualmente l’annotazione ovvero il cosiddetto “scarico  fittizio” ovvero uno scarico non dovuto per legge ma imposto solo dalla pubblica amministrazione; scarico che può essere suggerito ma, certo, non può essere sanzionato.

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Il “Rifiuto che viaggia”

Il Giudice, nel caso in esame, si concentra sulla mancanza del requisito primario ovvero sul fatto che il bene non è rifiuto (quale presupposto per la non applicazione della normativa sui rifiuti e dunque dei RCS).

Vero è che tra le righe della sentenza il Giudice annota altra importante caratteristica e funzione dei RCS laddove indica che “…il compost… non va considerato rifiuto bensì appunto materia prima secondaria che nella fattispecie concreta non viene venduta o trasportata in altri siti…”.

Ed infatti la funzione del Registro di Carico e Scarico (RCS) presuppone non solo l’esistenza del rifiuto ma anche il viaggio dello stesso.

È il “rifiuto che viaggia” l’oggetto dell’attenzione del legislatore e del controllo dovuto; legislatore che associa, lega, il Registro al formulario d’ identificazione dei rifiuti (FIR), documento che viaggia assieme al rifiuto[8].

RCS e FIR dialogano tra loro e non esiste RCS senza FIR e viceversa[9].

Lo scarico, in particolare, va annotato quando il rifiuto esce, viaggia per essere trasferito, smaltito altrove[10].

La lettura in combinato disposto degli articoli 190, 193 Decreto Legislativo 152/2006 e del DM 148/98 stabilisce che in fase di scarico devono essere annotati sul Registro il numero di formulario e la data di effettuazione del Trasporto.

L’allegato C-C1 III del DM 148/1998 prevede che nella prima colonna debba essere contrassegnata l’operazione di carico o scarico, in senso disgiuntivo, ed inoltre “.. nel caso di scaricodevono essere indicati il numero di formulario, la data di effettuazione del trasporto ed il riferimento alla registrazione di carico dei rifiuti cui il trasposto si riferisce.…”.

La formulazione letterale del DM 148/1998 non impone, dunque, l’obbligo di annotazione dello scarico in quanto esistono ipotesi in cui lo scarico non è necessario; come nel caso in cui il materiale compostabile non è rifiuto bensì si trasforma in prodotto.

Giunto a destinazione il rifiuto recuperato  in MPS non viaggia e quindi non è accompagnato dal Formulario; l’operazione di scarico non è possibile ed è bastevole l’indicazione nel campo “annotazioni” (quinta colonna) della indicazione che rilevi la presenza di MPS.

Così ha agito Il ricorrente indicando il carico in R3 e annotando la “produzione in proprio”. Il ricorrente infatti ha effettuato il carico, registrato, e compilato il FIR per il viaggio fino alla destinazione.

Diversamente  Il ricorrente avrebbe dovuto compilare uno scarico nel RCS senza annotare il numero di formulario (il viaggio non c’è) esponendosi alla sanzione per omessa indicazione del numero di …formulario! RCS e FIR sono collegati per legge, non esiste l’uno senza l’altro.

Nel presente caso nessuno smaltimento, nessun trasporto (che si riferisce alla fase di scarico) è avvenuto bensì e solo il Recupero in R3 del rifiuto, trasformato in compost nel sito del recuperatore (il ricorrente) e utilizzato per i propri terreni in concimazione.

Il compost, che alla fine del processo di recupero non è più rifiuto  viene utilizzato in sede.

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“Deposito” come “scarico”

All’operazione di carico non segue necessariamente uno scarico.

Bisogna infatti individuare i casi in cui lo scarico non è possibile e non è dovuto. Spesso si confonde lo “scarico” con l’operazione di “deposito/stoccaggio” quasi a dire che il deposito stesso del materiale in azienda costituisce lo scarico richiesto.

Frutto di confusione è l’assimilazione del “deposito” con lo “scarico”.

Tuttavia lo “Scarico” richiesto dal legislatore non è assimilato al “deposito”; nessuna indicazione normativa è rinvenibile in proposito e pertanto tale posizione è frutto di errata comprensione della funzione del RCS.

 

Altro caso: Inceneritori

Il percorso  del rifiuto,  nel caso  degli  inceneritori,  rappresenta  altra  ipotesi  che conferma l’esistenza di casi in cui non è possibile registrare lo “scarico” e costituisce esempio della confusa coincidenza tra “deposito[11]” e “scarico”.

Si pensi alle ipotesi in cui il rifiuto viene caricato (RCS) nell’inceneritore e trasformato in energia.

Il Rifiuto entra in impianto (Carico) con un determinato  CER e viene introdotto nell’inceneritore il quale “brucia” quel rifiuto.

All’uscita del processo quel rifiuto con quel CER non esiste più perché sono state prodotte ceneri che hanno altro e diverso CER.

Il rifiuto in ingresso non esiste più e non viaggia.

Il rifiuto in uscita acquista un nuovo nome, un nuovo CER che deve essere pertanto nuovamente caricato nel Registro per prepararsi al suo viaggio.

Ecco che si realizza nuovo carico del nuovo rifiuto con diverso CER munito di regolare

FIR che viene trasportato allo smaltimento.

Anche in questo caso l’amministrazione locale si aggrappa al dogma che “ad ogni carico corrisponde uno scarico” e sostiene che lo scarico deve essere annotato in quanto il rifiuto in ingresso viene depositato prima dell’incenerimento, prima del carico sulla tramoggia.

Ancora la confusione tra deposito/stoccaggio e scarico.

Il deposito del materiale non comporta lo scarico del materiale sul Registro di carico e scarico.

Lo scarico avviene solo in presenza di un rifiuto che viaggia.

Il viaggio del rifiuto è l’oggetto della tutela del legislatore e scaricare non significa depositare. Ciò significa che esistono dei casi in cui lo scarico non può e non deve essere effettuato proprio perché manca uno dei due requisiti od entrambi (qualifica di rifiuto e viaggio).

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Conclusioni

A dire il vero tali questioni potrebbero essere risolte alla radice avanti alla amministrazione.

Non sempre abbiamo il caso fortunato di risolvere una questione spinosa, senza precedenti giurisprudenziali, e soprattutto dal valore economico irrisorio[12].

Ebbene grazie alla contingenza di vari fattori favorevoli si auspica di veder riconosciute alle amministrazioni le ipotesi in cui lo scarico non è dovuto.

 

[1] Da tempo infatti il nostro legislatore ha creato un reticolo di opportunità e benefici tesi anche a scoraggiare il cittadino all’azione, al contenzioso. Si pensi alle sanzioni in violazione del codice della strada il cui pagamento entro 5 giorni dalla contestazione beneficia della riduzione del 5% dell’importo dovuto.

Il legislatore si è premurato di alzare i costi del contenzioso e nel contempo di beneficiare il cittadino con la riduzione delle sanzioni a fronte del pagamento immediato delle stesse; pagamento immediato e senza contestazioni.

[2] Art. 258 comma 5 vigente al 2007: “.. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

[3] In regime di procedura semplificata ovvero ai sensi del DM 5/2/1998.

[4] Il ricorrente è autorizzato al Recupero (R3) per il codice 200201 - come indicato nel DM 5.2.1998 ovvero: “rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale”.

[5] Formulario  di Identificazione  del Rifiuto. La Provincia  depositava  copia di alcuni FIR che recavano l’ intestazione del produttore, trasportatore e destinatario nella ditta del ricorrente.

[6] R3 indica che il materiale è destinato al recupero per compostaggio.

[7] Materie prime secondarie. Non si affronta in questa sede la questione relativa alle MPS che all’epoca della contestazione  trovavano disciplina nell’art. 181 Dlgs. 152/2006. Solo con la riforma del Dlgs. 4/2008 veniva inserito l’art. 181 bis (Materie, sostanze e prodotti secondari).

[8] Recita l’art. 190 comma 3 vigente al 2007: “…I  registri   integrati    con  i  formulari  di cui all’articolo  193  relativi  al trasporto dei rifiuti sono conservati per  cinque  anni  dalla

data dell’ultima registrazione…”

[9] Per comprendere la questione sollevata bisogna chiarire che : “la funzione dei registri è quella di consentire  un controllo  sulla natura e sulla qualità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati o smaltiti, ai fini di adottare le dovute cautele nelle relative operazioni” (Cass. civ. Sez. II Sent., 26-11-2008, n. 28236).

[10] Art. 193 comma 9 Dlgs. 152/2006. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

[11] Deposito inteso letteralmente.

[12] L’instaurazione di una causa dal valore economico irrisorio provoca di per se’, ormai, un atteggiamento di disfavore, di rimprovero implicito verso il difensore.