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La riforma della responsabilità professionale del personale medico e sanitario. Il tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 8). Problemi applicativi

La riforma della responsabilità professionale del personale medico e sanitario. Il tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 8). Problemi applicativi
La riforma della responsabilità professionale del personale medico e sanitario. Il tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 8). Problemi applicativi

Abstract: Le autrici affrontano la problematiche connesse all’articolo 8 della emananda legge sulla responsabilità medica e sanitaria,  valutando le criticità connesse all’utilizzo del ricorso ex articolo 696 bis codice procedura civile - che è strumento di istruzione preventiva- quale condizione di procedibilità della domanda

 

È ormai arrivata alla fase finale la riforma della responsabilità  professionale dei professionisti medici e sanitari. Si tratta di una normativa che prende le mosse dallo studio fatto  dalla Commissione nominata nel marzo 2015 dal Ministro della Salute e che, partendo dalla c.d. Legge Balduzzi, ne ha ampliato la portata.

Particolare attenzione merita l’art. 8, che impone il tentativo obbligatorio di conciliazione che prende il posto della negoziazione e della mediazione.

“1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696 bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento…”

Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile diventa, quindi, condizione di procedibilità dell’azione.

-Il ricorso ex art. 696 bis  nel Codice di Procedura civile

Si tratta di uno strumento introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 2 del Decreto Legge 14.3.2005 n. 35, come modificato dall’allegato alla Legge 14.5.2005 n. 80 allo scopo di deflazionare il contenzioso giudiziario. Per quanto riguarda i presupposti applicativi, a differenza dell'accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 cpc, la consulenza tecnica preventiva disciplinata dall’articolo 696 bis Codice di Procedura Civile non richiede per il suo espletamento il periculum in mora (è lo stesso legislatore che esordisce nel primo comma dell’art.696 bis Codice di Procedura Civile con l’espressione “ anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696”) ovvero il pericolo che nell'attesa dell'instaurazione del processo di merito gli elementi di prova vengano dispersi. 

-requisiti di ammissibilità:

La giurisprudenza non ha mai avuto in orientamento univoco in ordine ai requisiti di ammissibilità del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile.

Una parte ritiene debba escludersi l’ammissibilità di tale ricorso quando la decisione della causa dipenda dalla soluzione di questioni giuridiche complesse o dall’accertamento di fatti estranei all’ambito delle indagini di natura tecnica (Tribunale di Pavia 14 luglio 2008, Tribunale di Macerata, 12 novembre 2015, Tribunale di Imperia, 25 agosto 2015, Tribunale di Roma, 29 maggio 2015, Tribunale di Spoleto, 18 maggio 2015).

In altre parole, presupposto per la concessione  della misura richiesta ai sensi dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile è che la controversia abbia come unico punto di dissenso la questione tecnica che costituisce oggetto dell’accertamento tecnico, non residuando – sulla base di un giudizio prognostico – altre questioni controverse tra le parti (Tribunale di Rimini 13 luglio 2010; Tribunale di Varese 14 maggio 2010, Foro it., Le banche dati, archivio Merito ed extra).

Sulla stessa posizione è la recente ordinanza della Terza Sezione del Tribunale di Roma del 26  marzo 2015, laddove ha ritenuto che  il ricorso ex art. 696 bis risulta ammissibile solo quando l’assegnazione dell’incarico al consulente di ufficio sia idoneo a risolvere la controversia sull’an e sul quantum e questo sia possibile in quanto gli accertamenti abbiano un elevato grado di fattualità.

Nel caso in esame, l’atto introduttivo era stato proposto dagli eredi di una donna deceduta nei confronti di un medico radiologo. I ricorrenti avevano chiesto che il giudice accertasse “se vi sia stata un'errata diagnosi, se vi sia nesso causale fra l'errata diagnosi e l'evento morte, se vi sia stata imperizia dei medici, se vi sia nesso causale fra tale imperizia e la non corretta diagnosi, se vi sia stata errata terapia”, e, in ultimo, se erano derivati  danni di natura anche non patrimoniale per gli eredi.

Il giudice ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto “ le domande dei ricorrenti sono incompatibili logicamente e giuridicamente con il mezzo prescelto” in quanto  per l’ammissibilità è necessario che non sussista un radicale e profondo contrasto tra le parti sulla esistenza stessa  del credito, prima ancora che sulla sua quantificazione e non si richiedano indagini complesse non solo in fatto ma anche in diritto,  che non possono essere risolte dal ctu.

Un’altra parte della giurisprudenza, al contrario,ha accolto un’interpretazione estensiva della norma, secondo cui può ammettersi il  procedimento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile anche a fronte di contestazioni inerenti all’an della pretesa, ossia rilevanti sotto il profilo della sussistenza della responsabilità ovvero della «riferibilità causale» di un evento dannoso ad una determinata condotta ( Tribunale di Arezzo 4 luglio 2011, Foro it., Le banche dati, archivio Merito ed extra; Tribunale di Busto Arsizio-Gallarate 25 maggio 2010 Resp. civ., 2010, 2322, con nota R. Muroni, La duplice funzione della consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. ai fini della definizione del relativo ambito di applicazione), a condizione che esso sia idoneo all’acquisizione di elementi tecnici risolutivi non solo del quantificazione ma anche dell’accertamento del credito derivante dalla inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte (Tribunale di  Parma 22 settembre 2014, Tribunale di Monza, 17 marzo 2015, Tribunale di Milano, 17 febbraio 2015, Tribunale di Verona, 14 gennaio 2016).

Merita attenzione, una decisione del Tribunale di Milano del 13 aprile 2011, laddove ritiene che i presupposti di ammissibilità della consulenza tecnica preventiva devono necessariamente essere ancorati al fumus boni iuris del diritto tutelando nel successivo ed eventuale giudizio di merito, essendo altrimenti rimesso l’istituto al mero arbitrio del ricorrente. La decisione del Tribunale di Milano respinge sia la tesi estensiva (ovvero ammissibilità della Consulenza Tecnica preventiva prescindendo sia dal periculum in mora, sia dal fumus boni iuris, sia dall’effettiva volontà conciliativa delle parti, per essere ogni questione relativa all’ammissibilità dell’istituto rimessa al giudice dell’eventuale successivo giudizio di merito), sia la tesi restrittiva (secondo cui l’istituto non può trovare applicazione qualora la parte resistente contesti l’an debeatur della pretesa). La sentenza del Tribunale Amministrativo Regione Lazio, Roma n. 3753/2013 richiama le conclusioni cui perviene la decisione del Tribunale Milano del 13 aprile 2011.

Il Tribunale di Milano osserva che la tesi estensiva apre la strada a consulenze tecniche esplorative ad ampio raggio in contrasto con i fini deflattivi della riforma del 2005, mentre la tesi restrittiva rimette l’applicabilità dell’istituto al mero arbitrio della parte resistente. Ne consegue che - secondo l’ordinanza del Tribunale di Milano del 13 aprile 2011 - il ricorso al procedimento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile è esperibile soltanto in presenza di tutti i presupposti di  ammissibilità richiesti dalla disposizione in esame e per gli altri strumenti di istruzione preventiva (quindi si può prescindere dal presupposto del periculum in mora, ma non dal presupposto del fumus boni iuris). Pertanto, il Tribunale di Milano evidenzia un carattere di strumentalità e provvisorietà dell’istituto in esame, sia pure attenuata dalla finalità conciliativa propria dell’istituto: infatti, il provvedimento che dispone la Consulenza Tecnica preventiva è un atto istruttorio funzionalmente collegato (e strumentale) al diritto di cui si chiederà la tutela nel successivo (ed eventuale) giudizio di merito. Sempre il Tribunale di Milano rileva che la consulenza tecnica preventiva espletata ai sensi dell’art. 696 bis non pregiudica le questioni relative alla sua ammissibilità e rilevanza nel futuro giudizio di merito, né impedisce la sua rinnovazione nel giudizio di merito; che, conseguentemente, nel ricorso ex art. 696 bis  dovrà essere indicata - a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio - l’azione che sarà esercitata nel giudizio di merito. In definitiva, appare condivisibile l’orientamento espresso nel 2011 dal Tribunale di Milano poiché vengono sottolineate la finalità conciliativa dell’istituto ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, ma al tempo stesso la rilevanza e la collocazione sistematica della disposizione in commento nell’ambito delle norme sui procedimenti cautelari, dal che deriva che il nesso di strumentalità con il giudizio di merito continua a permanere, sia pure notevolmente affievolito, con ciò evitandosi l’ingresso nel procedimento civile di accertamenti tecnici meramente esplorativi. Da ciò la necessità che il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. sia comunque sorretto dal fumus boni iuris per poter essere ritenuto ammissibile.

-inapplicabilità dell’istituto del reclamo:

Oltre a questa difformità di orientamenti giurisprudenziali in ordine all’ammissibilità del ricorso, va rilevato che la giurisprudenza maggioritaria ritiene inapplicabile l’istituto del reclamo in caso di rigetto del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, non essendo prevista alcuna impugnazione avverso tale provvedimento ( Tribunale di Reggio Emilia, 19 gennaio 2012, in De Jure). L’ordinamento, infatti, non prevede uno specifico rimedio avverso il provvedimento del rigetto dell’istanza formulta ai sensi dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile.

A questo, poi, si deve aggiungere la considerazione che il provvedimento di rigetto dell’instanza di consulenza non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi né, tantomeno, pregiudica il diritto alla prova o la possibilità di conciliazione (Corte di Cassazione, 7 marzo 2013 n. 5698 in De  Jure).

Ancora più rigida è l’ordinanza del Tribunale di Bari, sezione I, del 15 ottobre 2013 la quale, decidendo su un reclamo avverso un provvedimento di  inammissibilità di un ricorso  ex art. 696 bis 7, ha  ritenuto l’ordinanza a quo non impugnabile perché tale rimedio non è previsto da alcuna norma né, tantomeno, può estendersi, per analogia, il rimedio diverso della reclamabilità delle ordinanze di rigetto di atp ex art. 696 Codice di Procedura Civile ai provvvedimenti di rigetto della richiesta di Accertamento Tecnico preventivo formulta in sede di ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura civile, difettando in questi ultimi il requisito dell’urgenza proprio dell’Accertamento Tecnico preventivo ex art. 696 Codice di Procedura civile.

La Consulenza Tecnica ex art. 696 bis, infatti, avendo un fine meramente conciliativo, difetta dei requisiti di urgenza e /o del pericolo di dispersione della prova tipici dei rimedi cautelari, che sono invece propri della atp ex art. 696 Codice di rito. Per il principio di tipicità dei provvedimenti impugnabili, questi devono essere espressamente previsti da un provvedimento legislativo ovvero da sentenze della Corte Costituzionale.  Non può estendersi il principio stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 144 del 2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità degli artt. 669 quaterdecies e 695 Codice di Procedura Civile “nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza dell’assunzione preventiva dei mezzi istruttori di cui agli artt. 692 e 696 c.p.c.”

Non si può, di conseguenza, applicare  mediante la cd analogia legis, uno strumento diverso da quello non previsto espressamente. La stessa Corte di Cassazione, del resto, ha affermato che il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile condivide con l’Accertamento Tecnico preventivo ex art. 696  la sola strumentalità e provvisorietà del rimedio, mentre si differenza da quest’ultima per la carenza dell’urgenza che, invece, è propria della atp ex art. 696  Codice di Procedura Civile, con la conseguenza che il provvedimento di rigetto non è impugnabile anche con riferimento all’art. 111 Costituzione (  Corte di Cassazione Civ. Ordinanza n. 5698/13).

Ancora più chiara è l’ordinanza del Tribunale di Siracusa, II Sezione, del 7 ottobre 2010, laddove ha dichiarato inammissibile il reclamo avvesro l’ordinanza di  accertamento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile in quanto “l’invocato istituto del reclamo, introdotto dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, attraverso l’inserimento nel codice di rito dell’art. 669 terdecies cpc, il quale – non a caso – risulta intitolato “reclamo contro i provvedimenti cautelari”, è intimamente connnesso al sistema di tutela cautelare, che proprio in quella novella ricevette una sua compiuta regolazione… L’istituto dell’istruzione preventiva non urgente a fini conciliativi di cui ll’art. 696 bis cpc … non risponde ad esigenze cautelari, potendo essere utlizzata “anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696 cpc” , ma persegue finalità deflattive del contenzioso”.

Posto che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’ordinanza di inammissibilità non è reclamabile, occorre valutare se il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile sia riproponibile.

L’art. 669 septies Codice di Procedura Civile prevede la presentazione di un nuovo ricorso, purchè sopravvengano fatti costitutivi del diritto oppure si utilizzino nuove prove in ordine agli stessi fatti.

Va, tuttavia, preliminarmente, osservato che l’art. 669 septies  indica chiaramente che vi deve essere un’ordinanza di rigetto di un provvedimento cautelare. Tenuto conto che il ricorso ex art. 689 bis Codice di Procedura Civile non  rientra tra le istanze cautelari,  applicando il ragionamento sopra esposto, appare evidente che, essendo il reclamo il rimedio ammesso contro il rigetto delle ordinanze ex art. 669 septies Codice di Procedura Civile, il ricorso ex art. 689 bis, una volta dichiarato inammissibile, non potrebbe essere ripresentato.

-Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile  nell’art. 8: condizione di procedibilità

Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura civile  prevede che “L’ espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione di crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.

Si tratta di uno strumento di istruzione preventiva e non cautelare, come  evidenziato dalla giurisprudenza.

L’art. 8 della emananda legge sulla responsabilità medica e sanitaria, tuttavia, disponendo che il ricorso ex art. 696 bis  è condizione di procedibilità della domanda, ne muta la natura.  Proprio in quanto  elemento sine qua non della procedibilità, perde la funzione preventiva non urgente a fini conciliativi oltrechè la provvisorietà. Una volta espletata la atp ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, infatti, il procedimento, in caso di mancata conciliazione, prosegue con le regole di cui all’art. 702 bis cpc, dove la consulenza espletata nella fase  preventiva,  nella grande maggioranza dei casi, viene fatta propria in quella sommaria.

Allo stesso modo, poiché la presentazione del ricorso costituisce condizione di procedibilità, è evidente che la giurisprudenza dovrà seguire la tesi del Tribunale di Milano del 2011, con la conseguenza che, anche in presenza di contestanzioni nell’an e nel quantum che richiedono una valutazione non solo tecnica ma anche di diritto, dovrà essere ritenuto ammissibile perché così prevederà la legge.

Quanto ai requisiti del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, dovrà contenere l’indicazione del fumus boni iuris a sostegno della richiesta.   Va rilevato, tuttavia, che il comma 2 dell’art. 8 prevede, chiaramente, che la sola presentazione del ricorso costituisce condizione di procedibilità della domanda, con la conseguenza che, ove sia dichiarato inammissibile, la domanda dovrebbe diventare procedibile e può essere promosso il ricorso ex art. 702 bis cpc.

Una diversa interpretazione, infatti, sarebbe gravemente lesiva del diritto della persona che ritiene di  avere diritto ad un risarcimento a seguito di un  atto medico sanitario. Se, come sopra osservato,  l’ordinanza di rigetto del ricorso non è impugnabile né riproponibile, l’unica possibilità è quella di ritenere adempiuta la condizione con la sola presentazione del ricorso, anche se questo viene dichiarato inammissibile.

Non a caso, infatti, il successivo comma 3 dell’art. 8, dispone che “ Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice  che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’art. 702 bis cpc. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli  702 bis e seguenti del codice di procedura civile”.

-Il ricorso ex art. 702 bis Codice di Procedura Civile

Sulla natura di tale procedimento,  la giurisprudenza è ormai orientata a qualificarlo come un rito speciale o “semplificato” di cognizione piena ( Corte di Cassazione, sentenza n. 3 del 2012) alternativo a quello ordinario,  dal momento che nella sua destinazione “ prevale la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, rispetto alle funzioni che sono proprie dei procedimenti sommari, ma sono completamente assenti dal profilo legislativo di questo istituto “

(Tribunale di Varese, ordinanza del 18 novembre 2009).

Con il Decreto Legge n. 132 del 2014, il cd “decreto giustizia”, convertito dalla legge n. 162 del 2014,   è stato modificato anche l’art. 702 bis Codice di Procedura Civile, inserendo nel codice di procedura civile l’art. 183 bis, rubricato “Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione”, attribuendo al giudice la facoltà di conversione del rito ex art. 702 bis Codice di Procedura Civile, laddove la ritenga opportuna, “valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria”.

In materia di responsabilità medica e sanitaria, quindi,  nel caso in cui il giudicante ravvisasse che la situazione è troppo complessa per essere  definita con il rito “semplificato”,  potrebbe disporre il passaggio al rito ordinario.

L’ultimo comma dell’art. 8 contribuisce a rafforzare l’interpretazione estensiva dei requisiti di ammissibilità dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile: “ La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’art. 10. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce  il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.

La locuzione “con il provvedimento che definisce il giudizio”,  induce a ritenere ammissibile il passaggio al rito ordinario, ex art. 183 bis Codice di Procedura civile, dal momento che non parla di ordinanza ma di provvedimento.

Va, peraltro, rilevato che imporre la partecipazione alla procedura conciliativa a tutte le parti – che, in caso di mancata costituzione, verranno condannate alle spese anche in caso di vittoria- appare in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, laddove prevede che “tutti possono agire in giudizio” e non devono  stare in un giudizio.

L’ordinanza emessa ex art. 702 bis Codice di Procedura civile può essere impugnata, ex art. 702 quater, con atto di citazione ( Cassazione civile, sezione VI, I Sottosezione, 15 dicembre 2014 n. 26326).

A parere di chi scrive, dal momento che il testo è attualmente al vaglio del Senato, sarebbe auspicabile che venisse modificato l’art. 8 mediante aggiungendo che l’ordinanza di inammissibilità del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile è reclamabile. Solo così, infatti, si potrebbe avere la certezza del diritto. Ritenere che la sola presentazione del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile soddisfi la condizione di procedibilità porrà problemi grandi problemi applicativi.

Abstract: Le autrici affrontano la problematiche connesse all’articolo 8 della emananda legge sulla responsabilità medica e sanitaria,  valutando le criticità connesse all’utilizzo del ricorso ex articolo 696 bis codice procedura civile - che è strumento di istruzione preventiva- quale condizione di procedibilità della domanda

 

È ormai arrivata alla fase finale la riforma della responsabilità  professionale dei professionisti medici e sanitari. Si tratta di una normativa che prende le mosse dallo studio fatto  dalla Commissione nominata nel marzo 2015 dal Ministro della Salute e che, partendo dalla c.d. Legge Balduzzi, ne ha ampliato la portata.

Particolare attenzione merita l’art. 8, che impone il tentativo obbligatorio di conciliazione che prende il posto della negoziazione e della mediazione.

“1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696 bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento…”

Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile diventa, quindi, condizione di procedibilità dell’azione.

-Il ricorso ex art. 696 bis  nel Codice di Procedura civile

Si tratta di uno strumento introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 2 del Decreto Legge 14.3.2005 n. 35, come modificato dall’allegato alla Legge 14.5.2005 n. 80 allo scopo di deflazionare il contenzioso giudiziario. Per quanto riguarda i presupposti applicativi, a differenza dell'accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 cpc, la consulenza tecnica preventiva disciplinata dall’articolo 696 bis Codice di Procedura Civile non richiede per il suo espletamento il periculum in mora (è lo stesso legislatore che esordisce nel primo comma dell’art.696 bis Codice di Procedura Civile con l’espressione “ anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696”) ovvero il pericolo che nell'attesa dell'instaurazione del processo di merito gli elementi di prova vengano dispersi. 

-requisiti di ammissibilità:

La giurisprudenza non ha mai avuto in orientamento univoco in ordine ai requisiti di ammissibilità del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile.

Una parte ritiene debba escludersi l’ammissibilità di tale ricorso quando la decisione della causa dipenda dalla soluzione di questioni giuridiche complesse o dall’accertamento di fatti estranei all’ambito delle indagini di natura tecnica (Tribunale di Pavia 14 luglio 2008, Tribunale di Macerata, 12 novembre 2015, Tribunale di Imperia, 25 agosto 2015, Tribunale di Roma, 29 maggio 2015, Tribunale di Spoleto, 18 maggio 2015).

In altre parole, presupposto per la concessione  della misura richiesta ai sensi dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile è che la controversia abbia come unico punto di dissenso la questione tecnica che costituisce oggetto dell’accertamento tecnico, non residuando – sulla base di un giudizio prognostico – altre questioni controverse tra le parti (Tribunale di Rimini 13 luglio 2010; Tribunale di Varese 14 maggio 2010, Foro it., Le banche dati, archivio Merito ed extra).

Sulla stessa posizione è la recente ordinanza della Terza Sezione del Tribunale di Roma del 26  marzo 2015, laddove ha ritenuto che  il ricorso ex art. 696 bis risulta ammissibile solo quando l’assegnazione dell’incarico al consulente di ufficio sia idoneo a risolvere la controversia sull’an e sul quantum e questo sia possibile in quanto gli accertamenti abbiano un elevato grado di fattualità.

Nel caso in esame, l’atto introduttivo era stato proposto dagli eredi di una donna deceduta nei confronti di un medico radiologo. I ricorrenti avevano chiesto che il giudice accertasse “se vi sia stata un'errata diagnosi, se vi sia nesso causale fra l'errata diagnosi e l'evento morte, se vi sia stata imperizia dei medici, se vi sia nesso causale fra tale imperizia e la non corretta diagnosi, se vi sia stata errata terapia”, e, in ultimo, se erano derivati  danni di natura anche non patrimoniale per gli eredi.

Il giudice ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto “ le domande dei ricorrenti sono incompatibili logicamente e giuridicamente con il mezzo prescelto” in quanto  per l’ammissibilità è necessario che non sussista un radicale e profondo contrasto tra le parti sulla esistenza stessa  del credito, prima ancora che sulla sua quantificazione e non si richiedano indagini complesse non solo in fatto ma anche in diritto,  che non possono essere risolte dal ctu.

Un’altra parte della giurisprudenza, al contrario,ha accolto un’interpretazione estensiva della norma, secondo cui può ammettersi il  procedimento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile anche a fronte di contestazioni inerenti all’an della pretesa, ossia rilevanti sotto il profilo della sussistenza della responsabilità ovvero della «riferibilità causale» di un evento dannoso ad una determinata condotta ( Tribunale di Arezzo 4 luglio 2011, Foro it., Le banche dati, archivio Merito ed extra; Tribunale di Busto Arsizio-Gallarate 25 maggio 2010 Resp. civ., 2010, 2322, con nota R. Muroni, La duplice funzione della consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. ai fini della definizione del relativo ambito di applicazione), a condizione che esso sia idoneo all’acquisizione di elementi tecnici risolutivi non solo del quantificazione ma anche dell’accertamento del credito derivante dalla inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte (Tribunale di  Parma 22 settembre 2014, Tribunale di Monza, 17 marzo 2015, Tribunale di Milano, 17 febbraio 2015, Tribunale di Verona, 14 gennaio 2016).

Merita attenzione, una decisione del Tribunale di Milano del 13 aprile 2011, laddove ritiene che i presupposti di ammissibilità della consulenza tecnica preventiva devono necessariamente essere ancorati al fumus boni iuris del diritto tutelando nel successivo ed eventuale giudizio di merito, essendo altrimenti rimesso l’istituto al mero arbitrio del ricorrente. La decisione del Tribunale di Milano respinge sia la tesi estensiva (ovvero ammissibilità della Consulenza Tecnica preventiva prescindendo sia dal periculum in mora, sia dal fumus boni iuris, sia dall’effettiva volontà conciliativa delle parti, per essere ogni questione relativa all’ammissibilità dell’istituto rimessa al giudice dell’eventuale successivo giudizio di merito), sia la tesi restrittiva (secondo cui l’istituto non può trovare applicazione qualora la parte resistente contesti l’an debeatur della pretesa). La sentenza del Tribunale Amministrativo Regione Lazio, Roma n. 3753/2013 richiama le conclusioni cui perviene la decisione del Tribunale Milano del 13 aprile 2011.

Il Tribunale di Milano osserva che la tesi estensiva apre la strada a consulenze tecniche esplorative ad ampio raggio in contrasto con i fini deflattivi della riforma del 2005, mentre la tesi restrittiva rimette l’applicabilità dell’istituto al mero arbitrio della parte resistente. Ne consegue che - secondo l’ordinanza del Tribunale di Milano del 13 aprile 2011 - il ricorso al procedimento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile è esperibile soltanto in presenza di tutti i presupposti di  ammissibilità richiesti dalla disposizione in esame e per gli altri strumenti di istruzione preventiva (quindi si può prescindere dal presupposto del periculum in mora, ma non dal presupposto del fumus boni iuris). Pertanto, il Tribunale di Milano evidenzia un carattere di strumentalità e provvisorietà dell’istituto in esame, sia pure attenuata dalla finalità conciliativa propria dell’istituto: infatti, il provvedimento che dispone la Consulenza Tecnica preventiva è un atto istruttorio funzionalmente collegato (e strumentale) al diritto di cui si chiederà la tutela nel successivo (ed eventuale) giudizio di merito. Sempre il Tribunale di Milano rileva che la consulenza tecnica preventiva espletata ai sensi dell’art. 696 bis non pregiudica le questioni relative alla sua ammissibilità e rilevanza nel futuro giudizio di merito, né impedisce la sua rinnovazione nel giudizio di merito; che, conseguentemente, nel ricorso ex art. 696 bis  dovrà essere indicata - a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio - l’azione che sarà esercitata nel giudizio di merito. In definitiva, appare condivisibile l’orientamento espresso nel 2011 dal Tribunale di Milano poiché vengono sottolineate la finalità conciliativa dell’istituto ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, ma al tempo stesso la rilevanza e la collocazione sistematica della disposizione in commento nell’ambito delle norme sui procedimenti cautelari, dal che deriva che il nesso di strumentalità con il giudizio di merito continua a permanere, sia pure notevolmente affievolito, con ciò evitandosi l’ingresso nel procedimento civile di accertamenti tecnici meramente esplorativi. Da ciò la necessità che il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. sia comunque sorretto dal fumus boni iuris per poter essere ritenuto ammissibile.

-inapplicabilità dell’istituto del reclamo:

Oltre a questa difformità di orientamenti giurisprudenziali in ordine all’ammissibilità del ricorso, va rilevato che la giurisprudenza maggioritaria ritiene inapplicabile l’istituto del reclamo in caso di rigetto del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, non essendo prevista alcuna impugnazione avverso tale provvedimento ( Tribunale di Reggio Emilia, 19 gennaio 2012, in De Jure). L’ordinamento, infatti, non prevede uno specifico rimedio avverso il provvedimento del rigetto dell’istanza formulta ai sensi dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile.

A questo, poi, si deve aggiungere la considerazione che il provvedimento di rigetto dell’instanza di consulenza non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi né, tantomeno, pregiudica il diritto alla prova o la possibilità di conciliazione (Corte di Cassazione, 7 marzo 2013 n. 5698 in De  Jure).

Ancora più rigida è l’ordinanza del Tribunale di Bari, sezione I, del 15 ottobre 2013 la quale, decidendo su un reclamo avverso un provvedimento di  inammissibilità di un ricorso  ex art. 696 bis 7, ha  ritenuto l’ordinanza a quo non impugnabile perché tale rimedio non è previsto da alcuna norma né, tantomeno, può estendersi, per analogia, il rimedio diverso della reclamabilità delle ordinanze di rigetto di atp ex art. 696 Codice di Procedura Civile ai provvvedimenti di rigetto della richiesta di Accertamento Tecnico preventivo formulta in sede di ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura civile, difettando in questi ultimi il requisito dell’urgenza proprio dell’Accertamento Tecnico preventivo ex art. 696 Codice di Procedura civile.

La Consulenza Tecnica ex art. 696 bis, infatti, avendo un fine meramente conciliativo, difetta dei requisiti di urgenza e /o del pericolo di dispersione della prova tipici dei rimedi cautelari, che sono invece propri della atp ex art. 696 Codice di rito. Per il principio di tipicità dei provvedimenti impugnabili, questi devono essere espressamente previsti da un provvedimento legislativo ovvero da sentenze della Corte Costituzionale.  Non può estendersi il principio stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 144 del 2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità degli artt. 669 quaterdecies e 695 Codice di Procedura Civile “nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza dell’assunzione preventiva dei mezzi istruttori di cui agli artt. 692 e 696 c.p.c.”

Non si può, di conseguenza, applicare  mediante la cd analogia legis, uno strumento diverso da quello non previsto espressamente. La stessa Corte di Cassazione, del resto, ha affermato che il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile condivide con l’Accertamento Tecnico preventivo ex art. 696  la sola strumentalità e provvisorietà del rimedio, mentre si differenza da quest’ultima per la carenza dell’urgenza che, invece, è propria della atp ex art. 696  Codice di Procedura Civile, con la conseguenza che il provvedimento di rigetto non è impugnabile anche con riferimento all’art. 111 Costituzione (  Corte di Cassazione Civ. Ordinanza n. 5698/13).

Ancora più chiara è l’ordinanza del Tribunale di Siracusa, II Sezione, del 7 ottobre 2010, laddove ha dichiarato inammissibile il reclamo avvesro l’ordinanza di  accertamento ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile in quanto “l’invocato istituto del reclamo, introdotto dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, attraverso l’inserimento nel codice di rito dell’art. 669 terdecies cpc, il quale – non a caso – risulta intitolato “reclamo contro i provvedimenti cautelari”, è intimamente connnesso al sistema di tutela cautelare, che proprio in quella novella ricevette una sua compiuta regolazione… L’istituto dell’istruzione preventiva non urgente a fini conciliativi di cui ll’art. 696 bis cpc … non risponde ad esigenze cautelari, potendo essere utlizzata “anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696 cpc” , ma persegue finalità deflattive del contenzioso”.

Posto che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’ordinanza di inammissibilità non è reclamabile, occorre valutare se il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile sia riproponibile.

L’art. 669 septies Codice di Procedura Civile prevede la presentazione di un nuovo ricorso, purchè sopravvengano fatti costitutivi del diritto oppure si utilizzino nuove prove in ordine agli stessi fatti.

Va, tuttavia, preliminarmente, osservato che l’art. 669 septies  indica chiaramente che vi deve essere un’ordinanza di rigetto di un provvedimento cautelare. Tenuto conto che il ricorso ex art. 689 bis Codice di Procedura Civile non  rientra tra le istanze cautelari,  applicando il ragionamento sopra esposto, appare evidente che, essendo il reclamo il rimedio ammesso contro il rigetto delle ordinanze ex art. 669 septies Codice di Procedura Civile, il ricorso ex art. 689 bis, una volta dichiarato inammissibile, non potrebbe essere ripresentato.

-Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile  nell’art. 8: condizione di procedibilità

Il ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura civile  prevede che “L’ espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione di crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.

Si tratta di uno strumento di istruzione preventiva e non cautelare, come  evidenziato dalla giurisprudenza.

L’art. 8 della emananda legge sulla responsabilità medica e sanitaria, tuttavia, disponendo che il ricorso ex art. 696 bis  è condizione di procedibilità della domanda, ne muta la natura.  Proprio in quanto  elemento sine qua non della procedibilità, perde la funzione preventiva non urgente a fini conciliativi oltrechè la provvisorietà. Una volta espletata la atp ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, infatti, il procedimento, in caso di mancata conciliazione, prosegue con le regole di cui all’art. 702 bis cpc, dove la consulenza espletata nella fase  preventiva,  nella grande maggioranza dei casi, viene fatta propria in quella sommaria.

Allo stesso modo, poiché la presentazione del ricorso costituisce condizione di procedibilità, è evidente che la giurisprudenza dovrà seguire la tesi del Tribunale di Milano del 2011, con la conseguenza che, anche in presenza di contestanzioni nell’an e nel quantum che richiedono una valutazione non solo tecnica ma anche di diritto, dovrà essere ritenuto ammissibile perché così prevederà la legge.

Quanto ai requisiti del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile, dovrà contenere l’indicazione del fumus boni iuris a sostegno della richiesta.   Va rilevato, tuttavia, che il comma 2 dell’art. 8 prevede, chiaramente, che la sola presentazione del ricorso costituisce condizione di procedibilità della domanda, con la conseguenza che, ove sia dichiarato inammissibile, la domanda dovrebbe diventare procedibile e può essere promosso il ricorso ex art. 702 bis cpc.

Una diversa interpretazione, infatti, sarebbe gravemente lesiva del diritto della persona che ritiene di  avere diritto ad un risarcimento a seguito di un  atto medico sanitario. Se, come sopra osservato,  l’ordinanza di rigetto del ricorso non è impugnabile né riproponibile, l’unica possibilità è quella di ritenere adempiuta la condizione con la sola presentazione del ricorso, anche se questo viene dichiarato inammissibile.

Non a caso, infatti, il successivo comma 3 dell’art. 8, dispone che “ Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice  che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’art. 702 bis cpc. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli  702 bis e seguenti del codice di procedura civile”.

-Il ricorso ex art. 702 bis Codice di Procedura Civile

Sulla natura di tale procedimento,  la giurisprudenza è ormai orientata a qualificarlo come un rito speciale o “semplificato” di cognizione piena ( Corte di Cassazione, sentenza n. 3 del 2012) alternativo a quello ordinario,  dal momento che nella sua destinazione “ prevale la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, rispetto alle funzioni che sono proprie dei procedimenti sommari, ma sono completamente assenti dal profilo legislativo di questo istituto “

(Tribunale di Varese, ordinanza del 18 novembre 2009).

Con il Decreto Legge n. 132 del 2014, il cd “decreto giustizia”, convertito dalla legge n. 162 del 2014,   è stato modificato anche l’art. 702 bis Codice di Procedura Civile, inserendo nel codice di procedura civile l’art. 183 bis, rubricato “Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione”, attribuendo al giudice la facoltà di conversione del rito ex art. 702 bis Codice di Procedura Civile, laddove la ritenga opportuna, “valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria”.

In materia di responsabilità medica e sanitaria, quindi,  nel caso in cui il giudicante ravvisasse che la situazione è troppo complessa per essere  definita con il rito “semplificato”,  potrebbe disporre il passaggio al rito ordinario.

L’ultimo comma dell’art. 8 contribuisce a rafforzare l’interpretazione estensiva dei requisiti di ammissibilità dell’art. 696 bis Codice di Procedura Civile: “ La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’art. 10. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce  il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.

La locuzione “con il provvedimento che definisce il giudizio”,  induce a ritenere ammissibile il passaggio al rito ordinario, ex art. 183 bis Codice di Procedura civile, dal momento che non parla di ordinanza ma di provvedimento.

Va, peraltro, rilevato che imporre la partecipazione alla procedura conciliativa a tutte le parti – che, in caso di mancata costituzione, verranno condannate alle spese anche in caso di vittoria- appare in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, laddove prevede che “tutti possono agire in giudizio” e non devono  stare in un giudizio.

L’ordinanza emessa ex art. 702 bis Codice di Procedura civile può essere impugnata, ex art. 702 quater, con atto di citazione ( Cassazione civile, sezione VI, I Sottosezione, 15 dicembre 2014 n. 26326).

A parere di chi scrive, dal momento che il testo è attualmente al vaglio del Senato, sarebbe auspicabile che venisse modificato l’art. 8 mediante aggiungendo che l’ordinanza di inammissibilità del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile è reclamabile. Solo così, infatti, si potrebbe avere la certezza del diritto. Ritenere che la sola presentazione del ricorso ex art. 696 bis Codice di Procedura Civile soddisfi la condizione di procedibilità porrà problemi grandi problemi applicativi.