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Gli usi non distintivi del marchio altrui: la pubblicità comparativa, la nuova casistica e i principi generali che se ne possono desumere

Gli usi non distintivi del marchio altrui: la pubblicità comparativa, la nuova casistica e i principi generali che se ne possono desumere
Gli usi non distintivi del marchio altrui: la pubblicità comparativa, la nuova casistica e i principi generali che se ne possono desumere

[Relazione tenuta dal Dott. Umberto Luigi Scotti al convegno “Nuovi marchi per l’Europa”]

Abstract

Il presente lavoro si propone di affrontare l’argomento degli usi leciti del marchio altrui alla luce della normativa dell’Unione Europea e del diritto nazionale, tradizionalmente inquadrato nel contesto di un complesso di regole volte a dettare “limitazioni del diritto di marchio”.
Dopo la descrizione della previgente disciplina, nazionale ed europea, anteriore all’emanazione del Regolamento 2015/2424 e della Direttiva 2436/2015 del 16.12.2015 , si procede all’illustrazione delle principali novità normative che, per un verso, limitano alle sole persone fisiche la possibilità di utilizzare il loro nome in funzione descrittivo – informativa, per l’altro, sembrano ampliare l’ambito dell’uso lecito descrittivo del marchio per riferirsi a prodotti e servizi del titolare e accomunano il ricorso a segni e indicazioni, sotto il requisito del carattere non distintivo, affiancato all’elencazione previgente relativa alla descrizione delle caratteristiche del prodotto/servizio.
La materia degli usi leciti del marchio deve essere rivisitata alla luce dell’antitesi fra i concetti di distintività e non descrittività, che un’analisi superficiale porterebbe a contrapporre senza tener conto del fatto che non tutti gli usi non distintivi sono anche descrittivi.
L’uso descrittivo è indubbiamente non distintivo, ma vi sono anche altri usi, pur non descrittivi, in cui il ricorso al segno non avviene in funzione distintiva, e cioè al fine di contraddistinguere prodotti e servizi.
La nuova normativa europea sembra orientata nella direzione di un lieve ampliamento dei margini di liceità dell’uso scriminato del marchio altrui, attribuendo rilievo alla funzione non distintiva dell’impiego del segno.
In tema di pubblicità comparativa il legislatore dell’Unione ha rinviato per l’utilizzo del marchio altrui alle regole di correttezza dettate in sedes materiae nella Direttiva 2006/114; se sono rispettate, il marchio altrui può venir menzionato in un contesto pubblicitario comparativo; diversamente non solo la pubblicità non è corretta, ma l’uso del marchio altrui, automaticamente non conforme alle regole di lealtà commerciale, è illecito e può essere represso dal titolare come atto di contraffazione.
Si passa quindi all’esame di tutta una serie di casi ricorrenti discussi nella giurisprudenza per verificare se e in che misura la nuova normativa influisca sulle soluzioni sinora raggiunte dalle Corti europee nazionali [uso del nome/indirizzo; vendita di prodotti usati; informazione circa un elemento che compone il proprio prodotto; illustrazione del contenuto del prodotto/servizio pubblicazione specialistica, o in tema sportivo; tecnica di vendita delle tabelle di concordanza in ambito profumiero; ricorso a termini “tipo”, “simile”, “modello”; utilizzo del marchio altrui come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet (keyword advertising) riproduzione del marchio per finalità decorativo – ornamentale (modellini giocattolo, sciarpe, maglie e bandiere di una squadra); estensione in via analogica o estensiva a ipotesi diverse, senza una finalità descrittiva nella comunicazione al consumatore; destinazione di accessori o pezzi di ricambio; compatibilità sussistente fra due prodotti; parodia; pubblicità comparativa].

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[Relazione tenuta dal Dott. Umberto Luigi Scotti al convegno “Nuovi marchi per l’Europa”]

Abstract

Il presente lavoro si propone di affrontare l’argomento degli usi leciti del marchio altrui alla luce della normativa dell’Unione Europea e del diritto nazionale, tradizionalmente inquadrato nel contesto di un complesso di regole volte a dettare “limitazioni del diritto di marchio”.
Dopo la descrizione della previgente disciplina, nazionale ed europea, anteriore all’emanazione del Regolamento 2015/2424 e della Direttiva 2436/2015 del 16.12.2015 , si procede all’illustrazione delle principali novità normative che, per un verso, limitano alle sole persone fisiche la possibilità di utilizzare il loro nome in funzione descrittivo – informativa, per l’altro, sembrano ampliare l’ambito dell’uso lecito descrittivo del marchio per riferirsi a prodotti e servizi del titolare e accomunano il ricorso a segni e indicazioni, sotto il requisito del carattere non distintivo, affiancato all’elencazione previgente relativa alla descrizione delle caratteristiche del prodotto/servizio.
La materia degli usi leciti del marchio deve essere rivisitata alla luce dell’antitesi fra i concetti di distintività e non descrittività, che un’analisi superficiale porterebbe a contrapporre senza tener conto del fatto che non tutti gli usi non distintivi sono anche descrittivi.
L’uso descrittivo è indubbiamente non distintivo, ma vi sono anche altri usi, pur non descrittivi, in cui il ricorso al segno non avviene in funzione distintiva, e cioè al fine di contraddistinguere prodotti e servizi.
La nuova normativa europea sembra orientata nella direzione di un lieve ampliamento dei margini di liceità dell’uso scriminato del marchio altrui, attribuendo rilievo alla funzione non distintiva dell’impiego del segno.
In tema di pubblicità comparativa il legislatore dell’Unione ha rinviato per l’utilizzo del marchio altrui alle regole di correttezza dettate in sedes materiae nella Direttiva 2006/114; se sono rispettate, il marchio altrui può venir menzionato in un contesto pubblicitario comparativo; diversamente non solo la pubblicità non è corretta, ma l’uso del marchio altrui, automaticamente non conforme alle regole di lealtà commerciale, è illecito e può essere represso dal titolare come atto di contraffazione.
Si passa quindi all’esame di tutta una serie di casi ricorrenti discussi nella giurisprudenza per verificare se e in che misura la nuova normativa influisca sulle soluzioni sinora raggiunte dalle Corti europee nazionali [uso del nome/indirizzo; vendita di prodotti usati; informazione circa un elemento che compone il proprio prodotto; illustrazione del contenuto del prodotto/servizio pubblicazione specialistica, o in tema sportivo; tecnica di vendita delle tabelle di concordanza in ambito profumiero; ricorso a termini “tipo”, “simile”, “modello”; utilizzo del marchio altrui come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet (keyword advertising) riproduzione del marchio per finalità decorativo – ornamentale (modellini giocattolo, sciarpe, maglie e bandiere di una squadra); estensione in via analogica o estensiva a ipotesi diverse, senza una finalità descrittiva nella comunicazione al consumatore; destinazione di accessori o pezzi di ricambio; compatibilità sussistente fra due prodotti; parodia; pubblicità comparativa].

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