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Il difficile discrimine tra la condotta di rapina propria e il furto con strappo alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali

Il difficile discrimine tra la condotta di rapina propria e il furto con strappo alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali
Il difficile discrimine tra la condotta di rapina propria e il furto con strappo alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali

Abstract

Nelle fattispecie di rapina e di furto con strappo, la volontà del reo è rappresentata dalla medesima condotta violenta finalizzata all’ingiusto profitto, si richiede dunque che l’organo giudicante proceda ad un’attenta valutazione di tutti gli elementi circostanziali ambientali e volitivi del caso concreto.

La finalità di detta valutazione è mirata ad accertare se la condotta dell’agente fosse indirizzata al solo impossessamento della cosa mobile altrui, così configurando la più tenue fattispecie di furto con strappo, o se la violenza sia stata posta in essere al fine di determinare la vittima ad agire contro la sua volontà integrando la diversa e più grave fattispecie di rapina.

 

1. La violenza nella rapina e nel furto con strappo

Il delitto di rapina è finalizzato all’ingiusto profitto e può commettersi indifferentemente mediante l’uso della violenza o della minaccia, di cui la prima è espressione di un’energia fisica idonea a provocare la coazione personale della vittima, mentre la seconda,  è rappresentata da una qualsiasi azione  idonea a indurre nella persona offesa la prospettazione di un male futuro.

A tal proposito si è precisato [Corte di Cassazione Sezione II 23 Gennaio 2016 Numero 3366] che, la violenza necessaria per l’integrazione  dell’elemento materiale della rapina, può consistere anche in una semplice spinta in danno della vittima, finalizzata a realizzare l’impossessamento della cosa.

Nel definire i caratteri della condotta va chiarito che, elemento caratteristico di tale violenza è la coartazione della volontà altrui e dunque, la limitazione della capacità autodeterminativa (articolo 2 Costituzione) della vittima del reato.

Con riguardo alla fattispecie di Furto con strappo, il quale articolo è stato inserito dalla legge 26 marzo 2001 numero 128 che ha abrogato il precedente testo dell’articolo 625 codice penale, ingloba, nei primi due commi, differenti condotte appropriative.

Nel primo comma il furto in abitazione, e cioè la sottrazione di una cosa mobile altrui mediante l’introduzione in abitazione, al quale viene equiparata qualsiasi altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora.

Nel secondo comma il furto con strappo, e cioè la condotta di chi si impossessa della cose mobile altrui strappandola di mano o di dosso alla vittima.

Segnatamente, con riferimento al secondo comma (il c.d. Scippo del codice napoletano), anche se la norma nel suo dettato non menziona la violenza, va da sé che l’azione dell’agente si concretizza in una forza esercitata su di un oggetto che viene staccato improvvisamente dalla persona che lo detiene.

Quest’ultima precisazione lascia intendere che il soggetto passivo deve necessariamente avvertire la violenza espressa sul bene mobile.

 

2. L’elemento differenziale fra il delitto di rapina propria e il furto mediante strappo

In via generale la rapina differisce dal furto con strappo perché, nella prima fattispecie, la violenza o la minaccia è esercitata esclusivamente nei confronti della vittima, differente è invece la condotta punita nel furto con strappo, che prescrive un comportamento manifestamente violento espresso solo sulla cosa altrui.

Da tale assunto va necessariamente precisato e chiarito che, tale prima distinzione generale non è idonea a creare un vero e proprio discrimine tra le due fattispecie, in quanto, anche nel furto con strappo, la violenza sulla cosa mobile altrui può ripercuotersi sul corpo della vittima.

Ed invero, in tale fattispecie l’elemento volitivo dell’agente è indirizzato ad esprimere la violenza esclusivamente sulla res di proprietà altrui, anche se, a causa della relazione fisica tra la vittima e la cosa, ne può discendere una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona.

Resta quindi imprescindibile identificare un ulteriore criterio idoneo a creare un discrimine tra la violenza diretta esclusivamente a coartare la sfera di autodeterminazione della vittima, tipica del delitto di rapina, e quella che si esprime verso la res e solo indirettamente si ripercuote sul soggetto passivo.

Per giungere ad una precisa delimitazione tra le due fattispecie di reato, già diversi anni fa il Supremo Consesso [Corte di Cassazione Sezione II 12 luglio 1991 Numero 7386] ha individuato il criterio della “particolare aderenza della res al corpo della vittima”, evidenziando che, quando quest’ultima è particolarmente in contatto col possessore, allora la violenza necessariamente si estende al soggetto passivo.

Più di recente, la Corte di Cassazione [Corte di Cassazione Sezione II 12 ottobre 2006 Numero 34206, In senso conforme anche Corte di Cassazione Sezione II 21 gennaio 2015 Numero 2553] ha nuovamente affrontato il problema della diversa configurazione delle due fattispecie di reato, precisando che, è configurabile il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa, e solo indirettamente verso la persona che la detiene, nei confronti della quale può verificarsi una ripercussione indiretta e involontaria che derivi dalla relazione fisica che intercorre tra la cosa sottratta e il possessore.

Differentemente, ricorrerà in capo all’agente il reato di rapina, ogni qualvolta la res è particolarmente aderente al corpo del possessore e questi, istintivamente e deliberatamente, contrasta la sottrazione, così che la violenza necessariamente si estende alla persona della vittima,   in quanto l’agente, non solo deve superare la semplice forza di connessione della res alla vittima ma, deve altresì vincerne la resistenza effettuata.

 

3. L’applicazione dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario alle fattispecie di rapina e furto con strappo

Nel delineare le differenze tra le due fattispecie di reato va ulteriormente precisato che, da un punto di vista processuale, l’articolo 4 bis comma 1 ter della legge 26 luglio 1975 numero 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” così come aggiornato dalla Legge 16 aprile 2015 numero 47, non permette la concessione dell’istituto della sospensione condizionale della pena per il reato di rapina aggravata (terzo comma dell’articolo 628 codice penale) ad esclusione della libertà anticipata.

In maniera speculare, l’articolo 656 comma 9 lettera a, codice di procedura penale non permette la sospensione dell’esecuzione della pena anche nei confronti del reato di furto in abitazione e con strappo.

Non v’è dubbio che il legislatore abbia considerato il furto con strappo come un delitto particolarmente grave, e tuttavia, in un giudizio di bilanciamento tra le due fattispecie, appare chiaro che la rapina è reato più grave del furto con strappo e da questo si differenzia per la diversa finalizzazione della violenza.

A tal proposito va infatti precisato che la Corte Costituzionale con sentenza numero 125 del 1 giugno 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 656 comma 9 lettera a codice di procedura penale nella parte in cui stabilisce che non possa essere disposta la sospensione dell’esecuzione nei confronti delle persone condannate per i delitti di furto con strappo, così permettendo al reo di usufruire di misure alternative alla detenzione nell’istituto penitenziario.

Tale decisione sembra essere speculare alla diversa concezione di violenza nei due reati accolta dalla Corte di Cassazione nelle più recenti pronunce giurisprudenziali.

Abstract

Nelle fattispecie di rapina e di furto con strappo, la volontà del reo è rappresentata dalla medesima condotta violenta finalizzata all’ingiusto profitto, si richiede dunque che l’organo giudicante proceda ad un’attenta valutazione di tutti gli elementi circostanziali ambientali e volitivi del caso concreto.

La finalità di detta valutazione è mirata ad accertare se la condotta dell’agente fosse indirizzata al solo impossessamento della cosa mobile altrui, così configurando la più tenue fattispecie di furto con strappo, o se la violenza sia stata posta in essere al fine di determinare la vittima ad agire contro la sua volontà integrando la diversa e più grave fattispecie di rapina.

 

1. La violenza nella rapina e nel furto con strappo

Il delitto di rapina è finalizzato all’ingiusto profitto e può commettersi indifferentemente mediante l’uso della violenza o della minaccia, di cui la prima è espressione di un’energia fisica idonea a provocare la coazione personale della vittima, mentre la seconda,  è rappresentata da una qualsiasi azione  idonea a indurre nella persona offesa la prospettazione di un male futuro.

A tal proposito si è precisato [Corte di Cassazione Sezione II 23 Gennaio 2016 Numero 3366] che, la violenza necessaria per l’integrazione  dell’elemento materiale della rapina, può consistere anche in una semplice spinta in danno della vittima, finalizzata a realizzare l’impossessamento della cosa.

Nel definire i caratteri della condotta va chiarito che, elemento caratteristico di tale violenza è la coartazione della volontà altrui e dunque, la limitazione della capacità autodeterminativa (articolo 2 Costituzione) della vittima del reato.

Con riguardo alla fattispecie di Furto con strappo, il quale articolo è stato inserito dalla legge 26 marzo 2001 numero 128 che ha abrogato il precedente testo dell’articolo 625 codice penale, ingloba, nei primi due commi, differenti condotte appropriative.

Nel primo comma il furto in abitazione, e cioè la sottrazione di una cosa mobile altrui mediante l’introduzione in abitazione, al quale viene equiparata qualsiasi altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora.

Nel secondo comma il furto con strappo, e cioè la condotta di chi si impossessa della cose mobile altrui strappandola di mano o di dosso alla vittima.

Segnatamente, con riferimento al secondo comma (il c.d. Scippo del codice napoletano), anche se la norma nel suo dettato non menziona la violenza, va da sé che l’azione dell’agente si concretizza in una forza esercitata su di un oggetto che viene staccato improvvisamente dalla persona che lo detiene.

Quest’ultima precisazione lascia intendere che il soggetto passivo deve necessariamente avvertire la violenza espressa sul bene mobile.

 

2. L’elemento differenziale fra il delitto di rapina propria e il furto mediante strappo

In via generale la rapina differisce dal furto con strappo perché, nella prima fattispecie, la violenza o la minaccia è esercitata esclusivamente nei confronti della vittima, differente è invece la condotta punita nel furto con strappo, che prescrive un comportamento manifestamente violento espresso solo sulla cosa altrui.

Da tale assunto va necessariamente precisato e chiarito che, tale prima distinzione generale non è idonea a creare un vero e proprio discrimine tra le due fattispecie, in quanto, anche nel furto con strappo, la violenza sulla cosa mobile altrui può ripercuotersi sul corpo della vittima.

Ed invero, in tale fattispecie l’elemento volitivo dell’agente è indirizzato ad esprimere la violenza esclusivamente sulla res di proprietà altrui, anche se, a causa della relazione fisica tra la vittima e la cosa, ne può discendere una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona.

Resta quindi imprescindibile identificare un ulteriore criterio idoneo a creare un discrimine tra la violenza diretta esclusivamente a coartare la sfera di autodeterminazione della vittima, tipica del delitto di rapina, e quella che si esprime verso la res e solo indirettamente si ripercuote sul soggetto passivo.

Per giungere ad una precisa delimitazione tra le due fattispecie di reato, già diversi anni fa il Supremo Consesso [Corte di Cassazione Sezione II 12 luglio 1991 Numero 7386] ha individuato il criterio della “particolare aderenza della res al corpo della vittima”, evidenziando che, quando quest’ultima è particolarmente in contatto col possessore, allora la violenza necessariamente si estende al soggetto passivo.

Più di recente, la Corte di Cassazione [Corte di Cassazione Sezione II 12 ottobre 2006 Numero 34206, In senso conforme anche Corte di Cassazione Sezione II 21 gennaio 2015 Numero 2553] ha nuovamente affrontato il problema della diversa configurazione delle due fattispecie di reato, precisando che, è configurabile il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa, e solo indirettamente verso la persona che la detiene, nei confronti della quale può verificarsi una ripercussione indiretta e involontaria che derivi dalla relazione fisica che intercorre tra la cosa sottratta e il possessore.

Differentemente, ricorrerà in capo all’agente il reato di rapina, ogni qualvolta la res è particolarmente aderente al corpo del possessore e questi, istintivamente e deliberatamente, contrasta la sottrazione, così che la violenza necessariamente si estende alla persona della vittima,   in quanto l’agente, non solo deve superare la semplice forza di connessione della res alla vittima ma, deve altresì vincerne la resistenza effettuata.

 

3. L’applicazione dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario alle fattispecie di rapina e furto con strappo

Nel delineare le differenze tra le due fattispecie di reato va ulteriormente precisato che, da un punto di vista processuale, l’articolo 4 bis comma 1 ter della legge 26 luglio 1975 numero 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” così come aggiornato dalla Legge 16 aprile 2015 numero 47, non permette la concessione dell’istituto della sospensione condizionale della pena per il reato di rapina aggravata (terzo comma dell’articolo 628 codice penale) ad esclusione della libertà anticipata.

In maniera speculare, l’articolo 656 comma 9 lettera a, codice di procedura penale non permette la sospensione dell’esecuzione della pena anche nei confronti del reato di furto in abitazione e con strappo.

Non v’è dubbio che il legislatore abbia considerato il furto con strappo come un delitto particolarmente grave, e tuttavia, in un giudizio di bilanciamento tra le due fattispecie, appare chiaro che la rapina è reato più grave del furto con strappo e da questo si differenzia per la diversa finalizzazione della violenza.

A tal proposito va infatti precisato che la Corte Costituzionale con sentenza numero 125 del 1 giugno 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 656 comma 9 lettera a codice di procedura penale nella parte in cui stabilisce che non possa essere disposta la sospensione dell’esecuzione nei confronti delle persone condannate per i delitti di furto con strappo, così permettendo al reo di usufruire di misure alternative alla detenzione nell’istituto penitenziario.

Tale decisione sembra essere speculare alla diversa concezione di violenza nei due reati accolta dalla Corte di Cassazione nelle più recenti pronunce giurisprudenziali.