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Le obbligazioni pecuniarie portabili

Al vaglio delle sezioni Unite
Le obbligazioni pecuniarie portabili
Le obbligazioni pecuniarie portabili

Con l’interessante sentenza n. 17989 del 13 settembre 2016, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite chiarisce la controversa nozione di “obbligazione pecuniaria portabile” di cui al terzo comma dell’articolo 1182 del codice civile, ai fini del radicamento della competenza territoriale, ex articolo 20 del codice di procedura civile.

Il caso

In species, la pronuncia origina dalla domanda con cui una società conveniva davanti al Tribunale di Firenze – foro del domicilio del creditore- la società debitrice onde ottenere il pagamento della somma di 9.000 euro oltre IVA, quale corrispettivo di un servizio reso alla convenuta.

Accogliendo l’eccezione di quest’ultima, il giudice adito si dichiarava incompetente in favore del Tribunale di Macerata, individuato sia quale foro del convenuto, sia quale foro in cui era sorta l’obbligazione, sia quale foro del pagamento della somma di danaro oggetto della causa.

In particolare, quanto a quest’ultimo criterio di collegamento, osservava che le obbligazioni pecuniarie si identificano – anche ai fini di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, che ne prevede l’adempimento al domicilio del creditore – esclusivamente in quelle sorte originariamente come tali, ossia aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro; con la conseguenza che, nella specie, non poteva farsi applicazione della predetta norma, non essendo indicato nel contratto l’importo del corrispettivo spettante all’attrice, onde il luogo di adempimento dell’obbligazione, rilevante agli effetti della determinazione del giudice competente ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, ult. parte, si identificava, ai sensi del richiamato articolo 1182, comma 4, nel domicilio della società debitrice.

Contro tale pronuncia, la società attrice proponeva ricorso per regolamento di competenza.

La Sesta Sezione civile, investita del regolamento, rilevata l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza, promuoveva l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla seguente quaestio iuris: «se sia applicabile l’articolo 1182 del codice civile, comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria».

Prima di entrare nel merito della sentenza in commento, si ritiene opportuno premettere una compiuta disamina degli istituti normativi rilevanti nella fattispecie de qua, quali scaturenti, in particolare, dal combinato disposto dell’articolo 1182 del codice civile e articolo 20 del codice di procedura civile.

L’articolo 1182 del codice civile, rubricato “Luogo dell’adempimento” delinea i criteri suppletivi da osservare nel caso in cui “il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze”.

In particolare, ai sensi del III e IV comma, la disposizione citata prevede, rispettivamente, che «l’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio» mentre «negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza»; sul punto, gli interpreti, mutuando le icastiche locuzioni elaborate nell’esperienza francese, distinguono, rispettivamente, tra obbligazioni portables (“portabili”: vale a dire da adempiersi presso il creditore) e obbligazioni quérables (letteralmente “richiedibili”, la cui prestazione deve essere “domandata” al debitore, dunque presso il di lui domicilio).

Ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, invece, il creditore che vorrà azionare in giudizio la sua pretesa creditoria potrà scegliere di adire - in via alternativa al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio o la sede (foro generale) - il giudice del luogo dove l’obbligazione è sorta (forum contractus) o il giudice del luogo dove deve eseguirsi l’obbligazione (forum destinatae solutionis).

Così delineato lo scenario normativo di riferimento, s’impone l’analisi della sentenza in esame.

La decisione

Approdata la questione al vaglio delle Sezioni Unite, la Corte, in via preliminare, ripercorre i due principali orientamenti in ordine al concetto di obbligazione pecuniaria rilevante ai sensi dell’articolo 1182 del codice di procedura civile, comma 3:

a) secondo un primo e tradizionale indirizzo (ex multis, Cass. 22326/2007), ove la somma di danaro oggetto dell’obbligazione debba essere ancora determinata dalle parti o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione l’articolo 1182, comma 4, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza;

b) in virtù di un secondo orientamento (ex plurimis, Cass. 7674/2005; 12455/2010; 10837/2011), il forum destinatae solutionis previsto dall’articolo 1182, comma 3, è applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro qualora l’attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito, che attiene esclusivamente alla successiva fase di merito. Più in particolare, secondo quest’ultimo orientamento, è irrilevante che la prestazione richiesta non sia convenzionalmente prestabilita, essendo sufficiente ad integrare il requisito della liquidità dell’obbligazione ed a renderla, dunque, “portabile”, che l’attore abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata.

Così individuati i termini del contrasto, la Suprema Corte, con una precisazione importante, perimetra la base del suo intervento stabilendo che «il contrasto non riguarda la necessità del requisito della liquidità affinché un’obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta al domicilio del creditore; riguarda piuttosto il modo di intendere tale requisito».

Tanto premesso, le Sezioni Unite ritengono che «il contrasto così determinatosi rispetto all’orientamento, in precedenza costante, che richiedeva la effettiva liquidità dell’obbligazione, in base al titolo, ai fini della qualificazione dell’obbligazione stessa come portabile, per gli effetti di cui al combinato disposto dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, e articolo 20 del codice di procedura civile, vada risolto confermando l’orientamento tradizionale».

La Corte rileva che le obbligazioni pecuniarie illiquide hanno una “particolarità”, posto che ai fini dell’adempimento del debitore è necessario un “passaggio ulteriore”, e, cioè, un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale.

Questa particolarità è foriera di importanti conseguenze rispetto alla disciplina di tale categoria di obbligazioni.

Ed invero, la nozione di obbligazione portabile, di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, rileva non soltanto ai fini dell’individuazione del forum destinatae solulionis contemplato dall’articolo 20 del codice di procedura civile, seconda parte, ma anche ai fini del prodursi della mora ex re ai sensi dell’articolo 1219 del codice civile, comma 2, n. 3, che esclude la necessità della costituzione in mora “quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore”, come appunto stabilito per le obbligazioni pecuniarie dall’articolo 1182, comma 3, cit..

Ebbene, la Corte nega che la mora ex re possa verificarsi anche per le obbligazioni pecuniarie illiquide.

Infatti, se tra le obbligazioni pecuniarie “portabili” contemplate da tale disposizione rientrassero quelle illiquide, la mora – e con essa la responsabilità ai sensi dell’articolo 1224 del codice civile – scatterebbe automaticamente anche a carico del debitore la cui prestazione non sia in concreto possibile perché l’ammontare della sua prestazione è ancora incerto: il che, sottolineano i Giudici di legittimità, «sarebbe ingiustificato, nonché contrario al sistema, il quale esclude la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile (articolo 1218 c.c.)».

Questa “interpretazione restrittiva” della nozione di obbligazione portabile risulta, inoltre, coerente anche con il favor debitoris che ispira la regola generale di cui all’articolo 1182, comma 2, n. 4 cit.

Inoltre - prosegue il Supremo Collegio - «le indicate esigenze di protezione del debitore, che sono a fondamento dell’interpretazione restrittiva dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell’attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in mancanza di indicazioni nel titolo…. In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale».

Alla stregua delle precedenti argomentazioni ed in sostanziale adesione dell’orientamento tradizionale, per i Giudici Supremi rientrano nella previsione di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico.

Con una “puntualizzazione” importante: «liquidità significa che la somma dovuta risulta dal titolo e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale. L’ammontare della somma dovuta potrà risultare direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorché questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata.

Deve trattarsi, però, di criteri stringenti, tali, cioè, che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una ed una soltanto: questo è ciò che si intende affermare allorché si ammette una liquidità scaturente da semplici operazioni aritmetiche. Se, infatti, il risultato dell’applicazione dei predetti criteri non fosse obbligato, residuando un margine di scelta discrezionale, il credito non potrebbe dirsi liquido, perché quel margine di discrezionalità non potrebbe essere superato se non mediante un ulteriore titolo (convenzionale o giudiziale)».

Precisa, inoltre, la Corte che «dovendo la liquidità del credito essere effettiva, il principio che la competenza va determinata in base alla domanda non può essere esteso sino al punto di consentire all’attore di dare dei fatti una qualificazione giuridica diversa da quella prevista dalla legge, o di allegare fatti (ad esempio un contratto che indichi l’ammontare del credito) privi di riscontro probatorio. Resta fermo, ovviamente, che tali fatti sono accertati dal giudice, ai soli fini della competenza, allo stato degli atti secondo la regola di cui all’articolo 38 del codice di procedura civile, u.c.».

Alla luce del delineato iter argomentativo, la Suprema Corte ha, in conclusione, respinto l’istanza di regolamento, giungendo all’enucleazione del seguente principio di diritto:

«Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, sono – agli effetti sia della mora ex re ai sensi dell’articolo 1219 del codice civile, comma 2, n. 3, sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, ultima parte, – esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’articolo 38 del codice di procedura civile, u.c.».

Con l’interessante sentenza n. 17989 del 13 settembre 2016, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite chiarisce la controversa nozione di “obbligazione pecuniaria portabile” di cui al terzo comma dell’articolo 1182 del codice civile, ai fini del radicamento della competenza territoriale, ex articolo 20 del codice di procedura civile.

Il caso

In species, la pronuncia origina dalla domanda con cui una società conveniva davanti al Tribunale di Firenze – foro del domicilio del creditore- la società debitrice onde ottenere il pagamento della somma di 9.000 euro oltre IVA, quale corrispettivo di un servizio reso alla convenuta.

Accogliendo l’eccezione di quest’ultima, il giudice adito si dichiarava incompetente in favore del Tribunale di Macerata, individuato sia quale foro del convenuto, sia quale foro in cui era sorta l’obbligazione, sia quale foro del pagamento della somma di danaro oggetto della causa.

In particolare, quanto a quest’ultimo criterio di collegamento, osservava che le obbligazioni pecuniarie si identificano – anche ai fini di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, che ne prevede l’adempimento al domicilio del creditore – esclusivamente in quelle sorte originariamente come tali, ossia aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro; con la conseguenza che, nella specie, non poteva farsi applicazione della predetta norma, non essendo indicato nel contratto l’importo del corrispettivo spettante all’attrice, onde il luogo di adempimento dell’obbligazione, rilevante agli effetti della determinazione del giudice competente ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, ult. parte, si identificava, ai sensi del richiamato articolo 1182, comma 4, nel domicilio della società debitrice.

Contro tale pronuncia, la società attrice proponeva ricorso per regolamento di competenza.

La Sesta Sezione civile, investita del regolamento, rilevata l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza, promuoveva l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla seguente quaestio iuris: «se sia applicabile l’articolo 1182 del codice civile, comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria».

Prima di entrare nel merito della sentenza in commento, si ritiene opportuno premettere una compiuta disamina degli istituti normativi rilevanti nella fattispecie de qua, quali scaturenti, in particolare, dal combinato disposto dell’articolo 1182 del codice civile e articolo 20 del codice di procedura civile.

L’articolo 1182 del codice civile, rubricato “Luogo dell’adempimento” delinea i criteri suppletivi da osservare nel caso in cui “il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze”.

In particolare, ai sensi del III e IV comma, la disposizione citata prevede, rispettivamente, che «l’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio» mentre «negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza»; sul punto, gli interpreti, mutuando le icastiche locuzioni elaborate nell’esperienza francese, distinguono, rispettivamente, tra obbligazioni portables (“portabili”: vale a dire da adempiersi presso il creditore) e obbligazioni quérables (letteralmente “richiedibili”, la cui prestazione deve essere “domandata” al debitore, dunque presso il di lui domicilio).

Ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, invece, il creditore che vorrà azionare in giudizio la sua pretesa creditoria potrà scegliere di adire - in via alternativa al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio o la sede (foro generale) - il giudice del luogo dove l’obbligazione è sorta (forum contractus) o il giudice del luogo dove deve eseguirsi l’obbligazione (forum destinatae solutionis).

Così delineato lo scenario normativo di riferimento, s’impone l’analisi della sentenza in esame.

La decisione

Approdata la questione al vaglio delle Sezioni Unite, la Corte, in via preliminare, ripercorre i due principali orientamenti in ordine al concetto di obbligazione pecuniaria rilevante ai sensi dell’articolo 1182 del codice di procedura civile, comma 3:

a) secondo un primo e tradizionale indirizzo (ex multis, Cass. 22326/2007), ove la somma di danaro oggetto dell’obbligazione debba essere ancora determinata dalle parti o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione l’articolo 1182, comma 4, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza;

b) in virtù di un secondo orientamento (ex plurimis, Cass. 7674/2005; 12455/2010; 10837/2011), il forum destinatae solutionis previsto dall’articolo 1182, comma 3, è applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro qualora l’attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito, che attiene esclusivamente alla successiva fase di merito. Più in particolare, secondo quest’ultimo orientamento, è irrilevante che la prestazione richiesta non sia convenzionalmente prestabilita, essendo sufficiente ad integrare il requisito della liquidità dell’obbligazione ed a renderla, dunque, “portabile”, che l’attore abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata.

Così individuati i termini del contrasto, la Suprema Corte, con una precisazione importante, perimetra la base del suo intervento stabilendo che «il contrasto non riguarda la necessità del requisito della liquidità affinché un’obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta al domicilio del creditore; riguarda piuttosto il modo di intendere tale requisito».

Tanto premesso, le Sezioni Unite ritengono che «il contrasto così determinatosi rispetto all’orientamento, in precedenza costante, che richiedeva la effettiva liquidità dell’obbligazione, in base al titolo, ai fini della qualificazione dell’obbligazione stessa come portabile, per gli effetti di cui al combinato disposto dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, e articolo 20 del codice di procedura civile, vada risolto confermando l’orientamento tradizionale».

La Corte rileva che le obbligazioni pecuniarie illiquide hanno una “particolarità”, posto che ai fini dell’adempimento del debitore è necessario un “passaggio ulteriore”, e, cioè, un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale.

Questa particolarità è foriera di importanti conseguenze rispetto alla disciplina di tale categoria di obbligazioni.

Ed invero, la nozione di obbligazione portabile, di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, rileva non soltanto ai fini dell’individuazione del forum destinatae solulionis contemplato dall’articolo 20 del codice di procedura civile, seconda parte, ma anche ai fini del prodursi della mora ex re ai sensi dell’articolo 1219 del codice civile, comma 2, n. 3, che esclude la necessità della costituzione in mora “quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore”, come appunto stabilito per le obbligazioni pecuniarie dall’articolo 1182, comma 3, cit..

Ebbene, la Corte nega che la mora ex re possa verificarsi anche per le obbligazioni pecuniarie illiquide.

Infatti, se tra le obbligazioni pecuniarie “portabili” contemplate da tale disposizione rientrassero quelle illiquide, la mora – e con essa la responsabilità ai sensi dell’articolo 1224 del codice civile – scatterebbe automaticamente anche a carico del debitore la cui prestazione non sia in concreto possibile perché l’ammontare della sua prestazione è ancora incerto: il che, sottolineano i Giudici di legittimità, «sarebbe ingiustificato, nonché contrario al sistema, il quale esclude la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile (articolo 1218 c.c.)».

Questa “interpretazione restrittiva” della nozione di obbligazione portabile risulta, inoltre, coerente anche con il favor debitoris che ispira la regola generale di cui all’articolo 1182, comma 2, n. 4 cit.

Inoltre - prosegue il Supremo Collegio - «le indicate esigenze di protezione del debitore, che sono a fondamento dell’interpretazione restrittiva dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell’attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in mancanza di indicazioni nel titolo…. In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale».

Alla stregua delle precedenti argomentazioni ed in sostanziale adesione dell’orientamento tradizionale, per i Giudici Supremi rientrano nella previsione di cui all’articolo 1182 del codice civile, comma 3, esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico.

Con una “puntualizzazione” importante: «liquidità significa che la somma dovuta risulta dal titolo e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale. L’ammontare della somma dovuta potrà risultare direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorché questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata.

Deve trattarsi, però, di criteri stringenti, tali, cioè, che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una ed una soltanto: questo è ciò che si intende affermare allorché si ammette una liquidità scaturente da semplici operazioni aritmetiche. Se, infatti, il risultato dell’applicazione dei predetti criteri non fosse obbligato, residuando un margine di scelta discrezionale, il credito non potrebbe dirsi liquido, perché quel margine di discrezionalità non potrebbe essere superato se non mediante un ulteriore titolo (convenzionale o giudiziale)».

Precisa, inoltre, la Corte che «dovendo la liquidità del credito essere effettiva, il principio che la competenza va determinata in base alla domanda non può essere esteso sino al punto di consentire all’attore di dare dei fatti una qualificazione giuridica diversa da quella prevista dalla legge, o di allegare fatti (ad esempio un contratto che indichi l’ammontare del credito) privi di riscontro probatorio. Resta fermo, ovviamente, che tali fatti sono accertati dal giudice, ai soli fini della competenza, allo stato degli atti secondo la regola di cui all’articolo 38 del codice di procedura civile, u.c.».

Alla luce del delineato iter argomentativo, la Suprema Corte ha, in conclusione, respinto l’istanza di regolamento, giungendo all’enucleazione del seguente principio di diritto:

«Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’articolo 1182 del codice civile, comma 3, sono – agli effetti sia della mora ex re ai sensi dell’articolo 1219 del codice civile, comma 2, n. 3, sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’articolo 20 del codice di procedura civile, ultima parte, – esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’articolo 38 del codice di procedura civile, u.c.».