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Azioni di risarcimento del danno da violazioni antitrust: un breve sguardo alla Direttiva europea e al recente Decreto di recepimento

Azioni di risarcimento del danno da violazioni antitrust: un breve sguardo alla Direttiva europea e al recente Decreto di recepimento
Azioni di risarcimento del danno da violazioni antitrust: un breve sguardo alla Direttiva europea e al recente Decreto di recepimento

Indice:

1. I principi sanciti dalla Direttiva europea

2. Il Decreto di recepimento in breve

3. Osservazioni conclusive

 

Con il Decreto Legislativo 19 gennaio 2017, n. 3 (il “Decreto”), in vigore dal 3 febbraio 2017, è stata data attuazione in Italia alla direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014, “relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea” (la “Direttiva”).

 

1. I principi sanciti dalla Direttiva europea

Intesa a rendere effettivo in modo armonioso in tutta l’Unione Europea il diritto al risarcimento per i danni derivanti da violazioni del diritto della concorrenza, la Direttiva ha stabilito una serie di principi cui gli Stati Membri avrebbero dovuto conformarsi entro il 27 dicembre 2016 (Articolo 21).

In particolare, consapevole della natura prevalentemente transfrontaliere delle violazioni su larga scala del diritto della concorrenza, il Legislatore europeo ha ritenuto necessario intervenire al fine di aumentare la certezza del diritto, auspicando che un ravvicinamento delle norme nazionali possa contribuire a prevenire eccessive differenziazioni tra le disposizioni vigenti nei vari Stati membri.

Nel contesto delle azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni antitrust, un ruolo decisivo è da sempre ricoperto dall’accesso alla prova. Onde far fronte all’asimmetria informativa che contraddistingue il contenzioso in materia di diritto della concorrenza, la Direttiva ha voluto innanzitutto garantire agli attori (i) il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la propria domanda, nel rispetto del principio della proporzionalità della misura richiesta (Articolo 5, comma 3), ove la stessa si basi su fatti e prove ragionevolmente disponibili tramite il ricorso a ordini di esibizioni, anche a carico di terzi, e (ii) l’accesso alle prove incluse nel fascicolo di un’autorità concorrenza, ove tali prove non possano essere ragionevolmente ottenute aliunde o da soggetti terzi (Articolo 6, comma 10). L’accesso alla prova può riguardare altresì informazioni riservate, purché vengano adottate misure efficienti in grado di garantire che le stesse siano adeguatamente protette (Articolo 5, comma 4).

Nel sancire dunque un approccio comune a livello europeo per quanto riguarda la divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza, ammissibile nei limiti suddetti, la Direttiva ha rimarcato la necessità di prestare particolare attenzione al fine di prevenire tentativi di acquisizione generalizzata di informazioni, in base a criteri non sufficientemente determinati o eccessivamente ampi. Inoltre, sono stati espressamente esclusi dall’ordine di divulgazione delle prove i documenti relativi a programmi di clemenza e procedure di transazione, al fine di non dissuadere le imprese dal collaborare con le autorità garanti della concorrenza (Articolo 6, comma 6).

La Direttiva è intervenuta anche sugli effetti delle decisioni definitive delle autorità nazionali garanti della concorrenza, stabilendo che la constatazione di una violazione degli Articoli 101 o 102 TFUE non dovrebbe essere rimessa in discussione, quanto a “natura della violazione e sua portata materiale, personale, temporale e territoriale”, in successive azioni per il risarcimento del danno (Articolo 9, comma 1), potendo assurgere a prova prima facie del fatto che è avvenuta una violazione, ove sia stata adottata in altro Stato Membro (Articolo 9, comma 2).

Precise indicazioni sono state poi fornite a livello europeo circa (i) i termini di prescrizione (Articolo 10), che non dovrebbero ostacolare in maniera eccessiva la proposizione di azioni per il risarcimento del danno; (ii) la responsabilità in solido per l’intero ammontare del danno dei coautori della violazione (Articolo 11), allorquando la stessa sia stata posta in essere, come nel caso di un cartello, da più imprese; (iii) l’ipotesi del trasferimento del sovrapprezzo (Capo IV); e (iv) i criteri di quantificazione del danno (Articolo 17), che dovrà garantire il “pieno risarcimento” del soggetto danneggiato ed includere tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, evitando tuttavia ogni forma di “sovra-compensazione” (Articolo 3, comma 3).

Nel ribadire la necessità che il soggetto danneggiato dimostri l’entità del danno subito, e visti gli ostacoli pratici in cui lo stesso generalmente incorre in cause di tal fatta, la Direttiva ha rimesso ai giudizi nazionali l’onere di dotarsi di norme sulla quantificazione del danno che tengano conto dell’asimmetria informativa delle parti e della necessità di presumere il danno in caso di violazioni sotto forma di cartello.

Nell’incoraggiare, infine, il raggiungimento di transazioni consensuali tramite il ricorso a meccanismi di composizione consensuale delle controversie (Capo VI), il Legislatore comunitario ha chiarito come il giudice nazionale sarà tenuto a prendere in considerazione, nel quantificare il danno a favore del danneggiato, i risarcimenti eventualmente già versati a titolo transattivo e il livello di coinvolgimento dei singoli coautori nella violazione.

2. Il Decreto di recepimento in breve

Il Decreto ha disciplinato il risarcimento del danno conseguente ad una violazione antitrust sotto il duplice profilo sostanziale e procedurale, definendo regole precise in tema di legittimazione ad agire, criteri di quantificazione del danno, prescrizione del diritto, e, soprattutto, esibizione delle prove (capo II del Decreto).

Legittimato attivo a promuovere le azioni di cui al Decreto, anche sotto forma di azioni di classe ex Articolo 140-bis del Codice del Consumo, è “chiunque ha subìto un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza” (Articolo 1), vale a dire la “persona, fisica o giuridica, o un ente privo di personalità giuridica” che assuma di essere stato danneggiato.

L’esibizione delle prove rilevanti può essere ordinata dal giudice su istanza motivata della parte, contenente l’indicazione dei fatti e delle prove ragionevolmente disponibili dalla controparte o dal terzo, purché sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda (Articolo 3). La misura richiesta dev’essere “proporzionat(a) alla decisione” (Articolo 3, comma 3) e può avere ad oggetto anche informazioni riservate, per le quali il giudice dispone “specifiche misure di tutela” (Articolo 3, comma 4). È fatto salvo il diritto della parte o del terzo, nei cui confronti è richiesta l’esibizione, di “essere sentiti” (Articolo 3, comma 5), onde consentire loro di sollevare eventuali questioni di riservatezza, mentre resta ferma la segretezza delle comunicazioni tra clienti e legali “incaricati di assister(li)” (Articolo 3, comma 6).

L’esibizione può riguardare anche “prove contenute nel fascicolo di un’autorità garante della concorrenza” soltanto laddove tali prove non siano altrimenti reperibili (Articolo 4, comma 1), ed, entro alcuni limiti, anche prove relative ad un procedimento ancora in corso. Nel valutare la proporzionalità dell’ordine di esibizione, il Giudice dovrà tener conto del grado di specificità della richiesta, dell’attinenza rispetto all’azione promossa e di eventuali esigenze di salvaguardia dell’efficace applicazione del diritto della concorrenza, potendo dunque negare l’esibizione laddove tali requisiti non risultino rispettati. Non è ammissibile, per contro, l’esibizione di prove aventi ad oggetto “dichiarazioni legate a un programma di clemenza o proposte di transazione” (Articolo 4, comma 5).

Sanzioni amministrative sono previste, a carico della parte o del terzo, in caso di rifiuto ingiustificato di rispettare l’ordine di esibizione del giudice, distruzione di prove rilevanti, inottemperanza agli obblighi di tutela delle informazioni riservate imposti dal giudice e/o abuso delle informazioni ottenute tramite l’accesso al fascicolo di un’autorità garante (Articolo 6).

Violazioni antitrust constatate da decisioni dell’AGCM dovranno ritenersi definitivamente accertate, quanto alla “natura della violazione” e alla sua “portata materiale, personale, temporale e territoriale”, ma non invece per quanto attiene il “nesso di causalità e l’esistenza del danno” (Articolo 7). Decisioni emesse da autorità della concorrenza di altri Stati Membri saranno invece valutate come mere prove della natura e della portata della violazione, valutabili assieme ad altri mezzi di prova.

Il diritto al risarcimento del danno da violazioni antitrust si prescrive entro il termine di cinque anni, decorrente dalla cessazione della violazione e dalla conoscenza, o ragionevole conoscibilità, da parte dell’attore (i) della condotta e del fatto che essa costituisca una violazione del diritto della concorrenza, (ii) del danno da questa causato, e (iii) dell’identità dell’autore della violazione (Articolo 8). Si ipotizza, nel caso in cui venga avviata un’indagine o un’istruttoria antitrust sulla violazione da cui trae origine il giudizio per il risarcimento del danno, la sospensione della prescrizione per la durata di un anno. 

Ulteriori aspetti disciplinati dal Decreto attengono alla responsabilità solidale degli autori della violazione (Articolo 9), con la previsione di una deroga alla regola generale di cui all’art. 2055, comma primo, Codice Civile per le P.M.I., e al trasferimento del sovrapprezzo (Capo IV): in relazione a tale ultimo profilo, il Legislatore ha preso in esame le ipotesi in cui i soggetti danneggiati si trovino a più livelli della catena di approvvigionamento, fissando limiti al risarcimento (Articolo 10) e fornendo precise indicazioni in ordine all’onere della prova (Articoli 11-12).

Per la quantificazione del danno, il Decreto rinvia agli Articoli 1223, 1226 e 1227 del Codice Civile, stabilendo che in caso di cartelli il danno si presume, salvo prova contraria, e prevedendo una forma di collaborazione tra giudici e AGCM, sempre che la stessa non pregiudichi esigenze superiori di salvaguardia dell’efficace applicazione, a livello pubblicistico, del diritto antitrust.

Il Capo VI del Decreto è dedicato alla composizione consensuale delle controversie: si prevede che, ove le parti vi abbiano fatto ricorso, il giudizio ordinario possa essere sospeso per due anni e, in caso di fallimento dell’ipotesi transattiva, debba essere riassunto entro trenta giorni dalla formalizzazione della mancata conciliazione. Inoltre, l’AGCM potrà tener conto, nell’irrogare la sanzione, del risarcimento del danno effettuato dall’autore della violazione sulla base di una procedura di composizione consensuale (Articolo 15, comma 4). Altri effetti della composizione consensuale disciplinati dal Decreto attengono alle “successive azioni” promosse “per il risarcimento del danno” e ai rapporti tra danneggiato e coautori della violazione, a seconda che questi abbiano partecipato o meno ad un accordo che compone la controversia (Articolo 16).

Tribunali competenti a decidere delle azioni in commento sono le Sezioni Specializzate in materia di Impresa di Milano, Roma e Napoli, rispettivamente, per il Nord, Centro e Sud Italia.

Alcune norme procedurali, riguardanti l’ordine di esibizione delle prove (comprese quelle contenute nel fascicolo di un’autorità antitrust) e i limiti di utilizzazione delle stesse, nonché la sospensione del giudizio in pendenza di una procedura di composizione consensuale (Articoli 3, 4, 5 e 15, comma 2), si applicheranno anche ai giudizi di risarcimento del danno promossi successivamente al 26 dicembre 2014.

3. Osservazioni conclusive

Benché azioni di risarcimento del danno conseguenti a violazioni delle norme in tema di concorrenza, sia follow on che stand alone, venissero già promosse antecedentemente alla disciplina in commento, e in numerose occasioni la giurisprudenza abbia già avuto modo di esprimersi sulle principali tematiche ad esse connesse (si vedano, ad esempio, sul valore di ‘prova privilegiata’ delle decisioni AGCM, Cassazione Civile 9116/2014 e 5327/2013), nella prassi le stesse erano contraddistinte da significative difficoltà probatorie e avevano comunque applicazione difforme nei vari Paesi UE.

Con la Direttiva, il Legislatore comunitario ha quindi inteso, da un lato, uniformare la disciplina e, dall’altro lato, incentivare le imprese ad un’osservanza più rigorosa della normativa antitrust, introducendo meccanismi di disclosure e favorendo l’accesso alla prova da parte dei soggetti danneggiati, sino ad oggi gravati da oneri probatori eccessivi.

Con l’entrata in vigore del Decreto di recepimento, sono state introdotte anche in Italia regole che, offrendo una cornice normativa a tale tipologia di azioni, mirano a rendere più agevole e, al contempo, più efficace il ricorso al rimedio risarcitorio dinanzi ai giudici nazionali, attribuendo a questi ultimi poteri ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente previsti dal Codice di Procedura Civile: si pensi alla facoltà per l’attore che si assume danneggiato, tramite una disciplina ‘rinforzata’ dell’ordine di esibizione ex Articolo 210 Codice di Procedura Civile, di reperire elementi di prova cui difficilmente avrebbe avuto accesso e ai poteri del giudice di raccogliere prove utili e di avvalersi della collaborazione dell’Antitrust ai fini della liquidazione del danno.

La disciplina in questione, peraltro, si inserisce in un momento storico in cui il numero delle istruttorie avviate e delle violazioni antitrust accertate sul mercato è in costante aumento in tutti i settori. Un dato che lascia facilmente ipotizzare, nel prossimo futuro, un parallelo incremento numerico delle azioni risarcitorie nei confronti degli operatori economici responsabili di violazioni antitrust.