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Frode alimentare: distinzione fra “frode sanitaria” e “frode commerciale”

Frode alimentare
Frode alimentare

Indice:

1. Definizione di “frode alimentare”

2. La sofisticazione

3. Adulterazione e contraffazione

4. Il corrompimento

5. Alterazione

 

Abstract

Spesso si tende a separare i termini di frodi e sofisticazioni alimentari quasi le seconde fossero distinte dalle prime, settore dove invece dovrebbero essere naturalmente collocate. Possiamo distinguere le frodi alimentari in due categorie: quelle di natura commerciale che ledono i diritti contrattuali e quelle di natura sanitaria che attentano alla salute delle persone. Quest’ultime, a loro volta si distinguono in sofisticazioni, adulterazione e corrompimento, contraffazione ed alterazione.  

 

We often tend to separate the terms of fraud and food adulteration almost the second were distinct from the first, the field where they should be naturally placed. We can distinguish food fraud in two categories: those of a commercial nature which affect the contractual rights and those of a medical nature that threaten the health of people. These last are divided into sophistications, corrupting and adulteration, counterfeiting and alteration.

 

1. Definizione di “frode alimentare”

In generale, con il termine di frode alimentare si intende il commercio di alimenti, vendita o somministrazione, non conformi alle leggi vigenti. Si legge o si sente spesso parlare, però, di “frodi e sofisticazioni alimentari” quasi a voler intendere che le sofisticazioni non facciano parte delle frodi alimentari. Proviamo a fare un po’ di chiarezza sulla questione.

Le frodi alimentari si distinguono in due tipologie: quelle di natura sanitaria, che incidono sulla salute delle persone e quelle di natura commerciale, che ledono i diritti contrattuali di un altro operatore o del consumatore.

Le frodi sanitarie riguardano comportamenti il cui presupposto è insito nella probabilità o certezza di procurare un danno alla salute dei cittadini, di rendere potenzialmente o sicuramente nocive le derrate alimentari, mentre le frodi commerciali comprendono tutte le azioni fraudolente sugli alimenti che, non determinando un concreto o immediato pericolo per la salute pubblica, favoriscono illeciti profitti a danno di terzi o del consumatore.

Esse sono generalmente suddivise in quattro tipologie: le sofisticazioni, le adulterazioni ed i corrompimenti, le alterazioni e le contraffazioni.

2. La sofisticazione

La legislazione penale speciale [Corso di Diritto Alimentare – Stefano Masini – Giuffré editore – 2011] contiene norme sulla prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari alludendo a tutti “quei procedimenti che sono diretti a rendere apparentemente migliore una sostanza (da cui ne consegue la differenza con l’adulterazione il cui carattere fraudolento consiste nel far apparire normale e non migliore la sostanza viziata), ossia a mascherare difetti di qualità con manipolazioni varie” [Bricola, Tipologia delle frodi nella normativa penale sugli alimenti, Milano 1971, 85].

Etimologicamente il termine trae le sue origini dal latino “sophisticare”, dal significato di “a cavillare”, la cui radice è “sofista”, ovvero maestro di conoscenza o di apprendimento. Il sofista era quindi la figura del retore dell’antichità con capacità oratorie raffinatissime ed artificiose. È quindi l’artificiosità che contraddistingue l’utilizzo  attuale del termine per additare taluno che ragiona e critica con eccessiva sottigliezza e pedanteria.

Mutuando tale termine nell’ambito dell’argomento di cui parliamo, si tratta di un’operazione che consiste nell’aggiungere all’alimento sostanze estranee che ne alterano l’essenza, viziando la composizione naturale e simulandone la genuinità con lo scopo di migliorarne artificialmente l’aspetto o di coprirne i difetti.

Si vuole precisare, però, che il termine sofisticazione non è rinvenibile nel codice penale e neppure all’interno di leggi penali vigenti come tipologia di  reato. Il riferimento a tale lemma lo troviamo nel titolo della Legge 07.08.1986 nr. 462 [Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, recante misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 1986, n. 185], allorquando si parla di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari.

Ancora, ritroviamo il termine “sofisticazione” in alcune sentenze, di cui una emessa dalla Corte Costituzionale, intervenuta in un giudizio di legittimità costituzionale [Corte Costituzionale 25-02-1988, n. 228], nonché dalle Corti di merito e dalla Corte di Cassazione penale.

Le citate sentenze fanno sostanzialmente riferimento alla produzione di vino e all’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 12/2/1965, norma che risulta essere stata prima depenalizzata per effetto di specifica legge e poi abrogata dalle disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l’Organizzazione comune del mercato del vino (O.C.M.) del 2006 [L. 20-2-2006 n. 82Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l’Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino”].

Inoltre, il termine “sofisticazione” è utilizzato nelle ordinanze del Ministero della Salute allorquando il dicastero procede alla pubblicazione annuale “dell’elenco delle sentenze penali passate in giudicato a carico di produttori e ditte alimentari condannati per reati di frode e sofisticazioni alimentari”, previsto ai sensi dell’articolo 8, comma 4, della legge 7 agosto 1986, n. 462, recante “Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari”.

La sofisticazione, pertanto, individuandosi in un’operazione tendente a mascherare difetti di qualità rappresenterebbe una fattispecie penale rientrante nella disciplina della Legge 283/62 solo nel caso in cui non insorga una pericolosità del prodotto alimentare.

3. Adulterazione e contraffazione

Prima di definire i concetti di adulterazione e contraffazione è necessario fornire una definizione di alimento “genuino” giacché genuino è solamente l’alimento “non contraffatto né adulterato” essendo le condotte di adulterazione e di contraffazione le uniche due condotte tipiche di falsificazione esattamente recepite dal codice penale in tema di alimenti (artt. 440, 442 c.p.).

Sul piano lessicale ed etimologico genuino è definito come “originale e quindi non alterato” [Dizionario etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani], come ciò «che non contiene sostanze estranee alla propria natura» [Diz. Garzanti della lingua italiana, 1965]. Tale concetto sta a significare che ciò che è genuino deve corrispondere alla sua propria natura [Cassazione penale, sezione III, 19-2-1949, la quale ha affermato che “il concetto di genuinità delle sostanze alimentari si identifica con la natura propria della sostanza medesima”], cioè di “autentico”, “non falsificato”. Infatti i suoi contrari sono comunemente indicati, sul piano linguistico, nei termini “adulterato” e “artificioso”.

Il “contraffare” consiste nel dare in maniera fraudolenta l’apparenza di genuinità ad una sostanza con caratteristiche qualitative e quantitative diverse da quella imitata, riconducendo tale fattispecie nel genere delle falsificazioni.

Tale operazione è volta alla creazione dell’alimento prima inesistente [Corso di Diritto Alimentare – Stefano Masini – Giuffrè editore – 2011]. La “contraffazione” si colloca nel genere delle falsificazioni, in antitesi con il concetto di “genuinità”, ma che implica una rassomiglianza della cosa contraffatta con quella genuina. Diventa connaturale una tendenza dell’azione falsificatrice “all’imitatio veri” [Bricola, Tipologia delle frodi nella normativa penale sugli alimenti, in Problemi penali in tema di frodi alimentari, Milano, 1971, 84].

Per adulterazione s’intende l’alterazione della struttura originale di un alimento, mediante sostituzione di elementi propri dell’alimento con altri estranei, oppure la sottrazione di elementi propri dell’alimento, o  l’aumento della quantità proporzionale di uno o più dei suoi componenti, lasciando loro l’apparenza originaria dell’alimento [Pica, Illeciti alimentari, in Enc. Dir., agg., VI, Milano, 2002, 449].

Ad esempio, un’adulterazione  per sostituzione di elementi propri si ha nel caso di oli di oliva mescolati con oli di altra provenienza. Invece un tipico caso di adulterazione con aumento della quantità proporzionale di un componente già proprio dell’alimento è quello dell’annacquamento, dal momento che l’acqua è, in varia percentuale, presente in tutte le sostanze alimentari, e la sua aggiunta non sottrae o sostituisce alcunché, ma semplicemente aumenta la percentuale di liquido ivi presente.

Rispetto alla contraffazione, l’adulterazione se ne distingue, sul piano concettuale, perché l’alimento è preesistente all’azione dell’agente, laddove la prima lo crea letteralmente.

Sebbene la casistica dimostri che l’adulterazione sia diretta a diminuire il costo di produzione dell’alimento a scapito delle proprietà nutrizionali e della qualità, non ne comporta necessariamente il peggioramento, ma deve sempre rinvenirsi la sua oggettiva pericolosità per il consumatore. L’adulterazione comprende peraltro solo quelle modificazioni che non possono essere prodotte senza l’intervento dell’uomo, restando così esclusi i fenomeni naturali o accidentali [Corso di Diritto Alimentare – Stefano Masini – Giuffré editore – 2011].

4. Il corrompimento

La condotta di corrompimento consiste nell’alterare la struttura di un alimento, perdendo l’apparenza originaria, ma con la volontà di inquinarlo e di fargli acquisire proprietà nocive per la salute umana, distinguendosi così dall’adulterazione. Esso consiste nell’immissione negli alimenti o nelle bevande di sostanze che ne alterano l’essenza, guastando o viziando la composizione naturale e simulandone la genuinità così da renderle pericolose per la salute pubblica. Emerge pertanto il carattere fraudolento che caratterizza la condotta in esame [Corso di Diritto Alimentare – Stefano Masini – Giuffre´ editore – 2011].

 

5. Alterazione

Invece il termine alterazione è usualmente adoperato dal legislatore allorché si tratta di indicare non una “azione” sull’alimento, ma uno “stato” dell’alimento.

L’alterazione, negli alimenti, è stata ben definita come la «naturale modificazione degenerativa determinata da un’azione biologica, enzimatica, fisica e chimica insita nell’alimento stesso» [Naso, Disciplina Pubblicistica ed aspetti tecnici della lotta contro le frodi alimentari, RAS, 1969, II, 1354], ovvero quale fenomeno spontaneo dipendente da fattori ambientali inidonei alla conservazione degli alimenti dovuti, nella maggioranza dei casi, dall’attività di microorganismi.

In quanto spontanea modificazione dell’alimento, l’alterazione non ha nulla a che vedere con la non genuinità, ed è anzi da essa indipendente, potendo il processo di alterazione egualmente insorgere sia in un alimento genuino che in un alimento non genuino.