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Dipendenti pubblici, incarichi pubblici e fondazioni di partecipazione

Dipendenti pubblici, incarichi pubblici e fondazioni di partecipazione
Dipendenti pubblici, incarichi pubblici e fondazioni di partecipazione

La questione che si intende esaminare nel presente scritto riguarda la compatibilità, o meno, dell’assunzione da parte di un dipendente pubblico, con qualifica di direttore di un reparto ospedaliero, di un incarico operativo all’interno del consiglio di amministrazione di una fondazione di partecipazione collegata al medesimo ente ospedaliero, in favore del quale opera.

A tale fine, pertanto, ci si soffermerà sul divieto di assunzione di incarichi pubblici da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni per poi fornire brevi cenni sulla figura della fondazione partecipata e trarre, infine, le opportune conclusioni.

 

1. Gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche

Innanzi tutto, proprio di recente, nel luglio 2013, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha cercato di riordinare la normativa e di orientare le scelte dell’amministrazione pubblica in sede di elaborazione di regolamenti e atti di indirizzo (articolo 53 del Decreto Legislativo n. 165/2001 e articolo 1 della Legge n. 662/1996), emanando un documento contenente i criteri generali in materia di incarichi vietati ai dipendenti pubblici, traendo spunto dalla normativa vigente, dagli indirizzi generali e dalla prassi applicativa.

Si sottolinea, però, che detto documento non esaurisce i casi di preclusione, poiché rimangono salve le eventuali disposizioni normative che possono stabilire ulteriori casi di esclusione, ovvero fattispecie in deroga al regime di esclusività.

In base a detto documento, pertanto, il dipendente pubblico a tempo pieno non potrà assumere:

1. incarichi abituali e professionali, alle dipendenze di privati, ovvero nell’ambito di attività commerciali e industriali, ovvero nell’ambito di società costituite a fine di lucro, connotati da sistematicità/non occasionalità e continuità, senza comportare necessariamente che tale attività sia svolta in modo permanente ed esclusivo (articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957; articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972; articolo 53 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986);

2. incarichi che determinano conflitti di interessi, poiché svolti in favore di soggetti privati:

a. nei cui confronti l’amministrazione presso cui lavora il dipendente pubblico ha funzioni relative al rilascio di concessioni o autorizzazioni o nulla-osta o atti di assenso comunque denominati, anche in forma tacita;

b. che sono fornitori di beni o servizi per l’amministrazione, relativamente a quei dipendenti di strutture che partecipano a qualunque titolo alla individuazione del fornitore;

c. che detengono rapporti di natura economica o contrattuale con l’amministrazione, in relazione alle competenze della struttura di assegnazione del dipendente, salve le ipotesi espressamente autorizzate dalla legge;

d. che abbiano o abbiano avuto nel biennio precedente un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza;

e. nei cui confronti l’amministrazione presso cui opera il dipendente svolge funzioni di controllo, di vigilanza o sanzionatorie, salve le ipotesi espressamente autorizzate dalla legge.

In generale, comunque, sono vietati tutti gli incarichi che presentano un conflitto di interesse, anche di natura potenziale, per la natura o l’oggetto dell’incarico o che possono pregiudicare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.

In ogni caso, la valutazione operata dall’amministrazione circa la situazione di conflitto di interesse deve essere svolta tenendo presente la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la sua posizione nell’ambito dell’amministrazione, la competenza della struttura di assegnazione e di quella gerarchicamente superiore, nonché le funzioni attribuite o svolte in un tempo passato ragionevolmente congruo.

3. incarichi che possono comunque nuocere all’immagine della pubblica amministrazione;

4. incarichi che interferiscono e/o compromettono l’attività ordinaria, ovvero che si svolgono durante l’orario di lavoro;

5. incarichi in favore di dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitano attività professionale, salve le deroghe autorizzative di legge;

6. incarichi per i quali è obbligatoria l’autorizzazione, in realtà non rilasciata.

Di converso, previa specifica autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza, il dipendente pubblico può assumere incarichi:

1. nelle società cooperative (articolo 61 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957);

2. in enti e società partecipate o controllate, allorquando siano consentiti dalla Legge, ovvero autorizzati ad hoc dal Consiglio dei Ministri (articolo 62 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957);

3. in commissioni, comitati, organismi presso amministrazioni pubbliche (art. 62 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957).

In tali casi, però, l’impegno richiesto non dovrà essere incompatibile con il debito orario e/o con l’assolvimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro.

In ogni caso, la valutazione sulla sussistenza dell’incompatibilità deve essere effettuato considerando complessivamente i rapporti con il committente, nell’ambito dell’anno solare, non limitandosi a una semplice disamina del singolo incarico. 

Particolare attenzione merita, poi, il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, contenuto nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 62/2013, il quale stabilisce i doveri minimi che devono essere assolti da tutti i dipendenti di amministrazioni pubbliche.

In particolare:

  • l’articolo 5 di detta normativa prevede in capo al dipendente l’obbligo di comunicare “tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio”;
  • l’articolo 7 contempla l’obbligo di astensione, ponendo a carico del dipendente il dovere di astenersi “dal partecipare all’adozione di decisioni od attività che posano coinvolgere interessi di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

A questo punto, non resta altro che soffermarsi sulla disamina delle sanzioni previste in caso di violazione di uno dei divieti sopramenzionati.

Per quanto concerne i casi di incompatibilità e di conflitto di interesse, occorre distinguere l’ipotesi di incompatibilità assoluta da quella relativa.

Nel primo caso, è prevista la decadenza del dipendente dal rapporto di lavoro, che opera di diritto in caso di cumulo di impieghi pubblici, ovvero – negli altri casi – quando la cessazione della causa di incompatibilità non viene meno decorsi 15 giorni dalla diffida ricevuta dall’amministrazione di appartenenza.

Nel secondo caso, invece, così come anche nell’ipotesi di violazione dei doveri contemplati dal Codice di comportamento sopramenzionato, il dipendente viene sottoposto a un procedimento disciplinare dalla propria amministrazione, con probabile applicazione di una sanzione, la cui misura varierà a seconda della gravità del fatto compiuto e di quanto contemplato dal contratto collettivo di categoria.

Accanto, poi, a tali conseguenze, il dipendente pubblico incorre anche nel rischio di responsabilità civile, penale e amministrativa a seconda della natura della violazione compiuta.

2. La fondazione partecipata

Brevi cenni merita, altresì, la fattispecie della fondazione, con particolare riguardo alla fondazione partecipata, quale è quella nel caso in esame.

Nello specifico, la fondazione tradizionale è un ente morale, dotato di personalità giuridica, che non persegue scopi di lucro e che ha quale elemento costitutivo essenziale l’esistenza di un insieme di beni vincolati alla soddisfazione di un fine sociale.

La fondazione partecipata, poi, è un ibrido a metà strada tra la fondazione tradizionale e l’associazione, istituita da una pluralità di soggetti che condividono le stesse finalità.

Questa figura trova la sua legittimazione in quelle “altre associazioni di carattere privato” di cui all’articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000.

Anch’essa non ha scopo di lucro, il patrimonio è destinato al raggiungimento di un obiettivo predefinito e invariabile, solitamente fissato nell’atto costitutivo.

Nella fondazione partecipata il fondatore partecipa attivamente alla vita della fondazione, i partecipati possono avere un potere e un peso decisionali differenti gli uni dagli altri ed è possibile la presenza contemporanea di enti pubblici e di soggetti del mondo privato.

 

3. Conclusioni

Alla luce dei quadri fattuale e giuridico sin qui delineati si ritiene, pertanto, che non vi sia una preclusione per il dipendente pubblico, con incarico di direttore di un reparto ospedaliero, ad assumere un incarico operativo nel consiglio di amministrazione di una fondazione partecipata, operativa anche all’interno del proprio ospedale, purchè:

  • l’incarico non sia retribuito;
  • si astenga dalla eccessiva ingerenza nelle discussioni per l’assunzione di decisioni che potrebbero avere un riflesso nell’ambito del proprio lavoro quotidiano e del ruolo che occupa all’interno dell’ente ospedaliero (ci si riferisce a ipotesi di donazioni da parte della fondazione di macchinari ospedalieri, ovvero di materiale e di elargizioni economiche da destinare a un reparto piuttosto che a un altro, sempre all’interno dell’ospedale presso cui il dipendente è assunto).

Pur tuttavia, anche alla luce di quanto emerge dal Codice di comportamento approntato per i pubblici dipendenti, sarebbe consigliabile inoltrare al proprio diretto superiore, ovvero all’ufficio di competenza, una richiesta di autorizzazione all’assunzione di un simile incarico, andando ad argomentare nello specifico l’attività che lo stesso comporterebbe.

In siffatta maniera, la pubblica amministrazione presso cui opera il dipendente sarebbe resa edotta del tipo di incarico da svolgere e, ove ritenuto fattibile, ne autorizzerebbe per iscritto la concreta assunzione.