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I pareri di precontenzioso vincolanti dell’ANAC

I pareri di precontenzioso vincolanti dell’ANAC
I pareri di precontenzioso vincolanti dell’ANAC

La norma

L’articolo 211 del Decreto Legislativo 50/2016, meglio noto come Codice degli appalti (di seguito CA), disciplina l’istituto dei pareri di precontenzioso.

Il primo comma affida all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ad iniziativa di una stazione appaltante o di una o più delle parti coinvolte in una procedura di gara ed in riferimento a questioni insorte durante il suo svolgimento, il compito di esprimere un parere che obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad adeguarsi alle indicazioni ivi contenute. Il parere è impugnabile dinanzi alla giustizia amministrativa.

Il secondo comma disciplina il caso in cui l’ANAC rilevi un possibile vizio di legittimità negli atti della procedura di gara. In tal caso, è tenuta ad indirizzare una raccomandazione alla stazione appaltante, invitandola ad agire in autotutela e rimuovere gli effetti degli atti illegittimi entro un termine non superiore a 60 giorni.

Si tratta di un atto vincolante. Il mancato adeguamento comporta da un lato effetti negativi sulla reputazione della stazione appaltante in riferimento al sistema disciplinato dall’articolo 38 CA e dall’altro l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del dirigente responsabile dell’inadempimento.

Si precisa fin d’ora che questo scritto si propone di analizzare esclusivamente la procedura ed i provvedimenti disciplinati dal primo comma della norma in commento.

 

Il parere espresso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato sulla bozza di regolamento trasmessa dall’ANAC

In conseguenza dell’entrata in vigore del nuovo CA, l’ANAC ha ritenuto di istituire un regolamento che disciplinasse nel dettaglio le funzioni attribuitegli dall’articolo 211. Ha quindi predisposto una bozza e l’ha trasmessa al Consiglio di Stato perché esprimesse un parere al riguardo.

Il Consiglio di Stato (di seguito CDS) ha costituito una commissione speciale che si è riunita il 30 agosto 2016 ed ha emesso il parere richiesto, scegliendo peraltro di estenderlo ad entrambi i commi della norma, sebbene la bozza riguardasse solo il primo di essi. Ciò perché – si rileva nel parere – le due fattispecie hanno una funzione complementare.

Nell’opinione del CDS, infatti, sebbene queste si pongano fisiologicamente in rapporto di alternatività, è senz’altro possibile un’interferenza reciproca come avverrebbe, ad esempio, se l’istanza prevista dal primo comma fosse dichiarata inammissibile in presenza di esposti di vigilanza o procedimenti sanzionatori in corso oppure se la raccomandazione fosse emessa di seguito alla fase di precontenzioso.

Ne è derivato il  suggerimento di estendere il regolamento ad entrambe le situazioni giuridiche.

Di seguito il CDS ha affrontato la questione della spettanza all’ANAC di un potere regolamentare e l’ha risolta positivamente, prendendo spunto dall’elenco contenuto nell’articolo 17 della Legge 400/1988 il quale consente l’uso di tale potere per l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni, ambito nel quale si inserisce senza dubbio il regolamento di precontenzioso, sempre che – si aggiunge – non venga in alcun modo limitato il diritto di azione delle parti interessate.

La riflessione del CDS ha a questo punto riguardato la natura del regolamento sottoposto alla sua attenzione.

Si è ricordato a tal fine che esistono tre tipologie possibili: i decreti ministeriali che recepiscono le linee guida proposte dall’ANAC, ai quali si deve senz’altro attribuire la natura di regolamenti veri e propri; le linee guida vincolanti dell’ANAC, definibili come atti di regolazione di un’autorità indipendente, soggetti a talune garanzie procedurali; le linee guida non vincolanti dell’ANAC, con mero valore di indirizzo e orientamento delle condotte delle stazioni appaltanti e degli operatori economici.

Il CDS si è soffermato in particolare sulle linee guida vincolanti e, dopo averne tratteggiato le caratteristiche, ha escluso che il regolamento per il quale era stato chiesto il parere, fosse ad esse assimilabile.

Ha ritenuto invece convincente il suo inquadramento nella categoria delle ADR (Alternative dispute resolutions, ovvero strumenti di soluzione alternativa delle controversie), sia pure con tratti di specialità derivanti dalla volontarietà del ricorso ai pareri di precontenzioso e dalla natura di atto amministrativo attribuibile ai pareri medesimi.

Il consenso espresso dalle parti alla vincolatività del parere  – afferma il CDS – deve essere esplicito, non potendo quindi essere fatto coincidere con la semplice formulazione dell’istanza.

Si deve poi ritenere ben possibile che il parere acquisti efficacia vincolante nei confronti dei consenzienti anche nel caso in cui non tutte le parti si siano determinate in tal senso.

Deve comunque essere chiaro che la procedura di precontenzioso non è né un processo né un pre-processo e il suo unico scopo è di agevolare la deflazione del contenzioso e la cultura dell’alternativa alla strada giurisdizionale.

Conclusione, questa, che non può comunque implicare una riduzione delle garanzie procedurali al di sotto dello standard definito dalla legge sul procedimento amministrativo.

Premesse queste considerazioni generali, il CDS si è poi pronunciato in dettaglio sull’articolato della bozza.

Si crede utile in questa sede soffermarsi non tanto sugli specifici suggerimenti operativi quanto sulle ragioni che li hanno giustificati.

Il CDS ha dunque espresso l’opinione che il parere di precontenzioso deve potere essere chiesto anche prima dell’adozione di un provvedimento impugnabile, con l’unica condizione che si sia già manifestato un dissenso effettivo tra le parti.

È inopportuna, a fronte dell’analiticità del contenuto dell’istanza di parere, la prescrizione obbligatoria di una memoria aggiuntiva.

Al parere non deve mai essere attribuita la denominazione di “decisione”, non solo per l’incongruenza di tale termine con la disciplina legislativa ma anche per evitare un’indebita attrazione della procedura nell’area giurisdizionale.

Il regolamento non può introdurre cause di inammissibilità o improcedibilità prive di base legale.

Così, ad esempio, non può essere prevista un’inammissibilità dipendente dall’assenza di una controversia tra le parti poiché la legge ritiene sufficiente che tra le stesse vi sia una questione, oppure conseguente alla già avvenuta stipula del contratto dal momento che la legge fa riferimento a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedura di gara, dunque anche in un momento successivo alla stipula, oppure ancora per gare di importo inferiore alla soglia di € 40.000 poiché la legge non prevede alcun limite di tal genere.

Sarebbe opportuno prevedere, contrariamente alla bozza che la esclude, l’audizione delle parti interessate su istanza di parte o d’ufficio.

È del tutto ingiustificata, in quanto riservata esclusivamente ai procedimenti giurisdizionali, la sospensione feriale dei termini di emissione dei pareri per l’intero mese di agosto.

È bene prevedere la massimazione dei pareri, come prezioso strumento di orientamento dei comportamenti delle stazioni appaltanti e degli operatori economici.

Deve essere decisamente rimodulata e chiarita in più aspetti la disposizione che impone agli istanti di comunicare all’ANAC gli atti adottati per adeguarsi al parere.

Il regolamento ANAC del 5 ottobre 2016

Il regolamento in esame è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica il 18 ottobre 2016 ed è entrato in vigore il giorno successivo.

È strutturato in 14 articoli.

Nell’intestazione è chiaramente esplicitato che l’atto serve a disciplinare il procedimento precontenzioso previsto dall’articolo 211 comma 1 CA. È stato dunque ignorato il suggerimento del CDS di estendere la regolamentazione anche al secondo comma.

La legittimazione a chiedere il parere è riconosciuta alle stazioni appaltanti, alle parti interessate e ai soggetti portatori di interessi collettivi costituiti in associazioni o comitati.

Quest’ultima categoria non trova riscontro nel dato letterale della norma e la sua inclusione nel novero dei soggetti legittimati sembra esorbitare dal potere regolamentare dell’ANAC. È poi curioso che la medesima categoria fosse menzionata nel precedente regolamento ANAC del 2014, sia scomparsa nella bozza inviata per il parere al CDS e sia poi riapparsa nella versione definitiva del regolamento del 2016.

Il parere deve essere chiesto dalle persone fisiche cui spetta esprimere all’esterno la volontà dei soggetti richiedenti (articolo 2).

L’istanza può essere presentata da un singolo richiedente il quale è tenuto in tal caso a darne comunicazione a tutti i soggetti interessati alla soluzione della questione controversa.

Se il richiedente ha dichiarato di volersi attenere al parere, le altre parti possono aderire a tale volontà entro 10 giorni dalla predetta comunicazione. Se questo avviene, il parere è vincolante per tutti costoro.

L’istanza deve contenere una sintetica indicazione degli elementi rilevanti di fatto e diritto e dei vizi che il richiedente attribuisce all’atto contestato. Deve inoltre illustrare uno o più quesiti per i quali si chiede il parere. Vi si possono allegare una memoria e la documentazione utile. L’atto deve essere redatto sul modulo predisposto dall’ANAC e spedito via pec. Il richiedente deve inoltre impegnarsi a non compiere (non meglio precisati) atti pregiudizievoli fino alla risoluzione della questione o al rilascio del parere (articolo 3).

L’istanza può essere anche congiunta (stazione appaltante e una o più parti) e, come per il caso precedente, se le parti esprimono la volontà di attenersi al parere, questo diventa vincolante (articolo 4).

È previsto un ordine non meramente cronologico di trattazione delle istanze. Sono elencate infatti talune ragioni di priorità (articolo 5).

Sono previste cause di inammissibilità e improcedibilità delle istanze.

Le prime ricorrono quando difetti il requisito della già avvenuta insorgenza di una questione controversa, l’istanza sia stata promossa da un soggetto non legittimato, manchi un concreto interesse al conseguimento del parere, vi sia interferenza tra l’istanza ed esposti di vigilanza o procedimenti sanzionatori in corso, sia stato chiesto un controllo generalizzato di un procedimento di gara, penda un ricorso giurisdizionale di contenuto analogo.

Vi è invece improcedibilità per i casi di sopravvenienza di un ricorso giurisdizionale di contenuto analogo, sopravvenuta carenza di interesse e rinuncia al parere (articolo 6).

Le istanze dichiarate inammissibili o improcedibili sono archiviate e di ciò è data comunicazione alle parti interessate (articolo 9).

È regolata la fase istruttoria: delibazione preliminare di ammissibilità e procedibilità, individuazione del relatore, comunicazione dell’avvio del procedimento e assegnazione di un termine per deposito di memorie e documenti, eventuale audizione delle parti interessate, redazione della bozza di parere, esame e approvazione da parte del Consiglio (articolo 7).

Il parere è emesso entro 30 giorni dalla ricezione dell’istanza. I termini sono tuttavia sospesi per l’intero mese di agosto (così disattendendo l’indicazione del CDS) e quando sia necessario acquisire documentazione integrativa o svolgere istruttoria integrativa. In questo secondo caso, non è previsto un termine di durata massima della sospensione (articolo 8).

I pareri non vincolanti possono essere emessi in forma semplificata se la questione sottostante è di pacifica risoluzione (articolo10).

È possibile chiedere il riesame di una questione già decisa purché siano dedotte e documentate sopravvenute ragioni di fatto e non sia stato proposto ricorso giurisdizionale contro il parere di precontenzioso e l’atto che lo recepisce.

I pareri vincolanti devono essere per contro impugnati in sede giurisdizionale (articolo11).

I pareri approvati dal Consiglio sono comunicati alle parti interessate e pubblicati sul sito web dell’ANAC (articolo 12).

Le stazioni appaltanti e le altri parti che abbiano espresso la volontà di adeguarsi al parere comunicano, entro 35 giorni dalla ricezione di questo, l’eventuale proposizione di un ricorso giurisdizionale o le determinazioni adottate per l’adeguamento o l’acquiescenza al parere.

L’obbligo di comunicazione sulla determinazione adottate dopo il parere vige anche per le parti che non hanno espresso la volontà di adeguarvisi (articolo 13).

 

Natura giuridica e caratteristiche essenziali dei pareri di precontenzioso

Il vigente Codice degli appalti è il frutto della Legge 11/2016 che ha delegato al Governo l’attuazione delle direttive UE 23, 24 e 25/2014.

Nell’oggetto della delega era indicata tra l’altro una precisa prospettiva: quella di razionalizzare i metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale nella materia degli appalti pubblici, contribuendo così ad un recupero di efficienza del settore.

Il legislatore delegato ha inteso realizzare questo scopo attraverso vari strumenti, uno dei quali, per ciò che qui interessa, è il frutto di una profonda revisione della già esistente disciplina dei pareri emessi dall’ANAC in fase precontenziosa.

Non si comprenderebbe fino in fondo il cambiamento, tuttavia, se non si tenesse conto che esso è espressione di una tendenza più generale, quella ad accrescere i poteri complessivamente attribuiti all’ANAC, nella convinzione che questo sia il modo migliore per soddisfare l’interesse ad un corretto svolgimento delle procedure in tema di contratti pubblici, troppo spesso frustrato da una diffusa illegalità.

Il fine è sicuramente lodevole ma resta da vedere se la sua realizzazione possa avvenire in armonia con il sistema normativo vigente o, al contrario, esponga al rischio di nuove criticità, soprattutto derivanti dalla concentrazione in capo ad un unico soggetto di poteri che vanno ben oltre quelli classicamente attribuiti alle autorità indipendenti.

Si esamineranno adesso, in coerenza a questa premessa e senza pretesa di completezza, i profili di maggiore complessità della disciplina contenuta nell’articolo 211 CA.

È indubbio – e lo ha ben rilevato il CDS nel parere commentato in precedenza - che l’istituto congegnato nel primo comma appartenga alla categoria delle ADR, ancorchè il parere vincolante sia impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

Diversa, e per molti versi innovativa, è invece la natura della fattispecie regolata dal secondo comma che introduce l’inedita imposizione alla stazione appaltante, attraverso la raccomandazione vincolante, di un’attività di autotutela volta al ripristino della legalità violata.

Le due situazioni sono entrambe regolate dall’articolo 211 ed accomunate dall’unica rubrica “Pareri di precontenzioso dell’ANAC”. È chiaro tuttavia, fatti salvi i possibili (ma anche problematici) incroci, che si tratta di due procedure che hanno natura e finalità ben differenti.

Coerentemente alla precisazione fatta in premessa, si porrà attenzione soltanto alla prima di esse.

Si impone anzitutto qualche osservazione sulla categoria dei soggetti legittimati alla presentazione dell’istanza che il legislatore si è limitato ad identificare nelle “parti”, senza alcuna ulteriore indicazione.

Non è decisivo neanche il regolamento ANAC che si limita ad aggiungere l’aggettivo “interessate” e ad includere quei soggetti portatori di interessi collettivi di cui il legislatore non ha fatto menzione.

Sembra comunque, quale che sia l’opinione più corretta, che la legittimazione debba necessariamente includere tutti coloro cui sarebbe consentito il ricorso giurisdizionale, in quanto titolari di una posizione giuridica che glielo consente.

Un altro profilo degno di nota riguarda gli effetti derivanti dal parere vincolante o, per meglio dire, le condizioni in presenza delle quali il  parere vincola le parti.

La questione – lo si è già detto – è stata oggetto di specifica attenzione nel parere del CDS e di adesione dell’ANAC all’opinione espressa dal primo.

È comunque opportuna una brevissima riflessione. Le tesi possibili sul punto sono due: che il parere acquisti efficacia vincolante solo quando tutte le parti interessate abbiano espresso il loro consenso in tal senso; che il parere sia vincolante per le parti che hanno espresso il consenso, anche se altre parti si siano orientate in senso contrario.

È indubbio che la prima tesi è quella più consona all’intento legislativo di massimizzare il ricorso agli strumenti alternativi alla giurisdizione e la loro efficacia ma resta il fatto che la previsione di un’efficacia vincolante limitata ad alcune parti e l’assetto asimmetrico che ne deriva, anche nella proiezione giurisdizionale, pongono problemi di non poco conto e, soprattutto, creano una congerie di situazioni concrete che metteranno a dura prova le stazioni appaltanti.

Un ulteriore profilo di interesse è quello del termine, che l’articolo 211 primo comma determina in 30 giorni, entro il quale l’ANAC deve emettere il parere che le è stato richiesto.

La norma non chiarisce cosa avvenga se quel termine non è rispettato.

La questione trova comunque una sua soluzione sulla base di una condivisibile opinione manifestata dal CDS nel citato parere alla bozza di regolamento. Vi si legge infatti che la procedura ex articolo 211 comma 1 sfocia nell’emissione di un atto amministrativo.

Stando così le cose, bisogna fare riferimento all’articolo 2 comma 2 della Legge 241/1990, (Legge sul procedimento amministrativo) il quale pone il principio generale della conclusione entro 30 giorni dei procedimenti amministrativi pubblici, e all’interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza amministrativa.

Si può citare al riguardo la sentenza 4980/2013 della quinta sezione del CDS, peraltro conforme all’indirizzo più volte affermato dalla Consulta, secondo la quale il mancato rispetto del termine di 30 giorni di cui al citato articolo non determina l’illegittimità del provvedimento conclusivo perché non consuma il potere provvedimentale dell’amministrazione. Quel termine, infatti, non contiene alcuna prescrizione circa la sua eventuale perentorietà o l’eventuale decadenza dalla potestà amministrativa. Si tratta quindi, più semplicemente, di un termine meramente acceleratorio contro il cui inutile decorso la parte interessata può reagire impugnando il silenzio dell’ANAC.

Un altro aspetto degno di nota è la totale assenza nell’articolo 211 di regole che assicurino l’esecuzione delle prescrizioni contenute nei pareri vincolanti.

La questione è tanto più rilevante se si considera che, in assenza di norme di segno contrario, essi acquistano concretezza solo se i destinatari, essenzialmente le stazioni appaltanti, vi si adeguano.

Nel silenzio legislativo, l’articolo 13 del regolamento ANAC ha posto a carico delle parti per le quali il parere è vincolante un obbligo di comunicazione delle iniziative e determinazioni adottate per la sua attuazione. Se l’obbligo non è rispettato o le comunicazioni non sono veritiere, l’ANAC esercita il  suo potere sanzionatorio.

 

Uno sguardo rapido sulla concreta applicazione dell’istituto dei pareri vincolanti

I dati utilizzati in questo paragrafo sono tutti tratti dal sito istituzionale dell’ANAC e sono reperibili nella sezione Attività – sottosezione Albo delle deliberazioni del Consiglio.

Merita attenzione anzitutto il dato numerico: l’ultimo parere massimato e pubblicato nel 2016 porta il numero 1264; significa che la possibilità offerta dalla norma ha incontrato il favore delle stazioni appaltanti e degli operatori economici e viene sempre di più vista come un’opportunità concreta per venire a capo di incertezze applicative e comunque di questioni che altrimenti dovrebbero essere risolte dal giudice amministrativo con un sensibile aggravio di costi e tempi.

Qualche osservazione sulle modalità di redazione dei pareri e sui loro esiti: nella maggior parte dei casi constano di poche pagine il che, evidentemente, giova alla loro chiarezza; la loro motivazione è piuttosto simile a quello di un tipico provvedimento giudiziario (in taluni casi si propone perfino la distinzione tra fatto e diritto); le ragioni della decisione sono desunte da norme e indirizzi giurisprudenziali richiamati piuttosto seccamente e senza grandi concessioni agli ampliamenti motivazionali che in più di un caso caratterizzano le decisioni giudiziarie; i tempi di definizione sono spesso superiori a un anno ma la motivazione dei provvedimenti tardivi raramente consente di comprendere le ragioni del ritardo; la statistica degli esiti non evidenzia tendenze dell’ANAC volte ad attribuire preferenza pregiudiziale alle stazioni appaltanti o agli operatori economici interessati alle procedure di gara.

Osservazioni conclusive

Lo strumento dei pareri vincolanti di precontenzioso, sebbene non ancora perfettamente tarato nei suoi rapporti con l’armamentario classico del diritto amministrativo, è ormai parte integrante del nostro ordinamento e come tale è stato percepito dalle pubbliche amministrazioni e dagli operatori economici.

La sua applicazione concreta non ha realizzato tutti gli scopi che il legislatore si prefiggeva.

Alcuni deficit, come ad esempio il fatto che il termine di 30 giorni per la definizione della procedura sia rimasto lettera morta, sono imputabili direttamente all’ANAC o, per meglio dire, all’evidente sproporzione tra le risorse di questa autorità e la mole delle incombenze che le  sono state affidate.

Altri dipendono invece da incongruenze interne alla legislazione che, pur mirando a liberare la giurisdizione amministrativa da competenze che possono essere attribuite a istanze differenti, non è ancora riuscita a trovare un modo che consenta a istituzioni non giudiziarie di emettere provvedimenti risolutivi di controversie senza con ciò diminuire il dovuto standard di tutela di interessi giuridicamente rilevanti e senza correre il rischio di violare precetti costituzionali quali, soprattutto, quelli contenuti negli artt. 24 e 103 Cost.

Pur tra queste incertezze, i pareri vincolanti possono avere, e già in qualche misura hanno, un ruolo utile. Offrono infatti una consulenza qualificata che, in tempi di ipertrofia legislativa, aiuta le stazioni appaltanti a districarsi in meandri spesso incomprensibili. Senza essere self executing, sono comunque ben più che una moral suasion se si considera il poderoso potere sanzionatorio attribuito all’ANAC.

Conviene quindi credere nella loro possibilità di essere, o quantomeno diventare, ciò per cui sono nati.