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La compravendita “in rete”: la rivoluzione del digitale

Aspetti giuridici e sviluppi del commercio elettronico
La compravendita “in rete”: la rivoluzione del digitale
La compravendita “in rete”: la rivoluzione del digitale

[Contributo selezionato da Filodiritto tra quelli ricevuti nell’ambito del concorso promosso da ELSA nel 2016 sul tema: “Internet e le nuove tecnologie”]

 

Sommario:

1. Introduzione: rapporto tra economia, tecnologia e diritto

2.1 Il contratto telematico

2.1.1 Rapporto tra la disciplina generale del contratto e leggi speciali in materia di contratto telematico

2.1.2 Le parti

2.1.3 La forma

2.1.4 Il contenuto                                                                            

2.2 La formazione del contratto: trattativa, stipulazione, esecuzione                                          

3. Le piattaforme commerciali: i nuovi “negozi”

3.1 La piattaforma di vendita

3.2 La piattaforma di scambio

4. Il problema della tutela del compratore (rectius: il consumatore)

5. Uno sguardo al futuro: la piattaforma globale

 

1.Introduzione: il rapporto tra economia, tecnologia e diritto

Il nuovo millennio è segnato da una sempre più marcata globalizzazione e digitalizzazione: lo sviluppo delle tecnologie, l’abbattimento delle frontiere e le conseguenti liberalizzazioni (in campo economico e non solo) hanno fortemente contribuito alla creazione di un nuovo ordine mondiale[1]. E così, come molti aspetti della vita quotidiana, il diritto si è innovato in una incessante e faticosa rincorsa alle trasformazioni economico-sociali, svolgendo il suo connaturale ruolo di tessuto connettivo ed ordinatore del vivere sociale. In ambito commerciale ha più volte incontrato e fatto i conti con i propri limiti: lo sviluppo tecnologico è imprevedibile, difficilmente controllabile; gli strumenti informatici sono sempre più impiegati per la realizzazione degli scambi e a questo climax ascendente di digitalizzazione è derivato, inevitabilmente, un diritto che svolge il suo ruolo ordinatore a posteriori (prima l’innovazione e l’eventuale problematica che ne deriva, poi l’individuazione della soluzione e la sua normativizzazione).

Parlare di funzione preventiva del diritto in campo economico appare dunque un’inguaribile utopia: nella nostra era, in questo impero del digitale, ogni cosa è sempre più in funzione della tecnologia, e il diritto non è da meno (o almeno così dovrebbe essere[2]).

Quello degli scambi commerciali è senza alcun dubbio uno dei settori maggiormente interessati dalle grandi trasformazioni tecnologiche e dal processo di internazionalizzazione: il suo sviluppo, alla base della crescita economica e del welfare, è seguito passo passo e studiato scrupolosamente dall’occhio attento del legislatore, nazionale e no. Si ha ricchezza laddove l’allocazione delle risorse è efficiente, i profitti superano i costi, la circolazione è facilitata: principi generali dell’economia, sono ripresi e salvaguardati dalla forza cogente del diritto. Senza il diritto non si avrebbe economia, e viceversa: un’idea che ha attraversato il secolo scorso (in particolare dalla creazione della CE) fino a giungere al nostro secolo, in cui la produzione della ricchezza si avvale di nuovi strumenti che devono essere necessariamente regolati perché siano efficienti e realmente produttivi.

Con le nuove tecnologie, in primis Internet, nasce perciò una nuova economia del diritto (o diritto dell’economia).

La disciplina del commercio si innova essa stessa: potremmo quasi dire da lex mercatoria a lex webcatoria. Il linguaggio giuridico si arricchisce di concetti che fanno esplicito riferimento alla rivoluzione informatica: e-commerce, e-shop (piattaforma commerciale), contratto telematico, firma e moneta elettronica.

Una nuova normativa che non interessa solo il piano formale, ma va oltre fino a raggiungere il piano comportamentale: l’interesse per un’economia efficiente non deve certo sacrificare quello per la tutela e la salvaguardia dei diritti dei soggetti che prendono parte alle operazioni economiche, tenuti al rispetto di principi generali quali correttezza e buona fede. Un quadro normativo, dunque, profondamente mutato, sensibile e più radicato alla nuova realtà economica. Insomma, un diritto sempre meno astratto e sempre più concreto (anche grazie all’opera della dottrina e della giurisprudenza[3]), laddove invece il campo in cui opera risulta sempre più dematerializzato e digitalizzato.

Nella trattazione che segue resta ferma la distinzione tra commercio elettronico diretto e commercio elettronico indiretto aventi ad oggetto, rispettivamente, beni immateriali (digitali) e beni materiali. Se il bene è immateriale tutte le fasi della transazione avvengono on-line; se è materiale, invece, sorge l’esigenza di un supporto fisico per il suo trasferimento: l’ordine e il pagamento possono essere effettuatati on-line ma non la consegna che, al contrario, deve avvenire nelle forme tradizionali (tramite vettore o spedizioniere)[4].

2.1 Il contratto telematico

Il nostro legislatore così descrive, nel 1942, il contratto di vendita: un accordo negoziale “che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo” (1470 Cc).                                                                                                                     

Gli elementi essenziali dell’accordo negoziale si individuano nelle parti contraenti e nel loro accordo, nell’oggetto (res o ius) e nel prezzo; la sua causa in concreto è la finalità di scambio che i contraenti intendono realizzare; la consegna è, infine, mero elemento accessorio in quanto è contratto consensuale. Il contratto di compravendita è lo strumento tradizionale utilizzato in ambito commerciale per lo scambio di beni e servizi ed oggi acquisisce un quid pluris che deriva direttamente dal processo di informatizzazione già evidenziato: il prisma dell’autonomia contrattuale presenta quindi una nuova sfaccettatura che ben si rivela nel suo habitat giuridico del commercio “in rete”, ossia il contratto telematico. La vendita on line effettuata con accesso del compratore al sito web del venditore presenta ad oggi una grande diffusione e una rete capillare che in futuro potrà solo crescere.

Per capire al meglio il meccanismo della vendita on-line è necessaria l’analisi della sua base giuridica, il contratto telematico. Innanzitutto dobbiamo dargli una collocazione sistematica.

Il tema è stato oggetto di un controverso dibattito in dottrina ma in tempi più recenti il fenomeno del contratto telematico è stato ricondotto nell’area dell’autonomia privata ai sensi dell’Articolo 1322.2 Cc. Come i privati possono optare tra vari schemi di formazione del contratto (contratto reale, offerta al pubblico, elaborazione comune o unilaterale delle clausole contrattuali, e via dicendo…), così possono usare come mezzo di elaborazione (ed eventualmente di esecuzione) uno strumento telematico: l’accordo che ne deriva è senza alcun dubbio meritevole di tutela giuridica in quanto è contratto a tutti gli effetti e può risolversi in uno schema contrattuale tipico come atipico (sia contratto di vendita o fornitura, come contratto di leasing).

Dunque, è contratto telematico l’accordo stipulato mediante un sistema telematico, nella maggior parte dei casi la rete Internet, avvalendosi dello strumento del web e dell’e-mail.[5]

Una più precisa definizione dell’istituto lo specifica avente ad oggetto beni e servizi informatici; inoltre, si tratta di un “paperless contract”, cioè stipulato senza utilizzo di documenti cartacei e di un “contratto a distanza” in quanto è concluso attraverso strumenti che permettono alle parti di addivenire ad un accordo senza necessariamente essere nello stesso luogo contemporaneamente.

 

2.1.1 Rapporto tra la disciplina generale del contratto e leggi speciali in materia di contratto telematico

Come già osservato, il Codice civile all’Articolo 1325 individua quali elementi essenziali del contratto come categoria generale l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma quando è prescritta a pena di nullità; ne disciplina poi l’esecuzione. Il contratto telematico, pur attenendosi alla disciplina generale, è regolato da speciali leggi in materia, più specifiche e aderenti alla peculiare forma che lo caratterizza.[6]

 

2.1.2 Le parti

Le parti del contratto telematico possono essere professionisti o consumatori[7], a seconda che operino nel quadro della propria attività professionale ed imprenditoriale oppure no. La qualità soggettiva delle parti contraenti influisce sulla definizione del modello di e-commerce che, tralasciando in questa sede quelli con la pubblica amministrazione, può essere B2B (contratto concluso tra professionisti, imprese), B2C (tra professionista e consumatore) o C2C (tra consumatori, es. aste on-line). Questa distinzione è essenziale in particolare per l’applicazione del sistema di tutela apprestato alle parti contraenti (codice del consumo o disciplina generale del cc).

 

2.1.3 La forma

La forma è il mezzo attraverso il quale le parti manifestano il consenso contrattuale. Le principali forme di contratto sono l’atto pubblico, la scrittura privata, la forma verbale ed il comportamento concludente, che possono essere scelte in piena libertà dalle parti contraenti in quanto opera in materia il principio di libertà di forma (corollario del principio di autonomia negoziale), eccetto il caso in cui il legislatore vincoli ad una determinata forma ad substantiam (ad es. un atto pubblico per la donazione).

Per quanto riguarda l’accordo telematico, la forma ordinaria di stipulazione, soprattutto nel modello B2C, è quella dello scambio proposta-accettazione: l’Articolo 1326 Cc afferma che il contratto si intende concluso nel momento e luogo[8] in cui il proponente ha avuto notizia dell’accettazione dell’altra parte. Ma come si manifesta questa volontà contrattuale delle parti in un contratto telematico in senso tecnico?

Distinguiamo varie ipotesi:

se il contratto telematico ha ad oggetto un programma negoziale per il quale vige la libertà di forma (e le parti non hanno posto l’onere della forma volontaria) l’uso del mezzo telematico non pone alcun problema e per manifestare la propria volontà contrattuale è sufficiente la pressione del tasto virtuale (sistema point and click, ossia puntamento del mouse sul tasto virtuale di accettazione e pressione del relativo tasto sinistro);

se invece la legge richiede la scrittura privata il discorso si complica, in quanto il documento deve essere sottoscritto[9]. Da qui ha origine l’espediente della firma elettronica (una sorta di impronta digitale incontestabile), ovvero una procedura di validazione che consente al destinatario di verificare con certezza la riferibilità soggettiva di un documento ad un determinato soggetto[10] (il mittente);

infine, se la legge richiede la forma dell’atto pubblico, la dottrina si divide circa l’ammissibilità o meno della firma digitale.

Il problema consequenziale è dunque legato al carattere recettizio delle dichiarazioni contrattuali effettuate in via telematica, che invece non ci poniamo laddove le parti contraenti sono presenti o si avvalgono di mezzi di comunicazione a percezione diretta (es. telefono).

Nel caso di parti assenti il legislatore considera sufficiente che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario: l’Articolo 1335 Cc presenta una presunzione relativa di conoscenza, suscettibile dunque di prova contraria, ossia l’impossibilità incolpevole della conoscenza. Ma in riferimento ai contratti telematici si può dire che la presunzione scatta anche con riferimento all’indirizzo di posta del destinatario? Per la tesi prevalente la risposta è affermativa[11].

Dunque, perché si consideri il contratto perfezionato, è sufficiente che l’accettazione dell’oblato pervenga all’indirizzo di posta del proponente. Deve però tenersi conto della velocità di trasmissione dell’accettazione, tale che il momento del suo invio coincide con quello di ricezione da parte del destinatario[12].

Tutto ciò complica l’applicazione della disciplina della revoca della proposta (1328 Cc), che può essere possibile solo fin quando l’accettazione non giunge all’indirizzo del proponente: tuttavia, se i momenti invio-ricezione sono contestuali, la proposta non deve essere accettata dal destinatario (non deve cioè essere inviato il messaggio di accettazione) perché questa sia efficacemente revocabile.

Per l’Articolo 1328 Cc, se l’accettante ha intrapreso in buona fede l’esecuzione prima di avere notizia della revoca, egli ha diritto ad un indennizzo da parte del proponente per le perdite e spese subite: in materia di contratto telematico, invece, ricade sull’oblato un onere di controllare che il proponente non abbia revocato la proposta (check mail) prima di accettare, pena la impossibilità di far valere la sua buona fede, in caso di revoca della proposta e sua esecuzione del contratto, dipendendo la sua ignoranza da colpa grave (1147.2 Cc).

La revoca dell’accettazione è invece una fattispecie di rara (se non impossibile) configurazione: l’annullamento del lasso temporale invio-ricezione rende difficile ipotizzare che il proponente venga prima a conoscenza della revoca dell’accettazione e poi dell’accettazione vera e propria; è ammessa comunque prova contraria[13].

Altra forma di manifestazione della volontà contrattuale è l’inizio dell’esecuzione. In riferimento al contratto telematico, l’invio dei numeri della carta di credito è sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all’Articolo 1327 Cc, in quanto strumento di pagamento ad efficacia solutoria e in quanto forma di pagamento spesso a carattere irreversibile, e quindi forte indizio della definitività del consenso.

2.1.4 Il contenuto

Nello schema formativo B2C il consumatore, parte debole, il più delle volte si limita ad aderire al programma negoziale predisposto dal professionista attraverso il web (contratto d’adesione). È dunque importante predisporre una tutela piena ed efficace che salvaguardi l’aderente da un accordo per lui pregiudizievole.

Le condizioni generali di contratto (1341 Cc), clausole non solo predisposte unilateralmente ma anche utilizzate dal venditore in modo stabile in ogni sua contrattazione, sono efficaci se al momento della conclusione del contratto l’altra parte “le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”. Se si trovano assieme alle altre clausole contrattuali nella stessa pagina web, il predisponente ha adempiuto al suo dovere di renderle conoscibili e l’aderente che non ne prende visione versa in colpa grave; se invece sono richiamate per relationem (sono contenute in altre pagine del sito oppure in link che richiamano altre pagine web), il discorso è più articolato.

Parte della dottrina ritiene sufficiente che sia posto in massimo risalto il fatto che la condizione richiamata è contenuta in altra posizione; al contrario, per l’altra parte il rinvio, seppur ben evidenziato, rappresenta un grave vulnus in termini di chiarezza e trasparenza nella presentazione delle condizioni generali.

Nel caso in cui siano predisposte clausole vessatorie, ossia clausole che determinano a carico del consumatore, malgrado la buona fede, un significativo squilibrio dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto, si applica una disciplina diversa e più tutelante rispetto a quella garantita ai contratti B2B dall’art. 1341.2 C.c., e cioè quella di cui agli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo.

Tale normativa, dopo aver dato una definizione generale di clausole vessatorie, individua ipotesi non tassative di presunzioni di vessatorietà (art. 33), disciplina l’accertamento della stessa (art. 34), dispone che le clausole debbano essere scritte in modo chiaro e comprensibile ed essere soggette all’interpretazione più favorevole al consumatore (art. 35), qualifica la nullità di tali clausole come “di protezione” (“opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”) e sancisce la nullità di talune clausole seppur siano state oggetto di trattativa tra il professionista ed il consumatore (art. 36), garantisce l’accessibilità sia alla tutela giurisdizionale (azione inibitoria, art. 37) sia alla tutela amministrativa (art. 37 bis).

 

2.2. La formazione del contratto: trattativa, stipulazione, esecuzione

Come per il contratto in generale, anche nel processo di formazione del contratto telematico si individuano tre fasi: trattative, stipulazione ed esecuzione.

La fase delle trattative si realizza in particolare nel modello B2B, nel quale i soggetti operano generalmente su un piano paritetico. Nel modello B2C, al contrario e come già evidenziato, si ricorre spesso al contratto per adesione: il professionista predispone il contenuto dell’accordo unilateralmente e lo propone al consumatore, che può aderirvi o meno.

La fase di stipulazione l’abbiamo già trattata in modo (quasi) esauriente nel § 2.1.2.

La fase di esecuzione del contratto telematico pone per lo più problemi in relazione agli strumenti di pagamento, e meno in relazione alla consegna del bene o fruizione del servizio oggetto del contratto. Le esigenze del commercio elettronico richiedono che il sistema dei pagamenti soddisfi allo stesso tempo sia l’interesse dell’accipiens ad un trasferimento veloce del denaro, sia del solvens all’utilizzo di un sistema di pagamento sicuro, tutelato da utilizzazioni abusive.

Il legislatore comunitario con la direttiva 1997/489/CE ha distinto tra i diversi strumenti. In primo luogo abbiamo quelli tradizionali che consentono di effettuare pagamenti nelle forme ordinarie (bonifico bancario, contrassegno, c/c postale) caratterizzati da un elevato grado di sicurezza ma non di rapidità nel trasferimento di denaro; poi vi sono quelli idonei a creare moneta elettronica, che assumono diverse forme consentendo però un collegamento immediato tra debitore e creditore con l’incorporazione di un credito acquistato contro denaro presso un istituto emittente. Questi ultimi sono, in primo luogo, gli assegni elettronici (introdotti nell’ordinamento italiano con D.M. 205/2014, entrato in vigore il 6 marzo 2015), che consistono in un’immagine dell’assegno cartaceo inviato tramite PEC; in secondo luogo, il portafoglio digitale, ossia una carta prepagata e ricaricabile (smart card) dotata in origine di un certo ammontare al quale vengono via via detratte le somme spese; infine, l’e-cash (moneta elettronica in senso stretto), un sistema che usa un proprio denaro virtuale, ossia monete fornite da banche associate, responsabili della certificazione della loro autenticità. Per poterlo utilizzare è necessario aprire un conto con una delle banche partecipanti: il cliente avrà così a disposizione monete virtuali che al momento di un acquisto saranno trasferite al venditore attraverso tecniche di crittografia a chiave pubblica e di firma cieca.

3.Le piattaforme commerciali: i nuovi “negozi”

Come già detto, la vendita on-line consiste in un contratto telematico stipulato tra venditore e consumatore con il quale avviene uno scambio di beni e servizi contro pagamento. Il più delle volte avviene mediante accesso del compratore al sito web del venditore: il processo di dematerializzazione che ha interessato lo scambio commerciale ha infatti creato due nuovi modelli di business a sostituzione di quello tradizionale della piattaforma fisica di vendita (definita nel linguaggio comune negozio commerciale), ossia la piattaforma di vendita e quella di scambio.

 

3.1 La piattaforma di vendita

Il vantaggio per il consumatore è sicuramente quello di poter disporre di una più ampia scelta di prodotti rispetto al tradizionale negozio: il catalogo presentato nel sito web è maggiormente omnicomprensivo, presentando prodotti di grande appetibilità commerciale ed altri di più difficile reperibilità e minore richiesta.

L’azienda che si avvale di una piattaforma commerciale spesso non dispone di un vero e proprio magazzino (si pensi tra l’altro al fenomeno del dropshipping); al contrario, i prodotti che commercializza sono richiesti via via che ve ne è domanda al produttore, ossia quando è emesso un ordine di acquisto dal compratore: in questo modo, se il costo della gestione del magazzino è pressoché nullo, è chiaro che gli scaffali virtuali sono in grado di contenere i prodotti più disparati.

Il consumatore è per di più invogliato all’acquisto tramite Internet dal fattore “comodità”: si acquista da casa propria o da ufficio, con computer o telefono cellulare, e si riceve direttamente il prodotto dove si desidera. Nessuno spreco di energie e tempo, massima celerità e, si spera, soddisfazione.

Gli shop online sono ormai in grado di soddisfare qualsiasi tipo di cliente proponendo una vasta gamma di prodotti ai prezzi più convenienti: cosmetici, vestiario, mezzi di trasporto, prodotti d’elettronica ed editoria, ma anche musica, software, pacchetti turistici e biglietti di viaggio…insomma il mondo commerciale virtuale è ormai strutturato in modo tale da permettere al consumatore di acquistare e ricevere ogni tipo di bene di cui ha bisogno, senza dover effettuare ricerche lunghe e faticose e, il tutto, comodamente a casa propria.

Se nella realtà concreta abbiamo osservato, a seguito delle recenti crisi economiche mondiali, grandi difficoltà per gli esercenti commerciali nel proseguire le loro attività, nel mondo virtuale è difficile non ammettere un’evoluzione diversa e di segno opposto: una regressione nel commercio online non si è affatto realizzata né è di facile previsione.

Una volta abbattuta la barriera della diffidenza dei “riceverò il prodotto che ho acquistato?”, “corrisponderà a quanto mi è stato rappresentato?”, “sarò passibile di truffa?”, in virtù della propria celerità ed economicità, l’acquisto via web, e con esso le piattaforme commerciali, hanno acquisito dimensioni di grande rilevanza[14].

 

3.2 La piattaforma di scambio

La piattaforma di scambio non è assimilabile ad un negozio ma più ad una piazza, in quanto è sostanzialmente un sito che permette agli utenti di vendere beni e servizi trattenendo in cambio una commissione percentuale sul prezzo di vendita. Sono quindi aziende che svolgono un ruolo di intermediazione tra venditori e compratori (e non tra produttori e compratori!) e cercano di far incontrare in unico luogo domanda ed offerta: ad esempio, Subito.it, Ebay e gli appstores di Apple e Android.

 

4.Il problema della tutela del compratore (rectius: il consumatore digitale)

Si è già fatto riferimento nel precedente paragrafo ai vantaggi che il commercio online comporta per il consumatore. Ma non vi è alcun aspetto problematico? Inutile negarlo: come si prospettano numerosi rischi nel settore delle transazioni commerciali per così dire “reali”, così anche per quelle “virtuali”, che anzi di per sé sono ancor di più insidiose.

Si è anche già detto come si conclude un contratto di compravendita online, dunque come si realizza lo scambio di un bene o servizio contro prezzo: il consumatore accede al sito web del venditore, passa in rassegna i vari prodotti, sceglie quello che più lo aggrada e procede all’acquisto. Inserirà le proprie credenziali (tra cui indispensabile il proprio indirizzo di posta elettronica), il numero identificativo della propria carta di credito o prepagata autorizzata alle transazioni via web e tramite il sistema del point and click confermerà l’acquisto: a questo punto riceverà l’email di conferma accompagnata dal cosiddetto numero d’ordine, il codice identificativo dell’acquisto.

La disciplina del commercio elettronico è contenuta nel d.lgs.70/2003 che ha recepito la Direttiva comunitaria n. 2000/31/CE. La normativa contiene una disciplina generale che si applica sia ai contratti B2B sia ai contratti B2C, escludendo i soli contratti C2C.

La protezione del consumatore “digitale” si apprezza in particolare con riferimento alla disciplina delle clausole vessatorie e del diritto di recesso, e all’introduzione di nuovi obblighi informativi precontrattuali. Tale disciplina è dettata non solo dal decreto legislativo 70/2003 ma anche, nel caso di contratto concluso tra professionista e consumatore, dal Codice del Consumo, le cui norme si aggiungono a quelle del decreto legislativo e prevalgono sulle stesse con riferimento al “contenuto e alle modalità di rilascio delle informazioni” (art. 49.9 Codice del Consumo).

Delle clausole vessatorie si è già parlato (v. 2.1.4), veniamo ora alla disciplina degli obblighi informativi e del diritto di recesso. L’art. 7 del d.lgs. 70/2003 impone al prestatore di rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, ai destinatari del servizio e alle Autorità competenti una serie di informazioni[15], con aggiunta degli obblighi informativi di cui all’art. 8 nel caso di comunicazioni commerciali “che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte integrante”. L’art. 12 elenca inoltre le informazioni che devono essere fornite dal prestatore “in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell’inoltro dell’ordine da parte del destinatario del servizio”. Se tali disposizioni sono violate si applica una sanzione amministrativa pecuniaria (da 103 euro a 10.000 euro, art. 21).

La sezione II (“Informazioni precontrattuali per il consumatore e diritto di recesso nei contratti a distanza e nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali”, Artt. 49 ss.), Capo I, Titolo III del Codice del Consumo elenca in modo preciso e puntuale gli obblighi informativi precontrattuali ai quali è tenuto il professionista verso il consumatore, perché questi possa scegliere e acquistare i prodotti in modo consapevole. Tra questi: l’identità del professionista, le caratteristiche principali del bene o servizio, il prezzo (comprensivo di eventuali tasse e imposte), le spese, le modalità di consegna e i termini di pagamento, le modalità di restituzione o di ritiro del prodotto, ecc. Dette informazioni devono essere presentate in un linguaggio semplice e comprensibile e, se presentate su un supporto durevole, devono essere leggibili. Se il contratto impone al consumatore l’obbligo di pagare, il professionista deve comunicare in modo chiaro ed evidente “le informazioni di cui all’articolo 49, comma 1, lettere a), e), q),  r), direttamente prima che il consumatore inoltri l’ordine” (art. 50).

L’articolo 52 Cod. Cons. disciplina il diritto di recesso, come di recente modificato dal d.lgs. 21/2014. Nel caso in cui il prodotto risulti deteriorato o difettoso l’acquirente può recedere dal contratto ed esser rimborsato di un valore pari al minor valore del bene, entro 14 giorni dal ricevimento della merce senza incorrere in alcuna penalità e senza obbligo di motivazione (se acquisto di un servizio entro 14 giorni dalla conclusione del contratto). Il consumatore può scegliere se dichiarare la volontà di esercizio del diritto tramite il modulo già in parte compilato dal venditore e allegato alla documentazione informativa preventiva (allegato I d.lgs. 21/2014) oppure redigendo una lettera che dovrà essere inviata all’indirizzo riportato sul contratto (è consigliabile, seppur non ci sia un obbligo ex lege, l’invio con raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC di modo che il consumatore sia in grado di dimostrarne l’invio e la ricezione). Se il consumatore non viene informato sul diritto di recesso ha un anno di tempo per il ripensamento (articolo 53).

Il venditore deve prestare garanzia di conformità del prodotto, ovvero garantire che questo è idoneo all’uso al quale servono di solito prodotti dello stesso tipo, nonché all’uso particolare voluto dall’acquirente, conosciuto e accettato dal venditore: se il prodotto risulta non conforme il compratore può chiederne la sostituzione o riparazione, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo pattuito nel caso in cui la sostituzione o riparazione dovessero risultare troppo costose o di difficile, se non impossibile, realizzazione. L’esercizio della garanzia è però sottoposto a decadenze: i vizi di non conformità devono essere denunciati entro due mesi dalla loro scoperta e comunque non oltre due anni dalla consegna del prodotto all’acquirente.

La materia è stata così riformata in attuazione della direttiva 2011/83/UE (che persegue lo scopo di garantire condizioni comuni e più chiare per le imprese concorrenti nel mercato unico, in particolare per quanto attiene lo shopping on-line) dal d.lgs. 21/2014, che ha apportato alcune modifiche[16] al Codice del Consumo, con l’estensione e rafforzamento del ruolo dell’informazione e della trasparenza sulle trattative e sui prezzi. La ratio rimane la stessa, ovvero permettere a ciascun consumatore di operare una scelta libera e consapevole e consentire ai professionisti del settore di operare in maniera più trasparente e funzionale.

Fermo il ricorso al giudice competente per la risoluzione delle eventuali controversie, è da evidenziarsi il recente utilizzo, anche in questa materia, delle ADR (Alternative Dispute Resolution) tra le quali emerge l’arbitrato telematico[17].

Certo è che il consumatore quando si appresta ad un acquisto on line deve prestare maggior attenzione, deve in qualche modo sapersi anche “autodifendere”.

Si è già descritto il mondo virtuale come insidioso per sua stessa natura, ma lo è ancor di più se l’acquirente è sprovveduto: si può dire che la disciplina descritta in precedenza va ad annullare (o quasi) la possibilità e soprattutto la convenienza per il venditore di truffare il cliente, ma non elimina il problema delle truffe online commesse da terzi.

Soccorre qui il codice penale che all’Articolo 640 ter introduce il reato della frode informatica: senza passare in rassegna le varie condotte fraudolente (hacking, boxing, sniffing, pishing…), è importante però osservare che esiste la possibilità di intercettazione degli estremi della carta di credito utilizzata per l’acquisto online e dunque il rischio della sua utilizzazione impropria da parte di terzi.

Il consumatore può autotutelarsi con il controllo periodico del proprio estratto conto, o richiesta alla propria banca di avviso tramite SMS ogni qualvolta la propria carta di credito sia utilizzata; deve essere accorto e accertarsi che il sito web dal quale acquista sia sicuro e originale; deve leggere attentamente tutte le condizioni di vendita, controllare i feedback e i commenti inseriti da altri clienti sia nei confronti del sito che del prodotto che va ad acquistare, ma soprattutto, nel caso in cui subisca un qualsiasi pregiudizio, deve provvedere ad informare l’associazione dei consumatori e ad una tempestiva denuncia depositandola presso l’ufficio di polizia postale.

 

5.Uno sguardo al futuro: la piattaforma globale

Come in Europa (e a livello internazionale) si è discusso a lungo di eliminazione delle frontiere (economiche e non solo) e di creazione di un mercato unico, fino alla loro realizzazione totale o parziale, così anche in campo virtuale sta prendendo forma il concetto di “piattaforma globale”, luogo di vendita a dimensione mondiale privo di qualsivoglia frontiera.

La proposta, novità se non assoluta comunque molto recente, ha preso forma durante il G20 tenutosi il 4 e il 5 settembre 2016 all’International Expo Center di Hangzhou (Cina). I summits del G20, arrivati ormai all’undicesima edizione, vedono la partecipazione dei Ministri dell’economia e della finanza e dei governatori delle banche centrali nazionali (oltre che delle Nazioni Unite, del Fondo Monetario Internazionale, del WTO, del Financial Stability Board) di 20 paesi diversi tra le potenze mondiali che discutono in merito alle politiche finanziarie e monetarie e avanzano proposte di riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e di sviluppo dell’economia mondiale.

Tra queste proposte si inserisce quella della creazione di una piattaforma globale di e-commerce: la “electronic world trade platform” (eWTP). Non è un concetto totalmente nuovo ma già introdotto da Jack Ma, fondatore del Gruppo Alibaba, nel marzo 2016 al Boao Forum; la sostanza è però la stessa: l’eWTP si propone l’obiettivo di ridurre, fino alla loro eliminazione, le barriere per le piccole e medie imprese che operano nel settore dell’e-commerce internazionale, prospettando per esse solo grandi benefici. O almeno così è stato affermato.

Occorre sottolineare, dunque, che si tratta di una mera proposta. Ma non è certo da sottovalutare il fatto che sia stata affrontata in una sede, quella del G20, di riconosciuta importanza strategica e decisionale, e, almeno sulla carta, accolta dai maggiori esponenti a livello mondiale del settore economico: l’eWTP è riemersa nel panorama mondiale con maggior forza rispetto al marzo del 2016. Le basi necessarie per la sua piena realizzazione in un prossimo futuro sono state poste, adesso dobbiamo solo attendere i prossimi sviluppi. 

 

Bibliografia

  • Il commercio elettronico, profili giuridici, G. Commandè- S. Sica, Giappichelli Editore 2001;
  • Documento informatico, firma digitale e commercio elettronico, a cura di V. Rizzo, Edizioni Scientifiche Italiane 2000;
  • Il contratto concluso in Internet, L. Follieri, Edizioni Scientifiche Italiane 2005.

Sitografia

[1] Fu Edward Luttwack che nel 1990 annunciò la nascita di un nuovo ordine mondiale in cui l’economia avrebbe preso il posto degli eserciti. Alcuni studiosi utilizzano tale espressione in senso dispregiativo, anche in stretta connessione all’intelligence economica: qui si vuole solo sottolineare la centralità rivestita oggi dal mondo economico non come centro di comando strategico-politico ma come “banco di prova” per le nuove tecnologie. D’altro canto lo sviluppo tecnologico è stato promosso proprio al fine del progresso economico, comportando in aggiunta profondi cambiamenti economici, sociali, politici, culturali. In questo senso “nuovo ordine mondiale”: la globalizzazione fortemente coadiuvata dalle nuove tecnologie ha esteso ancor più il suo raggio, coinvolgendo sempre più settori, tra i quali primeggia senza dubbio quello economico.

Interessante, comunque, la lettura dell’articolo “L’intelligence economica per un nuovo ordine mondiale” pubblicato su https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/approfondimenti/intelligence-economica-per-un-nuovo-ordine-mondiale.html di Laris Gaiser tratto dal suo libro “Economic Intelligence and World Governance. Reinventing States for a New World Order”, 2016.

[2] Il diritto sostanziale (ed anche processuale) è ancora in piena fase di trasformazione ed adattamento al progresso tecnologico. Un esempio, seppur non rilevante ai fini della nostra trattazione, è ben rappresentato dal processo telematico: il nostro c.p.c. recepisce solo alcune delle novità apportate allo svolgimento del processo civile dall’uso di strumenti digitali, non tutte (es. il deposito telematico è previsto per il ricorso in cassazione ma non in primo grado).

[3] Per un maggior approfondimento a tal proposito “Il contratto europeo fra regole e principi” G. Vettori, Giappichelli, 2015.

[4] è in particolare in ambito fiscale che si apprezzano le differenze fra le due tipologie di commercio elettronico: se il commercio elettronico diretto è considerato prestazione di servizi, quello indiretto è considerato cessione di beni (Direttiva 2006/112/CE e Risoluzione della Agenzia delle entrate del 3 luglio 2008, n. 274/E).

Ai fini dell’applicazione dell’IVA si segnala la recente modifica apportata dalla Direttiva n. 2008/8/CE e recepita in Italia dal d.lgs. n. 42/2015, per la quale anche nell’ambito dei rapporti B2C è previsto che i servizi elettronici, di telecomunicazione e tele-radio diffusione, a prescindere dal luogo di stabilimento del prestatore e dalla condizione del cliente, siano soggetti ad imposizione IVA nel Paese del committente.

[5] Si ricorre all’uno per lo scambio di informazioni o lo stesso consenso contrattuale, all’altro, spesso, per consentire l’adesione a schemi contrattuali già predisposti dal proponente.

[6] In particolare la vendita online è regolata dal d.lgs. 70/2003 e dal Codice del consumo d.lgs. 206/2005.

[7] Per le definizioni: Articolo 3 Codice del consumo.

[8] Per la sua individuazione sono state sostenute varie tesi:

  1. luogo in cui il proponente ha scaricato la posta elettronica contenente l’accettazione;
  2. per ragioni di maggior certezza, il luogo in cui è collocato il server del provider contenente la casella postale del proponente;
  3. luogo dove ha sede l’impresa o dove viene svolta l’attività professionale del destinatario dell’accettazione, indipendentemente dal luogo dove si trova il computer o il sito utilizzato.

[9] Nel nostro ordinamento vige un principio di assoluta equivalenza tra scrittura privata con strumento telematico e scrittura privata su documento cartaceo.

[10] Il codice dell’amministrazione digitale d.lgs. 82/2005 all’Articolo 1 dà le seguenti definizioni:

  1. firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica;
  2. firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica;
  3. firma elettronica qualificata: un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma;
  4. firma digitale: un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

[11]  Ed in base a questi presupposti:

  • la corrispondenza elettronica equivale a tutti gli effetti a quella cartacea;
  • l’indirizzo elettronico contiene tutti i requisiti considerati dalla giurisprudenza idonei per individuare   l’indirizzo capace di far scattare la presunzione, in quanto recapito che, in ragione di un collegamento ordinario o di una normale frequenza o di una preventiva indicazione o pattuizione, rientra nella sfera di dominio o di controllo del destinatario stesso;
  • l’equiparazione tra indirizzo reale e virtuale è un principio oramai acquisito anche a livello positivo (Articolo 14 co. 1 d.p.r. n. 445/2000).

[12] Per alcuni l’Articolo 1326 c.c. sarebbe inapplicabile al contratto telematico perché per la velocità di trasmissione degli impulsi elettronici il momento dell’arrivo dell’accettazione coincide con il suo invio.

Altra tesi, invece, premendo sul fatto che l’email può essere smistata dal provider anche dopo un certo lasso di tempo, e quindi negando una coincidenza temporale tra i due momenti, ritiene perfettamente applicabile ai contratti telematici la regola ordinaria circa il tempo ed il luogo di conclusione del contratto.

[13] Senza alcun dubbio una “prova diabolica”.

[14] Negli ultimi anni è aumentato sensibilmente il numero delle Dot-com, le aziende che utilizzano il web per vendere i propri prodotti anche fuori dei confini nazionali. L’esigenza di contrastare la crisi economica e innovare il proprio business attraverso il web ha caratterizzato in particolare i settori dell’abbigliamento, dell’editoria e delle assicurazioni.

Netcomm.it, il consorzio degli operatori del commercio elettronico, raccoglie circa 200 aziende italiane che operano tramite il web.

[15] il nome, la denominazione o la ragione sociale;

il domicilio o la sede legale;

gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l’indirizzo di posta elettronica;

il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese;

gli elementi di individuazione nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza qualora un’attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione;

per quanto riguarda le professioni regolamentate:

1) l’ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione;

2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato;

3) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi;

il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un’attività soggetta ad imposta;

l’indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi della società dell’informazione forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare;

l’indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del contratto qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione o l’oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d’uso.

[16] Le modifiche attraversano vari ambiti della disciplina assicurando una ancor più maggiore protezione al consumatore, tra i quali: diritto di recesso, fase delle trattative, obblighi di trasparenza, diritto alla restituzione della merce, sanzioni (…)

[17] Per un maggior approfondimento “Metodi online di risoluzione delle controversie. Arbitrato telematico e ODR”, C. Camardi.