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L’assegno post divorzio: alcune valutazioni dopo la recente sentenza di Cassazione

di Maria Liso

 

La Suprema Corte, con l’ultima pronuncia del 2017 n. 11490, supera la concezione precedente di assegno divorzile quale obbligo a carico dell’ex coniuge ed interpreta letteralmente l’articolo 5 della Legge sul Divorzio (L. 898/1970) nella parte in cui, al comma 6, prevede “l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

La Corte a Sezioni Unite afferma che tale pronuncia ha “lo scopo di evitare rendite parassitarie ed ingiustificate proiezioni patrimoniali di un rapporto personale sciolto”.

Alla luce di ciò è possibile affermare che il Tribunale adito, per disporre positivamente dell’assegno divorzile previsto dalla Legge 898, debba seguire una precisa trafila ossia:

1. deve verificare, in un primo tempo ( c.d. fase dell'an debeatur, informata al principio dell'autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali "persone singole", ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall'accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all'assegno di divorzio fatto valere dall'ex coniuge richiedente) se la domanda dell’ex coniuge soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive»), con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, desunta dai principali "indici" del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo e della stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Questa prima fase  attiene esclusivamente alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale

2. in secondo luogo deve "tener conto" (nella c.d. fase del quantum debeatur - informata al principio della «solidarietà economica» dell'ex coniuge obbligato alla prestazione dell'assegno nei confronti dell'altro in quanto "persona" economicamente più debole (artt. 2 e 23 della Costituzione), dalla determinazione dell'assegno al quale può accedersi soltanto all'esito positivo della prima fase, in base a tutti gli elementi indicati dalla norma («... condizioni dei coniugi, ... ragioni della decisione, ... contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, ... reddito di entrambi...»), e "valutare" tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio», al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno di divorzio; quindi, solo in questa seconda fase è legittimo procedere ad un “giudizio comparativo” tra le rispettive “posizioni” personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall’articolo 5, c. 6, della legge n. 898 del 1970.

Riferimenti normativi

Articolo 5 – Legge n. 898/1970

1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'articolo 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.

2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.

3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.

4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.

5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'articolo 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.

6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.

8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.

10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.

 

Redatto il 18 maggio 2017