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Il mobbing a danno del conducente di autoambulanza e soccorritore

Il mobbing a danno del conducente di autoambulanza e soccorritore
Il mobbing a danno del conducente di autoambulanza e soccorritore

Oggetto di questa nuova riflessione giuridica è la figura professionale di chi presta la propria attività quale conducente di autoambulanza e soccorritore presso enti socio-sanitari, con particolare riguardo alle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, nonché alle mansioni di volta in volta affidate, alle modalità di determinazione dei turni lavorativi diurni e notturni e, infine, alla gestione delle ore ordinarie e straordinarie, in caso di stravolgimento delle stesse da parte di un proprio responsabile.

 

1. Quadro fattuale

Ipotizziamo, quindi, che abbiate sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mediante il quale siete stati inquadrati al livello C1 del CCNL ANPAS-accordo sindacale del 23.09.2014, con qualifica di autista soccorritore e mansioni di conducente di autoambulanza.

Ipotizziamo anche che il vostro contratto di lavoro preveda un orario settimanale di 38 ore medie, in base alle turnazioni stabilite dal datore di lavoro, distribuito dal lunedì alla domenica, con risposo settimanale, come previsto dal CCNL di categoria.

Di volta in volta, su indicazione del vostro responsabile, lavorate solo come autista, ovvero anche come soccorritore o addetto ai servizi secondari.

Poi, tutto a un tratto, interviene un cambio nell’attività lavorativa concretamente svolta, a fronte di nuove decisioni in tal senso assunte da vostro responsabile.

I turni giornalieri diventano di circa 13 ore ordinarie, con cambi repentini degli stessi e tardivamente comunicati, tra l’altro con compiti di solo soccorritore e addetto ai servizi secondari e, inoltre, vanno a scomparire del tutto i turni notturni e la possibilità di svolgere ore straordinarie, nonostante un accordo in tal senso raggiunto.

Ebbene, il dubbio che vi potrebbe insorgere è se siate divenuti destinatari di una condotta di mobbing da parte dei vostri diretti superiori, se la turnazione affidata sia equa e se i repentini cambi della stessa siano tempestivamente comunicati, infine se sia corretta la gestione delle ore di straordinario e del lavoro notturno eliminate di fatto.  

 

2. Quadro giuridico

Da un punto di vista normativo, la fattispecie giuridica in esame è particolarmente variegata e, soprattutto, disciplinata da una pluralità di norme che ci si accinge a esaminare, anche alla luce di quanto rinvenuto in giurisprudenza.

2a). La contrattazione collettiva nazionale

Innanzi tutto, il CCNL di riferimento è dato dall’accordo 2010-2012, siglato per il personale dipendente dall’A.N.P.A.S. e dalle realtà operanti nell’ambito socio-sanitario, assistenziale, educativo, delle pubbliche assistenze, comprensivo dell’integrazione del 23.09.2014.

Nello specifico, il menzionato contratto prevede all’articolo 15 che “il lavoratore ha diritto all’esercizio delle mansioni proprie della categoria e qualifica di appartenenza o a mansioni equivalenti. Il lavoratore … in relazione alle esigenze di servizio verificate tra le parti in sede di Organizzazione, può essere assegnato temporaneamente a mansioni diverse, sempre che ciò non comporti alcun mutamento della posizione economica del dipendente medesimo”.

In tema di orario di lavoro, l’articolo 26 prevede che “per tutti i dipendenti l’orario di lavoro ordinario settimanale è fissato in 38 ore, da articolare di norma su sei giorni … la durata media dell’orario di lavoro settimanale, comprese le ore di lavoro straordinario, non può superare il limite di 48 ore calcolate come media su un periodo di 12 mesi … il maggior lavoro effettuato nelle settimane con orario di lavoro di durata superiore a quello prescritto non dà diritto a compenso per lavoro straordinario, mentre per le settimane di durata inferiore a quella prevista dal presente articolo non dovrà darsi luogo a riduzioni della normale retribuzione”.

Per quanto concerne il riposo giornaliero – disciplinato dal D. Lgs. n. 66/2003 che sarà esaminato nel successivo paragrafo –, l’articolo 26bis del CCNL di categoria consente delle deroghe, ma solo in casi eccezionali specificamente individuati, quali:

  • servizi di emergenza-urgenza che si protraggono oltre il normale turno di lavoro;
  • prolungamenti del normale turno di lavoro per la mancata o tardiva presenza in servizio del lavoratore montante;
  • chiamata in servizio del lavoratore in turno di reperibilità;
  • trasferimenti a lunga percorrenza, di durata superiore alle 12 ore;
  • eventi di maxi emergenza;
  • grandi eventi non programmabili, con interventi attivati o richiesti da enti e/o organismi nazionali, regionali o provinciali,

con la precisazione che in tal caso la prestazione in deroga dovrà essere retribuita come lavoro straordinario.   

L’accordo in questione ha affrontato anche la tematica relativa all’orario straordinario e al lavoro notturno, disponendo che “il tetto annuo di ore supplementari e straordinarie non può superare le 150 ore annue individuali. … il lavoro supplementare e straordinario non può essere utilizzato come fattore di programmazione del lavoro. Le prestazioni di lavoro supplementare e straordinario hanno carattere eccezionale e devono rispondere ad effettive esigenze di servizio”.

Per quanto concerne, poi, la categoria, la qualifica e le mansioni assegnate al lavoratore, l’articolo 40 dell’accordo in esame ricomprende nella categoria C1 il “lavoratore che provvede: - al trasporto di persone, alla movimentazione di merci, ivi compresa la consegna-ritiro e custodia della documentazione amministrativa nell’ambito di rapporti istituzionali; - alla ordinaria e straordinaria manutenzione dell’automezzo segnalando eventuali interventi di natura complessa; - ad attività esecutive e/o di carattere tecnico-manuali e/o amministrative, ovvero uso e manutenzione ordinaria di strumenti ed arnesi di lavoro e macchinari semplici e complessi, ivi compreso l’utilizzo di elaboratori elettronici”.

Da un punto di vista squisitamente pratico, il CCNL in esame ricomprende in detta categoria l’autista soccorritore, l’autista accompagnatore, l’operatore socio-sanitario, l’operatore tecnico addetto all’assistenza, l’operatore domiciliare dei servizi tutelari e anche l’infermiere generico. 2b). Il Decreto Legislativo n. 66/2003

Oltre alla contrattazione collettiva dianzi esaminata, come già anticipato, il Legislatore ha disciplinato l’organizzazione dell’orario di lavoro anche con il decreto legislativo n. 66/2003.

Nello specifico, per quanto rilevante nel caso di specie, detto decreto disciplina il lavoro a turni, laddove con questa espressione si intende qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro – anche a squadre – in base al quale diversi lavoratori sono successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo.

Una problematica particolarmente rilevante, che un lavoratore soggetto a turni si vede costretto ad affrontare, riguarda l’assegnazione del turno senza congruo preavviso.

A tale proposito, nulla è prescritto né dalla contrattazione collettiva relativa al caso che qui ci occupa e né dalla normativa nazionale.

Pur tuttavia, in soccorso dei lavoratori è giunta la giurisprudenza della Corte di Cassazione che – con sentenza n. 12962 del 21.05.2008 – ha stabilito che la comunicazione dei turni di lavoro senza un congruo preavviso – quantificato in 24 ore prima dell’inizio della prestazione lavorativa – lede la dignità del lavoratore, tutelata dall’articolo 32 Cost., condizionando negativamente la gestione del proprio tempo libero, al punto tale da configurare un danno risarcibile.

La Suprema Corte ha, infatti, evidenziato come la comunicazione dei turni di lavoro in un tempo “ragionevole” si pone quale condizione necessaria alla tutela delle esigenze di programmabilità del tempo libero da parte del lavoratore, che sono costituzionalmente garantite, in virtù del rilievo sociale che assume lo svolgimento di attività sportive, ricreative, culturali, sociali, politiche, scolastiche, ecc., o anche di un secondo lavoro. 

In merito, poi, all’orario di lavoro settimanale, la normativa in esame all’articolo 7 disciplina il diritto al riposo giornaliero, statuendo che “ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità”.

Per quanto riguarda, poi, il lavoro straordinario, il decreto in esame all’articolo 5 stabilisce che “il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto”, che “i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario” e che “in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali”.

Infine, per quanto concerne il lavoro notturno, l’articolo 12 prevede che “l’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori … per il tramite dell’Associazione cui l’Azienda aderisca o conferisca mandato”.

 

2c). Il mobbing

Da ultimo, prima di illustrare le riflessioni conclusive cui si è giunti sulla base di quanto sin qui argomentato, resta da esaminare la fattispecie giuridica del “mobbing”.

Ebbene, come noto, il Legislatore non ha disciplinato detta figura che, pur tuttavia, ha trovato il proprio inquadramento attraverso copiosa giurisprudenza e dottrina espressesi al riguardo.

Così, questo termine racchiude tutte quelle condotte vessatorie, reiterate e durature, individuali o collettive, rivolte nei confronti di un lavoratore ad opera, tra gli altri, del proprio datore di lavoro e/o dei superiori gerarchici.

Sono caratteristiche di questo comportamento:

  • la sistematica protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti;
  • la volontà che lo sorregge, diretta alla persecuzione o all’emarginazione del dipendente, oppure, anche in assenza di un esplicito fine persecutorio, diretta a vessare e mortificare il lavoratore;
  • la conseguente lesione arrecata al lavoratore, attuata sul piano professionale, o morale, o psicologico o fisico o sessuale;
  • il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità fisica del lavoratore.

Alla luce di ciò, secondo la casistica giurisprudenziale, sono stati qualificate come “mobbing” le seguenti condotte:

  • la riduzione ingiustificata dell’ambito di autonomia operativa del lavoratore, tradottasi in una mortificazione sul piano professionale e in una serie di attacchi sul piano personale (Tribunale di Agrigento, 01.02.2005, Cass. Civ., Sez. Lav., 28.08.2007, n. 18262);
  • la brusca e improvvisa interruzione della carriera professionale, ambiente di lavoro ostile, umiliazione e pressioni psicologiche comportanti sofferenze morali, danni alla vita di relazione ed esaurimento nervoso, demansionamento e successiva privazione di compiti, licenziamento (Tribunale di Pinerolo, 02.04.2004);
  • il compimento di atti sistematici, quali la negazione di permessi e la privazione dei collaboratori, formalmente legittimi, ma solo in apparenza giustificati in forza del potere –dovere di controllo del dirigente (Tribunale di Trieste 10.12.2003).

Nell’ipotesi in cui le condotte di mobbing fossero accertate, il lavoratore avrebbe diritto al risarcimento del danno che si prescrive in 10 anni, decorrenti dalla manifestazione del danno.

Pur tuttavia, proprio ai fini dell’accertamento di dette condotte, risulta particolarmente gravoso l’onere della prova, il quale incombe sia sul datore di lavoro – tenuto a provare di avere adempiuto all’obbligo di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore –, sia sul lavoratore.

In particolare, quest’ultimo dovrà provare:

  • la lesione dell’integrità psico-fisica, rammentando che il comportamento datoriale deve essere oggettivamente lesivo, non essendo sufficiente che sia solo percepito come tale dal lavoratore;
  • il nesso di causalità tra l’evento dannoso e l’espletamento della prestazione lavorativa.

 

3. Conclusioni

Alla luce dei quadri fattuale e giuridico sin qui delineati, è ora possibile formulare le conclusioni riguardanti l’ipotesi in cui, in qualità di autisti soccorritori di ambulanza, vi sentiate vessati a fronte di repentini cambi di mansioni e di orario di lavoro, tardivamente comunicati.

Innanzi tutto, sembra difficile poter qualificare le condotte denunciate in termini di mobbing, soprattutto alla luce del gravoso onere della prova che incombe sul lavoratore.

Interessante, a tal fine, e sicuramente consigliabile è il precostituirsi delle prove da utilizzare non solo in fase stragiudiziale, bensì anche in un’eventuale giudizio.

Pertanto, sarebbe di fondamentale importanza poter disporre di uno screening medico accurato, che comprovi che l’integrità psico-fisica del lavoratore ha subito e sta subendo una lesione da quando si sono manifestati i cambiamenti lavorativi denunciati.

In mancanza di ciò, perorare una simile linea difensiva potrebbe non essere risolutiva.

Di converso, si potrebbe intervenire nei confronti del datore di lavoro, contestando il parziale mutamento di mansione lavorativa.

Difatti, se la mansione assegnata è di conducente di autoambulanza, con qualifica di autista soccorritore, l’attribuzione dell’attività di addetto ai servizi secondari potrebbe non rientrare nel mansionario specifico.

In proposito, il CCNL di appartenenza contempla una simile figura nella categoria B, inferiore a quella in esame, quale ausiliario trasporti socio-sanitari e ausiliario socio-sanitario specializzato.

Per quanto concerne, poi, le ulteriori problematiche relative alle ore di straordinario, nonché al lavoro notturno e alla comunicazione in tempi ragionevoli dei turni, si osserva che le normative collettive e nazionali sono chiare nello specificare che le prestazioni di lavoro straordinario:

  • hanno carattere eccezionale;
  • devono rispondere a effettive esigenze di servizio;
  • devono essere contenute;
  • sono ammesse previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

In ragione di ciò, pertanto, in mancanza di concrete esigenze, ben potendo comunque segnalare la questione al proprio responsabile, si fatica a ipotizzare la possibilità di rivendicare il diritto, in senso stretto, a godere di dette ore, benché si comprende l’importanza – soprattutto economica – alle medesime sottesa.

Lo stesso dicasi riguardo al lavoro notturno, che la normativa collettiva e nazionale disciplinano, senza tuttavia prevedere un obbligo minimo dello stesso, tutelando il rispetto del riposo settimanale nella determinazione dei turni di lavoro e contemplando sempre e comunque il raggiungimento di un accordo in tal senso con il proprio datore di lavoro.

Semmai, anche in tal caso, si potrebbe segnalare il cambiamento notato, confermando la più ampia disponibilità a compiere ore di lavoro straordinario e notturno, così come sempre avvenuto e precisando che ancora viene concesso ad altri colleghi.

Differente, invece, è la conclusione cui si giunge riguardo alla comunicazione preventiva dei turni di lavoro.

Sebbene, come dianzi argomentato, nulla dica al riguardo il Legislatore e il CCNL di categoria, la giurisprudenza si è pronunciata in merito in favore del lavoratore, ritenendo che i turni debbano essere comunicati non meno di 24 ore prima del loro inizio.

In tal caso, pertanto, potrete far valere questo diritto nei confronti del datore di lavoro, rivolgendovi a un legale di fiducia che vi assista a tal fine.

Infine, resta la questione del monte ore giornaliero da Lei segnalato.

Anche a tale proposito, la normativa nazionale e collettiva sono chiare nel quantificare le ore che possono essere lavorate in settimana e nel disciplinare il riposo giornaliero.

Pertanto, potrete agire per ottenere tutela, laddove il turno giornaliero lavorato superasse il limite consentito, in assenza del verificarsi delle circostanze in cui è consentita la deroga, e laddove lo stesso non fosse poi riconosciuto economicamente come lavoro straordinario.