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Corte di Giustizia dell'Unione Europea: la gestione di una piattaforma online che permette di indicizzare e condividere contenuti tutelati dal diritto d’autore può configurare una violazione della normativa del diritto d’autore

Corte di Giustizia dell'Unione Europea: la gestione di una piattaforma online che permette di indicizzare e condividere contenuti tutelati dal diritto d’autore può configurare una violazione della normativa del diritto d’autore
Corte di Giustizia dell'Unione Europea: la gestione di una piattaforma online che permette di indicizzare e condividere contenuti tutelati dal diritto d’autore può configurare una violazione della normativa del diritto d’autore

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con l’attesa sentenza del 14 giugno 2017 relativa alla causa C- 610/15, è tornata ad occuparsi – a breve distanza dalla sentenza del 26 aprile scorso nella  causa Strichiting Brein (C- 527/15) - della tutela del diritto d’autore nella società dell’informazione, e ha stabilito che la messa a disposizione e la gestione, su Internet, di una piattaforma di condivisione che, mediante l’indicizzazione di metadati relativi ad opere protette e la fornitura di un motore di ricerca, consente agli utenti di tale piattaforma di localizzare tali opere e di condividerle nell’ambito di una rete tra utenti (peer-to-peer), configura una forma di “comunicazione al pubblico” vietata dalla normativa europea sul diritto d’autore.

Il sistema di condivisione “peer-to-peer si distingue dal modello tradizionale “server-client” perché il computer di ogni utente non è esclusivamente un “cliente” che riceve le informazioni da un server centrale, ma svolge un doppio ruolo dal momento che è al contempo sia un server che  memorizza e condivide le informazioni con altri utenti sia un cliente che riceve tal informazioni da un altro server (ovvero da un altro utente), andando così a creare una rete decentralizzata. Alcune di tali reti - come nel caso sottoposto all’attenzione del giudice europeo - utilizzano il protocollo BitTorrent, che permette di scaricare un documento suddiviso in più parti, che vengono ricevute dagli altri utenti della rete. I file torrent creati dai singoli utenti (peers) sono caricati su una piattaforma di condivisione, come ad esempio la piattaforma “The Pirate Bay”, e indicizzati affinché possano essere facilmente reperiti e scaricati.

Tornando al caso di specie, nel 2014 la fondazione Strichting Brein, che mira a contrastare l’utilizzazione abusiva di materiali protetti dal diritto d’autore e che tutela gli interessi dei titolari di diritti d’autore nei Paesi Bassi, ha convenuto avanti il giudice olandese due internet service provider olandesi, Ziggo BV e XS4ALL Internet BV, chiedendo che venissero bloccati i nomi a dominio e gli indirizzi IP della piattaforma di condivisione online “The Pirate Bay”. A detta della fondazione, tale sito avrebbe permesso la condivisione “peer-to-peer” di brani musicali e film in violazione del diritto d’autore. 

La Corte Suprema dei Paesi Bassi nel decidere la questione si è posta il dubbio se la piattaforma di condivisione online “The Pirate Bay” configurasse una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dal momento che tale piattaforma permetteva i) agli utenti di condividere opere presenti nei loro computer, ii) la gestione di un sito web sul quale gli utenti potevano mettere online file torrent che rinviavano frammenti di tali opere, e iii) l’indicizzazione e categorizzazione dei file torrent caricati.

Ha quindi disposto rinvio pregiudiziale alle Corte di Giustizia dell’Unione Europea ponendo le  seguenti questioni pregiudiziali:

1. se si configuri una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, ad opera del gestore di un sito Internet ove sul sito in parola non si trovano opere protette, ma esiste un sistema (…) con il quale vengono indicizzati e categorizzati per gli utenti metadati relativi ad opere protette disponibili sui loro computer, consentendo loro in tal modo di reperire e caricare e scaricare le opere protette.

2. qualora la prima questione debba essere risolta negativamente: se gli articoli 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e 11 della direttiva 2004/48 consentano di emettere un’ingiunzione nei confronti di un intermediario ai sensi di tali disposizioni, ove siffatto intermediario faciliti attività illecite di terzi, come indicato nella prima questione.

 

Primo quesito

Nell’affrontare il primo quesito, il giudice europeo si sofferma sull’articolo 3, comma 1 della d Direttiva 2001/29/CE, secondo cui “Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Tale articolo, quindi, riconosce all’autore di un’opera il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico della sua opera, compresi i casi in cui i componenti del pubblico possono accedere all’opera nel luogo e nel momento da essi individualmente scelto, ovvero attraverso internet.

Come già evidenziato dalla recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, il citato articolo, però, non fornisce una definizione di “comunicazione al pubblico”. Pertanto, per determinarne la portata e il significato occorre fare riferimento da un lato ai Considerando 9 e 10, secondo cui lo scopo della normativa è quello di garantire un elevato grado di tutela degli autori, dall’altro al Considerando 23, che fa fa rientrare nel diritto alla comunicazione dell’opera una “qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un'opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri”, dovendosi quindi procedere ad uninterpretazione estensiva della norma.

Ciò posto, la Corte, nel richiamare la propria recente giurisprudenza (in particolare la già citata sentenza del caso Strichting Brein, C- 527/15), chiarisce che affinché sia configurabile una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva sono necessari due distinti requisiti tra essi cumulativi, individuabili in i) un’attività di comunicazione dell’opera e in un ii) pubblico destinatario della comunicazione.

Per quanto concerne il primo requisito – che vale la pena ricordare essere già stato affrontato esaustivamente dalla stessa Corte nella recente sentenza del 26 aprile 2017, più volte richiamata – il giudice europeo chiarisce che per aversi una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, c.1 della Direttiva 2001/29 debbano essere di volta in volta considerati ulteriori elementi complementari ai due requisiti essenziali e tra loro interdipendenti. Innanzitutto, la Corte sottolinea l’importanza riconosciuta al ruolo dell’utente, il quale pone in essere un atto di comunicazione ogniqualvolta consapevolmente e intenzionalmente favorisce l’accesso dei propri clienti a contenuti tutelati dal diritto d’autore, considerato che in assenza di tale intervento i contenuti protetti non sarebbero accessibili. In secondo luogo, è costante la giurisprudenza secondo cui quando si fa riferimento ad un “pubblico” questo debba essere inteso come un numero indefinito di utenti, anche solo potenziali. Un terzo elemento che viene considerato è che per aversi comunicazione al pubblico questa debba avvenire con specifici strumenti tecnici, o, in alternativa, ad un pubblico nuovo rispetto a quello inizialmente considerato dai titolari dei diritti d’autore nel momento in cui veniva autorizzata  una prima comunicazione dell’opera. Infine, la Corte, come già precisato in più occasioni, chiarisce che la comunicazione deve avere un qualche rilievo economico.

Alla luce di ciò, la Corte pare non aver dubbi circa il fatto che la messa a disposizione e la gestione di una piattaforma di condivisione online attraverso la quale gli utenti possano accedere a opere protette dal luogo e nel momento scelto individualmente, configuri un “atto di comunicazione” ai sensi dell’articolo3, c.1 della citata direttiva.

 

Infatti, come precedentemente descritto, la piattaforma “The Pirate Bay” permette la condivisione tra gli utenti di opere protette, non avendo rilevanza il fatto che i documenti vengano “frammentati” per essere scaricati, perché ciò a cui l’utente è in grado di accedere (mediante lo scaricamento dalla piattaforma di condivisione online) è l’intera opera.

La posizione della Corte di Giustizia è chiara anche in merito al ruolo determinante svolto dagli amministratori della piattaforma “The Pirate Bay”. Nonostante venga riconosciuto che i file condivisi attraverso tale piattaforma siano stati resi disponibili online dagli stessi utenti, il giudice europeo – condividendo la posizione dell’Avvocato Generale – rileva che le opere non sarebbero accessibili e il funzionamento della rete sarebbe più complesso in assenza di siti quali “The Pirate Bay”, che indicizzano e categorizzano i file torrent, garantendo così agli utenti una più semplice e veloce ricerca, caratteristiche tecniche che non permettono di qualificare l’attività degli amministratori della piattaforma quale “mera fornitura di attrezzature fisiche atte a rendere possibile o a effettuare una comunicazione”, di per sé legittima ai sensi del Considerando 27 della Direttiva 2001/29 poiché non costituisce un atto di comunicazione.

Per quanto riguarda il secondo requisito, ovvero la necessaria presenza di un pubblico destinatario della comunicazione, è ravvisabile nel caso in cui vi sia un consistente numero di potenziali destinatari. Parimenti a quanto detto per il primo requisito, appare incontestabile l’essere di fronte ad un “pubblico” ai sensi dell’articolo 3, c.1 della Direttiva. Mentre da un lato, è emerso che un numero rilevante degli abbonati di Ziggo e della XS4ALL ha scaricato file multimediali protetti dal diritto d’autore mediante la piattaforma di condivisione online The Pirate Bay, dall’altro il numero potenziale di utenti della stessa piattaforma che possono accedere in ogni momento e contemporaneamente risulta elevato.

Nel concludere la disamina di tale secondo requisito, la Corte rileva altresì che tale pubblico può essere dirsi “nuovo”, ovvero non considerato dal titolare dei diritti quando aveva autorizzato la prima comunicazione dell’opera (si vedano in tale senso il caso Svensson and others, C- 466/12 e il caso Stichting Brein, C-527/15). Anche sotto questo aspetto, appare palese che gli amministratori di “The Pirate Bay” fossero a conoscenza che le opere condivise sulla piattaforma fossero pubblicate senza l’autorizzazione dei titolari del diritto, promuovendo tale attività di copia e di condivisione attraverso blog o forum online.

In conclusione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ritiene che nel caso in esame sussistano entrambi i requisiti necessari a configurare una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della Direttiva 2001/29, rispondendo così positivamente al primo quesito posto dal giudice olandese.  

Per quanto concerne il secondo quesito, invece, la Corte, avendo dato riscontro positivo al primo, ritiene che non sia necessario rispondere all’ulteriore questione.

 

Conclusioni

La Corte, sulla scia di una ormai consolidata giurisprudenza, conclude che alla nozione di “comunicazione al pubblico”  ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della Direttiva 2001/29/CE debba essere data un’interpretazione estensiva fino a ricomprendere la messa a disposizione e la gestione su Internet di una piattaforma di condivisione, come “The Pirate Bay”, che, mediante l’indicizzazione di metadati relativi ad opere protette e la fornitura di un motore di ricerca, consente agli utenti di tale piattaforma di localizzare e scaricare tali opere nonché di condividerle nell’ambito di una rete “peer to peer”.