x

x

Infiltrazioni mafiose: pianificazione territoriale e consultazione pubblica

Infiltrazioni mafiose: pianificazione territoriale e consultazione pubblica
Infiltrazioni mafiose: pianificazione territoriale e consultazione pubblica

Indice

1. Un fenomeno ombra

2. Le fasi del procedimento

3. Proposte di scioglimento, tecnica di redazione delle richieste

4. La relazione della commissione di accesso

5. Proposte di scioglimento: i casi pratici più comuni

6. Conseguenze politiche ed economiche

7. Conseguenze indirette sui comuni limitrofi

8. Alcuni dati sullo scioglimento dei consigli comunali

9. Proposte maggiormente accreditate

10. Gestione dei servizi

11. Pianificazione territoriale: ispezione amministrativa e consultazione pubblica

 

1. Un fenomeno ombra

Il fenomeno assume, nelle moderne società postindustriali, forme assai eterogenee ed insidiose, in quanto le infiltrazioni mafiose appaiono sempre più difficili da identificare, specie nelle grandi città.

La normativa sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni non ha messo fine all’influenza della criminalità organizzata sulla politica locale, ma sembra, comunque, avere effetti positivi sulla selezione della classe politica, mentre i partiti colpiti ottengono meno voti alle elezioni successive.

Un report dell’Osservatorio Nazionale Openpolis, pubblicato recentemente, fa capire quanto sia attuale in tutto il Paese la problematica sullo scioglimento dei consigli comunali per mafia, con il primato della Calabria per il maggior numero di comuni interessati.

 

2. Le fasi del procedimento

L’iter amministrativo per lo scioglimento degli enti locali prevede il potere d’iniziativa in capo al Prefetto che, informato dalla magistratura o dalle Forze di polizia, del potenziale rischio di infiltrazioni mafiose in un ente locale, avvia la procedura di accesso agli atti.

L’articolo 143, comma 2 del TUEL dispone che il procedimento di scioglimento di un’amministrazione comunale o provinciale (o anche, a seguito della novella introdotta dall’articolo 1-bis del D. Lgs 31 marzo 2003 n. 50, di città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, consorzi di comuni e province, organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, aziende speciali dei comuni e delle province e consigli circoscrizionali) «è avviato dal Prefetto della provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell’Interno ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del Decreto Legge 29 ottobre 1991 n. 345 convertito dalla Legge 30 dicembre 1991 n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni».

La commissione d’accesso di nomina prefettizia svolge un’attività d’indagine sull’operato dell’amministrazione locale, valutando la consistenza degli elementi sui quali fondare la proposta di scioglimento, rappresentati dai vizi e dalle anomalie dell’azione amministrativa dell’ente. Della commissione d’accesso fanno normalmente parte vice prefetti, funzionari di prefettura e funzionari delle forze dell’ordine.

La commissione, al termine dei lavori, redige una relazione diretta al Prefetto che, a sua volta, invia un rapporto al Ministro dell’Interno, affinché valuti l’opportunità di giungere ad uno scioglimento.

Alla relazione prefettizia, nel caso di riscontro di elementi che integrino gli estremi dello scioglimento, segue l’emanazione, da parte del Presidente della Repubblica, del decreto che dispone lo scioglimento dell’Ente. Tale decreto viene emanato dal Capo dello Stato su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Il decreto stesso viene trasmesso contestualmente alla sua emissione alle Camere e conserva i suoi effetti «per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali» (articolo 143, comma 3, del Tuel) e viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Avverso il decreto di cui all’articolo 143 Tuel è ammessa tutela giurisdizionale da esercitarsi nelle forme ordinarie (ricorso al Tar in prime cure ed eventuale, successivo, ricorso al Consiglio di Stato).

 

3. Proposte di scioglimento, tecnica di redazione delle richieste

La procedura per lo scioglimento prevede il potere d’iniziativa in capo al Prefetto. Ne consegue che si possono determinare, in estrema sintesi, due diverse situazioni:

  • In un primo caso potrebbe essere il Prefetto stesso che, motu proprio, rilevata la sussistenza di un fumus di condizionamento, predispone la procedura di accesso agli atti, secondo le modalità già descritte.
  • In alternativa, il Prefetto potrebbe ricevere un impulso da parte della Magistratura o da parte delle Forze dell’ordine.

Quando ad attivare il Prefetto è la Magistratura, si è in presenza di un procedimento penale che può anche non essere definito. Ad esempio, può essere sufficiente che vi sia la conclusione delle indagini preliminari, con la relativa notifica delle informazioni di garanzia, oppure che vengano eseguite delle misure cautelari, dalle quali emerga un potenziale quadro di infiltrazione mafiosa in un ente pubblico. Molto più spesso, a dare impulso all’azione del Prefetto sono le Forze dell’ordine e, in diversi casi, ciò avviene indipendentemente dalla conduzione di specifiche attività di indagine nell’ambito di un procedimento penale.

L’attività informativa iniziale finalizzata al rilevamento di potenziali condizionamenti degli enti locali si può tradurre, in definitiva, in due tipi di atti, entrambi destinati al Prefetto, sebbene in due fasi diverse:

- l’eventuale proposta formulata al Prefetto dalle Forze dell’ordine, che ha la finalità di presentare gli esiti del monitoraggio dell’ente, evidenziando gli elementi indicativi del potenziale condizionamento e ponendo quindi il Prefetto in condizione di ordinare l’accesso;

- la relazione conclusiva della Commissione di accesso all’ente, base della relazione che il Prefetto presenterà al Ministro dell’Interno, fornendo al decisore politico gli strumenti per valutare se applicare o meno la misura di rigore.

 

 

 

4. La relazione della commissione di accesso

Definire una struttura standard per la relazione conclusiva della commissione d’accesso sarebbe prima di tutto limitativo per i membri della commissione stessa che, invece, devono poter riferire gli esiti delle loro indagini attagliando il prodotto finale alle risultanze ottenute, evitando che rigidi schematismi possano relegare in secondo piano gli aspetti di maggiore rilievo.

Vi sono tuttavia degli elementi comuni che, per consuetudine e prima ancora per il loro carattere di essenzialità, ricorrono nelle diverse relazioni. Tali elementi, in linea generale, ricalcano quelli già rilevati nel monitoraggio svolto dalle Forze dell’ordine. È tuttavia ovvio che, nella relazione della Commissione, venga riservato uno spazio maggiore all’analisi dei documenti a cui si è acceduto in virtù degli speciali poteri d’inchiesta, con particolare riferimento agli aspetti finanziari, all’erogazione dei contributi, alle gare d’appalto ed alle procedure concorsuali, al conferimento di incarichi, a specifici progetti di natura urbanistica o finanziaria.

Altri aspetti che vengono trattati diffusamente sono, ovviamente, quelli connessi a vicende giudiziarie nelle quali è emersa la condizionabilità dell’ente o la sua soggezione alla criminalità organizzata. Questi elementi vengono resi disponibili previa richiesta alla Magistratura di atti relativi ad inchieste giudiziarie, con il relativo nulla osta all’utilizzo.

Dall’analisi delle diverse relazioni è immediatamente visibile come alcune riprendano quasi integralmente lo schema seguito dalle Forze dell’ordine. Tuttavia, come si è accennato, a cambiare sostanzialmente sono i contenuti ed il livello di dettaglio delle informazioni. Spesso le commissioni di accesso dedicano capitoli autonomi all’analisi approfondita di singole vicende (esposti, gare d’appalto, progetti specifici, delibere o altro) che assumono un peso determinante o comunque rilevante nel rappresentare la situazione di infiltrazione o condizionamento.

 

5. Proposte di scioglimento: i casi pratici più comuni

Le cause che concorrono alla formazione di proposte di scioglimento possono essere diverse, anche molto eterogenee e, poiché vi è un esteso ambito di discrezionalità, si è formata una consistente giurisprudenza di casi tipici quali ad esempio:

  1. Legami, frequentazioni e parentele con mafiosi
  2. Connivenze e procedimenti penali a carico di amministratori
  3. Condizionamento delle consultazioni elettorali
  4. Attentati ed atti intimidatori contro amministratori
  5. Funzionari e dipendenti pubblici
  6. Irregolarità amministrative
  7. Omicidi, faide e pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica

Possono, inoltre, presentarsi delle condizioni sintomatiche attestanti la presenza di situazioni d’inquinamento mafioso o criminale in genere, come:

- la costante frequentazione di pregiudicati;

- l’esistenza di precedenti penali per gravi fatti di corruzione in capo agli amministratori locali;

- l’inefficienza dei servizi offerti dagli enti locali;

- la carenza di controlli e trasparenza nell’erogazione di benefici economici;

- un grave dissesto finanziario;

- la mancata riscossione dei tributi o gravi irregolarità nel rilascio di autorizzazioni e licenze amministrative;

- costante e perdurante deviazione degli uffici comunali di edilizia e urbanistica dai compiti d’istituto;

- irregolarità o mancanza di trasparenza nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani;

- la mancata costituzione di parte civile del Comune in processi penali a carico di esponenti della criminalità organizzata locale;

- la concessione di contributi a soggetti affiliati e/o vicini a sodalizi criminali o mafiosi.

 

6. Conseguenze politiche ed economiche

Il commissariamento riduce, ovviamente, il livello d’infiltrazione mafiosa, incoraggiando una migliore selezione della classe politica, come dedotto inizialmente, ma allo stesso tempo allontana gli elettori che reagiscono allo scandalo con mero distacco verso la politica.

Lo scioglimento, tuttavia, non ha solo conseguenze politiche, ma influisce direttamente sulla governance dei comuni. Di fatto, il commissariamento è messo in atto con l’obiettivo di riportare ordine e legalità nelle amministrazioni locali e questo si ripercuote sulle scelte di bilancio.

I dati mostrano che lo scioglimento ha un effetto negativo sulle spese in investimenti, mentre è nullo sulle spese correnti.

Un’analisi effettuata sulle spese dei comuni commissariati mostra che durante il primo anno di commissariamento gli investimenti si riducono di circa il 45 per cento, mentre considerando un periodo di tre anni si ha una riduzione media del 15 per cento annuo. Questa importante riduzione è probabilmente dovuta all’azione della commissione volta a rimpiazzare contratti o appalti esistenti riconducibili alla presenza mafiosa. Tuttavia, non si può escludere che il risultato sia anche influenzato da una tendenza dei commissari a spendere meno rispetto ai politici locali.

7. Conseguenze indirette sui comuni limitrofi

Il commissariamento sembra avere un effetto anche sulla spesa dei comuni limitrofi. Infatti, nei comuni che confinano con almeno un ente commissariato, gli investimenti diminuiscono in media del 6 per cento nei tre anni successivi allo scioglimento. Quindi, la presenza dei commissari in un comune è così incisiva da influenzare indirettamente le scelte di bilancio di amministrazioni locali che non sono sotto il loro controllo.

Si evidenzia che i comuni limitrofi che reagiscono maggiormente sono quelli con precedenti legati alla mafia (cioè dove sia avvenuto almeno un sequestro d’immobili o di imprese per motivi di mafia). Infatti, lì gli investimenti hanno una riduzione intorno al 12 per cento. Il risultato suggerisce che la presenza dei commissari in un comune può produrre effetti indiretti positivi sull’attività della pubblica amministrazione in aree circostanti, particolarmente se ad alto rischio d’infiltrazione mafiosa.

 

8. Alcuni dati sullo scioglimento dei consigli comunali

In parlamento è in corso d’esame una revisione della legge che regola lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa. Sebbene la norma non abbia sistematicamente portato alla fine dell’influenza della criminalità organizzata sulla politica locale, basti pensare che 48 consigli comunali sono stati sciolti più di una volta, la sua applicazione sembra avere effetti positivi in termini di governance, selezione della classe politica e minore eleggibilità dei partiti colpiti da infiltrazione mafiosa.

Fino a oggi, 266 enti locali sono stati commissariati per infiltrazione mafiosa. Negli ultimi anni c’è stato un picco di scioglimenti che si concentrano in tre regioni, Calabria, Campania e Sicilia, storicamente colpite dal fenomeno mafioso.

Da ultimi, secondo una notizia dell’ANSA - ROMA, datata 11 Maggio u.s., si legge in un comunicato di Palazzo Chigi che “Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Marco Minniti, ha deliberato lo scioglimento dei Consigli comunali di San Felice a Cancello (Caserta), Laureana di Borrello (Reggio Calabria), Bova Marina (Reggio Calabria) e Gioia Tauro (Reggio Calabria), per accertati condizionamenti dell’attività amministrativa da parte della criminalità organizzata”.

9. Proposte maggiormente accreditate

Sono molteplici gli studi sviluppati su tale complessa tematica, ma possiamo comunque ritenere che la maggior parte si trova d’accordo sui seguenti suggerimenti normativi ed attuativi:

  1. professionalizzazione dell’attività di gestione commissariale attraverso il coinvolgimento di persone in possesso di specifiche esperienze in materia, anche per una gestione più manageriale, anche attraverso l’istituzione di un apposito albo dei commissari straordinari con conseguente affermazione di prassi e conoscenze condivise;
  2. maggiore impegno, anche finanziario, dello Stato per consentire occasioni di sviluppo e di riscatto;
  3. esclusione, in materia di appalti, delle imprese ritenute, sulla base delle informazioni degli organi di polizia, legate direttamente o anche indirettamente ad organizzazioni criminali;
  4. dotare le Commissioni straordinarie di poteri più incisivi (attualmente devono limitarsi per legge all’ordinaria amministrazione) e di un budget economico adeguato a garantire un’efficace azione di sviluppo economico e sociale dell’ente.

 

10. Gestione dei servizi

Il ricorso ai modelli societari privatistici comporta la possibilità di eludere la normativa sullo scioglimento, dal momento che l’articolo 146 del Testo unico degli enti locali fa riferimento alle sole aziende speciali.

È dunque necessario estendere l’ambito di applicazione a tali imprese che gestiscono i servizi pubblici locali (come i rifiuti e l’energia). Si tratta delle società miste (a capitale pubblico e privato) e in house (in cui l’ente locale detiene l’intera partecipazione).

Del resto, la gestione di tali servizi rappresenta un’attività di dimensioni economiche assai rilevanti, nella quale la criminalità ha interesse a intervenire. L’estensione della normativa dovrebbe riguardare tutte le società a partecipazione pubblica, in specie quelle in house che possono beneficiare dell’affidamento diretto, senza il ricorso a procedure a evidenza pubblica. Altrimenti vi è il rischio concreto che, attraverso questa via, gli interessi mafiosi continuino a essere salvaguardati nonostante lo scioglimento del Consiglio dell’ente.

 

11. Pianificazione territoriale: ispezione amministrativa e consultazione pubblica

La pressione esercitata dalla criminalità organizzata sul libero esercizio dell’azione amministrativa degli enti locali, rende necessario apportare modifiche alle norme già esistenti in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali, nelle ipotesi di collegamenti o di condizionamenti causati dalla presenza della criminalità organizzata nell’ottica di un’esigenza, sempre più attuale, di contrapporre validi strumenti a tutela di interessi fondamentali. Tale operazione va condotta con l’obiettivo di fornire maggiore efficacia ed incisività ai provvedimenti adottati dallo Stato a salvaguardia del regolare svolgimento della vita delle comunità locali.

Una proposta incentrata sul concetto di prevenzione, a modesto parere di chi scrive, sarebbe quella di istituire una figura preventiva al Commissario Straordinario prefettizio, ovvero quella di un ispettore amministrativo.

Gli incaricati potrebbero essere nominati da un apposito albo prefettizio al quale soggetti esterni alla Prefettura – inquadrati con qualifica di istruttore amministrativo-contabile categoria C dei Comuni – possano iscriversi, previa verifica di requisiti afferenti discipline di anticorruzione-trasparenza ed esperienza pluriennale nella pubblica amministrazione; svolgano un’attività di rendicontazione ed accertamento periodico esteso a tutti quegli enti pubblici che possono essere oggetto di infiltrazioni mafiose (ASL e Aziende Ospedaliere, Società in House e Partecipate, Enti Strumentali, Società di Gestione di Appalti in Project Financing).

Tuttavia, partendo da ciò, la proposta potrebbe essere proprio quella di eliminare il carattere di urgenza e straordinarietà all’insediamento della Commissione di accesso e costruire, invece, una procedura ordinaria di verifica dell’attività ammnistrativa da parte di un organo apposito (ispettore amministrativo) che valga per tutti i comuni italiani, con l’obbligatorietà di sottoporsi alla procedura di verifica dell’attività amministrativa periodicamente con cadenza specifica in base alla grandezza del comune, della città metropolitana, o della stessa reiterazione nello stato di scioglimento dell’amministrazione.

Il concetto di prevenzione a fenomeni di infiltrazioni mafiose, può però completarsi solo se, oltre che all’istituzione di un organo ispettivo che vigili periodicamente presso gli enti, venga data piena partecipazione alla cittadinanza attraverso la creazione di Consultazioni pubbliche locali – metropolitane e regionali, ai quali i soggetti interessati potranno esprimersi in modalità anonima, in riferimento al proprio contesto di residenza, in format (schede, questionari) che raccolgano maggiori informazioni possibili sulla realtà amministrativa (politica e gestionale) anche a risposte aperte e propongano progetti utili a tali finalità.

Un processo di verifica che parta proprio dagli stessi elettori e che, incentrato sui medesimi obiettivi generali di riforma della pubblica amministrazione, semplifichi il lavoro delle Commissioni/Ispezioni, avvii, a fianco ai Piani di Anticorruzione e Trasparenza (locali-regionali e nazionali) l’introduzione di Piani Antimafia (determinati dalle rendicontazioni delle ispezioni amministrative e dalle consultazioni pubbliche) e, soprattutto, avvicini tutti, indistintamente, a contribuire con proposte utili a ridurre il livello di infiltrazioni mafiose, determinando, soprattutto, una crescita della cultura di legalità.

 

ISPEZIONE AMMINISTRATIVA

CONSULTAZIONE PUBBLICA

 

PIANO ANTIMAFIA

Da approvare annualmente ed applicare quale strumento in grado di affrontare con maggiore cognizione di causa soluzioni preventive che, sin dall’origine, mettano al riparo la politica, e le stesse comunità amministrate, dalla presenza di soggetti capaci di condizionare il libero svolgimento delle elezioni e delle attività politico-amministrative.